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Hanno detto..

RACCOLTA  "MALINCONIA DI TERRA"

INDICE


PRESENTAZIONE di Vincenzo Napolillo

MALINCONIA DI TERRA  

CANZONE D’ EMIGRANTE 

TEMPO DI VACANZE 

RACCONTO DI UNA SERA  

PROMESSA A UNA SPOSA  

LA TERRA SI RIBELLA  

AL POETA MALEDETTO

NOTTURNO NUSCANO  

I MALI ETERNI

PREGHIERA DI CAINO

ALLA RICERCA DELL’ UMANITA’  PERDUTA  

NATALE 1975 

DIASPORA IRPINA  

MESTIERE DI PADRE 

VANGELO 2000 

POESIA  

VERDE IRPINIA  

SENZA UNA META  

ULTIMA ATTESA  

DIRITTO ALLA MISERIA 

VIA ATRI

A MIA MADRE 

TURISMO IRPINO 

SPERANZA DI VIVERE 

CONTRASTI

 

 

 

P R E S E N T A Z I O N E

La raccolta poetica di Giuseppe Iuliano,  autobiografia e malinconia di terra impareggiabile, è densa di figure umane: amici e parenti, pensionati e studenti, vecchi e pupi, ubriachi e spose sognanti sono fissati in una luce nitida, da memoria, che avanza nelle pagine scabre come il ticchettio d’un messaggio sui fili del telegrafo.
La storia del poeta è la nostra stessa storia, intessuta di miti e ricordi, di incontri con cari volti familiari e sguardi correnti fino al “verde di sterpagli e di rovi”, tra le povere case del paese natale, rimasto “sempre più solo a cantare la propria canzone di fallimento, di emigrati”.
Il dramma dell’emigrazione dà alla voce poetica unità d’ispirazione, martellante ritmo al silenzio straziante di colui che la rabbia “sfoga solo con le lacrime” o il conforto trae “dalla stretta del pugno”.
Quello che importa al Nostro non è il fatto, ma l’uomo; non una storia marginale, ma di emarginati: insomma la vita che pur “lascia smorzare questa progenie di uomini contadini”.
Sgorgano, come acqua da polla, sensazioni scattanti e nuove nell’animo del cantore, cullato dalla madre dolente per l’addio, assorto a scorgere “tra i filari ingialliti” il malioso canto d’amore, che fatalmente si perde nel fondo delle valli buscane, voglioso persino di forzare il lettore a interrogarsi su se stesso e sul senso del suo destino, ch’è tragico ed emblematico di tutta una situazione.
Abbiamo così una serie di quadri vivi e immediati, di ambiente reale e sconvolto, tragico e grottesco, sfiduciato e sognante, in cui protagonista vero mi sembra il poeta, che solo vive e soffre per la disperazione della sua gente, cosciente dei mali cronici e dell’abbandono, delle furbizie e della “logica del potere”.
E’ tutta dentro la lacerazione; ampia è la solidarietà per gli uomini necessitati a divenire sinceri nel vino e nel maledire il tempo e la storia che trascorrono senza volto: “Le luci rischiarano il buio; qui tutto il progresso”.
Il linguaggio aderisce all’intensa vita che anima i personaggi e al mondo ideologico che non acquieta la disperazione e l’acredine nello stridore della rassegnazione e della passività.
Siamo di fronte a uno schietto poeta che improvvisamente riscopre la malinconia di una terra che ora si ribella, ora fa “il discorso d’un tempo” e ad essa dedica i suoi palpiti giovanili, il suo anelito filiale, le dolci illusioni, la felice elaborazione affettiva, la dignitosa fierezza morale.

VINCENZO NAPOLILLO

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MALINCONIA DI TERRA

 

Tra poche case

lo sguardo corre veloce

nel verde di sterpagli e rovi.

Un paese d’ Irpinia

sempre più solo

vive a cantare

la propria canzone

di fallimento,

di emigrati,

di vecchi e donne,

di giovani

soli a gridare

il diritto alla vita,

muti a contemplare

quello che il sapere chiama

esistenza,

condannati a vivere

il proprio destino

di disoccupati.

