NAVIGANTI
maratona letteraria linusciatt
ultimo aggiornamento: 07/02/04

Siamo stati naviganti
con l'acqua alla gola
e tutto questo bell'andare
quello che ci consola
e che siamo stati lontani
e siamo stati anche bene,
siamo stati vicini
e siamo ancora insieme.

....che basta un filo di vento
per venirci a guidare
perchè siamo naviganti
senza navigare, mai.

(I.Fossati "naviganti")

L'avevo vista.

Era su un muro, gigante. Avevo visto quella donna nuda che, assorta, guardava il monitor con una mano che sfiorava, quasi a non voler fargli male, il mouse. Che era nuda si immaginava, perché, in effetti, il pc nascondeva la maggior parte del corpo.

Ma quegli occhi, azzurri, lasciavano immaginare le meraviglie che lei stava scoprendo in rete; il messaggio diceva: internet, un'altra vita.

Fu forse quell'enorme donna, amante ciclopica, che mi fece rompere gli indugi, io che usavo il pc solo per lavoro e studio; ne avevo sentite di storie, e lette, e visto film. Doveva pur esserci qualcosa di vero, di affascinante nel mondo che stava dietro a quello schermo.

...

Collegai quindi tutti i miei bravi cavetti, e spinotti, riduzioni e ciabatte, modem, linea telefonica. Un apparato infernale, mi sentivo alchimista alle prese con una nuova pozione, definitiva, quasi che potesse trasformare il piombo della mia vita in oro.

Cliccai finalmente su quell'icona per tanto tempo ignorata, che quasi mi dava peso, sempre lì, muta; ora so che se ne stava paziente, mi aspettava, aspettava il momento. Sapeva che sarei passato di lì, non aveva perso smalto, energia, e balzò su, brillante paese dei balocchi in attesa dei suoi lucignoli e pinocchi.

Non mi interessava però vagare per la rete a vedere le vetrine, non volevo guardare, del resto c'era la tv. Volevo incontrare.

D'altronde era quello che mi mancava da anni, dai quei tempi che la strada era il luogo esatto, era il posto migliore per incontrare, e ne avevo incontrata davvero tanta di gente. Ora cercavo di nuovo la strada.

Chat, pare più il colpo di un ammazzamosche che ha fatto centro, eppure era proprio quello che cercavo. E la trovai.

Fra mille e mille entrai in quella: Nilo, si chiama.

Già il nome mi dava conforto, dava l'impressione di trovarsi in qualcosa di calmo eppure qualcosa che si muove, sempre uguale e sempre diversa. Sfondo blu, ovviamente.

E ce li trovai. Altri viaggiatori elettrici abbracciati ai monitor, con le dita sospese ad un soffio dalle tastiere, pronti a schioccare risposte, a lanciare brandelli di vita o ad attendere qualcosa o qualcuno.

Così ho conosciuto Pass. Volevo capire cos'era per lei questo mondo, e glielo chiesi.

UNA RISPOSTA DI PASS

Sempre caro mi fu quest’angolo di stanza e questo schermo che come uno scrigno ossuto contiene rami e rami di misteri.
Di là da quello schermo ora c’è gente, finalmente.
Bocca afona, d’accordo, forse è uno sforzo minore parlottare dimorando, interloquire digitando anziché mostrarsi e presentarsi, ma scrivendo si parla, diamine, si apprende e si comprende, si ride e si spera.
Ci s’impegna nella sintesi, a ideare neologismi e nuove sigle.
Come in confessione si ha certezza di un ascolto.
Come su un gaetto aquilone si vola coll’immaginazione e in quella barra ci si affanna a dire poi si toglie e si aggiunge a volte s’inganna.
Nella Nilo sciàt mi chiamo pass e passo come voce di contrabbasso.
L’insieme è una musica bella, una fuga a più voci, un reel, una tarantella. In politonia o in contrappunto.
Qualche volta capita anche questo: si è soli, soli come un unico basso la di ghironda a fare la ronda.

Affettuosamente.

E ne ho incontrata di gente sola. Ma più solo di tutti era Wetdog.

Sono solo. Ho trent'anni, qualche storia alle spalle, poco sesso e poco amore. Suono, riesco a non morire di fame con la musica. La musica, mia gioia e mio tormento: devo anche a lei il fatto che giro poco, che bazzico solo un ristretto giro di amici, quasi tutti legati alla musica, e lì dentro ormai le storie sono scontate, anche le passioni sono cristallizzate, i rapporti definiti e credo che neanche se mi presentassi travestito e operato, coi miei bei seni in vista, cambierebbe nulla.

Uso molto la rete, tengo molti contatti, frequento forum e chat, in genere legati alla musica, ma non disdegno digressioni sul sesso o semplicemente posti in cui si chiacchiera senza meta, così per passare il tempo.

Ce ne sono di chat, di ogni tipo, in quelle affollate non riesci nemmeno ad avere una risposta che è una, tanti sono i messaggi che si accavallano, piene di fessi che continuano a imprecare contro il mondo intero, a fottere le madri di tutti, esibire genitali spropositati, spaccare teste, culi, gambe, facce. Poi ci sono quelle alla deriva, piccole zattere con pochi naufraghi che spesso già si conoscono, che continuano giorno dopo giorno ad affinare amicizie.

E poi c'è Nilo, che proprio ci devi avere una pazienza e una costanza e una fortuna per arrivarci, che già esserci è una piccola vittoria.

E ci passo spesso, anche solo per vedere chi c'è, solo per lasciare un ciao, una buonanotte e anche in questi momenti mi fa bene, è come una buona tisana calda sul pancino che ti strizza.

Stasera c'è una folla spropositata, otto. Ci si aggiorna sul tempo, si mappa la penisola che pare la cartina delle previsioni con i suoi soli che sorridono, quelli seri con la nuvoletta in faccia, i fulmini, le gocce e le stelline della neve.

Poi una battuta, un commento semipolitico, una confessione semivera, una serie di uffa semiseri, insomma una serata tipo, tendente al depresso. Tanto esco presto, poi c'ho da finire un cazzo di arrangiamento che non mi viene, maledetto; anch'io sono sul depresso andante.

Entra Tankgrrl. Piuttosto esplode: - ciao amici, come va? giornata bellissima, sono felice!

Nessuno la caca di striscio, tranne qualche: -che hai fumato/bevuto/ingoiato?

- ciao tank, dicci qualcosa di bello, cosa t'è successo che 6 così felice?

- niente di particolare, ma oggi sono uscita a fare una passeggiata col cane per prati e mi sono sentita così parte del mondo che mi ha riempito di gioia.

E' bello sentire ogni tanto qualcuno che è felice così, gratis, senza paura.

Continuo a cercarla ogni volta che entro in chat, mi fa bene, anche se non è che sia sempre così allegra, ha i suoi problemi, una vita, un matrimonio che (dice lei) la soddisfa anche se il tempo un poco ha appannato lo smalto, vive e lavora in una piccola città del nordest, insomma ha gli scazzi medi di una donna della sua età.

E poi adora la musica, non fa che incoraggiarmi, vuole sapere dell'ultimo pezzo, dell'ultimo concerto, mi sostiene ed è quello di cui ho anche bisogno ora, di sentire che non sono solo, che non sto sbagliando tutto, che il futuro c'è ancora.

Ormai ci sentiamo ogni sera in pvt, cercando di non offendere gli altri con scuse sempre meno credibili -sono al tel. -ho il pupo sul fuoco. -non riesco a collegarmi. -il pc fa fumo. -sono alla finestra, sta crollando il palazzo di fronte.

Comincia a diventare qualcosa di più questa storia, se non ci fosse di mezzo il pc, i fili e km tra noi, direi che ci stiamo carezzando, ci abbracciamo, le labbra si sfiorano.

Mi confonde e mi piace questa cosa, risveglia sensazioni sopite da troppo tempo, l'aspetto come facevo con la mia fidanzata bambina alle scuole medie, col cuore in gola e lo stomaco sottosopra. Mi spiazza un po'.

Per lei è ancora peggio, attacchi di panico, la consapevolezza di una storia senza futuro che è meglio evitare da subito, la paura di rivivere vecchie brutte storie, la certezza che comunque finirà, finirà male. E me lo dice 10, 100 volte.

Ma non mi convince, anche se non ho una vera ragione da opporre a parte la voglia di conoscerla, la voglia di vedere se i suoi occhi sono davvero verdi come dice.

Sono ostinato come non credevo di essere, e a un certo punto mi pare che anche lei in qualche modo voglia, o ceda, o si dia una possibilità per verificare solo che aveva ragione e dimostrarmelo.

In effetti non so bene cosa voglio, avrei bisogno di una storia vera, tutta per me, poter sapere che c'è una lei che posso abbracciare quando voglio, che stia qui con me e con cui possa dividere un futuro probabile; e so che questa storia con tank non potrà essere così, se non a costo di dolori, lacerazioni, implicazioni drammatiche e prevedibili.

Tutto questo e altro mi frulla in testa, ma il corpo vince, ostinato e inaffidabile viaggiatore di frontiera.

Ci convinciamo che in fondo può valere la pena un incontro, non mettere limiti, magari solo non perdere una possibilità anche solo di guardarsi e sfiorarsi; stabiliamo date, posto, alibi, stabiliamo di non stabilire altro, lasciamo un po' di incognite.

Si fa presto a dire nord, traversare l'italia da ovest a est è lungo tanto quanto da sud a nord, ma sarò io che faccio più km, lei non sopporta viaggiare da sola.

In treno ritrovo la tranquillità dei miei antichi viaggi, l'abitudine positiva, la curiosità per ogni viaggiatore, per ogni finestra vista dal finestrino, delle vite immaginate dietro quei vetri, le gioie e le miserie di ognuno che sono di tutti, il gusto agrodolce del viaggiare.

Mi appassiono alla vita di rosario, siciliano, che lavora in cantiere vicino bologna, del suo peregrinare per l'italia incatenato a quel cantiere e di suo padre che sta a modena con la stessa ditta, pedine di una dama che fanno seguendo le trasferte, incrociandosi ogni tanto quando le geometrie edili li conducono nello stesso cantiere.

Ma bologna si avvicina, mi prende un po' d'ansia, ma resto tranqui.

Scendo dal treno, saluti e auguri a rosario, ma ormai l'occhio saetta per la banchina, ti riconoscerò?

Esito, ma non puoi che essere tu, di corsa, ansimante, rossa, sotto un improbabile colbacco -ciao, tank? -ciao, scusa...; strano, sembra che ci rivediamo come se l'avessimo fatto tante volte, non come nei film, col pezzo al rallentatore di loro che si voltano, si illuminano e si corrono incontro e, magari, in quel momento parte in volo uno stormo di piccioni proprio mentre si abbracciano e la camera gli gira intorno sempre più velocemente, quasi a svenire. No, stiamo li come due vecchi amici che si ritrovano.

Credo che entrambi stiamo attenti a non deluderci, quasi a pesare ogni parola e gesto, che questa è un'altra cosa, non c'è uno schermo in mezzo, siamo nudi.

Ma è tardi, ci infiliamo in una birreria per mangiare qualcosa e pensare cosa fare nel pomeriggio. La guardo per tutto il tempo, un cottimo di sentimenti, ne faccio incetta, scorta, mi lascio bruciare dentro a quegli occhi verdi, davvero verdi; mi basterebbe già questo, mi da pace, mi fa felice, semplicemente, non c'è nient'altro lì, noi soli, senza passato e futuro, senza geografie.

Allarghiamo la cartina sopra gli avanzi dei panini e decidiamo di inoltrarci verso l'appennino, tanto lei ha la macchina; comincia a fare fresco presto in questa stagione, specialmente allontanandosi da bologna verso la collina. E come lupi smarriti sentiamo il bisogno di sapere che avremo un pasto e un posto in questa notte imprevista.

Quando comincia a far buio ci rassegniamo a chiedere consiglio per un posto aperto dove poter mangiare e dormire; ci spediscono per una strada stretta, tutte curve, come le nostre vite, senza possibilità di scartare di lato, metafora asfaltata che non prevede altra meta.

Finisce 'sta strada proprio davanti al posto, lo stambecco, quasi alpino davanti, ma che rivela una parte, dove sono le camere, che pare una pensione dell'adriatico, anonima, con i suoi mobilacci di formica, e le piastrelle sbreccate, gli orrendi abat-jour che non funzionano mai e due lettini singoli. Ma almeno un letto a due piazze, cazzo! Vorrei cambiare camera, ma tank mi frena dice -dai, fa niente. Già.

Ci rilassiamo un po', gli racconto della mia musica, stavolta la vedo veramente interessata e parlo, parlo, parlo; lei assorbe tutto, con gli occhi lucidi, a tratti sospira, non so se per me o per la musica.

