Integrigrità e Vulnerabilità
Katyayani Dasi (Catia Biasone)


La cultura occidentale, basata su di un individualismo esasperato, ha il terrore della “vulnerabilità”. In occidente, infatti, abbiamo il terrore di rivelare le nostre imperfezioni, perché l’imperfezione è considerata una debolezza. 

Ovviamente un tale atteggiamento è talmente radicato in noi che ce lo portiamo dietro anche nella vita spirituale:”Ognuno teme di essere calpestato- scrive Kundali dasa ne’ Il nettare della discriminazione- se le sue debolezze vengono esposte, così ci nascondiamo dietro un’armatura di esteriorità. Mettiamo su uno show facendo credere di aver già raggiunto il successo nella vita devozionale e questo ci spinge a farci passare per quello che non siamo: dei supervaisnava”. Tentare di nascondere le nostre imperfezioni, le nostre nevrosi, i nostri insuccessi, vuol dire essere ipocriti, e vivere una menzogna è già di per sé una sconfitta. Accettarsi esattamente per quello che si è e non avere il timore di mostrarlo agli altri è il prezzo della INTEGRITA’. 

L’integrità è la via che ci conduce ad arrenderci al fallimento che siamo, ad una accettazione piena di noi stessi. Questa accettazione può apparentemente essere confusa con una sorta di passività estrema che esclude l’ansia di volerci migliorare,  ma in realtà il punto di partenza della nostra trasformazione interiore sta proprio nel comprendere chi siamo e non chi vorremmo essere. Privi di questa accettazione di noi stessi rimaniamo sempre in opposizione al nostro punto di partenza, dubitiamo del terreno dove poggiamo i piedi, divisi sempre da noi stessi al punto di non poter agire con sincerità. Se alla base del pensiero e dell’azione non c’è l’accettazione di noi stessi, ogni tentativo di disciplina spirituale o morale è la sterile lotta di una mente scissa e insicura. La tradizione filosofica e spirituale occidentale ha sempre ammesso che gli atti vermanete morali devono essere espressione di libertà, eppure non ci siamo mai concessi questa libertà, non abbiamo mai permesso a noi stessi di essere quel che siamo. In un modo, tra l’altro neanche veramente cristiano, di identificare Dio, l’Assoluto, con una divinità che esclude il male, il nostro retaggio culturale ci rende impossibile accettare noi stessi integralmente. Invece dell’auto accettazione, alla base del nostro pensiero e del nostro agire viene posta l’angoscia metafisica, il terrore di essere radicalmente sbagliati ed intimamente corrotti. Coscienza spirituale vera è riappropriarci della nostra integrità. L’uomo integro non ha paura di vedersi per quello che è ed allo stesso tempo non è annientato dal peso di tale visione:”Un devoto- continua Kundali- è vulnerabile, aperto e perciò sottomesso e dipendente dal Signore. E poiché è completamente dipendente dal Signore, in lui non vi è paura. 

Il devoto dovrebbe cercare i modi per sperimentare questo senso di completa dipendenza che porta all’assenza di paura, che è ben lungi dal pensare “ho fatto tutto da solo”, tipico pensiero del gretto individualista che è fisso nel suo ego, anche se indossa abiti vaisnava”. Se la vulnerabilità è il prezzo che paghiamo per la nostra integrità, questa , secondo Kundali, ci porta direttamente alla meta: “Integrità significa che mi prendo la responsabilità per le decisioni e le scelte che faccio e per quello che succede nella mia vità. Significa mantenere il mio senso di dignità e di rispetto personale e non permettere a me stesso di essere una vittima o essere usato dagli altri sensa il mio consenso. Significa rispettare, piuttosto che trasgredire i diritti e la dignità degli altri e frenarmi dal manipolare o dall’ingannare gli altri per far carriera nell’I.S.K.CON. o per altre ragioni. Significa avere una coscienza e lasciare che questa mi guidi in tutte le situazioni… significa rispetto per se stessi e per gli altri. Se decidiamo di vivere secondo queste direttive faremo immediatamente progresso verso l’influenza della virtù che purifica e che conduce alla realizzazione del sé”.