Salta

Estratto da QUATTRO GIORNI IN SALTA

martedì all'imbrunire - LA MARMITTA GALEOTTA

Qui il pomeriggio lo chiamano tarde e la tardecita é l'imbrunire, proprio come adesso. Mi resta un po' di tempo prima di cena e faccio un salto all'ufficio del turismo. Mi accoglie una signora piacente e gentile che ascoltandomi parlare così sparato mi domanda da quanto tempo vivo in Argentina. Quasi me piscio addosso dalla soddisfazione nel rivelarle che sono qui da appena qualche giorno e non parlo la sua lingua da cinque anni! Oltre che di complimenti mi riempie pure di informazioni.

- Dopo quello che mi ha raccontato, lei non può non scendere il Río Juramento in gommone!

- Signora, le mie avventure sportive risalgono alla seconda guerra mondiale, oggi é già tanto che mi permetta una cavalcata. Ancora mi duole la clavicola che mi sono rotto l'anno scorso in bici.

Rinunciare al rafting mi rincresce, non tanto per lo sport in se stesso che potrei praticare a pochi chilometri da casa mia, quanto per il paesaggio da sogno del Canyon del Juramento che ammiro sul depliant.

- Allora lo scenda a piedi e torni in bus.

Questa idea mi acchiappa, ne parlerò ad Adri, anche se dubito che quella pigrona ci starà. Poco fa mi ha confidato che non era mai andata a cavallo ed ho notato che prende il taxi anche solo per fare duecento metri. Ecco il nostro dialogo a riguardo:

- E allora perché accettasti di fare l'escursione?

- Perché stanotte, anzi, stamani alle cinque, tu non volevi credere che nella terra dei gauchos ci fosse qualcuno che non sapesse cavalcare, nemmeno tra le donne!

- Davvero? E quant'altro ti ho detto?

La ragazza si mette a ridere in quel modo che ho già descritto e che mi fa impazzire.

- Lasciamo perdere ... e sì che me lo avevano detto che voi italiani siete un po' ...

- Un po' traviesos?

Significa birichini in Italiano.

- Birichini, che buffo, sì, più o meno.

Ora la signora de la oficina del turismo mi tenta con un'altra proposta.

- Lei mi ha detto che ama la campagna. Le andrebbe di vivere un paio di giorni in una cascina?

- Se non mi strozzano, pardon, intendo col prezzo, perché no? Mangiare bere e fare un tubo, o pardon ancora, fare niente.

Strozzare, fare un tubo ... devo dosare i miei idiomatismi. Quando si parla una lingua straniera, nel dubbio su che verbo usare occorre servirsi di termini il più possibile logici. Ve lo immaginate uno di Cuneo che arriva a Roma che si sente dire da un rapinatore "caccia li sordi"? É evidente che "cacciare" , nel senso di "tirare fuori", non ha riscontro in nessun'altra lingua. Forse soltanto nell'ipotetico linguaggio dei cani bassotti , adatti a stanare prede da profonde e strette buche, cacciare é sinonimo di tirare fuori. Maturo sempre più la convinzione che il parlare con le mani per gli italiani non sia un vezzo, bensì una necessità indotta dalla continua trasfusione di termini dialettali o gergali nella madrelingua.

- Fare niente no, dovrà almeno cucinare.

- Cucinare? guardi che da noi é mica così, non dico che ti rimbocchino le coperte, ma ti trattano come un nababbo.

Mi spiega che lì le cascine sono tutte disabitate poiché gli agricoltori vivono in città; però potrebbe procurarmi una cameriera.

- Ne abbiamo una molto anziana che riserviamo agli italiani.

Ci facciamo una risata. Io ci porterei lei. Deve avere non più di quarant'anni ben vissuti e una voglia matta che le proponga qualcosa a conferma della mia italianità.

É la copia sputata di una sua collega di Cordoba che conobbi nel '99. Vale la pena che vi racconti, in fondo sempre di Argentina si tratta.

La conobbi via Internet mentre organizzavo la permanenza in fiera mia e di Mirco, il camionista tuttofare dell'azienda italiana che mi aveva commissionato l'incarico di interprete e di promotore. El camionero, come lo battezzammo al nostro bar al ritorno in patria, é lo stesso che avrebbe dovuto accompagnarmi anche in questo viaggio, se non si fosse infortunato proprio una settimana prima della partenza. Lei, che chiamerò Diana, ci venne a prelevare all'aeroporto e poi ci fece da cicerone per tutto il giorno. Già eravamo intesi da almeno un mese che l'avrei portata a cena assieme a una sua amica, a me ancora sconosciuta, e a Mirco.