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CANZONE D’ EMIGRANTE

 

Giorni comuni

segnano il passo del tempo.

L’ Irpinia terra

sempre più avara

lascia partire

un altro suo figlio,

perché qui

la rabbia dell’emigrazione

si sfoga solo con le lagrime.

C’è gente che parte

che la vuole finire

che trova conforto

nella stretta del pugno!

Un piccolo nato

guarda nel pianto

la madre sdegnata

stringere il suo uomo

che va.

Abbracci, promesse

non sfuggiranno

nelle nere fumate delle fabbriche.

Il seno magro della mamma

cui si attacca a pretendere

il ninno

porta per il mondo

il triste cantore,

un emigrante padre.

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TEMPO DI VACANZE

 

C’è questa parte di terra

dove il migrare è senza stagione.

Uccelli-uomini

ignorati dal Padre,

giocati da altri uomini,

partono e vanno lontano

là dove

il pane è di un altro sudore

di altra lingua,

rinviati a giudizio

dalla logica di potere.

La giustizia sociale

promuove

questa colonia

di turisti forzati.

La mia Irpinia si prepara

da tempo

a questa amara villeggiatura.

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RACCONTO DI UNA SERA

 

Un vecchio ubriaco

commenta

la povera storia

di questo paese.

Gli siamo vicini

storditi,

per ridere

da poveri illusi,

di un mondo

qualunque

non nostro,

prossimo alla risurrezione!

Contentezza di vino

alimenta

la vena del nonno cantore

e sfrenata sussurra nell’animo

d’ispirazione nuova:

qui vive

un drogato povero  

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PROMESSA A UNA SPOSA

 

Se potessi

ti farei regina

per darti di tutto:

dal pane sicuro

al grande smeraldo.

Se potessi

ti regalerei il mondo

per farti padrona

di cielo e di terre.

Se potessi

ti farei madre

per darti mille e mille soldati

a governare uomini e cose

d’altro colore.

Se volessero

mi renderebbero uomo

dandomi la mia libertà,

quella perduta da tempo

per le strade di Svizzera.

Ti farò donna

appena ritornerò a casa.

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LA TERRA SI RIBELLA

 

L’ Irpinia triste e sola

aspetta il freddo e l’inverno,

così cade la neve

a coprire le proprie vergogne,

le miserie dell’abbandono.

Candida

si prepara

come sposa vestita

a voler consacrare

il suo sogno d’amore.

Lo sposo possente

dimentico

rimanda l’atteso connubio.

Batte il cuore

della mia terra,

pulsa la vita

fremendo nel bianco candore

della sua verginità;

ma l’ Irpinia sposa

senza dote

è compromessa

per un matrimonio mai consumato.

L’attesa ammonisce i Padri

al prossimo risveglio

di ogni Primavera!

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AL POETA MALEDETTO
(per la morte di P. P. Pasolini)

Provasti a cercare

l’ Assoluto

per le vie dei poveri.

L’umanità distratta

pensava

a se stessa;

il Cristo sdegnato

lanciava la sua sfida

dalla Montagna.

Le beatitudini

del tuo Vangelo

si perdevano

nell’eco nel caos del benessere.

La gente di vita

disoccupata

emarginata

aspettava

con te

la sua redenzione.

Il tuo Giuda

ti ha tradito.

I fratelli poveri

dovranno ancora

aspettare…

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NOTTURNO NUSCANO

Le luci rischiarano

il buio;

qui tutto il progresso.

Guardi sicuro la gente.

Torna il vecchio

da una cantina:

tossisce

barcolla

è pieno di vino.

Senza problemi

vive

di pensione.

Stasera è felice,

parla del figlio

partito, ricordo

per dove!

Mi offre da bere,

mi parla dei suoi;

diventa sincero

a maledire il tempo e la storia.

Ha forza di un uomo,

coraggio a morire

per la vita

che mai gli ha dato

e più non gli appartiene.

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I MALI ETERNI

 

Incerti

guardavamo l’oratore,

diffidenti

seguivamo le promesse,

vecchi e bambini

in piazza a mostrare

i resti

di tante famiglie.

