Il COLLIER DI LUDMILLA

- Dimmi Giovanni: secondo te é possibile fare l'amore senza abbracciarsi?

- Beh, caro Ugo, la deontologia professionale delle oneste lavoratrici del sesso impone loro di non lasciarsi baciare sulla bocca da nessun cliente.

- Questo lo sapevo già e non é il nostro caso. Io ho parlato di abbracciarsi, ovvero, cingersi vicendevolmente il tronco con le braccia; tanto per fare il verso al tuo parlare in tono professorale.

- Fammi pensare Ugo ... Sì, se ad esempio i due fossero separati da una rete metallica a maglie abbastanza larghe, ma non troppo.

- Un impedimento esterno dunque. Amico mio, sebbene non si tratti di una rete, tu hai centrato l'argomento. Ascolta:

Mi trovavo da qualche parte della Siberia a lavorare e il montaggio dei nostri macchinari scorreva talmente liscio da annoiarmi. Non avevo nessuna preoccupazione poiché la squadra affidatami era composta di giovanotti svegli e volenterosi che comprendevano al volo le mie indicazioni. Approfittando dei lunghi intervalli tra le mie disposizioni e le loro realizzazioni, giravo per l'officina finendo inevitabilmente nel reparto di Ludmilla. La ragazza lavorava con lena confezionando pezzi di storione affumicato destinati alla masticazione, come da noi le gomme americane. Questo non le impediva di chiacchierare con me ed entrambi lo facevamo volentieri. La sera rientravo in albergo e terminata la cena la noia mi riprendeva, ma ero l'unico ospite e non mi restava che andarmene a dormire. Difficile prendere sonno se non si é stanchi, così non mi rimaneva che fare congetture su come portarmi a letto Ludmilla. Non era una gran bellezza, o forse io non sapevo apprezzare il rosso delle sue gote slave, ma rimaneva pur sempre una delle poche giovani del villaggio ed io dovevo darmi da fare alla svelta per svirgolarla, perché una volta iniziata la messa a punto dell'impianto non avrei più disposto di tanto tempo.

Forse é dovuto ai grandi numeri, ossia una mera questione statistica, ma in un villaggio della tundra le ragazze non sono disponibili come in città. Nei grandi centri l'anonimato é un'ottima protezione contro il pettegolezzo e la maldicenza, presenti anche nella patria del libero amore quale l'est europeo. Inoltre, la stessa scarsità di materia prima, non permette la nascita di una concorrenza per accaparrarsi lo straniero con conseguente scarsità dell'offerta. Beh, d'accordo che ero ospite di un paese che per decenni aveva rifiutato il capitalismo, ma ora la mia azienda ed io eravamo proprio lì per promuoverlo su loro richiesta.

Ludmilla faceva orecchie da mercante ai miei inviti a cena e ne dedussi che non intendeva farsi vedere con me fuori dell'azienda. Mi sembrava impossibile non trovare una dacia libera da affittare, ma era proprio così. Convenni che l'unico posto in cui sarei potuto rimanere in intimità con lei era proprio la fabbrica. Scovai un gabbiotto, in alto sopra la nostra prima macchina installata, una volta usato da qualche capo ed ora ingombro di stracci e altra rudimenta necessaria alla mia squadra. Ci nascondemmo lì durante la pausa del pranzo. L'officina era ben riscaldata, ma in quel punto faceva un freddo cane. Insensibili alla temperatura polare stavamo per sdraiarci sul letto di stracci da me preparato in anticipo ed abbracciarci senza tanti preamboli, quando il nostro peso, tutto concentrato nel punto forse più marcio delle assicelle, sfondò il parquet.

Precipitammo entrambi sulla macchina sottostante e urtammo sul gelido acciaio. Io me la cavai con qualche ammaccatura, ma Ludmilla si incrinò ben quattro costole, pur non rendendosene conto subito.

