Storie
poetiche di pittura nelle camicie e nei bottoni
di
Gloria Forti
testo
di
Marcello
Venturoli
Dopo
lesordio a Calcata nel giugno 1998, cui fece da madrina con
amore e intelligenza Simona Weller e che Sandro Barbagallo, tra
i pochi studiosi darte giovani doggi, limpidamente illustrò
in un modesto catalogo, Gloria Forti si presenta alla critica e
al pubblico romani in una occasione dimpegno e in una galleria
di prestigio, insieme ad altri pochi artisti di talento. Cè
in questa combinazione il gusto di Carmine Siniscalco, uomo darte
di lungo corso, il quale in poche righe mostra di vedere gli assemblages
dellartista "indumenti stesi alle pareti, un guardaroba
della memoria, involucri di presenze.." "Sono visioni
osserva che muovono da un punto di partenza pop
"
E
senza dubbio evidente lapporto delloggetto trovato nelle
sue invenzioni di pennello; ma lepoca del furore pop iniziata
in Italia nel 64 è restata nel pacchetto culturale dellartista
non come un new dada tout court, se mai come la possibilità di una
rilettura di Duchamp attraverso i suoi nipotini, cultori del ready
made.
Per
Gloria Forti saper adoperare pennelli e colori, avere rispetto per
le regole, è stato uno degli aspetti più validi delle sue trasgressioni.
Intanto le sue "storie di ordinarie camicie" sono sostenute
da una qualità materica e tonale quasi a vertebra delle sue scelte
eterodosse, per cui delle singole bluse, gilè, magliette sportive
collocate nella bacheca dellesistenza come vestigia umane,
tutto posso dire, meno che siano "ordinarie": se lartista
avesse voluto descriverci un aspetto della natura, un paesaggio,
una natura morta, di certo ci avrebbe dato, come utilizzando questi
suoi modelli di vestiario, la loro poetica essenza non sarebbe risultata
certo una patita del documentario iper realista.
Come
appare evidente nelle crisalidi di corpi, o affettuose vestigia
di persone, in "Gilè di tessuto stampato", (cm. 67 x 80),
in "Maglietta con figura policroma" (cm. 68 x 87), in
"La blusa" (cm. 67 x 83).
Il primo
dei tre lavori raffigura lindumento collocato di sghembo in
un contrappunto tra morbido spazio chiaroscurato e il bianco e nero
fortemente ritmato della "figura"; questa figura è ricca
di disegni geometrici di varia gremitura, che mentiscono la policromia.
La "Maglietta con figura" sembra ancora trattenere limpeto
di una persona nella folla. Il terzo lavoro citato ("La Blusa")
è una immagine di particolare freschezza, piena di dignità, di candore,
dove il gonfiarsi di un respiro, fra quelletichetta, quei
ricami e bottoni rende una presenza umana tenerissima, molto vicina
al feticismo di Domenico Gnoli; ma senza nessun pessimismo esistenziale.
La bellezza dellimmagine consiste nel suo poetico apparire
dal delicato fondo di nerofumo col suo bianco tessuto che esce alla
luce con i più graduali e "tenuti" rilievi poveri.
Secondo
gruppo di opere, allinsegna del ready made è quello che io
chiamerei di pitture autotessute o collages di frammenti di stoffe,
di vestiario. Si può constatare la rifinitura di questi lavori,
osservando la tensione delle cuciture-suture nel retro della tela.
La felicità di queste opere consiste nella coesistenza delle vestigia
documentarie (fibbie, asole, bottoni, merletti ed altro dei grandi
frammenti di stoffa) e la architettura astratto geometrica di questo
paesaggio di frammenti, in un perfetto svolgersi di grigi e di bruni.
Terzo
gruppo di opere da festeggiare in questa bella partecipazione di
Gloria Forti è quello delle cose recitanti o riquadri di liriche
merceologie, piccoli a soli compositivi, racchiusi in uno
spazio a mo di teatro, di bottoni, aghi, trine, ciottoli,
velluti e sete, di soave eleganza e misura, fortemente coniugate
al femminile: ora oggetti trovati messi nelle bacheche della rarità,
a dire di rigori e di principi muliebri, ora cose dipinte con tecniche
miste queste composizioni di cose, nuovamente divenute figlie della
pittura. (Tutti della medesima misura di cm. 22 x 25).
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