RELIGIONE E LIBERA MURATORIA

 

                        " Coeli enarrant gloriam Dei

                                                               et opera manuum Eius annuntiat firmamentum. "

                                         " I cieli raccontano la gloria dell’Eterno

                                                              il firmamento proclama il tocco della Sua mano."

                                                                                                                  ( Ps. XVIII v. 1 )

 

Principi.

La Gran Loggia della Repubblica di San Marino

-con certezza di tradurre in precetto scritto l’innata regola fondamentale dell’uomo nato libero e responsabile,

-coerente con gli antichi insegnamenti che i primi Liberi Muratori accettarono alla unanimità,

dichiara che :

- La Libera Muratoria professa fede nell’Ente Supremo che chiama " Grande Architetto dell’Universo ".

II° - E’ aperta a quanti credono nell’Eterno Ordinatore dei mondi, e, pur invocandoLo con Nome diverso secondo le loro Tradizioni, si riconciliano nel Suo Nome e si chiamano

" fratelli ".

III° - Il Libero Muratore traduce e trasmette nel proprio agire i valori connaturati di Libertà, Uguaglianza, Fraternità.

 

Ai Fratelli della Gran Loggia della Repubblica di San Marino

Grande Oriente di San Marino

CAMMINARE INSIEME NELLA LIBERTA’ E NELLA TOLLERANZA

Lo spirito di Assisi.

La libertà religiosa e la tolleranza sono inscindibili : o ci sono tutte e due o tutte e due vanno a fondo.

A livello gerarchico entrambe nella Chiesa sono state rigettate fino al Concilio, benché la tradizione patristica e teologica abbiano conosciuto stagioni di grande splendore, che in diversi casi spiravano comprensione nei confronti degli israeliti e degli stessi musulmani, ma non diventarono mai patrimonio della autorità e dell’opinione pubblica cattolica.

Attualmente il punto di riferimento ufficiale di livello supremo è il ConcilioVaticano II, che ha ritualizzato il messaggio biblico e quello della più autentica tradizione ecclesiale.

Il nuovo modo di porsi nei confronti dei non-cristiani e dei non-cattolici ha creato il così detto " spirito di Assisi " , solennemente inaugurato dalla preghiera comune di tutti i capi di religioni che accolsero l’invito del Papa a pregare per la pace ad Assisi il 26-28 ottobre 1986.

Qui riprendiamo unicamente le linee fondamentali di questo magistero per riaffermare che di fatto esso ormai non solo elimina gli ostacoli più insormontabili alla concordia, ma mette la Chiesa in sintonia col patrimonio tradizionale della Massoneria, la quale ha lo spirito di Assisi nel suo DNA e lo ha messo in opera postulando e propagandando la libertà di coscienza e la tolleranza religiosa.

La prima scomunica che le fu inflitta da Papa Clemente XII con l’enciclica " In eminenti " del 20 Aprile 1738, ha come fondamento proprio questo " spirito " :

" Uomini di ogni religione e setta, affettando una parvenza di onestà naturale, si legano reciprocamente con un patto tanto stretto quanto impenetrabile, secondo leggi e statuto da essi stabiliti, e si obbligano, con giuramento prestato sulla Bibbia e sanzionato da gravi pene, a occultare con un silenzio inviolabile tutto ciò che fanno nella oscurità del se-greto …" ( J. A. Ferrer Benimeli – G. Caprile – " Massoneria e Chiesa ieri, oggi, domani " – Roma Ed. Paoline 1982 pag. 15 ).

Questa stessa via venne seguita dai numerosissimi documenti di condanna promulgati in oltre due- centocinquant’anni dalla Santa Sede ; essi sono non meno di 3000 – 3500.

La svolta irenica realizzata dal Concilio è presente in molti documenti ; uno di essi, la dichiarazione " Dignitatis humanae ", è interamente dedicata alla libertà religiosa.

La sua consonanza con il messaggio massonico è talmente evidente che al momento in cui venne discussa ed approvata  ( 28 ottobre 1965 ), i circoli più conservatori non esitarono a denunciarla pubblicamente come traditrice del Vangelo e come documento di chiara indole protestante e massonica, estendendo poi queste due qualifiche infamanti a tutto il Concilio.

La sintesi della questione è efficacemente descritta nell’art.12, il quale presenta anzitutto l’insegnamento di Gesù, poi quello degli Apostoli e della stessa Chiesa, confessando però senza infingimenti le gravi offese che nel corso dei secoli la cattolicità ha arrecato a questo messaggio, con un " mea culpa " che è tanto più meritorio in quanto è compiuto pubblicamente e collegialmente da tutto l’episcopato radunato in Concilio.

