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Quattro
Chiacchiere... sulla Pratica
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La Storia delle arti marziali Cinesi
Genealogia
del Termine Kung Fu
La
Storia dello Shaolin Chuan
La
Storia dell'Hung Gar
Se avete dimestichezza di discorsi sulle arti marziali, vi sarete spesso
inbattuti a discorrere con maestri che filosofeggiano su questa o quella
pratica Chen (Zen), o magari con altri che intendono il kung fu come un
puro elenco di tecniche imparate ed eseguite più, o meno, bene.
Diffidate di entrambi, ma sopratutto diffidate di tutti quei maestri che
cercano di indorarvi la pillora, la verità se la volete sapere è
questa:
non tutti possono fare Kung Fu;
praticare
un arte marziale vuole dire in primo luogo SACRIFICIO, rinuncie, privazioni
più o meno grandi; tutte cose a cui al giorno d'oggi non
"tutti" sono disposti.
Praticare il kung fu, come si farebbe una lezione di aereobica, due volte
alle settimana, vuole dire essere "turisti delle arti marziali".
Chi veramente pratica un arte marziale, lo fà ogni giorni, magari
non strettamente salendo su un tappeto, ma ricercando ogni giorno l'automiglioramento,
sia fisico che mentale.
Non ha
senso fingere di essere un praticante per un paio di sere alla settimana,
se poi quando usciamo dal tappeto, smettiamo di esserlo.
La verità è che per diventare un buon alievo, bisogna sacrificare e sacrificarsi molto; Se cercate di capire quello che fà la differenza tra due praticanti, spesso trovereta la risposta non tanto negli insegnamenti ricevuti, in quello che hanno avuto; quanto piuttosto in quello che non hanno avuto, e vi si schiuderà davanti agli occhi un percorso fatto di privazioni, di rinuncie, in cui vi era una costate di equilibrio e di punti fissi da ricercare, un cui vi erano prove di carattere e di sfide. A volte vinte a volte perse. Una storia caratterizzata da una costante trasformazione di delusioni e disullusioni, in stimoli. Questo per trasformale quello che da fuori era poteva apparire come una sbandata, in una ennesimo passo avanti verso l'equilibrio.
In poche parole passione, la stessa che non ci fà pesare
le lunghe ore passate a ripetere gli stessi movimenti ed a ricercarne la
perfetta esecuzione e la perfetta fluidità. La stessa passione e
voglia di migliorarsi che ci fà da guida nelle lunge sere di preparazione
altetica.
Tuttavia essere
un buon artista marziale non è tutto quì. Certo essere un
ottimo interprete dei "lu" è un buon passo avanti, ma bisogna
anche ricordare che queste tecniche di per se non vogliono dire niente,
se non sono vise nella giusta prospettiva, l'autodifesa. Allora nelle cerchiamo
di capire che che la forma nella pratica non c'è solo il puro esercizio
fisico, nella pratica c'è anche una parte che consiste nel puro scontro
fisico. Ed è proprio nello scontro che ritroviamo tutto il percorso
che abbiamo alle spalle, tutto il sudore, tutta la fatica e la privazione,
ritornano perfette dentro ad un incontro, ritornano a dirci che tipo di
praticanti siamo.
Tutto qui ? ovviamente no; essere un artista marziale vuole dire ancora
un pluralità di altri fattori. Il cui unico obbiettivo è la
"conoscenza di se stessi".
Allora, diventa importante non tanto l'essere "un turista dei tappeti" o un "mestro"; ma ha molta più importanza capire che tipo di prticante si è e si vuole essere. Arrivati a questo punto, tutte le altre risposte ai dubbi sulla via da seguire (nelle arti marziali) verrano da sole.
... Marco F. Cavaliere...