Galleria d'Arte

Qui trovate alcune delle opere più rappresentative e più recenti della produzione artistica del pittore. Esse testimoniano di un percorso in fieri dell'artista. Si noti il passaggio dalla monocromìa all'uso delle tinte forti che mette a nudo una ricerca tutta introspettiva.

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L'Angoscia dell'Identità, Tela 1,5x2 m, Rivisondoli (AQ), 1996

Appartenente alla mostra di pittura "Non fermate i colori della montagna", l'Artista vi profonde un'esperienza personale contingente: la malattia della zia-madre. La grande macchia bianca che campeggia al centro del quadro simboleggia la candida impotenza di fronte alla malattia e alla morte. Il filo orizzontale che la attraversa ed il tracciato verticale altro non sono che il tentativo di cercare un senso che si rivelerà vano come si può notare dal groviglio concentrico e ancora espansivo nella parte retrostante il grande bianco.

Anestesia, Tela 1,60x2 m., Rivisondoli (AQ), 1996

Appartenente alla mostra «Non Fermate i Colori della Montagna», la tela rappresenta una trasfigurazione del paesaggio montano abruzzese col filtro del dolore intimo. Dalle tinte omogenee, simbolo di un'acquiescenza al dolore quasi folle, emergono fili neri che confluiscono verso campane che non sono più quelle dal rintocco tranquillo di un paese di montagna, bensì urla che vogliono gridare al mondo esterno lo spasmo interiore.

Tracce, Legno 2x1,60 m., Napoli 1998

"Tracce" invita ad una lettura à la Cocteau. Della voce umana sono messi in evidenza il dramma dell'abbandono, l'angoscia della solitudine e, contemporaneamente, l'esplosione dislocante del corpo. Ciò sembra essere gestito da un regista la cui provenienza non è definita. Essa può essere interna: è il caso dei fantasmi che ci costituiscono; oppure esterna: altri decidono per noi, mutilandoci.

Spasmo, Legno 2x1,60 m., Napoli, 1998

Nonostante il tratto definito del corpo femminile, l'artista ripropone in modo quasi ossessivo il tema della confusione dei corpi. La violenza verticale del tratto con cui la donna è delineata viene bilanciata dall'esplosione orizzontale del colore marrone che assume forma fallica, a testimonianza dell'inquieto interesse del pittore verso le forme grigie dell'eros.

Uomo, Tela 1x2,5 m., Napoli, 1999

Le forme scheletriche di quest'uomo, che sembrano fuoriuscire dal corpo e dalla tinta sangue del quadro, testimoniano una duplice e contrapposta condizione umana. Da un lato, la perdita sofferta dell'io inteso come essere pensante; dall'altro il tentativo di riappropriarsi del sé e ancora, rappresentato dal bianco gessato, di mantenere fede all'intima religione cui si appartiene.

Il canto della sibilla, Legno 1,5x1,5 m., Napoli, 2000

Corpi confusi, sovrapposti, indefiniti, rovesciati, sfregiati, mutilati. La chiazza di sangue presente nella parte sinistra che dovrebbe edurci sul genere dei corpi non è lì a rappresentare il peccato della lacerazione, bensì ad accentuare l'ossessione dell'auto-esplorazione e, quindi, il peccato dell'auto-identificazione.

The Other way round, Tela 6 x 3m, Napoli Biblioteca "Labriola", 2001

Ancora una volta l'artista Di Matteo mette a nudo il dramma dell'identità. Corpi riflessi scheletrici sospesi nel vuoto disegnano un vortice universale quasi a voler dare senso e nome al caos.

 

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