Il documento dice testualmente :

" La Chiesa fedele alla verità evangelica, segue la via di Cristo e degli Apostoli quando riconosce come rispondente alla dignità dell’uomo e alla Rivelazione di Dio la libertà religiosa e la favorisce. Essa ha custodito e tramandato nel decorso dei secoli la dottrina ricevuta da Cristo e dagli Apostoli. E quantunque nella vita del popolo di Dio, pellegrinante attraverso le vicissitudini della storia umana, di quando in quando si siano avuti modi di agire meno conformi al Vangelo, anzi ad esso contrari ( è sottolineaturamia ) tuttavia ha sempre perdurato la dottrina della Chiesa che nessuno può essere costretto con la forza ad abbracciare la fede ".

 

Il conflitto " scienza – fede ".

I Padri Conciliari non hanno avuto timori.

In questa prospettiva nella costituzione pastorale " Gaudium et spes " ( art. 36 ) riconoscono che in alcuni tornanti storici, nella Chiesa si è messo in crisi il rapporto tra la scienza e la fede, e fa esplicito riferimento al caso di Galileo e della Inquisizione.

Vi si legge :

" A questo punto ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, derivati dal non avere sufficientemente per- cepito la legittima autonomia della scienza e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro ".

Un altro documento del Vaticano II merita di essere valutato con particolare attenzione : la dichiarazione " Nostra aetate", dedicata esclusivamente alle relazioni che intercorrono tra la Chiesa cattolica e le religioni non-cristiane.

Anche in questo caso la svolta ecclesiale è di 360 gradi.

Infatti, mentre in passato si insegnava unanimamente che l’unica vera religione è quella cattolica, la quale deve essere diffusa in tutto il mondo e con tutti i mezzi, compresi quelli violenti, ilConcilio abbandona decisamente quest’area ed impegna la comunità ecclesiale a riconoscere i va- lori e la dignità delle altre confessioni religiose, e in ogni caso a rispettarle tutte.

In tal modo viene decisamente superato lo spirito dell’integralismo, che nei tempi moderni ha avuto le sue espressioni più autorevoli nel Concilio di Trento ( 1545 – 1563 ) e nel Vaticano I ( 1869 – 1870 ) per questa ragione si indica il fenomeno col termine tridentinismo, o anche con quello di bellarminismo, perché il teologo più eminente che lo ha teorizzato è stato San Roberto Bellarmino.

Questo documento si apre con una dichiarazione di principio che in loggia può essere valutata in tutta la sua novità ed il suo valore :

" Nel nostro tempo, in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente cresce l’indipenden- za tra i vari popoli, la Chiesa esamina con maggiore attenzione la natura delle sue relazioni con le religioni non-cristiane.

Nel suo dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa esamina qui innanzitutto ciò che gli uomini hanno di comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino " ( art. 1 ).

Nel prosieguo del discorso il Concilio accentua il fatto che tutti i popoli hanno la stessa origine e sono oggetto della medesima provvidenza ed assistenza divina.

Essi :

" attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell’uomo ; la natura dell’uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l’origine e il fine del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio, infine l’ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo " ( ivi ).

La dichiarazione " Nostra aetate " presenta una chiave di lettura dell’istanza presente negli individui e nei popoli, i quali indistintamente si sforzano di travalicare i confini del visibile e del tangibile, per raggiungere – attraverso insegnamenti, riti, simboli, invocazioni individuali e comunitarie

– il regno della trascendenza.

Questa ricerca viene descritta come :

" quella forza arcana che è presente nel corso delle cose e degli avvenimenti della vita umana, e anzi talvolta ( per suo tramite ) si riconosce la Divinità Suprema o anche il Padre " ( art.2 ).

Il documento passa poi alle esemplificazioni, impostando una lettura nuova di tutta la fenomenologia del caso, e presentando brevemente le caratteristiche delle più prestigiose religioni professate nel mondo.

Un tempo quando gerarchi, teologi e missionari si occupavano di esse, mettevano ogni cura nel dipingerle negativamente, rilevarne le eventuali incongruenze, denunciarne gli errori e le deviazioni dogmatiche e morali, senza scorgere in esse nessun valore degno di essere ammirato o accettato.

Questa strada viene decisamente abbandonata : il documento esemplifica subito, descrivendo a grandi tratti le religioni non cristiane.