L'amica, che chiamerò Mina, (ragazza, donna, amante in lunfardo) mi piacque subito mentre, alla faccia mia, Diana sbandò (é il caso di dirlo visto la professione del suo futuro amante) per Mirco. Come due generali, con un solo cenno tattico el camionero ed io ci scambiammo gli obiettivi, adeguando la strategia alla nuova situazione geopolitica di quelle lande australi. L'unico neo di quella serata fu che spendemmo una cifra pazzesca. Allora il peso marciava uno a uno col dollaro e le nostre lirette valevano ben poco.

Non piangerò mai sul denaro che spendo

Sono i versi di una canzone anni sessanta, forse di Gianni Morandi. Ne cantammo un po' a consolazione. Ora la narrazione si fa incalzate e necessito di passare al presente indicativo. Il bello della serata é quando usciamo con l'auto di Diana, una vecchia Renault scassatissima. Lei ci anticipa che la rottamerà tra un mese per comprarsi una Ford Ka nuova di zecca. Ci dice il prezzo che a noi sembra una enormità. Qui dovrei aprire una parentesi sulla protezione che l'Europa accorda ai suoi agricoltori rispetto alla concorrenza argentina e alla conseguente ritorsione che questi attuano sui nostri prodotti industriali, ma finirei per incavolarmi. Anzi, a fine fiera mi incavolai davvero perché vendemmo una sola macchina, insufficiente a coprire le spese di rappresentanza, le mie comprese.

Ma la lasciamola in piano e divertiamoci.

Diana guida e Mirco cambia marcia perché il cambio é troppo duro. Mina ed io siamo dietro e per salire e scendere dobbiamo scavalcare i sedili anteriori poiché entrambe le nostre portiere sono bloccate. La nostra autista va come un treno dicendoci che tanto al lunedì sera la polizia non gira. Il perché rimarrà un mistero, ma meglio così.

Ad un bel momento perdiamo la marmitta e si sente un rumore monzesco. Lei inchioda, Mirco scende e recupera. Lì vicino c'é un meccanico aperto alle undici di sera! Il tipo solleva l'auto e in men che non si dica ci riattacca la marmitta con due giri di fil di ferro perché le sedi per le viti sono ormai del tutto spanate. L'uomo non si fa nemmeno pagare. Ripartiamo a tutta, ma ormai sono abbastanza brillo per non temere più niente.

Alle quattro del mattino le nostre amiche ci mollano in albergo. Appena si defilano costringo Mirco a seguirmi cercando un bar aperto: non sono ancora del tutto distrutto e la notte é giovane. Tutti ci dicono che stanno sbaraccando fin che troviamo un posto dove ci chiudono dentro. Finalmente accomodati e soli, Mirco mi chiede rispettosamente il permesso di seguitare con Diana. Mi scompiscio dalle risa.

- Ma va a cagare! Mica é mia moglie! ... aspetta un po' ... tu se a te ti piacesse mia moglie mica mi chiederesti il permesso, no eh! ah, vecchio porco!

Allora non ero ancora divorziato.

Il gestore del bar é più unico che raro e ci racconta d'essere stato uno dei soli cinque occidentali a combattere nelle fila di Saddam durante la Guerra del Golfo contro Bush padre. A quell'ora credo a tutto e a tutti, però lui, giudicando dalla mia faccia, non pare convinto. Coinvolge anche gli altri avventori che confermano unanimi la sua versione, poi, non ancora contento, va nel retro e ritorna con un Kalasnikof e un album di foto che lo ritraggono con alti ufficiali iraqueni. Devo ammettere pubblicamente di credergli perché al contrario forse quello mi spara. Penso che il miglior modo per riscattarmi, rientrando nelle grazie del gestore e del pubblico, sia di offrire un giro. Ne innesco almeno una ventina. Mirco crolla al sesto. Sono le sette e torna barcollante in albergo. Io ci torno alle nove, giusto in tempo per andare in fiera a preparare lo stand. Per fortuna oggi non devo ancora trattare coi visitatori.

Rivivo quel momento, il rientro in albergo, e mi sento mancare i sensi come allora. La signora dell'ufficio turistico di Salta mi guarda, prima perplessa e poi preoccupata.

- Si sente bene? Vuole un bicchiere d'acqua, un caffè?

- Grazie, mi sono perso coi miei pensieri. Ora la ringrazio e smetto di farle perdere tempo. Me ne vado.

Non mi trattiene, forse teme che svenga e le cada in braccio. Esco dall'ufficio del turismo e penso nuovamente alle cordobesi. Qui ci sono telefoni pubblici con cabina dappertutto. Chiamo Diana: saluti, come va? E tu? E via dicendo, poi le confermo l'incidente di Mirco.

Chissà se un giorno Mirco e Diana si ritroveranno. Ciao Diana, ciao Roberto, riguardati.

...

Il racconto continua, se vuoi leggerlo tutto scrivimi e te lo invierò come documento Word DOC o RTF

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