IL CONTUMACE

Quando sei famoso tutti credono di conoscerti a fondo, anche chi non ti ha mai visto. Ovvio che nessuno pensa che tu debba lavorare per mangiare e, nel mio caso, molti sono convinti di potermi trovare stravaccata sopra un masso inondato di sole. Come ogni saggio che si rispetti, lascio che il mondo immagini quello che gli fa piacere credere, cosi nessuno verrà a disturbarmi dietro i cespugli nel piacevole fresco umido del bosco.

Cactus e sombrero a parte, d'estate almeno, sono più attiva dei miei cugini messicani che si trastullano con le maracas che portano sempre con se.

In montagna ci vivo tutto l'anno e non mi lamento dello spopolamento.

Quelli che lo desiderano vadano pure a vivere nelle grandi città popolate di pantegane, io non abbandono i miei luoghi d'origine dove scorrazzano morbidi topini, coloratissimi ghiri e immacolati ermellini.

Certo qui la vita é diventata dura negli ultimi trent'anni e quando le cose si fanno tristi, mangerei persino dei topacci da fogna, se ce ne fossero.

I pochi anziani rimasti non sembrano approvare questa dieta, non perché non gradiscano anche loro: particolarmente in tempo di guerra certe scorpacciate!

Il fatto é che taccagni come sono mi rimproverano di mangiarli senza accompagnarli col pane!

Ecco: l'unico vantaggio del cosiddetto consumismo e che, adesso anche in campagna o in valle, nessuno fa più caso a cosa metti sotto i denti, inoltre c'é pure una certa prevenzione contro il pane, che dicono, faccia ingrassare.

Parlando di estetica: mia cugina che abita al piano, ha lineamenti più morbidi e indossa abitini a disegnini stampati a sfondo verde. Eppure non la invidio, troppi nemici diretti, per non parlare della pericolosità delle strade, saturate dal traffico.

Dunque le nostre valli si svuotano, ma a compensare quelli che se ne vanno ci sono comunque altri che ritornano.

Vengono soltanto quando fa bello, scelgono le domeniche migliori e assolate: salgono, merendano e fuggono.

Come antropologa sopporto le loro cartacce, i barattoli, le borse di plastica pur di avere l'occasione di studiare questi chiassosi animali che, schizofrenici, riproducono il modus vivendi cittadino ovunque si spostino alla ricerca dell'opposto.

Sbracati, si portano appresso: suocere in via d'estinzione, bambini in corso di sviluppo e mogli sul viale del tramonto.

Un altro mio cugino, siamo parecchi eh?, vive in India dove si interessa di musica melodica, il messicano già menzionato invece é un percussionista.

Mi scrive, l'indiano, che é stufo di vivere in un simile carnaio e soprattutto s'é rotto di ballare in pubblico accompagnato da una grande orchestra di un solo piffero.

Mi interesserebbe il suo parere indo-mistic-affamato sui bracieri ardenti sotto le lose e sui pintoni innaffianti le costine sacrificali dei nostri siti.

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Di certo non gli riuscirebbe simpatico quel moccioso estrogenato, frignone

e rompipalle che mi ha adocchiata e adesso viene verso di me con un bastone.

Mi é quasi addosso e dietro di me c'é un'enorme roccia, non posso fuggire!

Mi stuzzica ed io mi inarco mostrandogli la lingua e sibilando, ma lui non ne sembra impressionato: é troppo stupido.

Forse non tenterà di colpirmi e se lo assecondo presto si stuferà del gioco.

Non é cosi e si mette a sbraitare:

- Papa, vieni ho trovato una bestiaccia! Dai, vieni ad ammazzarla!

Piccolo schifoso! Scatto evitando il suo ridicolo bastoncino e gli conficco i denti nel braccio paffuto appena sopra il polso.

Lo stronzetto allarga le braccia per sbattermi via e io lo assecondo mollando la presa in coincidenza della fine della fase di apertura, volando un metro più in la dove ho scorto una fenditura.

- Una vipera! Ammazza ammazza!!!

Tutti i maschi adulti presenti si lanciano in direzione del moccioso armati persino di coltellacci e padelle. Se passasse un marziano potrebbe credere che vogliano accoppare il bambino.

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La battuta si protrasse per una buona mezz'oretta, ma non mi scovarono neppure i cani. Del resto erano incolpevoli muso, cosa che mi diverte un mondo fare con i cani da caccia.

Grazie agli anticorpi di un povero cavallo croato e a qualche mia collega, entrambe le specie imprigionate in un dannato istituto, il piccolo non mori.

Sebbene non riuscirono a catturarmi, in compenso non un fiore venne risparmiato dalle "esquadrillas" dei giustizieri. Al loro posto cresceranno sacchetti e lattine: i fiori della civiltà.

Nessun tribunale mi riconoscerà mai almeno un eccesso di legittima difesa, noi siamo condannate in contumacia, la nostra fine é prossima, abbiamo i giorni contati: come la natura, come voi, stupidi umani.

FINE

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