Aiutai la ragazza a tornare al suo posto di lavoro, poi ritornai a sistemare le cose facendo cadere un rotolo di cavi attraverso il buco che si era formato. Il direttore non era uno sciocco e presomi in disparte mi fece una gran lavata di capo, dopodiché, comprensivo come un padre, mi concesse qualche giorno di permesso perché liberassi i miei pantaloni dall'esuberanza giovanile andando città.

Al mio ritorno in azienda non vi ritrovai Ludmilla. Per non innervosire il direttore che probabilmente disponeva di un'efficace rete di delatori, mi informai con circospezione e scopersi che la mia amica si trovava all'ospedale a causa delle costole.

Aspettai il sabato mattina e andai a trovarla. Nella sua stanza non c'erano altri degenti mentre ad assisterla c'era Tania, una delle sue sorelle che mi guardò storto scotendo la testa. Ludmilla le sussurrò qualcosa all'orecchio e la spedì fuori della cameretta.

La ragazza giaceva supina e non era ingessata poiché in questi casi a guarirci é sufficiente una lunga immobilità. Una volta soli lei mi chiese di scoprire coperte e lenzuolo. Rimasi perplesso; non c'era riscaldamento e faceva molto freddo lì dentro per credere che fosse accaldata. Invece sì; la febbre le saliva da dentro e la forzava a terminare quello che non avevamo neppure avuto il tempo di iniziare in fabbrica. Io sono un gran assatanato, ma mi pongo sempre qualche limite e in giro c'era la sorella.

La malatina mi chiarì che proprio Tania avrebbe garantito la nostra privacy impedendo a chiunque di entrare. Rimanevano le sue costole però!

Niente da fare, Ludmilla fu irremovibile e non mi restò che salire sul lettino con molta attenzione. Non potevo certo abbracciarla. Mi inginocchiai a cavalcioni di lei e appoggiai i gomiti ai lati del cuscino, tenendo sollevato il più possibile il tronco per non gravarle addosso. Nonostante la mia buona volontà i miei goffi tentativi ottennero soltanto di farle molto male. Perseverante lei cambiò idea; sistemò il cuscino in modo di porre la testa quasi in verticale, approssimando la bocca ai seni che arrotondò stringendoli con le mani, componendo un ricettacolo invitante per me come dev'esserlo un'orchidea per un calabrone. Da uomo di mondo compresi l'invito a surrogare il metodo biblico a mio esclusivo e totale beneficio e da ignobile fallocentrico non esitai ad approfittarne. Avanzai un poco, sempre mantenendomi in ginocchio e appoggiandomi ai lati del cuscino non più sui gomiti, ma sulle mani aperte.

Camminando sulle dita avanti e indietro portavo l'affondo zittendola per poi estrarre il ferro lentamente dalla vermiglia ferita e ritemprarlo nelle diafane coppe offertemi dall'evanescente creatura, liberando i suoi gridolini misti di gioia e di tormento. I seni elastici della gioventù raccoglievano e ammortizzavano le inevitabili oscillazioni che imprimevo, ma non le alleviavano di molto la sofferenza.

L'impegno che profusi nel mantenere una cadenza equilibrata e delicata mi costrinse a movimenti lentissimi, esasperanti e quando, con le ginocchia ormai anchilosate, giunse il momento di ritrarre, anch'io faticai a contenere un grido misto di piacere e dolore. Una cascatella sgorgò tra le tonde colline che ricadendo a valle si allargò in due rigagnoli, disegnando una "U" attorno alla gola.

- Uuuuuuugoooooo!

Immediatamente il freddo circumpolare ghiacciò la mia estemporanea dedica a Ludmilla traformandola in una perlacea stalagmite.

Appena in tempo perché la sorella entrò per avvertirci che stava arrivando gente. Qualcuno passò, ma continuò lungo il corridoio. Io ero dispiaciuto di non aver potuto darle piacere più di tanto, ma lei mi disse di ricoprirla col solo lenzuolo e di andarmene via con Tania. Voleva rimanere sola e attendere che il calore sciogliesse lentamente, molto lentamente sulla sua pelle, l'effimero collier che le avevo regalato.

Non ci abbracciammo mai. Neppure per lasciarci.

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