Scendiamo per la cena e fortunatamente, siccome lei fuma, ci accendono un salone tutto per noi, lontano dai brusii consueti dei ristoranti, li sentiamo lontani, accalcati in un'altra saletta e noi soli in quello che dev'essere il salone dei banchetti, mi immagino bambini cresimati, e sposi e parenti negli abiti buoni e nelle scarpe strette, che si slacciano già dopo i primi fiaschi di vino rosso un po' frizzante di queste parti. Peccato lei non beve, si è persa qualcosa della vita, che anche le sbronze ogni tanto fanno bene, come una sigaretta appunto, e mi viene in mente guccini che canta ...il vizio che ti ucciderà, non sarà fumare o bere, ma qualcosa che ti porti dentro, cioè vivere, vivere, e poi vivere.

Usciamo poi a far due passi, ma è più la scusa per prendere un po' di freddo che ci costringa a rientrare e in effetti già cala una gelata che l'erba scricchiola e le spalle si stringono. Via, al caldo.

In camera ci ritroviamo come vecchi compagni di viaggio, come se ogni sera affrontassimo quei riti, ma è un nascondere un po' di disagio, di paura.

L'abbraccio, ne percorro i fianchi, ne riconosco il seno sotto la maglia pesante e lei mi guarda, serra la bocca e mi guarda. Quegli occhi si affilano, brillano nella penombra come lame, mi inchiodano l'anima al letto, mi tolgono la parola.

E’ sempre difficile riuscire a rotolarsi insieme, a me è successo poche volte, dove non serve pensare e le mani corrono più veloci delle idee e le bocche e il sesso vanno da soli dove vogliono; ma ora non è così.

Troppo l'ho immaginato, e non era mai così, o forse non solo così; la assedio cercando la massima dolcezza possibile, cercando un varco, una via che la sciolga, ma non riesco. Moltiplico gli assalti e lei moltiplica le difese, -giù olio bollente su quelle scale! -frecce, frecce contro quella breccia, che possono entrare!

E' un assalto tra le dune, corsa in salita con la sabbia che ti frana sotto i piedi, un passo avanti e tre metri indietro, senza oasi, senza ombra. Ore e ore sotto quel sole dei suoi occhi, a dare pugni su quel portone e sentire i mille catenacci che serrano ancora più forte. Sudo, eccitato e stanco, crollo.

L'abbraccio piano da dietro come un cucciolo ferito, e dormo.

Ci alziamo quasi dimentichi della battaglia che c'è stata, solo un filo di tristezza e cento scusa, ma non mi pesa molto, non era solo quello che cercavo, tutto il resto rimane.

Sto ancora bene anche se lo so cosa mi aspetta nei prossimi giorni, e mesi; lo sento appena appena in un punto sotto il diaframma e so che crescerà, oh, se crescerà; germoglierà questo malessere e si nutrirà di ogni dubbio, di ogni parola ricordata, di ogni paura, e mi soffocherà.

Mi accompagna alla stazione e ancora sono io che la saluto con un bacio, che le è rimasto un cancello ancora chiuso, o forse mai aperto. Arriva il treno, non parla, mi fissa con quelle lame verdi, mia delizia e pena; non ha bisogno di parlare, ora sembra lei un animale ferito, scivola piano nel sottopassaggio, stavolta si al rallentatore.

Tutto è interminabile, mi sembra di stare in un incubo lento lento lento, ma di avere la consueta velocità, e sbatto contro i finestrini per vederla, come un criceto nella ruota. La vedo ancora, per l'ultima volta, poggiata al corrimano delle scale, impietrita, e vorrei urlare, ma abbozzo un mezzo sorriso scemo e un bacio.

Torno, e piano piano fa buio, fuori e dentro di me.

Wet dog gira ancora in chat, non ha perso la voglia di sentire gente, nonostante tutto. Anzi è sempre curioso delle storie altrui, sapere come, quando e perchè si entra in chat. E scoprire che in fondo tutte le storie si assomigliano. Valo.

UNA STORIA DI VALO

Non ricordo che giorno fosse, l’avevo dimenticato, cancellato, distrutto.

Ero entrato in casa con l’aria più deprimente che mi veniva e sapevo di aver trascorso una giornata del cavolo: per metà passata a dormire e l’altra metà ero uscito con una ragazza che aveva finto interesse per me. Qualche sera prima, al momento di lasciarci, lei mi aveva detto "Stasera sono stata davvero bene con te. A me fa piacere se ci rivediamo, facciamo che ci vediamo la settimana prossima che questo fine settimana sto incasinata col lavoro"; e c’eravamo lasciati con un bacio che era arrivato improvviso e non avevo saputo godermi.

Invece quella sera mi aveva detto che doveva parlarmi, ed io cominciavo ad intuire qualcosa.
Eravamo usciti e mi aveva detto "Senti io non voglio che tu ci rimanga male, tu sei un ragazzo meraviglioso, però in questi giorni è successa una cosa imprevista, che io non m’aspettavo, e insomma c’è un ragazzo che ha mostrato attenzioni particolari nei miei confronti ed ora a dirti la verità, proprio perché con te voglio essere sincera, non mi sento di illuderti perché mi sento il cuore occupato"

-E cos’è una linea telefonica?-, avevo pensato cercando di non far vedere un mezzo sorriso da risposta distaccata e strafottente che mi veniva. Vedendo il mio silenzio lei aveva aggiunto " Lo so che tu sei un ragazzo che dà tutto se stesso, e questo è molto bello, ma per ora te l’ho detto, può darsi che stia sbagliando, ma mi interessa questo ragazzo."

Ero già del tutto distaccato in quel momento e così avevo detto, in realtà non so neanche perché, forse solo per non rimanere senza nemmeno una parola, "Posso sapere chi è lui?".
Lei me lo aveva detto ed io avevo finto di avere capito chi era, anche se al momento non avevo capito per nulla di chi si trattava, avevo solo un’immagine mentale formata da mille volti insignificanti, che non rispondevano esattamente alla persona, ma si ci avvicinavano molto.

Per chiudere la questione, solo perché avevo voglia di tornare a casa e stendermi o tenermi occupato con altre cose, avevo tagliato così "Va beh, a me non interessa più nulla ormai. Ti auguro tutta la felicità del mondo", l’ultima frase era uscita un po’ strozzata ma l’importante era aver chiuso il discorso, poi mi era girato sulle scarpe ed avevo già imboccato la strada del ritorno a casa.

Mi ero sdraiato sul letto ed avevo buttato uno sguardo al pc con il groviglio di fili e la linea del modem che pareva quasi si muovesse e mi chiamasse, sembrava che volesse a tutti i costi spingermi ad un collegamento via cavo.

Pensai che in quello stato d’animo una bella chattata era quello che mi ci voleva per non affogare nella solitudine ed in quella specie di incomprensione che mi assaliva.
Così inserii la spina nella presa del telefono e il modem produsse quel suo solito suono goffo, quasi che lo stessero strozzando -ma va al diavolo- pensai -che cazzo di rumore si sono inventati-
Erano già due anni che avevo il pc e la connessione al mondo pseudo-virtuale, e di tanto in tanto mi dilettavo a entrare nelle chat e provare a conoscere gente nuova, nuove storie, nuovi mondi e soprattutto nuove vite.

Ma ero stanco delle chat che vanno per la maggiore e che sono così piene di gente che alla fine riuscire a parlare con qualcuno è come provare a intrattenere una discussione sulla metro nell’ora di punta, c’avete mai provato? Impossibile praticamente!

Ero entrato nella prima che avevo trovato nella ricerca, Pacifico si chiamava, ero stato una mezz’ora a provare a parlare con qualcuno ma non c’ero riuscito.
Solo un ragazzo mi aveva chiamato in pvt perché pensava che fossi una donna e come ha chiesto

_ Ciao m o f?
ed io _ m
CLICK
E m’aveva chiuso la discussione in faccia.

Così ero uscito ed avevo deciso di cercare tra le ultime della ricerca fatta su Virgilio

Nilo c’era scritto
Un’altra vita , per pochi. Era il sottotitolo
-Bene è quella che fa per me- pensai.
Ed in poco ero già dentro.

Mi avevano chiesto un nickname ed io non avevo nemmeno l’idea di che mettere.
- Un’altra vita- mi dissi -non può essere il mio nome. Tanto vale essere un altro.-
Buttai lo sguardo sulla scrivania alla ricerca di un nome. Trovai il cd del mio gruppo preferito, gli Him, - bene il nome del cantante è proprio quello che ci vuole- mi dissi - Valo, sì, mi chiamerò Valo-

Inserii il nick che avevo scelto ed il gioco era fatto.

Lo sfondo blu ed in bianco la scritta:
BENVENUTO NELLA CHAT DI NILO
VALO E’ ENTRATO IN CHAT

C’erano altri che navigavano in Nilo -altre storie- pensai- tristi, felici incazzate, piene di dolore o di gioia-

Poco dopo al mio ingresso in chat era entrato uno con il nome di Zed che subito mi aveva rivolto la parola.

Anche Valo era salito sulla zattera, che invece di affondare, diventava più stabile, come se ognuno ci portasse una storia che aiutava a tenerla a galla e navigare. Quante storie.

LA STORIA DI DIDIMO E GEMMA

C'è stata una volta una storia,una di quelle storie di cui se ne sentono mille, e mille e sembrano sempre uguali, una di quelle,....storie, che non dovrebbero ripetersi perché già mille e mille volte sono successe, ma ecco che si ripete, e ora che ormai è già successa, anche ora, mentre ti scrivo, ne succede un'altra,...storia, uguale a quella di Didimo e Gemma, e continueranno ancora a succedere, perché sono storie sbagliate, ma così è il mondo, un'altalena di sbagli e cose giuste, un'altalena su cui son saliti anche Didimo e Gemma, ora l'altalena è vuota, ma presto qualcuno ci salirà....... e un'altra storia comincerà.

Tutto comincia tra la coscienza e l'incoscenza, perché è così che vanno le cose, come quel giorno che Didimo e il suo amico Fedele stanno aspettando il treno, hanno perso quello prima, e inoltre dovevano viaggiare un altro giorno....insomma in quel treno Didimo e Fedele non dovevano esserci.

Invece doveva esserci Gemma, ebbene, tutti sul quel treno, tutti e tre, arrivando alla quarta stazione, il treno si scontra con un altro e deragliano, fortuna vuole che i treni viaggiavano lentamente, il treno di Didimo, Fedele e Gemma, si rovescia su un fianco, molto panico, grida e buio, qualche botta, e qualche ferito, si esce dai finestrini aggrappandosi, e quì che Didimo aiuta Gemma, in una situazione di disagio collettivo è facile stringere un rapporto, e da quì nasce un'amicizia che si evolve in amore che corre veloce per quattro anni.

Scivolano le stagioni e Didimo e Gemma cambiano con esse, ma insieme, cambiano molte cose, si cresce,........ ma arriviamo agli ultimi episodi di questa storia, Gemma è una ragazza vivace con mille passioni dal canto, alla musica, al volontariato, al ballo, sempre impegnata, ma con Didimo sempre vicino, ricordo quando Didimo regalò un pianoforte a Gemma, per la verità non era a coda e pure usato, un' occasione, comunque un sacrificio, Gemma ne era contenta, era il suo sogno, così si mise subito da autodidatta ore e ore a strimpellare,......mentre le stagioni passavano.

Didimo cambia lavoro, che lavoro!, lavora di notte, a volte, e spesso di domenica, un sacrificio, che Gemma non comprende, non riesce a tollerare questo cambiamento, ma non perde la sua vivacità, come la sua voglia di divertirsi a tutti i costi; Gemma allora esce con gli amici, fra cui Fedele, che caro amico!

Con Fedele frequenta un corso di ballo caraibico, purtroppo Didimo non sarebbe riuscito a frequentarlo con costanza, a causa del lavoro, aveva proposto a Gemma di posticiparlo l'anno successivo, ma Gemma per l'anno successivo aveva altri progetti, e quindi balla, e balla con Fedele.

Fedele é un ragazzo di cuore, telefona a Gemma, si preoccupa di lei, Fedele è un buon ragazzo, d'origine campana, con quella parlantina tipicamente partenopea, che conquista, come conquista la simpatia di Gemma, di sua mamma,nonna,zia....e del non meno importante cane Ringo.

Fedele conosce bene Didimo e tramite Didimo conosce Gemma, Fedele sa i gusti e le debolezze di entrambi e ne fa tesoro per conquistare la simpatia di Gemma....e forse di più.

Alla sera, e solo quando Didimo lavora, va a casa di Gemma, Fedele sa suonare il piano o meglio l'organo della chiesa, ma tra organo e piano non c'è molta differenza ,lui non è Mozart, ma se la cava, e ne approfitta per dare lezioni di piano a Gemma, ovviamente con quel piano che Didimo gli aveva regalato, suonano e cantano e canta tutta la famiglia.

E così le serate si tingono di musica, altra musica, quando Didimo viene invitato a pranzo da Gemma a pasqua, ma apprende che è stato invitato dai genitori anche Fedele, ormai consolidato amico di famiglia; e così iniziano i dissapori tra Gemma e Didimo e tra Didimo e Fedele, mentre Fedele resta per Gemma "un semplice amico" , anche quando Gemma confessa un fugace bacio con Fedele.

Didimo, a questo punto, s'allontana da Gemma e da Fedele (fra quest'ultimi solo un fuoco di paglia, una breve storia di un mese).