Dell’Induismo dice che per suo mezzo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia.

Del Buddismo evidenzia il fatto che riconosce " la radicale insufficienza di questo mondo mutevole " e insegna una via per la quale gli uomini possono raggiungere " lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema ".

Esprime poi una regola generale la cui bellezza risulta all’evidenza :

" La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini " ( art.2 ).

Chiesa, Ebraismo, Massoneria.

Uno spazio più rilevante viene dedicato all’Islam e all’Ebraismo. Quanto ai musulmani, il Concilio rileva i valori presenti nel Corano e nel Vangelo, soprattutto il monoteismo. Anche qui però non chiude gli occhi sui problemi del contenzioso storico, presentato però in termini ecumenici :

" Se nel corso dei secoli non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il Sacrosanto Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e ad esercitare sinceramente la mutua comprensione nonché a difendere e promuovere insie- me, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori umani, la pace e la libertà " ( art.3 ).

Un rilievo particolare merita la valutazione che il Concilio dà a propsito dell’ebraismo.

La ragione è evidente, e può enunciarsi affermando che ogni passo compiuto nell’intento di risolvere il problema ebraico è intimamente legato al nodo massonico : sono due facce del mede-simo problema, due fratelli siamesi del dialogo Chiesa-Mondo. Infatti nella storia della Chiesa ebrei e massoni sono stati oggetto inseparabile di rifiuto, esecra- zione, e scomunica. I polemisti più ferrati, particolarmente negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi del nostro secolo hanno addirittura coniato il termine " Giudeo-Massoneria "con tutti i suoi derivati, sempre usati in senso odioso. Le cose sono radicalmente cambiate, almeno a livello teorico e di vertice ; faticosamente, ma ineluttabilmente stanno cambiando anche a livello della base ecclesiale. La scomunica è stata eliminata nel Codice di Diritto Canonico del 1983, e nel secondo dopo- guerra il processo di accettazione dei postulati massonici da parte della Chiesa è stato progressivo e costante.

Quanto all’antiebraismo, la Chiesa ha compiuto un analogo cammino di conversione facendo spazio alla comprensione ed alla riscoperta della fraternità.

Dopo la stagione del soccorso caritatevole all’epoca della Shoà ( 1939 – 1945 ), è maturata la presa di coscienza dell’identità spirituale, avviata da Giovanni XXIII con la cancellazione dalla liturgia del Venerdì Santo della locuzione " perfidi giudei ".

Il testo della " Nostra aetate " dal punto di vista giuridico è il più autorevole, perché di livello conciliare, cioè universale, che ha spianato la strada a tutto il cammino compiuto in seguito dalla Chie- sa.

Il tema dell’ebraismo occupa l’art.4, il più esteso ed impegnativo del documento. Innanzitutto rievoca le grandi linee della storia biblica e della vocazione salvifica del popolo eletto, che per tanti aspetti si identifica con la storia della cristianità, nella quale gli israeliti sono considerati i Fratelli Maggiori.

A questo popolo appartiene Gesù secondo la carne, la Madonna, gli Apostoli e tanti israeliti che hanno accolto il messaggio evangelico.

Questo patrimonio è comune, e con gli ebrei bisogna stabilire una corrente di mutua cono-scenza e stima ed infoltire il dialogo e la collaborazione.

E’ vero che molti di essi rifiutarono il Cristo, " tuttavia quello che è stato commesso durante la sua passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo ".

Viene così eliminata dal panorama ecclesiale l’accusa di deicidio che tanto odio e tanti pogrom ha scatenato contro di loro.

Essi non devono essere considerati come rigettati da Dio né come maledetti, quasi ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura.

Tutto questo deve essere insegnato e predicato.

La Chiesa infine rigetta ogni forma di antisemitismo.

Essa :

" esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi e le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque ". ( art.4 ).

L’art. 5, che chiude la dichiarazione, ribadisce il rigetto di qualsiasi forma di discriminazione, "come contraria alla volontà di Cristo" e postula l’impegno dei cristiani nel sentirsi fratelli di tutti gli uomini perché tutti sono figli del medesimo Dio, Padre universale. E’ doveroso ricordare qualcuno dei passi più rilevanti compiuti dalla Chiesa in ordine alla ri-conciliazione con l’ebraismo, in primo luogo la visita di Giovanni Paolo II nella Sinagoga di Roma il 13 aprile 1986 nel corso della quale il Pontefice riaffermò il rigetto di ogni forma di antisemitismo.