In quel cupo silenzio

maledivamo

possibili scelte.

Si è fatto il discorso

di un tempo,

si è fatto pure il nome

di Cristo.

Nessuno ha saputo negare.

Ci siamo accorti

poi

di avere ancora sbagliato.

La pena durerà con noi

solo per qualche tempo,

non così i gestori

della nostra miseria.

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PREGHIERA DI CAINO

 

L’ Onnipotente

Padre degli uomini

ascolta

la voce dei poveri

in rivolta.

Un coro si leva,

cantano gli umili,

disperati

disoccupati

bisognosi di tutto

nella dannazione continua

di essere maledetti

e poveri nello spirito;

i figli delle tenebre

hanno solo

tante tasche vuote.

Pregano con parole di sdegno,

piangono a un gesto d’amore,

uniti ribelli

nella lotta e nella miseria.

La convenzione umana

lascia sperare

in un mondo diverso e migliore

e così prepara la via

del Cristianesimo.

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ALLA RICERCA DELL’ UMANITA’  PERDUTA

 

Ho lottato

deciso a trovarmi

uno spazio per respirare.

Deluso ho voluto

essere qualcuno

importante,

avendo visto da sempre

quanta gente

calpesta

il diritto alla vita.

Ho sognato

un avvenire cristiano.

Credente

ho sperato diventare

altruista,

sapendo che il mondo

è lo spazio di tutti

per vivere.

Continuo a cercare e sognare

stanco

di essere grande

nella povertà di un mondo

di giusti.

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NATALE 1975

 

Dipingiamo

sulla tela del tempo

impressioni d’umanità;

colori stinti

parlano

in un’eco perduta

di tanti ieri…

fino a scomparire.

Un oggi più chiaro

tinge di rosso

gli incerti destini dell’uomo.

Resta per tutti

la festa di Natale.

La lotta della sopravvivenza

lascia all’uomo

la cassa d’integrazione,

dono inviso ai Magi.

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DIASPORA IRPINA

 

Dobbiamo lasciare la casa

per avere una vita decente.

Anch’io

sui banchi ritorno

a dover riproporre

il giuramento d’ Ippocrate.

L’arrivismo

produce la corsa

ad essere servi!

Oro e soldi

allettanti

funesti

riempiono di luce

tre stanze di casa;

là dove in sei

avevamo appreso

il mestiere di vivere.

Ognuno

ora va per il mondo

a barattare

qualche anno di vita.

Costretti ad emigrare

portiamo con noi

pure il ricordo!

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MESTIERE DI PADRE

 

Cerchiamo

figli del tempo

protezioni sicure.

Corrosi da vili interessi

saliamo

l’albero della vita.

Il bene e il male

tornaconti

divini

morali

giocano la fortuna di ognuno.

Langue il destino

dell’uomo

obbligato a percorrere

la scalata sociale.

Padri sicuri aprono

la via ai figli.

Un ragazzo padre

solo impiegato

apre alla vita

l’amore con la sua donna.

Fa solo questo.

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VANGELO 2000

 

L’uomo pensa  a se stesso.

Cinico

fa scelte sicure

cerca ricchezze,

beni supremi

di questa società.

Ci compri di tutto,

onore

casa

professione.

Da tempo è la nostra religione.

Un mondo di satrapi

divora gli uomini.

Resta solo Francesco

un uomo di cuore

con nuovi ideali

per gli uomini

fratelli da sempre

del Figlio dell’ Uomo.

La giustizia sociale

ha promesso per ora

solo rivoluzioni.

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POESIA

 

Vorrei cantare

le bellezze del mondo

le grazie di donna,

attimi incantevoli.

Potrei cullarmi

in dolci sorrisi

e teneri abbandoni.

Farei poesia.

La povertà della mia terra

mi suggerisce

poche note stonate.

Mai un attimo di contentezza

solo speranze.

Con esse

provo a guardare

mio figlio

mai nato

calpestare mendico

i gradini di pietra

di questo antico paese.

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VERDE IRPINIA

 

Il mio paese

ha l’aria buona

cieli nitidi

poche case,

molto verde.