E passano i giorni, estate, autunno, Didimo e Gemma s'incontrano, Gemma è irriconoscibile fredda e distante, è chiaro che è impossibile tornare alla relazione di prima, si chiacchiera un po' e si parla anche di capodanno ormai imminente; Gemma non sa con chi trascorrerlo, allora Didimo la invita ad una festa con amici; sarà una bella serata, soprattutto per Gemma che conosce un'altro amico di Didimo, si chiama Simmaco.

Gemma stringe un'intensa relazione con Simmaco, costringendo Didimo a cambiare amicizie. Ora, comunque sia andata questa storia, Didimo ha perso molti amici, che forse in fondo non lo erano molto, meglio avere un amico fidato come Gaudenzio, con cui Didimo si ritrova la sera a chiacchierare di fronte a un chinotto, evitando di pensare a questa storia, ormai alle spalle e senza rimorsi, ma guardando con ottimismo a quell'altalena vuota.

Gianni
(n.b. ogni riferimento a nomi è puramente casuale)

Mi ha detto una cara amica di chat: -già nel momento in cui senti il bisogno e la voglia di stare in chat, c'è qualcosa che ti manca, qualcosa della tua vita che non ti soddisfa, stai già cercando, anche se non lo sai o non vuoi ammetterlo.
Ci ripenso spesso, forse non te ne accorgi finchè non ti succede qualcosa di speciale in rete, un piccolo miracolo, come è successo al Sognatore.

UN GIORNO COME TANTI

il 24 gennaio, a parte la morte di Gianni Agnelli, è un giorno come tanti.
Da due anni a questa parte alcune sere le passo in modo diverso. Alle 22,30, di solito a casa mia regna il silenzio, tutti dormono ma io non ho ancora sonno. La televisione mi piace poco, di leggere non sempre ho voglia, e allora ho iniziato a chattare.
Anche mia figlia mi prende in giro, mi dice "Papà, prima di navigare mi devi cantare la ninna nanna", chissà cosa si immagina, come si rappresenta suo padre che"naviga". magari pensa a un mare in burrasca e invece...
Chattare non sempre è divertente, spesso il mare in burrasca diventa una calma piatta di banalità o, peggio, stupidaggini. Ogni tanto si intreccia qualche rapporto umano, io poi non sono adatto per il "rimorchio in rete", sono troppo timido. Rimane sempre però la sensazione che, tutto sommato, non stai parlando veramente con "qualcuno", ma più che altro con te stesso.
Da qualche settimana però ho conosciuto lei, in un sito di chat. Giuly. Mi ha colpito perché era diversa. La prima sera che abbiamo chattato mi ha chiesto: "di che colore sei, stasera?". Lei comunica in modo particolare, sembra usi tutti e cinque i sensi in un mondo monodimensionale di frasi che si rincorrono su una finestrella sul monitor. Sembra che senta il tuo odore, che veda la luce nei tuoi occhi. E' una delle rare volte che ho SENTITO VERAMENTE un'altra persona dall'altra parte, una che si accorge quando sei distratto da altro, come se ti guardasse, una che è addirittura GELOSA se chatti con qualcun altro.
E cosi' è andata avanti per un po', campi elettromagnetici che si scatenano lungo piccoli fili di rame. Energia che senti attaccata a frasi. Piano piano mi accorgo che non ho piu' paura, che non ho bisogno di nascondermi, che non c'è niente da temere, che viviamo in un mondo parallelo. I mondi parallei possono perfino toccarsi per qualche breve attimo, in un momento (per me) di audacia le do' il mio cellulare, ma senza speranza, cosi', tanto per fare..
Ma il 24 gennaio, un freddo giorno d'inverno come tanti, se non fosse morto Gianni Agnelli, lei mi chiama.
"Ciao, sono al Giuly, ho un nodo alla gola". sento una tenerezza e stranamente mi sento rilassato, io di solito timido, sono "normale" fino forse a sembrare freddo, come se cose del genere mi succedessero spesso. Telefonata breve, lei in macchina e io al lavoro ..ciao cara, fatti risentire presto.. poi dopo improvvisa e inaspettata un'onda di calore, pelle d'oca ..cuore a mille, a 40 anni rivivo quasi quasi il turbamento dell'adolescente che incontra lei nel corridoio e ha a malapena il coraggio di salutarla.

Lei ESISTE. E mi telefona, vuole parlare CON ME, e solo per qualche frase digitata su una tastiera.

...il 24 gennaio, giorno come tanti, mi sento come se mi fosse successo un piccolo miracolo...

Più ne incontro, qui, di gente e più mi convinco che in fondo tutti si cercano; cercano se stessi negli altri, non è banale, non è solo passare tempo, è voglia di comunicare, di stare assieme, di incontrare qualcuno che ti faccia sorridere e, a volte, anche battere il cuore forte. E' capitato anche a Lalla.

C’era una finestra alle sue spalle e dietro a quella, il mare.
Lei aspettava il momento, ansiosa.
Non mancava tanto, ancora qualche ora, giorni forse, ma non di più. Sarebbe tornata lì. Non più tetti, finestre, vetri, sarebbero riusciti a tenerla distante da lui.
Attendeva il giorno con la stessa ansia con cui una sposa si avvia all’altare.
Sarebbe salita su un cocchio trainato dalle ali del vento e avrebbe volato. Lui sarebbe stato lì, ne sentiva il profumo, la leggerezza delle sue carezze, fatte di acqua fredda, il sale sulle labbra, quasi un bacio.
La sua mente pianificava tutto con la stessa fervida immaginazione con cui un’adolescente pensa alla prima volta.
Un turbinio di emozioni l’avrebbe assalita, ne era perfettamente certa.
Ma per il momento il tempo seguiva incessante il suo corso, non dava segno di accelerare, per molto che lei ci sperasse.
Quella finestra era sempre lì, simbolo della loro distanza.
Nulla da fare… l’unica possibilità era far trascorrere gli attimi.
Fu così che lei si girò e lo vide: apparentemente un altro vetro, questo però tutto nero, la finestra su un altro mondo.
Aveva bisogno di nuovi amici, bisogno di sentirsi occupata e decise di fare un viaggio.
La nave si chiamava Nilo ed era tutta blu. Prese un biglietto, scelse il nome da scrivere sul suo nuovo passaporto e la parola che le avrebbe permesso di accertarsi che fosse veramente il suo.
Partì.
In coperta c’erano altri viaggiatori e ne arrivavano sempre di nuovi.
Si scambiavano problemi, battute, emozioni. Lei non voleva perdersi nulla, avrebbe raccontato tutto a lui.
Così un giorno lei non si imbarcò su Nilo, i compagni di viaggio, preoccupati, la cercarono.
Finchè uno di loro non vide passare un cocchio che portava una ragazza.
Lei parlava con lui, mentre tra una parola e l’altra si scambiavano tenere carezze. Gli raccontava di Nilo, dei nuovi compagni, gli descriveva tutte le loro emozioni e lui l’ascoltava come non aveva fatto mai.
Quello fu il giorno più bello, perché lei capì che aveva bisogno di raccontare le sue emozioni, e si rese conto che lui non si sarebbe mai mosso di lì e che l’avrebbe sempre ascoltata.
Ma soprattutto perché si rese conto che la cosa migliore era aver trovato qualcuno che le parlasse, e quelli erano i nuovi compagni di Nilo.

E quante storie nascoste, vissute, sognate, evocate; piene e vuote di noi, chiodi e catene, sangue e terra. Sami.

SAMI VA ALLA GUERRA

Il Generale Leonardo Sangiorgio chiuse gli occhi sotto la doccia che scorreva sulla pelle abbronzata e compatta , da cinquantenne ben conservato, sul corpo atletico e ben definito. Si sentiva stanco e stranito. L'acqua scorreva, ma non portava via gli anni né i pensieri.
" Un momentaccio" pensava "un momentaccio…"
Al rientro dalla guerra nel Kossovo, la situazione politica era cambiata, non era più certo di niente. Esperto d'Intelligence, come comandante operativo non aveva lasciato che le questioni politiche avessero alcuna influenza sul suo lavoro. Aveva solo seguito le direttive del Governo che erano state molto chiare, ma questo non bastava a rassicurarlo. Veniva ancora normalmente consultato dal Ministro della Difesa e dalla Presidenza del Consiglio e questo era positivo. Era considerato un vero manager di guerra, con grandi capacità di coinvolgimento non solo nella forza del suo paese, ma anche a livello internazionale.
Dopo il primo bombardamento, Belgrado aveva tentato di addossargliene la colpa, nonostante il suo pronto comunicato per neutralizzare la disinformazione. Aveva subito l'abbattimento di un aereo, però il pilota era stato recuperato in poche ore. Un lavoro ben fatto. I serbi hanno una leggendaria capacità di resistenza, ma per il Generale Sangiorgio Slobodan Milosevic riguardava più la psichiatria che l'arte militare.
Sapeva di essersi comportato molto bene e ne era compiaciuto, sapeva di aver rischiato, ma ora era finita: aveva dei progetti, era ambizioso. Innanzitutto l'incontro con l'editore per il suo libro-verità era andato al meglio. Avrebbe così potuto raccontare la sua verità. Non importava così se quella troia della Bettarini, che andava a letto col Presidente del Consiglio per far fare carriera al marito, aveva voluto soffiargli la poltrona. Gli eroi sono scomodi e ingombranti anche in patria, soprattutto in patria, si direbbe.
Finito un buon lavoro, arrivederci e grazie e tieni la bocca chiusa che è meglio.
Gli uomini di Milosevic l'avevano cercato a lungo, ma ancora una volta era riuscito a portare a casa ossa e medaglie.
E ora sembrava tutto finito, tutto finito? Certo, una promozione e una poltrona tranquilla nei Servizi.
Solo …ecco… quella sensazione animalesca di pericolo che gli era rimasta dentro il petto, come un roditore, e lo faceva sentire a disagio senza un motivo apparente.
"Generale, la guerra è finita…" canterellò a mezza bocca, abbondando con l'after shave.
Torino gli era apparsa fredda e ostile sotto il primo sole di un maggio piovoso, quasi una città esotica e straniera.
Proprio per lui che di città straniere aveva perso il conto.
Si guardò allo specchio compiaciuto strofinando energicamente i capelli cortissimi e brizzolati, gli occhi stretti come due colpi di sciabola nel bel volto scolpito.
Cercò d'immaginarsi con gli occhi di lei. Non sapeva perchè aveva voluto rivederla. Una donna di mezza età ormai, insegnante d’informatica in una città di provincia. Era rimasta per anni nel limbo delle cose incompiute, delle persone dormienti, a metà tra l'oblìo e il ricordo. Due occhi azzurrissimi che lo guardavano adoranti, una bocca infantile dischiusa …tutto lì.
Il cicalino del telefono lo risvegliò dai suoi pensieri. Era arrivata, aspettava nella hall. Per un attimo si pentì di averla cercata, di aver suscitato sentimenti dimenticati, di essersi permesso il lusso di sentirsi giovane e felice.
Soprattutto libero.
Si guardò la mano dove luccicava, dimenticata, la vera nuziale. Giovanna era una brava donna, il suo era un ménage tranquillo, quasi fraterno. Niente figli, viaggi, un cane, qualche amicizia. Il riposo del guerriero.
Sorrise andando in contro a Samanta, senza rimorso.