Riveste poi un’importanza straordinaria la dichiarazione della Commissione Pontificia per i rapporti religiosi con l’ebraismo, intitolata " Noi ricordiamo ", ( 16 marzo 1998 ), accompagnata da una lettera di Giovanni Paolo II, nella quale il Papa scriveva :

" Il crimine che è diventato noto come la Shoà rimane un’indelebile macchia nella storia del secolo che si sta concludendo. Preparandoci a iniziare il Terzo Millennio dell’era cristiana, la Chiesa è consapevole che la gioia di un Giubileo è soprattutto una gioia fondata sul perdono dei peccati e sulla riconciliazione con Dio e con i prossimo.

Perciò essa incoraggia i suoi figli e figlie a purificare i loro cuori attraverso il pentimento per gli errori e le infedeltà del passato. Essa li chiama a mettersi umilmente di fronte a Dio e ad esaminarsi sulla responsabilità che anch’essi hanno per i mali del nostro tempo " ( Vita pastorale, maggio 1998 pag. 39 ).

La " Noi ricordiamo " è altrettanto esplicita :

" Preghiamo che il nostro dolore per le tragedie che il popolo ebraico ha sofferto nel nostro secolo conduca a nuove relazioni con il popolo ebraico. Desideriamo trasformare la consapevolezza dei peccati del passato in fermo impegno per un nuovo futuro nel quale non ci sia più sentimento antigiudaico tra i cristiani e sentimento anticristiano tra gli ebrei, ma piuttosto un rispetto reciproco condiviso, come conviene a coloro che adorano l’unico Creatore e Signore ed hanno un comune padre nella fede, Abramo " ( ivi, pag. 45 ). ( 1 )

.

Nella " Noi ricordiamo " viene ribadita la distinzione tra antisemitismo e antigiudaismo.

Il primo si fonda sul dato etnico e razziale, il secondo sulle componenti culturali, storiche, religiose.

Le persecuzioni verificatesi in cristianità generalmente sono riportabili all’antigiudaismo ; l’antisemitismo contraddice diametralmente la dignità umana e la rivelazione, perciò non è ammissibile sotto nessun punto di vista, mentre i contenuti dell’antigiudaismo-antiebraismo, a parte le tracce di odiosità presenti nell’espressione, di cui auspico la cancellazione da tutti i dizionari, attualmente sono redimibili attraverso il progresso del dialogo delle culture, e soprattutto attraverso la teoria e la pratica della tolleranza. Riflessioni e distinzioni parallele hanno compiuto qualche passo anche in rapporto alla Massoneria, ma il cammino da compiere in questo senso, soprattutto dal punto di vista psicologico e doxologico, è ancora abbastanza lungo.

L’auspicio più autentico è che i passi coraggiosi e meritori compiuti nei confronti dell’Ebraismo vengano estesi per intero alla Massoneria tanto a livello di ricerca scientifica che nella riforma delle opinioni e dell’orientamento generale del giudizio.

Una distinzione da tenere presente in maniera assolutamente rigorosa è quella da fare tra la Massoneria regolare e quella irregolare, che nella letteratura cattolica praticamente è inesistente, ed è fonte di numerosi equivoci.

Altrettanto fondamentale è la distinzione, troppo spesso disattesa, tra Massoneria e confessioni religiose, con le quali essa non ha nulla in comune, essendo un’associazione laica, filosofica, morale e filantropica.

Dopo l’enorme massa di studi e pubblicazioni, e dopo i pronunciamenti conciliari e pontifici non ci deve essere timore nell’applicazione concreta del nuovo cammino dialogico.

                                                                                                              Don Rosario F. Esposito

                                                                                                                della Soc. San Paolo

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 Il testo della " Non dimentichiamo " è nell’Osservatore Romano del 16 -17 marzo 1998, ( pag. 4 lettera del Papa - testo della dichiarazione ) ; nell’annotazione sono citati tutti i documenti di Giovanni Paolo II dedicati alla riconciliazione tra Chiesa ed Ebrei. Il documento è stato pubblicato integralmente da " Vita Pastorale ", Alba, maggio 1998  pagg. 38 - 46 ; esso è accompagnato da un mio commento : " Dalla Shoà alla Teshuvà " ( ivi 39 - 46 ) .

La Civiltà Cattolica dedicò al documento pontificio un editoriale ( 1988, vol. II, pagg. 3 - 14 ).