Poca gente

s’affanna a guadagnare la vita.

Gli altri

corrono per il mondo

a portare il sudore

gli occhi liberi

il respiro pulito.

Nusco è bellissima.

Ma l’aria il cielo il verde

riempiono il vuoto;

non saziano

l’irpino errante,

malato ecologico

di sola miseria.

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SENZA UNA META

 

Sognavamo

a trent’anni

destini diversi.

Donne,

donnine

folletti

maligni

corporei

riscaldavano momenti

di poveri ragazzi falliti.

Pensieri ossessivi

di loro

nel rosso tramonto

dell’età giovanile.

L’età perduta

in facili rinvii

ci troverà disoccupati

anche nell’amore.

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ULTIMA ATTESA

 

Nella piccola piazza di Nusco

c’è la statua marmorea

del Santo Patrono;

sui gradini seduti

aspettano il corso degli eventi

vecchi pensionati.

Parlano

dei figli partiti

di vaghi ricordi

di guerra

di giovani donne

di spensierati bivacchi.

Tanta vita

prossima alla fine

lascia smorzare

questa progenie

di uomini contadini.

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DIRITTO ALLA MISERIA

 

Tanti principi

reggono le sorti

dei nostri consessi.

Rimandiamo tristi burocrati

i bisogni delle nostra terra.

L’Irpinia  aspetta

la casa

la fabbrica

la su dignità.

Povera

dà solo un manciata

di grano e di olive.

Qui si attende da tempo

una mensa più ricca,

e prostrati

senza orgoglio

si vive da accattoni.

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VIA ATRI

 

Tra le mani stringo

una valigia carica

di speranze e di libri.

Ansante

annaspo

gli odori del cumulo

di sporcizia.

Una donna mi apre la casa

a mostrarmi il triste paesaggio

di Napoli.

Qui devo passarci degli anni,

per diventare dottore.

Il cielo pulito di casa

l’odore di fieno e di muschio

compaiono snervanti

nella mia pensione.

Invidio i tempi

della prima scuola

quando a mala pena

potevo mangiare un pezzo di pane.

L’obbligo a diventare

qualcuno

mi allontana da casa;

così si compie

il destino della mia

riabilitazione sociale.

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A MIA MADRE

 

Negli occhi arrossati di pianto

leggo la disperazione

di vedermi partire.

Mi aspettano lunghe salite,

un duro lavoro,

una casa baracca.

Mentre mi stringi

provi a cullarmi,

mi canti l’ultima

nanna.

Senza fatica

rubo il tuo pane.

Premurosa e ferma

mia madre

ha venduto

per non farmi partire

preziose stoviglie

e i suoi neri fluenti capelli.

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TURISMO IRPINO

 

Una scritta sul muro

ammonisce

da tempo:

qui manca la casa.

La legge di un piano

contempla

solo le ville.

Il diritto dei grandi

disconosce

di essere poveri.

Parlano di solo turismo

salvezza sicura

all’abbandono,

sapendo che offende

la terra

che ad agosto accoglie

i suoi figli emigrati

i soli a poter villeggiare.

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SPERANZA DI VIVERE

 

Avvolta nel capo

tra i filari ingialliti

la fidanzata zappa.

Gli occhi ammiccanti

torbidi

sviano lo sguardo

dal padrone voglioso.

In una cesta di vimini

sotto un’ombrosa quercia

un tondo visino

vagisce affamato.

Nei campi passa

il canto d’amore

di madre ragazza

prossima sposa.

Ha pagato il podere,

non ha potuto sposarsi,

per amore

ha dato se stessa

al suo uomo emigrato,

che è tornato per sempre.

La speranza

di vivere meglio

comincia con un pezzo di terra.

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CONTRASTI

 

Le idee

accomunano gli uomini.

L’assemblea dei Titani

costruisce il suo mondo,

la diaspora dei poveri

malinconica ed eterna

lo manda in rovina.

Gli uomini sono tutti uguali

diversi solo per necessità.

 

Finito di stampare nel mese di maggio 1976

Tip. “G. Foglia” – Lauro (Avellino) 

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