Samanta si era alzata presto quella mattina, anche se per il treno c'era tempo. Era agitata e confusa da quando aveva ricevuto la telefonata di Leonardo: .-Ciao, sono io…-
Mio Dio , lo sapeva che era lui: sapeva anche per quanti anni aveva aspettato che chiamasse. Sapeva tutto del periodo infernale in cui il telefono taceva e lei usciva di casa di corsa per non doverlo più vedere.
-Ciao, sono io…-
Era un miracolo e a quell'età i miracoli non si discutono. Antico entusiasmo di cose nuove e sconosciute. La cara via Posillipo, col mare indescrivibile e il cortile dove aveva incontrato Leonardo…
Non aveva fiducia del suo senso dell'humour, non credeva che avrebbero trovato buffe le stesse cose.
Era stato molto romantico, finchè era durato: il flirt nel buio del cinema, baci frettolosi e mani ansiose, ma niente di veramente serio.. Samanta si divertiva e lui rideva. Naturalmente si era resa conto in seguito che aveva ragioni validissime per ridere, ma non era mai stato noioso, Nemmeno per un attimo. Pensare a Leonardo era come fare l'archeologia di se stessa.
Ed ora era arrivato il momento. Samanta si accostò al banco della reception dell'Hotel un po’ ansante e imbarazzata.
"Dica al generale Sangiorgio che sono arrivata…"
Parlava lentamente, arrossendo un po’, con la sua bella voce impostata.
"Si" sorrise tra sé " sono arrivata … in ritardo di trent'anni, senza più il mio culetto tondo e tonico nei jeans, col cuore che mi si agita nel petto…ma cosa sto facendo? Cosa credo di fare?"
Guardò con scherno la donna in blù riflessa nello specchio come fosse un'estranea, poi si sistemò sulla poltrona sorridendo dolcemente a qualcosa che non c'era, sistemando il vestito con piccoli gesti nervosi, stretta in pugno la medaglia d'argento del Mac Pi col nastrino blù ormai logoro e stinto. Un gesto romantico, quasi scaramantico, un esorcismo.
Leonardo gliel'aveva data, in una serata quasi estiva, al ballo di fine corso, legata ad una rosa rossa Baccarat, di quelle lunghe lunghe, senza spine né odore. Lei era vestita col primo abito lungo, azzurro e argento con guanti di raso bianco fino al gomito. La baia di Napoli risplendeva come la via Lattea nel buio della notte…
C'era stato un tempo per abiti da sera e da mezza sera. Incredibile!
Com'era diversa la sua vita ora! Poteva diventare una di quelle signore che vanno in chiesa per conformismo sociale, che anche se il marito è un coglioncino che rientra sbronzo tutte le sere, non paga un conto e le tradisce, ne fanno un eroe misconosciuto che soffre di mal di vivere. Non era stato così, ma tra i figli da crescere e i tradimenti di suo marito era rimasto ben poco della debuttante frivola e brillante che era stata.
Per carità, niente bilanci : fuori dalla vetrata irrompeva il crepuscolo fragrante di maggio, in giardino fiorivano le rose la lavanda e il rododendro. A Samanta venne il sospetto di aver perso i suoi uomini solo per distrazione.
E adesso Leonardo era di fronte a lei. Davvero erano passati tutti quegli anni?
Vestito con studiata semplicità le parlava con voce bassa e tranquilla. Un vero gentiluomo.
-Non muoverti…ti ho vista tante volte così, ma poi sparivi…non muoverti….-

Paoletto Govone, in arte Paco, era rimasto per un buon quarto d'ora appoggiato al freddo pilastro di pietra della facciata dell'Hotel. Dietro il cristallo degli occhi duri,chiari e sfrontati, aveva tutto sotto controllo. Aveva finalmente ritrovato la padronanza del suo corpo lungo e magro, dei muscoli delle ginocchia, la mente era limpida, le emozioni concentrate in un'unica, prepotente sensazione di collera. Era qualcosa che gli montava dai precordi e doveva trovare uno sfogo, era qualcosa di famigliare che gli era naturale come respirare. Era un battitore libero: un po’ qua, un pò là, quando c'è bisogno. La ribellione gli veniva diretta dal cuore, dovunque fosse. Da qualche parte doveva pur essere, perché ogni tanto gli faceva male. Non sapeva quando era stato che aveva smesso di avere paura. Ma era successo, adesso lo sapeva.
L'Organizzazione l'aveva contattato, conosceva la sua abilità, si poteva contare su di lui.
L'arma gli pesava nella tasca sformata, la strinse in pugno come per riconoscerla. Non era la prima volta.
C'era stato quell'avvocato che non si faceva i fatti suoi, ricordava ancora il suo sguardo stupito quando gli aveva sparato dritto nell'abito di Armani, e quella stronza truccata in pelliccia che gli stava vicino. Ma quanto urlava.
E a lui aveva sempre dato fastidio la confusione. Così aveva dovuto farla tacere, bè non prima di… ma ne valeva la pena. Le donne vogliono e meritano solo quello.
Questa volta era un altro pesce grosso che l'Organizzazione seguiva da tempo, poi, al momento giusto, si chiama il Paco che fa un lavoro pulito, come si deve.
Era sicuro di non essere stato notato.

Lei sedeva dandogli le spalle e aveva occhi solo per l'uomo che le stava di fronte. L'uomo sedeva proteso verso di lei.
Ridevano tra loro e quell'intimità era come un muro invisibile che li isolava dagli altri.
Paco distolse lo sguardo dai due. Aveva ricominciato a piovere e stava diventando troppo buio per vedere qualcosa.
Il terrazzo era spazioso, bianco, verso sud bordato di lavanda e gerani. Dalla vetrata s'intravedeva il letto, le pareti a calce, la moquette, i mobili di legno chiaro. Paco non provava né odio né impazienza. Fissava il soffitto, l'acqua nel bicchiere, i corpi sotto la coperta, i volti accesi, i capelli scomposti..
Per prima cosa Leonardo le cercò la bocca e non riuscivano a staccarsi, quasi a contare i denti, uno ad uno, con la punta della lingua. Poi le morse le labbra dolcemente, senza violenza, i corpi si cercarono si avvolsero, si penetrarono. Le mani si muovevano, afferravano, stringevano, esploravano. Ogni centimetro veniva ritrovato e riconosciuto. Con gioia si mordeva il lobo dell'orecchio, si baciava il collo, si affondava il volto nel corpo dell'altro. Tutto era bello. Anche rimanere immobili, con gli occhi socchiusi a bisbigliare cose buffe, strane, intelligenti.

Si udì una detonazione sorda, poi un'altra e il suono dei proiettili che mordevano il muro. I due corpi nudi sussultarono senza un grido, massa informe ancora avvinta nel suo amore autunnale, mentre il sangue scuro si allargava sul copriletto immacolato come un ara sacrificale.
Inconsciamente Paco accese la luce. Adesso poteva andarsene da dov'era venuto. Non provava rimorso: non sapeva cos'era. Non gli rimordeva la coscienza, perche non si era mai accorto di averne una.
Nessuno avrebbe mai potuto collegare quelle morti alla sua persona. Uccideva sempre persone che non conosceva, era routine, lo pagavano bene, anche se non lo faceva per i soldi, né per ideologia. Diede un ultimo sguardo alla stanza, freddo e professionale facendo attenzione a non toccare nulla.
La donna era ricaduta sulla schiena e ne poteva scorgere i lineamenti stranamente familiari, il viso ovale dal profilo delicato, ancor più pallido nella morte, la bocca infantile semiaperta, le piccole mani che aveva visto tante volte scorrere sulla tastiera del computer , dalle unghie curate e rosa, come conchiglie.
Rabbrividì e fu colto da una nausea improvvisa, la fronte ghiaccia e sudata.

Aveva amato quella donna con cui aveva passato più ore che con sua madre. Ed ora era lì fredda ed impudica, le gambe dischiuse, il seno bianco devastato dalla ferita.
Sentì dei passi affrettati per le scale, scivolò per terra , si rannicchiò, aveva paura di muoversi. Si disse " Sono qui, non è successo niente. Devo pensare una cosa per volta. Non è successo niente…"
Sempre e comunque dolore. Provò un tremito sgradevole, la bocca impastata e i denti che battevano e cominciò a piangere. Era la prima volta in vita sua, come si fosse sciolto quel nodo di odio che teneva nel petto.
"Sami…Sami…" Sussurrava piano, incapace di andarsene, incurante.
Immagini di dolcezza, le prime discussioni animate in chat, il primo incontro Paco-Sami, carezze sui capelli e seni intravisti sotto la tshirt. Tutto ritornava alla mente coi primi turbamenti.
I passi e le grida si fecero più vicini.
Il lavoro era finito, l'Organizzazione sarebbe stata contenta di lui, doveva solo allontanarsi... andare dove era atteso, ma invece alzò la pistola alla tempia e sparò.

Niente chat questa sera….

Forse la sensazione più diffusa in rete è proprio quella del mare, come può essere quella del cielo per chi ha la fortuna di saper volare, una realtà aliena per noi animali di terra; e proprio come il nostro antenato quando iniziava a lasciarsi cullare dalle onde così ci sentiamo in rete, immersi in un altro elemento che tutto ci prende. in questo mare così si trova Fukur.

navigando ci troviamo vicino a tanti altri naufraghi... come noi...

non li vediamo nemmeno... persi nelle onde... come noi... persi... ma presenti, molto più di quel che crediamo...
ci sono cose che non diciamo nemmeno alla più cara amica, o amico che sia, ma incontriamo un essere, perfettamente sconosciuto, e gli raccontiamo la nostra vita... non sappiamo niente di lui e lui non sa niente di noi, ma questo invece di dividerci ci unisce... ci porta in una dimensione diversa, ci fa dimenticare il mondo reale e ci fa trovare, al suo posto, un mondo ideale... quello che vorremmo avere come contorno...
poi ci svegliamo... ci accorgiamo che la vita virtuale che ci siamo costruiti attorno è uguale a quella reale...
che ci sono odi e amori esattamente come li troviamo tutti i giorni uscendo dalla porta della nostra tana... ma con loro, i naufraghi, è diverso... possiamo immaginarceli come li vogliamo!... solitamente molto diversi da come sono in realtà...
il mare è bello per questo... perché ogni onda è diversa da quella prima e da quella dopo..
.

E' vero! Onde che sembrano uguali, ma ognuna è unica. L'onda più fresca di questo mare è senzaltro Marty.

Non dimenticherò mai la prima volta che sono entrata in una chat. Era il 22 aprile, il giorno prima di San Giorgio. Non dimenticherò mai quel giorno, e tantomeno quello prima.

Il 21 aprile ero ad un ritiro di preparazione spirituale alla cresima, e devo ammettere che lo facevo controvoglia perché sarei dovuta essere con il mio reparto al San Giorgio, un raduno di guide e scout di molti reparti della stessa zona e non avrei potuto vedere V., anche se al ritiro spirituale c’era L. (uno dei miei difetti è, a quanto pare, che non riescono a piacermi meno di due ragazzi per volta e che abbiano qualcosa che li accomuni). Comunque dovevo andarci lo stesso altrimenti non avrei potuto fare la cresima.
Il raduno era finito da poco. La maggior parte dei miei amici stava giocando a pallavolo e io stavo chiacchierando con una mia amica. Ad un certo punto arriva L. insieme a N., una ragazza che piaceva a L.
Vengono verso di me e N. mi fa: "Martina, ti piacerebbe metterti con L.?". A quanto pareva si era sparsa la voce, non potevo tradirmi e gli risposi: "Certo! E che non lo sai!". Allora intervenne L.: "Mi sposeresti?" e io: "Ma certo! Anche subito!" e L.: "Allora faremo il pranzo di nozze alla pizzeria all’angolo…" e continuò così per un po’ di tempo.
Quando tornai a casa andai in camera mia, accesi il computer e cominciai a giocare a solitario in lacrime. Non potevo credere che L., che pensavo mi considerasse almeno un’amica, si era fatto condizionare in questo modo da quella cretina di N.,che per mettersi un po’ in mostra mi aveva screditato davanti a tutti, pensavo non si facesse manovrare a quella maniera.

Il giorno dopo a scuola parlai con quella che allora non era la mia migliore amica ma che lo è diventata col passare del tempo: F., che sta in un altro reparto, che non faceva la cresima e che, il destino aveva voluto, aveva passato il San Giorgio insieme alla squadriglia di V. Dopo che ebbi raccontato a F. quello che mi era successo con L., questa mi raccontò del suo incontro con V. Lei si era ricordata la descrizione che gli avevo fatto di lui e la squadriglia di V. e così, durante la cena decise di parlargli: "Ciao! Conosci Marty" e un suo amico dalla mole non proprio aggraziata e minuta e dal cervello non proprio sviluppato gli fa: "Ma chi? Quella buzzicona antipatica?", allora F. fa: "Vabbè, ma ti sta simpatica?" e lui "Insomma!" e F. "Devo prenderlo per un no?".
Ero veramente abbattuta. Ma il destino aveva forse previsto tutto questo. Era l’ora di cena e i miei stavano guardando il tg. Una notizia colpì la mia attenzione. Una mostra sui Peanuts. La stessa mostra che, un anno e mezzo prima, sono andata fino a Bologna per vedere. Così mi connetto ad internet e cerco la parola "Peanuts" sul motore di ricerca. Presto vedo un sito. Decido di andarci. C’è una chat. "Che qualcuno non possa ascoltarmi e tirarmi su il morale?"
E così fu. Conobbi molte persone che seppero appoggiarmi in quello ed in altri momenti difficili, persone speciali che mi hanno fatto ridere, piangere, emozionare e a volte anche annoiare. Però era bellissimo ed impareggiabile parlare con loro, confrontarsi con persone più vicine a me di quanto non lo siano alcune persone che, nella vita reale, si dichiarano mie amiche.
Non voglio dilungarmi troppo su me stessa, ma ringraziare tutti coloro che ora mi stanno leggendo, e che mi ascoltano tutte le volte che ci incontriamo in chat e che mi sopportano. Vi dico anche una cosa che forse non vi ho mai detto: vi voglio bene!
Grazie di esistere!

Anche Zorri ne ha sognate di storie, ne ha immaginate, si è lasciato appassionare dalle vite attorcigliate alla chat, grazie anche ai filtri che le streghe si divertono a fare agli ignari naviganti...

marina e giovanna

Caro Antonello M.Zerbini,
nessuno ti fila, nessuno ti prende in considerazione.
Se dovessi crepare nessuno, mai, si prenderebbe la briga
di venire a ricercare fra il tuo passato per vedere che eri
e che cosa avevi in testa e in cosa credevi o per chi avevi lottato.
Le cose stanno così.
Per te e per me.
Non diremo mai niente e nessuno avrà mai voglia di ascoltarci.
E per quanto tu abbia quel bastardo di nome che porti,
nessuno ti userà nemmeno per pulirsi i piedi.
Ecco qual'è la situazione.

(Pier Vittorio Tondelli "Rimini")

Giovanna entra nella stanza come una furia. Sfiora l’armadio, spizza il tavolo, slaloma tra le sedie fino ad agguantare il monitor come una meta da finale di rugby; lo solleva, urlando, e corre verso la vetrata che chiude il balcone.
Parte il monitor, sonoro come una campana nella notte, e sfonda l’accrocco di anodizzato e vetro. Vola, slinguacciando i cavetti nell’aria, testa di medusa decollata, tonfa nella ghiaia; il cristallo crepa, esplode la corazza e muore. Lillo, il cane da guarda, guarda indifferente prima il cadavere, poi la stanza illuminata, poi di nuovo il cadavere, l’annusa, si sincera che sia proprio morto, alza la zampa e lo segna come nuovo arredo del giardino. Poi se ne torna pigro a guardare che oche e polli non escano a tentarlo di nuovo affacciandosi dalla debole rete che chiude quell’angolo del giardino.
Marina, che intanto stava correndo dietro al bianconiglio, si sveglia di colpo per il colpo, sgancia un urlo, panica e scoppia a piangere. Non è la prima volta che giovanna la fa piangere.
Erano nate, gemelle, nel bel mezzo degli anni settanta e avevano caricato su di loro tutte le contraddizioni, i sogni e la rabbia di quegli anni, ma non allo stesso modo. Anche se erano due gocce d’acqua, laddove marina se ne stava cheta con gli occhioni spalancati ad assorbire il mondo, giovanna già imprecava e si scagliava contro tutto, un tutto che per molto tempo sarebbe stato soprattutto la sorella.
L’incredibile somiglianza era accentuata dalla passione della madre di acconciarle allo stesso modo, il taglio di capelli, i vestiti, gli oggetti personali; e poi la stessa scuola, stessi amici nel quartiere, stesse vacanze e attività. Un incubo per marina che fin da piccola doveva scappare e nascondersi per poter vivere un po' del suo mondo, con la scatolina da sei dei pastelli giotto e i ritagli di ogni tipo di carta che trovava in casa; finalmente sola consumava le sue storie come consumava i giotto e i pochi fogli rubati in casa che non bastavano mai e a volte proseguiva fin sull’angolo di parete nascosto dall’armadio e sull’armadio stesso. Finché non arrivava giovanna a riacciuffarla per i capelli, gli stracciava i fogli e la trascinava in strada in giochi da teppista.
Sarebbe andato avanti sempre così, per tutta la vita giovanna sarebbe entrata nelle storie di marina e, approfittando dalla somiglianza, le avrebbe scippate, stravolte; ne combinava di ogni colore e, quando scoperta, fingeva un pianto disperato e si spacciava per marina. Ancora di più quando iniziarono i primi amorazzi e turbamenti dell’adolescenza; giovanna, che già aveva visto e toccato di tutto, si presentava al posto della sorella al muretto dietro la chiesa dove andrea, e poi matteo, aspettavano la virginale marina e se li portava appena dietro quel muretto nel fitto frattame dell’alloro incolto e, approfittando dello stupore di questi, gli infilava in gola la lingua come una coda di lucertola spezzata e le mano per tutti gli spazi liberi dei corpi, li teneva fermi, a bada, stringendo quei sessi fini e tesi finché, soddisfatta, fuggiva via ridendo.
E così continuò a rubare sesso e a rovinare gli amori di marina sostituendosi a lei. Marina che riusciva senza sforzo a stupire e conquistare uomini, con quella sua ingenuità e voglia di mondo che si portava appresso e quell’arte che dalle sue dita, senza passare per la testa, arrivava sulla carta. Uomini che si sarebbero poi trovati a fare i conti con giovanna quando, inevitabilmente, questa si fosse sostituita a marina. E per quanto marina cercasse di tenere nascoste le sue storie non riusciva a tenere lontana giovanna che arrivava a scompigliare e stracciare cuori come stracciava a suo tempi i disegni.

Il computer, novello rifugio nel quale sgattaiolare, per un po’ sembrò aver ridato a marina quella gioia riservata dei tempi dei disegni sull’armadio, con le sue password che tenevano fuori giovanna. E funzionava.
Per un anno marina navigò e approdò per porti mai nemmeno sognati, luoghi e cuori lontani che all’improvviso gli entravano dentro, sputi, carezze e baci. Amò irragionevolmente, si sentiva piena di quei pixel vivi, vividi e lividi, si abbandonava e si faceva pettinare i sogni e ci credeva, e si credeva.
Avrebbe potuto continuare all’infinito, ma ormai viveva ogni nuova storia con l’incubo, e la certezza, che giovanna sarebbe prima o poi piombata.
Infatti, scoperte le password, giovanna prese di nuovo il comando della nave, entrò in chat e si impossessò delle email e delle messaggerie di marina, ne riprese il posto. Di nuovo tornò a sparigliare la vita di marina e degli altri. In chat sembrava ancora più facile non farsi riconoscere e giovanna ormai controllava ogni movimento.

Anche Antonello, Vega, aveva conosciuto marina nell'autunno in chat e se ne era innamorato. Rabbit, cioè marina, ancora una volta aveva stupito e conquistato un uomo. Tutto filava liscio finché...

Vega cominciava ad aver timore ad entrare in chat perchè da un po' di tempo Rabbit, inspiegabilmente, era strana, irascibile e ogni tanto lo insultava.
Cos’era successo? E com’era successo?
Non ci credeva, ci stava male, ma tenne botta, si provò a capirci qualcosa, non ci dormiva la notte, provò registrarsi tutti dialoghi, ne sezionò le parole, ebbe bisogno di scriverlo, e finì per capire.

marina è una giovane donna giovanna è una vecchia ragazza, marina porta un raggio di luce in chat giovanna non sopporta nessuno, marina scrive minuscolo giovanna sempre maiuscolo, marina si scusa anche se piove giovanna ti manda affanculo solo per una virgola, marina sogna e si perde nel presente giovanna si dispera nel futuro, marina è ingenua come una bambina giovanna ne sa più di una vecchia maitresse, marina ha due piccoli laghi al posto degli occhi giovanna brucia con lo sguardo, marina ha pelle liscia e tesa giovanna esplode in brufoli, marina apprezza anche i tuoi difetti giovanna ti conta i peli al culo, marina ti perdona sempre giovanna non ne te fa passare una, marina crea giovanna si vende l’anima, marina si vergogna anche di darti un bacio giovanna si appassiona alle storie peggiori, marina adora anche le monotonie della tua vita giovanna schifa la tua vita banale, marina piange per una canzone giovanna è sorda, marina cerca l’amore giovanna cerca un marito, marina quando dice caro ti vuole bene giovanna quando dice caro è perché costi troppo.

Forse capì.
E decise che avrebbe fatto di tutto per salvare marina, per aiutarla. Ma lei improvvisamente scomparve, non entrava più in chat, non rispondeva alle mail e il cellulare era sempre spento o non raggiungibile.
Antonello era sottufficiale di finanza e non gli fu difficile rintracciare negli archivi del grande fratello italico nomi, indirizzi, luoghi e date.
Finché la sua ricerca non approdò alla famiglia di marina e giovanna.

Cognome e Nome: Pescatori Giovanna
Nata il: 11.08.1975 a: Peschici (Foggia) Residenza: Milano

Cognome e Nome: Pescatori Marina
Nata il: 11.08.1975 a: Peschici (Foggia)
Soggetto deceduto il: 10.12.2002 a: Milano

Quasi gli si spezzò il cuore.
Morta? Come morta? Com'era successo? Perchè? E allora chi c'era dietro quello schermo ora e perchè?
Una rapida ricerca sulla stampa dell'11 dicembre, nascosto nella cronaca locale del Giorno trovò un trafiletto:

Vola dal secondo piano e muore. Suicidio?
Milano - Sembra il suicidio la prima ipotesi formulata dalla polizia per la morte di Marina Pescatori. Il corpo della ragazza è stato trovato dai familiari nel giardino della casa, una villetta in viale Monza, svegliati nella notte dall'abbaiare del cane.Gli indizi non lasciano dubbi sul fatto che la ragazza sia precipitata dal secondo piano, attraverso il balcone della sua stanza, e sia morta sul colpo per aver violentemente battuto la testa nell'impatto con il terreno. I familiari sconvolti dichiarano che la ragazza non aveva nessun motivo che potesse giustificare o spiegare tale gesto. Il computer trovato distrutto accanto al corpo della ragazza è stato sequestrato e sarà sottoposto ai controlli necessari; la polizia assicura che se ci sono informazioni nella memoria del computer saranno decifrate. In mancanza di altri riscontri, le modalità e i tempi della disgrazia fanno quindi del suicidio l'ipotesi più accreditata, anche se i motivi restano ignoti.

Non poteva che essere stata giovanna, maledetta! Ma come faceva a spiegarlo ai magistrati, non l'avrebbero creduto, anzi, potevano anche coinvolgerlo e questo avrebbe distrutto la sua vita. Che fare?

Bussarono alla porta.
-Chi è?
-Carabinieri, apra. E lei Antonello Zerbini?
-Si, ma cosa...
-Abbiamo un mandato dalla Procura di Milano, deve venire con noi. ...E si faccia una borsa con il cambio.

...Antonello ebbe un conato di vomito e si svegliò, sudato. Nella testa aveva un'intera banda di percussioni brasiliane che se la divertiva, nella bocca una palude di catrame e colla. Si attaccò alla bottiglia d'acqua che teneva sul comodino e la finì.

Un incubo... solo un incubo - continuò a ripetersi mentre andava al pc - eppure lo sai che quando si beve non bisogna mai scendere. Si riferiva alla strategia alcolica che aveva imparato da un vecchio ubriacone: non bisogna mai, quando si mischiano più bevande alcoliche, passare da una gradazione alta ad una più bassa perchè ti schianti. Si può solo salire. Ti ubriachi, certo, ma non stai male. E invece aveva fatto il coglione e dopo la tequila s'era lasciato tentare da una bella birra fredda.

Accese il computer, si collegò a Nilo, inserì Vega e password, trattenne il fiato e, oplà, Rabbit era li, viva.

Si, ma chi era?

Un sospiro, un sibilo, una voce, un urlo, voce di sirena, sirena di guerra, fragore di bomba, eruzione, crollo, un tornado, un ciclone tropicale, e nel suo occhio, nell'occhio, una bottiglia alla deriva. Skinseventy.

....che strano nn riesco a dormire..............SHIT!!!!ieri sera quando 6 andata via nn mi sono piu' mossa da casa,fino a queta mattina.PERCHE?...nn lo so'.ero in stato CATARTICO,avevo bisogno di musica che mi raccontasse sensazioni............EMOZIONI.il vero problema,se di problema si tratta,e' il bisogno,il mio!!!!!!!!...questo mi terrorizza,ma nn mi lascia stare..ne' di giorno,ne' di notte....,ne' da sana,ne' da "fatta"............ARI-SHIT.quando sto cosi',EHM e SI ci sono gia'TRAGHETTATA,......mi capita di combinare delle KAZZZZZATISSSSSSSSime.tipo trombarmi il primo che si arrende ai miei BACCAGLIAMENTI...con il risultato pessimo di STRA-DEVASTAZIONE TOTAL BODY/MIND....help me please!!!!S.O.S!!!!!..mi credono stanca,ma nn e' cosi'..,credono sia causa del lavoro che mi devasta l'anima,nn e' cosi'..,credono sia causa delle "brutte"esperienze passate,nn e' cosi'..,credono sia causa del mio carattere ermetico,nn e' cosi'..,credono sia causa di 1"troppo duro" look,nn e' cosi'.........pensano di avere risposte e consigli da darmi..........

TUTTI!!!!...ma nessuno,dico nessuno...tenta di abbracciarmi e nn dire assolutamente "credo".....

sai cosa credo io:nessuno si fida piu' di nessuno.vogliono garanzie che darai loro felicita',1 posto caldo dove dormire,1orgasmo assicurato,1spazzolino,1 buon caffe',10?,magari dei figli,....E SANNO PERFETTAMENTE ANCHE CIO' CHE NN VOGLIONO:complicazioni,ritardi,distrazioni,assenze,richieste,masturbazioni cerebrali e MANUALI,peli superflui,cellulite,tette molli,alito pesante,mutandoni,calzettoni di lana,............E' cosi'....CHE VA'la storia...almeno la mia...,almeno stasera...,si, in1serachehotremendamentebisognodiessrestrettaaqualchepez-
zodiuomoesentirmisentita.buonanotte@

.....

...ho dormito molto ,molto poco...beh,ma questa nn e' 1 novita'...,la vera novita' sta nel fatto che oggi nn sono andata a scuola guida ma bensi' a passeggiare lungo la spiaggia!ecco fatto!!...ribelle,no direi piuttosto sincera..,nn me ne frega niente se nn so' guidare perche' sono troppo spaventata per farlo...,oggi di certo sarebbe stato UGUALE,LO STESSO!!!...quindi ho scelto di farmi 1 coccola piuttosto che 1 TRITATO di autoconvinzione che mi sarebbe servito allenarmi ancora,che piu' guidi e piu' la sequenza diventa automatica e parte di te....
infondo nn voglio nemmeno farmi sfiorare dal'idea che e' fondamentale guidare!..direi che mi basta poter pensare,e gia' questo a fatica l'ho assimilato controvoglia,che e' pero' necessario...SOPRATTUTTO per trovare la casa sperduta in mezzo alla natura c,come piacerebbe ame.COMPROMESSO al quale spontaneamente,VIRGOLA,ho scelto di cedere.
quest'idea e' nata dopo 1 sogno,dove c'ero io,in questa casa,alberi...,fiori e tantissimo sole.....
lo dico sempre che dormire e' 1 spreco di tempo.....
.....ma questa volta la novita' vera sta nell'aver scelto di augurarmi da allora 1000 notti in cui mi addormentero' e sognero' cio' che tengo in fondo al mio cuore...
ho perso quasi l'abitudine ad ascoltarlo...
assurdo mi ribello ad imparare1 sequenza...e mi disabituo a mantenerne1 tra le piu' importanti....
ciao@

...è bella questa cosa.
per la vita non ci sono ricette, formule magiche, istruzioni per l'uso. è così per tutti, navigazione a vista, non ci sono porti che ci tengano abbastanza tranquilli. o si rinuncia o si naviga: che anche il naufragare è viaggiare. è tutta vita che ci prende e ci consuma, e si consuma.
sai, nel '77 (e dintorni) c'era una cosa che si diceva e si scriveva sui muri, e nei cuori: finchè la morte ci trovi vivi e la vita non ci trovi morti.
ti abbraccio forte, a presto, k.

...beh?!....era cio' che credevo.niente malizia,niente film.........
sono andata a leggermi...,..........,la tua presentazione,se cosi' si puo' chiamare....mi ha spaventata 1 po'....piacevolmente,ma cmq...e' questo che ho provato.PUNTO.
ciao...
p.s.giornata splendida di sole...SENTO la primavera QUESTO E' ASSOLUTAMENTE favoloso.
ricarichiamoci di energia...,il sole,ahhhhhhh.....si!
p.p.s.ti consiglio di andare a vedere al cinema...FRIDA!!!!...grande energia,grande positivita',grande forza interiore...,grande tenacia,grande passione.........,...il tutto in 1 cornice che riempie gli occhi...e le orecchie.Questa notte....,finalmente sono riuscita a dormire...e ho sognato a colori!!!!
................................................................@

un mare calmo che trema carezzato dapprima da una brezza tagliente e fredda, e poi comuncia a spruzzare, imbianca la cima delle onde, s'incazza e urla, smania dentro a una camicia di forza, la straccia, ingrossa e grida più forte e tra le sue braccia nervose e violente protegge e culla una speranza, un desiderio di buono.
ciao alisè, non t'arrendere, continua a sognare (a colori)
un abbraccio
k.

...sono senza parole...,senti m,ma tu parli come scrivi?............come ben mi dicevi:"...e' bello poi potersi incontrare live..pre bere 1 bicchiere e continuare a raccontarsi...,magari FARE QUALCHE cazzata..."...ecco appunto se davvero parli come scrivi qualche cazzata e' assicurata!
.....e' molto "sonoro" cio' che scrivi...,molto "carezzevole",...riscalda il cuore.
ciao@

ti invio 1 scritto di lara,la mia amica che ti ho spedito..(!?)-ops-che ti ho "presentato"??..beh,nn so'...,quella della chat....CMQ..,dicevo,ti invio questo materiale per.....
.....ciao mio
k.!(e' cosi' che ti chiamo,parlando di te...infondo6ilmioeroe)b luna!

Solo per il fatto che non mi devasto con droga ed alcol non vuol dire che la loro esistenza mi sconvolga e tanto meno che qualcuno ne faccia uso, ognuno evade da se stesso e dai suoi pensieri come vuole, vivi e lascia vivere…………,ma lasciamo perdere tanto poi: E’LOSTESSO….
Comunque sta per giungere la notte e con lei è tornata la luna, la sentinella nel buio è tornata. Apparentemente sono calma, ma da come rispondo e agisco mi rendo conto che dentro non lo sono affatto; perché mi dispiace tanto che non accada quello che vorrei?, infondo ormai lo so, sono tanto brava a idealizzare persone, momenti, luoghi, che dovrei essere altrettanto brava a disilludermi senza sentirmi "morire" dentro ogni volta! Ho collezionato migliaia di momenti come questo tutti ben riposti nei cassetti della memoria e ogni volta che apro uno di quei cassetti mi riprometto che non ne vale la pena soffrire per cose irreali, ideazioni della mente, tradimenti del cuore, dolci utopie, ma puntualmente appena si ripresenta quell’ATTIMO la stanza delle sensazioni che abita in me gli spalanca le porte lo fa accomodare lo tratta come un "VERO SIGNORE", tanto che quell’attimo richiama a se altri attimi e insieme diventano un secondo, dei minuti, delle ore, dei giorni interi;…..e riecco quel senso di angoscia che nuovamente invade la mia anima, lacrime dal gusto amaro solcano il mio viso, segno di resa all’inevitabile senso di tristezza che sopraggiunge tutte le volte che mi scontro con la realtà.
Lara
buona notte e sogni d'oro!

...beh?!....niente di nuovo,piacevolezza dell'esserci.PUNTO.nn sò...,io la vivo cosi' questa maledetta...sensuale,contradditoria,imprevedibile....vita.infondo ..,mi piace cosi',infondo e' una nostra scelta SCEGLIERLA!lei vuole ESSERE UNICA,magari solo per attimi,o poco di piu'.... LEI ci vuole intensamente camaleontici,ribelli...,sinceri fino alla maleducazione,assolutamente nn diplomatici ed abbondantemente provocanti,affascinanti...,quindi recettivi,introspettivi...e gioiosi di "stare-per"!!...QUALSIASI COSA ACCADA..io ci voglio ESSERE ..,a modo mio...BEH??!...la vera risposta sta nel tentativo. PAUSAPAUSAPAUSA......... oggi,mi va' di pensare,dire e fare cosi'!...allora?!niente ma niente se.PUNTO.alise'
.....borombombero@

...mioeroe!mi piace farlo con te...,arrivo,scrivo freneticamente cio' che mi passa........ed impaziente,premo invio........,AH che sensazione!...subito dopo e' come se avessi gia' bevuto quel bicchierino,...allora passano i giorni( nn avendo a casa il pc)...con la certezza che appena potro'ti leggero'!...arrivo al pc...,mi collego...e quei secondi MISTANNOINCULO..troppo eterni,apro la posta...e-YESYESYES!!!c'E' posta per me!!!...finalmente scopro il tuo scritto-C6!-...e la faccia rilassa ogni suo muscolo e mi sento di gomma....,sorrido in ogni CM...
ciao.....borombombero@
P.S.ieri mi sono sentita il massimo di 1 minimo!...ma questa storia te la raccontero'poi.
P.P.S.DEVO AGGIUNGERE...(anche se mi sento un po' troppo nuda...)...mi batte anche fortissimo l'organo chiamato cuore...- alias tachicardia-PUNTO.mi rivesto e ti saluto.

caralis
sai, è facile ferire, anche le parole hanno una loro lama.
ti mando il testo allegato, chè renda bene che è uno scambio, un movimento circolare che prende vite e pensieri e non una penitenza solitaria.
continua a raccontarmi di te, dei tuoi sogni e dei segni di questa luna affilata di marzo, non sai quanto aiuta, che c'è un armadio chiuso in fondo al cuore, scricchiola e sbatte, e tutto scuote, lo stomaco e lo sterno; quando chiudi gli occhi tutto il corpo ne trema e basterebbe piangerne per risorgere...., ma questa è un'altra storia.
un abbraccio, k.

sono finalmente arrivata...,TRIK&TRAK..,ok ti leggo.
come e' bello leggerti.
...mi piace l'idea che hai avuto..,unireiltuttocome1movimento O circolare.
trovo solo qualcosa che mi disturba..,ti firmi k.
saro' stanca,questo assolutamente si..,ma mi da' in testa.avverto fastidio,1diqueifastidifastidiosi........
domande incessanti che mi si insinuano in testa..,perche'perche'perche'?...nn me lo spiego..,..
PAUSAPAUSAPAUSA...
parlami di te...del tuo maldivivere,si..,di quell'armadio chiuso infondo al cuore...
si,parlami,ancora..di quel vento..
...che basta un filo di vento per venirci a guidare perche' siamo naviganti snza navigare ,mai..
sara'effettopostguidaDISASTROSAperaltro.....tipo:alice..andiamo a sx->e io giravo a dx!scalare dalla 5° marcia in 2°...sempliceperme1verasciocchezza.....--->...stress puro!
.borombombero@

@

a.- ..seduti al bancone di 1 bar "scuccissimo"...,io e te...,tantissimo fumo...,infondo al bar 1 bigliardo,e qualche tavolo occupato,gli altri AMBIGUI....nn ancora sparecchiati?...forse....MA torniamo a noi.......................
a.- il nonno/alias...bar man..ci ha servito due birre....,pessima marca....ma fredde!FONDAMENTALE...mi accendo 1 stozza...e accavallo le gambe ,ti guardo ....e
k.- con gli occhi che pizzicano per il fumo, e il tavolo è di quelli di legno che con gli anni hanno perso quel poco di dignità, le macchie di sigaretta poggiata ai bordi e i cerchi di vino nero assorbito dal legno
k.- ci raccontiamo e il troppo alcol e il fumo filtrano questo confessionale, ma l'intorno non c'è, vedo solo due piccole lune brillanti, due chiodi d'acciaio freddo e dolcissimo
a.- ....
a.- fa molto caldo ,anche se e' giugno.....,hai la fronte sudata .....
k.- si, ma non è il caldo fuori, è piuttosto questo mostrare ancora il cuore, ritorno ad immaginarmi i cristi nelle cappelle povere, quelle stampe in cui tiene la tunica aperta a mostrare il cuore come davanti ad un plotone, quasi eroico...
k.- il tavolo sopporta come è abituato a fare, e ne ha già sentite di storie e provate lacrime, ma si lascia ancora sfiorare da mani che si cercano, non può levarsi quel vizio
a.- ci guardiamo,ora siamo zitti............
k.- vuoi perdonarmi per tutto il male che ci hanno fatto?
a.- nn smetto di guardarti,voglio guardarti ancora di piu'..
k.- ti sostengo, reggo a questi occhi, l'alcol m'aiuta, comincio a sentirmi prigioniero di questo tavolo, allungo la mano
a.- mi sfiori appena...ma subito la chiudi in un pugno..
a.- bevo
k.- ci conosciamo veramente? pensi che potremmo traghettare fino all'alba senza che nessun futuro possa fermarci?
a.- abbasso gli occhi...,cerco nervosamente 1 stozza...e lentamente le do fuoco...............aspiro..........e mentre sputo fuori il veleno ,ti guardo...e ti copro il pugno con la mia mano.............
a.- ora la guardo,le guardo e sento che la rilassi............sotto la mia....
k.- ti prendo la mano e la porto alla faccia, la tengo li sulla barba non rasata, a consolare la pelle
k.- non dirmi niente, dimentichiamo, voglio solo pensarti
a.- alzo lo sguardo verso l'angolo della tua bocca,.....e immagino la mia ,rilassata verso gli occhi ,solo da 1 lato.....
a.- il sudore ti cola nel collo
a.- ne seguo il percorso dalla fronte.....
k.- non si resiste più qui, così... la notte ancora è un alibi, e la luna è più grossa e luminosa per queste occasioni...
k.- ho voglia di mare, di un brivido sulla pelle, è una notte speciale per bagnarsi
a.- ti alzi.........,ti guardo...allontanarti........
a.- hai la schiena bagnata....
k.- la spiaggia è appena fuori, la sabbia umida della notte, il vecchio gozzo scrostato aspetta la consueta verniciatura di primavera, e anch'io voglio che questo mare mi rinnovi dentro
a.- mi mancano i tuoi occhi....
k.- appoggiato al gozzo misuro la distanza dalle stelle e la distanza da te. a.!
a.- poi ti allontani....,ti sento ridere nel buio,le onde ti hanno sorpreso con i loro spruzzi...
k.- questa volta non ti perdo...torno, t'afferro alla vita, t'afferro la vita, che anche se dovessimo perderci, questa notte non finirà
k.- voglio tenerti stretta qui sul cuore, ti difenderò dall'alba, dai giorni troppo luminosi
a.- sento che non finira'....
k.- che ci sono attimi che valgono una vita, che ci riscattano degli anni persi e degli anni che perderemo, che si rincorrono e rotolano come nessun viaggio organizzato può fare
k.- sei stanca? vuoi dormire?
a.- "stringimi perche' ho paura"
k.- vieni più vicino. il vecchio gozzo paziente ci scopre un letto di reti secche dal sole e dagli anni, che hanno ancora il sapore e il ricordo di mareggiata
a.- ....
->PAUSA.bn@

Questo fare a pugni con la vita, ostinatamente determinati a rimanere in balia dei mari, sordi ad ogni buon senso, sensibili alla luna, alla voglia di buono, di amore, di carezze e baci, di un cuore caldo, pronti a far saltare la scacchiera con tutte le pedine per un sorriso e una lacrima.
Che non c'è niente di peggio che pensare alla vita come un viaggio pre/definito, e che il tempo ci imponga ritmi e scelte scontate. Questo tempo che a volte ci morde il culo e sembra sempre poco, quasi voglia farti paura e ricacciarti indietro a difendere col ferro e col fuoco quel tanto o poco che hai.
Fanculo al tempo, ci siamo, abili, per un istante solo o per sempre, fa lo stesso. Acquazzurra.

MARINA ALLO SPECCHIO

Marina è piuttosto insoddisfatta di sé.
Ha da poco compiuto gli anni e come sempre, senza volerlo, si è ritrovata a fare il bilancio della propria vita. Una vita apparentemente ricca, piena di interessi, senza spazio per la noia e senza tempo per le introspezioni.
Le capita solo un volta l'anno di chiedersi se la strada che sta percorrendo l'ha scelta da sé o le sia stata imposta. Ma poi imposta da chi? Dal caso? Dalle circostanze? Dal Padreterno? Dal destino? Eterna domanda: il destino lo facciamo noi o è già tracciato? E' bello pensare che ci sia qualcuno che organizza tutta la nostra vita. E' meno faticoso e sicuramente ci permette di non colpevolizzarci quando le cose vanno male. Ma non è troppo comodo?
Certo che lo è !!! Forza Marina guardati allo specchio e abbi il coraggio di vedere le cose come sono realmente!
No! così è troppo! Sei andata troppo indietro!
Cosa ti viene in mente di ricordare quella mattina in cui andavi a scuola nel tuo vestito nuovo bianco e blu alla marinara? Avevi 14 anni ed eri allegra senza motivo. Già, a
14 anni è sufficiente un vestito nuovo per essere felici, specie se c'è la speranza di incontrare un paio di occhi neri che ti guardano ammirati!
Il primo amore è arrivato ... e poi come sempre è andato via ... partito, lasciando lacrime, ma anche ricordi dolcissimi di momenti teneri! Mai più hai provato l'emozione
di un bacio rubato in un campo di margherite e papaveri!
Ah, solo adesso ti rendi conto del motivo per cui ancora oggi ti emoziona un campo di papaveri, sia in campagna, sia in una foto, sia su un tazzone da latte o in un quadro di Monet.

La festa dei 18 anni: la prima ! Battisti canta Emozioni! Mina fa da sottofondo alla tua ansia per gli esami! Gli esami! Niente sembra essere più importante! Tutti i pensieri si focalizzano su quel giorno. Non esiste un futuro ma, se dovesse esistere, sarà meraviglioso, luminoso, sfolgorante!
Quando è stato che hai capito che non sempre, anzi quasi mai, è così?
Forse il giorno in cui un'amica ti ha tradito? O quando tu hai dato una delusione?
Quando ti sei resa conto che nella vita non sei una privilegiata?
Quando hai trovato un lavoro inadeguato alle tue possibilità? Oppure quando ti sei resa conto che le tue possibilità erano limitate?
E quando ti sei accorta che il tuo matrimonio era finito?
Quando spolverando un vecchio libro è saltato fuori un biglietto di 25 anni fa in cui, con una grafia incerta, c'era scritto "...scusami, oggi sono nervoso, ma lo sai che ti voglio bene!"
Incredibile!!! non ricordavi assolutamente più che tuo marito, quello che oggi è tuo marito, un tempo era capace di chiedere scusa e di dichiarare il suo amore!
Piangi Marina, perchè? Ti chiedi come è successo? Come sia stata possibile una metamorfosi così radicale? Come, hai paura di essere diventata anche tu così?
No, tranquilla! se sei capace di piangere vuol dire che ci sono ancora margini di recupero!
Però fai in fretta, ogni giorno è prezioso! Il tempo non va sprecato!
Oggi devi fare una scelta molto importante.
Metti su un piatto della bilancia il benessere economico, la rispettabilità sociale, l'importanza delle tradizioni, la tranquillità insomma. Certo il piatto è pesante eh?
Adesso sull'altro metti solo una cosa: il rispetto di te stessa!
Allora, dove pende? Ma come sono uguali, bugiarda! guarda bene!
E' inutile che giuri!
Lo so che hai paura ma, vedi, il rispetto di te stessa, quella piccola cosa che se ne sta da sola lì piccola piccola sul piatto, in realtà è pesantissima, come si dice oggi è "zippata".
Se la apri salteranno fuori paroline magiche come libertà, serenità, allegria , parole che da tempo sono state cancellate dal tuo vocabolario quotidiano. Ed anche parole come coraggio, coerenza,che qualche volta addirittura hai creduto di non possedere.
O te lo hanno fatto credere, che è quasi la stessa cosa!
So quello che stai per dire che, insomma, la situazione non è poi così disperata, che nella vita c'è di peggio, che è molto difficile assumere agli occhi del mondo il ruolo
della sfascia-matrimonio-perfetto, che perderai molti amici, che hai paura di non farcela, che in fondo ...
Ma, come dicevo prima, guarda dentro lo specchio: c'è una ragazzina che ti sta guardando! E' tua figlia o sei tu tanti anni fa? Non è importante, è la stessa cosa. Lo devi a loro. E' per loro che devi farlo. L'una apprende da te come comportarsi e come reagire alle avversità della vita: combattendo e non rassegnandosi. L'altra deve essere orgogliosa di te, non puoi deluderla, non puoi ucciderle tutti i sogni!

Ti aspettano giorni difficili Marina, ma puoi farcela!
Auguri.

...........

Mi piace la musica!
E ancor più mi piacciono le parole!
Le parole parlano di amore o di rabbia.
Le parole offendono o consolano.
Le parole possono far ridere o piangere.
Con le parole si può giocare!
Oggi ho fatto un gioco nuovo: ho scritto su dei pezzettini di carta le canzoni della mia vita e le ho messe in un sacchetto.
Poi ho chiuso gli occhi e le ho tirate fuori ad una ad una. Son venute così:

Settembre
Sabato pomeriggio
Le tue mani su di me
Voglio restare così!
Emozioni
Senza fine!
Parlami di te
Ancora
Io sono qui!
Vorrei dirti che
Insieme a te sto bene.
Vorrei
Volare
Fammi volare
Almeno una volta!
Giusto o no
Ascolta il tuo cuore!
Mezzanotte
..... E ci sei tu
Ancora tu
Parlami d'amore
Solo una volta!
Vivere
Morire qui
Confusione
Pensiero stupendo!
E se domani .....
Ricordati di me!
Domani è un altro giorno
Buonanotte fiorellino!

[MEMO] Promemoria da passai (Thu Jul 10 02:00:00 2003):
ho buttato giù uno stralcio scritto che fa così:
A. ha un letto di terra; quando si sdraia si copre di blu. Ha i piedi sui prati. La testa sui monti. La sabbia che affonda le sue chiome di rame. Poi la terra si volta, e il sole tramonta: sul mare, sui monti, sui tetti e tra i rami dei pioppi. Il sole è il signore del cielo, ha una ricca corona di raggi splendenti. La luna è una donna d'argento, coperta di mari, di luce e di vento. La terra è la nostra dimora, una palla che gira. Una roccia che attira anche l'acqua che cade nel mare e il buio, giunge la sera. Si lancia nel cielo, copre l'azzurro e le nubi col nero....notte tesoro

Provo a fare i conti con me stesso. un vecchio zorro appesantito da questa pioggia interminabile, in mutande, a duellare con la sua immagine allo specchio, saettando nell'aria l'indice teso, a immaginare una superba lama di toledo, inciampando in delle zeta sbilenche, inciampando in goffe "in guardia!", inciampando nelle stesse sue parole, inciampando nell'intenzione di quelle stesse parole, inciampando finanche nell'inciampo.
a ritrovarsi impigliato nella rete delle lenzuola, sudato di febbre impotente, di smania costretta. vinto dallo specchio, toccato al cuore dalla punta fredda del fioretto del suo doppio, sgambettato dalla sua ombra, sopraffatto.
che gli torna in mente il rimpianto degli eserciti, dei mille veri avversari affrontati, degli scontri e delle fughe.
dall'altro puoi sempre fuggire o difenderti, da te stesso mai.
e c'è sempre questo scontro dietro ogni scontro, non scaramuccia, niente tattiche, nessuna via d'uscita.
tu e tu dentro questo specchio di nebbia. idiota.
Gattorosso.

 A VOLTE I PROVERBI.....................

Quella sera mentre camminava sotto la fitta pioggia di novembre sentì che nel suo profondo odiava ancora di più quella città che l'aveva rapito senza il suo consenso e mentre senza fretta si avvicinava alla meta non faceva altro che ricordare il caldo della sua amata Sicilia e soprattutto i proverbi del saggio nonno.
Già , suo nonno che l'aveva allevato al riparo delle malelingue locali dopo che i genitori l'avevano abbandonato e che con sacrificio l'aveva fatto studiare e laureare , poi per essere al riparo del tutto l'aveva mandato a Milano da un suo amico affinché trovasse lavoro in uno studio notarile, e quella sera il suo collega oltre che unico amico gli aveva proposto una cena a quattro, lui, la moglie dell'amico e una sua amica straniera.
Si sentiva nervoso d'altronde era la prima volta che accettava una cosa del genere nemmeno con le sue amiche di e-mail non aveva mai approfondito la conoscenza forse per paura o forse perché non aveva mai avuto un rapporto duraturo con una ragazza , anzi ne aveva avuti pochi per la sua età.
Ormai era nelle vicinanze del locale e dentro di se sentiva nascere quell'insicurezza che lo accompagnava ogni volta che aveva avuto a che fare con una donna ma ormai era troppo tardi aveva dato la sua parola e ora doveva mantenerla, entrò nel locale e scorse subito Giorgio e sua moglie Claudia , ma quello che non riuscì a scorgere era l'amica, si accomodò e con fare nervoso chiese notizie sulla amica di Claudia e mentre stava per avere la risposta sentì un penetrante profumo alle sue spalle e...............rimase senza parole nel vedere quella donna alta sinuosa e con due occhi verde smeraldo incastonati in un viso meraviglioso insomma una visione per lui.
L'amica si chiamava Nadir ed era Egiziana e per lui fu un colpo allo stomaco che non riuscì a parlare per quasi tutta la serata , solo quando si riprese riuscì a farfugliare qualcosa di sensato ma ormai era troppo tardi così almeno pensava e mentre ritornava verso casa non riusciva a dimenticare quel suo profumo e gli occhi profondi e incantatori.
Nei giorni seguenti non riuscì a pensare altro che a lei e alla figura che aveva fatto e mentre pensava che un'occasione del genere non l'avrebbe mai avuta mai più accese il computer e scaricò la posta , mentre eliminava con freddezza la pubblicità gli si aprì gli occhi , una e-mail di Nadir ! ma come aveva avuto la sua mail ? lui era sicuro di non aver parlato durante la cena di questa sua passione o forse inconsciamente l'aveva fatto ? o.......forse era stato Giorgio o forse...........mentre pensava a tutto ciò le sue mani tremavano e il suo dito non riusciva a premere il tasto del mause per aprire il messaggio.
Dopo dieci minuti di empasse decise di leggere il messaggio e con sorpresa si trovò davanti ad un invito si ma che invito ! deciso senza giri di parole e soprattutto a casa di lui ! restò mezzora a contemplare quelle quattro righe che si concludevano con il numero di cellulare di lei, poi con movimenti quasi maccanici chiamò il suo amico Giorgio e gli chiese un colloquio a quattrocchi, scese in strada e si incamminò verso il posto prescelto per l'appuntamento.
Mentre aspettava seduto sulla panchina del parco la sua mente cominciò a fantasticare e l'albero che aveva difronte a lui improvvisamente stava eretto in un mare di erba verde colore occhi di Nadir e le foglie gialle che ne adornavano la base erano i contorni di un'isola dove due cani si rincorrevano felici e spensierati e...........ma la mano di Giorgio sulla spalla lo riportò alla realtà.
Parlarono fittamente per quasi un quarto d'ora e alla fine ebbe la certezza che ne il suo amico e tanto meno sua moglie avevano dato il suo nik-name a Nadir , quindi era stato lui inconsciamente oppure lei con quei suoi occhi magnetici era riuscita a leggergli nella mente.
Vagò per il parco per quasi tutto il pomeriggio senza sapere cosa fare poi prese la decisione e telefonò a Nadir, passò tutto il resto della giornata a preparare la cena e mentre stava pulendo il pesce la mente ripensava alla sua voce dolce e delicata e di come fosse in netto contrasto con l'e-mail che gli aveva mandato decisa e autoritaria e mentre ancora vagava con il pensiero il campanello della porta suonò.
Quando aprì la porta gli apparve una visione , lei indossava un vestito lungo con un decoltè quasi indecente e il suo profumo dolce e penetrante inondò l'intero appartamento, la fece accomodare e mentre si scusava per il disordine i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dalla visione del suo seno e per tutta la serata non riuscì a mettere insieme un discorso decente.
A fine cena lui era completamente annebbiato e ora che il congedo si stava avvicinando non sapeva che mossa fare per trattenerla quando lei si voltò e lo baciò con un impeto quasi animalesco, restò imbambolato per quasi un minuto e prima che potesse pensare lei lo trascinò sul divano e cominciò a strofinarsi contro il suo corpo , lui non riuscii a capacitarsi di tale passione ma la voglia represse la ragione e nel giro di pochi minuti erano già nel letto, le sue unghie gli graffiavano la schiena come fossero artigli mentre le sinuose gambe l'avvolgevano in una morsa dolce e passionale che continuò per tutta la notte.
Il mattino dopo mentre cercava di abituare gli occhi alla semioscurità della stanza notò la sagoma di lei che si rivestiva e un brivido gli corse lungo la schiena , lei lo guardò e poi sorrise maliziosamente e mentre stava finendo di rivestirsi lui le chiese dove lei abitasse, quella domanda bloccò i movimenti sinuosi di lei e con un attimo di ritardo gli rispose che era meglio per lui non saperlo , ma la sua insistenza la portò a rivelare l'indirizzo di casa sua ma a una condizione " se vieni a casa mia non tornerai più indietro" e con fare felpato lo baciò sulle labbra prima di andarsene.
Rimase sul letto diverse ore a pensare a quelle parole ma non trovava alcun nesso cioè sembrava una minaccia ma come può minacciare una creatura che fino a poche ore fa aveva diviso il letto con lui ? pigramente si alzò e dopo aver fatto collazione uscì per prendere sia una boccata d'aria e sia per cercare di levarsi dalla mente le sue parole mentre passeggiava senza meta non riusciva a pensare altro che a lei decise di prendere la decisione più azzardata , chiamò un taxi e si fece accompagnare all'appartamento di lei e quando scese dall'auto gli apparve un caseggiato nobiliare molto curato in sintonia con l'eleganza di Nadir e mentre stava ancora indugiando con la mente le sue gambe presero le scale all'interno del caseggiato e arrivò alla sua porta.
Rimase in attesa per vari minuti poi decise di suonare il campanello e qualcosa che assomigliava a una voce gli disse di entrare ma non era proprio una voce ma qualcosa che non riusciva ad individuare , comunque prese coraggio ed entrò nell'appartamento , la sala era avvolta nell'oscurità e in fondo vide una figura ma non riuscì ad inquadrarla bene quindi avanzò verso di lei lentamente e quando fu vicino capì cos'era quella specie di voce.
Ora davanti a lui c'era Nadir ma i suoi occhi che fino a poche ore fa erano dolcissimi ora sembravano felini anzi erano feline................Nadir non era in veste di donna ma di gatta con fattezze umane e prime di poter gridare o difendersi lei gli balzò addosso e gli morse la gola, scivolò a terra senza alcuna forza nel suo corpo e nei pochi istanti di vita ripensò a un proverbio del nonno " la curiosità uccide la gatta " no nonno ! stavolta non era la gatta a perire proprio no!

Teseo

USCITA

Eccola la', piccola e un po tozza.
Lontana da me 12 piani.
Che cammina come le avessero bloccato i fianchi, diritta come una punta. Eccola la'. Ti vedo attraverso i vetri di questo palazzo tecnologico di 20 piani tutto vetri ed aria condizionata e moquette ecomputer e..
Non ho piu' respiro perche' tu mi hai portato via l'aria nei polmoni e il sangue dalle vene. Se adesso mi metto a correre la raggiungo. Le dico che di quell'altra non mi interessa. Che si sta portando via il mio cuore.
Ma e' finita. per sempre.
Sta calpestando i sanpietrini con maestria, sorpassa la portineria con sicurezza ed esce dalla mia vita.
lei, il suo magnifico sedere, le sue fisse cosmiche per i cetriolini , i panini, le banane, i formaggile cioccolate amare, i libri di fantascienza, il manifesto, il cus cus, le code di cavallo, i cani, le campanelle da appendere i fermacapelli, i dischi di Fabio Concato, la cucina cinese
Arriva la colite, l'intestino si contrae, mi piego in due dai crampi, ma non distolgo lo sguardo. Perche' non mi perdona, non torna indietro sorridendo ?
E' cattiva, perfida, come dice la canzone "l'altra non è niente per me".
Perchè non capisce sta stronzabruttatroiamaledettaputtanasfondata...

Sgrigua

Appunti di un racconto di mezz’inverno

Squallore esterno bar, cittadina medie dimensioni, autunno inoltrato.
Cosa noto:
Sarà anche dimagrito, ma le guance da cocker gli sono rimaste.
Domanda della coscienza:
Come può una caratteristica fisica mutare, nella tua percezione, dalla tenerezza al ribrezzo?
Risposta razionale:
Boh?

Andiamo oltre…

Interno negozio di giocattoli, atmosfera di solidarietà femminile (quella che è più facilmente reperibile tra donne che non si frequentano e, soprattutto, non frequentano gli stessi uomini [o se lo fanno non ne sono consapevoli, ma questa è un’altra storia…])
In modo fortuito e forse inopportuno (ma… o tempora o mores…), si parla di separazioni, cercando di rimanere sul brillante (genere "Lella Costa", per capirci, con magari una sfumatura di Littizzetto…).
Arrivo alla cassa e so che la commessa, visto che ne abbiamo parlato un attimo prima, si sta separando anche lei. La sua collega le dice l’importo della mia spesa [ebbene sì, una giovane donna, quando è in crisi, se non ha abbastanza soldi per folleggiare in un negozio di scarpe, può anche decidere di sublimare acquistando una Barbie], nella sommessa confusione non afferra l’entità dell’importo [sono ben 20 euro, che comunque sono meno del prezzo di una seduta dall’analista…], ma non sente e chiede di ripetere perché:
"…Oltretutto sto diventando anche sorda!"
Così il perfido folletto, che ogni tanto invade le mie parole, mi fa rispondere:
"Sarà per quello, che l’infausto giorno, ha risposto <<Sì>>, a tutte le domande!".

Premessa:

Circa un’ora prima avevo sostenuto una conversazione il cui tono era:
"Perché io ho sempre cercato di spronarti ad essere una donna…"
"Non lo nego… allo stesso tempo cercavi di convincermi che ero anormale perché non gradivo farmi pisciare in faccia…"

morale:
A volte è davvero necessario raschiare il fondo, per accorgersi che si sta affogando.

Corollario:
Subito dopo averlo sentito chiedere "la buona uscita" (come le troie mantenute della peggiore letteratura e cinematografia [e qui il mio folletto mi suggerisce che c’è dell’influenza materna]), vedo avvicinarsi per salutarlo, la ragazzina post punk - a - bestia - tantocarinaconilpiercingalnaso, che lo saluta con affetto semi - adorante (esattamente come fece a suo tempo la cretina che scrive), ed immediatamente la memoria mi rispedisce a ritroso nella mia vita e penso, forse è questo il senso d’invecchiamento, rivolta a quel musino sorridente:
"Va’, giovane fanciulla, verso il muro che fracasserà il tuo tenero sorriso…"
Ma non è pensato con acidità. Al massimo con amarezza, perché potevo sprecare meno tempo, e perché so che, se anche avessi voglia di darle qualche consiglio, non lo ascolterebbe. Come feci io, quando avrebbe avuto molto più senso. Quando sarebbero state meno le occasioni sprecate.
Sempre che queste occasioni esistessero realmente.
Ora non mi rimane tutto il tempo che potevo avere prima. Ma almeno adesso è tempo mio. Utile o inutile che sia.
Ed è tutto tempo che posso occupare ad essere me stessa.

 

PIENAESTATE

Guardare davanti a me i giardini dalla squadrata linea "moderna", pieni di vita a quest’ora del pomeriggio, è un’esperienza estetica. Il gruppo di alberi, sulla sinistra della collina, da qui sembrano un gruppo di funghi, sotto ai quali passano, come formiche, i veicoli in autostrada.Il cielo è una cappa lattiginosa, il sole sembra una luminosa caramella.
Un uomo triste passa in mezzo a un gruppo di ragazzi che, a torso nudo, tentano di domare le loro tavole da skate.
Su un terrazzino c’è una donna, una giovane donna, che scrive a matita sulla penultima pagina del libro che dovrebbe studiare, mentre ascolta "Aida (…come sei bella)" e sotto sotto sorride. Come se sapesse che qualcuno la sta guardando.
(16/07/03)

 

 

Racconto nuovo

Lo sapevo che non mi sarebbe venuto in mente niente, forse anche perché ho scelto un carattere che non mi piace.
In più ho freddo ai piedi e la tastiera ogni tanto fa cilecca, la luce è scarsa e le sigarette mi fanno bruciare la gola.
Sono nascosto da ieri notte, dopo la fuga e solo adesso, dopo ore di paranoia, mi sono deciso ad accendere il mio notebook, con il cuore in gola per la paura che qualcuno senta il rumore della ventola.
Da mesi sapevo di avere un esaurimento nervoso, me ne accorgevo quando iniziavo a schiumare rabbia contro il televisore all’ora dei telegiornali, quando, in treno o sull’autobus, non riuscendo più a trattenermi, mi intromettevo nelle discussioni altrui, quando sentivo il bisogno di mettere in guardia tutti da quello che ci stavano facendo.
Le mie certezze mi hanno portato a sembrare un paranoico, afflitto da manie di persecuzione, ma in realtà quello che mi ha fregato è stata la frustrazione di non venire ascoltato.
Mi ero accorto di come tutti sembravano pensare le stesse cose, avere i medesimi gusti, mi sembrava anche assurdo essere l’unico a vederlo.
Ci ho messo dei mesi a capire perché ne fossi immune, era così semplice da essere stupido: io non ho più da anni il teleputer, mi hanno scomunicato dall’auditel quando si sono accorti che mi sintonizzavo apposta sui programmi d’informazione, e non solo li seguivo, ma li capivo e ne parlavo.
Anche a scuola avevo avuto problemi con dottrina delle comunicazioni a causa delle mie domande riguardo all’etica.
E adesso eccomi nascosto nel buio di una cantina abbandonata all’interno dell’ex quartiere universitario.
Le università sono state smantellate da una decina d’anni, ormai sono inutili, anzi sono dannose.
Il ministero della cultura e dell’informazione ha stabilito che è obsoleto insegnare a leggere e a scrivere nelle scuole: si ottengono risultati migliori farcendo la testa degli studenti con slogan elaborati dagli esperti nominati dal governo
E le persone non ci vedono niente di strano, sono state tutte convinte dal premier, che ormai trasmette 24 ore su 24 messaggi rassicuranti sul canale satellitare dedicato.
Il ministero delle impunità grazia gli assassini, ma non i delatori del regime, e tutti sono contenti.
Il problema è che non sono tutti rincoglioniti, li hanno rincoglioniti immettendo massicce quantità di prozac negli acquedotti e inserendo migliaia di messaggi subliminali nelle trasmissioni televisive.
Il mio errore è stato di voler avvisare chi fosse stato disposto ad ascoltarmi.
Per mesi ho trasmesso con un’antenna di fortuna, e quando la gente ha iniziato ad ascoltarmi e a risvegliarsi dal torpore si sono messi sulle mie tracce.
Da qualche tempo è nata la "resistenza mediatica", si organizzano scuole clandestine in cui si insegna a leggere, a scrivere e a sviluppare il pensiero critico, diventato illegale almeno cinque anni fa.
Ho dovuto gettare la mia teleagenda, però non sono riuscito a estirpare il microchip dalla nuca… credo di averlo danneggiato, ma non so se sarà sufficiente a tenerli lontani.
L’unico modo che mi è rimasto per comunicare è affidarmi a queste pagine. Sperando che giungano nelle mani giuste e che possano essere d’aiuto, almeno in futuro.
Ora devo spegnere, ho sentito dei rumori provenienti dal cortile…
Mario Rossi

(...continua)

 

se vuoi leggere il racconto con comodo, puoi scaricare il file zippato
clicca qui

questo è un racconto nato dall'incontro, nella chat di linus, di diverse persone.
è un racconto in divenire, che sarà aggiornato di volta in volta con il contributo degli amici della sciatt

Finora hanno scritto:
Passai
Wetdog
Valo
Gattorosso
Dreamer

Lalla
Sami

Fukur
Marty
Zorrikid
Skinseventy
Acquazzurra
Teseo
Sgrigua

Ro01zur.gif (603 byte)  home   Ro01vor.gif (585 byte)

 

I diritti appartengono ai rispettivi autori. Per la riproduzione, su ogni mezzo, è necessario l'esplicito assenso dell'autore che può essere contattato  attraverso il gestore del sito.

titolo:
naviganti

autore:
linusciatt