|
Doron Mittler, "Grammatica
ebraica", Zanichelli, Bologna 2000
"Cos'e'
la tradizione ebraica, se non un viaggio all'interno della lingua?".
Cosi' scrive Elie Wiesel nelle sue "Sei riflessioni sul Talmud"
(Bompiani, Milano 2000). E molti maestri sarebbero d'accordo con
lui. Basti citare il caso del "Sefer yetzira", il Libro della
Creazione, che alcuni fanno risalire al VI sec. dell'era volgare e
altri al III, dove appare gia' la distinzione delle gutturali, delle
labiali e cosi' via: "e cosi' l'intera creazione e l'intero
linguaggio scaturiscono da un'unica combinazione di lettere". Oppure
si pensi alla concezione di Nachmanide secondo la quale tutta la
Tora' non e' altro che un processo di amplificazione e di estensione
portata all'estremo di una sola parola, il Nome di Dio, o alla
"filologia creativa" della quale parlano David Banon e Stemberger a
proposito del midrash. Sull'importanza della conoscenza della
lingua e sulla sua centralita' all'interno della Tradizione non vi
e' insomma dubbio alcuno. "La grammatica fu il rimedio proposto per
le scorrettezze che minacciavano di alterare la parola di Dio",
scrivevano i grammatici arabi nel Medio Evo. Per questo gli
strumenti che aiutino a conoscere la lingua ebraica rivestono un
significato particolare. Ma accanto a questo motivo ve ne sono
altri: l'ebraico, da quando e' tornato ad essere la lingua della
comunicazione quotidiana e dello Stato di Israele, ha avuto uno
sviluppo stupefacente. La "Grammatica ebraica" di Doron Mittler
offre un semplice testo di consultazione in italiano per tutti
coloro che studiano l'ebraico moderno col metodo dell'ulpan, ma
anche per coloro che, avendo studiato l'ebraico biblico, vogliano
rendersi conto di quanto la grammatica di quest'ultimo sia
essenzialmente la stessa della lingua parlata oggi in Israele. In
particolare gli studenti di ebraico moderno hanno assolutamente
bisogno di un testo dove le regole grammaticali vengono presentate
in modo chiaro, perche' il metodo ulpanistico, dando priorita' alla
necessita' immediata di comunicare, spesso fa si' che gli studenti
difficilmente acquisiscano una visione generale di tutta la
grammatica, o meglio della struttura della lingua. In effetti,
soprattutto noi di madre-lingua italiana, solo studiando la
grammatica, o meglio capendola, riusciremo a vedere nella struttura
della grammatica ebraica una costruzione geometrica, organizzata e
chiara, un disegno incantevole, dove le eccezioni sono ridotte e
dove il concetto di radice, che all'inizio spaventa, in realta'
fornisce la chiave di accesso a questo disegno.Questa la
composizione del libro: I capp. 1 e 2 sono dedicati alla
fonetica. I capp. 3-9 sono dedicati alla morfologia. Tra questi
e' particolarmente significativo il cap. 4, dedicato a un argomento
che in genere non viene trattato in modo esteso nelle grammatiche:
quello dei mishkalim, cioe' delle "forme nominali", che qui vengono
indicate come "parole lessicali" (pp. 26-40). E' qui, come anche nei
capitoli che seguono, che ci vengono spiegati quelli che sono i
sistemi in base ai quali si formano le parole ebraiche, sistemi tali
che, volendo, noi stessi arriviamo ad essere in grado di inventarne
alcune, per scoprire magari che esistono davvero. Utilissimo e'
anche il cap. 8, dedicato alle preposizioni. Qui vengono indicati
uso e significato di ogni preposizione, che in ebraico e' molto
diverso da quello dell'italiano: infatti le preposizioni
dell'ebraico hanno significati molto ampi e possono apparire
ambigui, come gia' aveva lamentato Spinoza nel suo "Trattato
teologico-politico".Il cap. 9 e' quello dedicato ai verbi, e qui
va notato che oltre ai famosi binyianim o "palazzi" e alla
descrizione delle caratteristiche del verbo ebraico, viene
presentato anche il waw hahippukh, che in genere viene considerato
un elemento presente solo nell'ebraico biblico e per la maggior
parte dei parlanti dell'ebraico moderno e' un fenomeno sconosciuto,
o nel migliore dei casi strano. Cosi' vengono spiegate altre
particolarita' dell'ebraico antico, anche se appaiono solo raramente
nell'ebraico moderno. Si veda ad esempio l'infinito assoluto (pp.
153-155). Sempre in questo capitolo sono riportate anche le forme
nominali derivate dai verbi, che ritengo molto utili. Il cap. 10
introduce alla sintassiIl cap. 11 fornisce degli esercizi con le
chiavi per le correzioni. Segnalo infine l'Appendice B dedicata
alla scriptio plena, all'uso cioe' diffuso nella scrittura
dell'ebraico moderno di utilizzare il piu' possibile waw e yod per
aiutarsi nell'identificazione delle vocali, dal momento che libri e
giornali vengono stampati senza i segni vocalici, i famosi
"puntini". Questa e' in breve la descrizione di questa
grammatica, uno strumento valido e importante per tutti coloro che
amano la lingua ebraica. Nel frattempo, siamo tutti in attesa della
prossima fatica di Doron Mittler: un dizionario di ebraico moderno.
Speriamo che il successo di questa grammatica gli sia di
incoraggiamento a completare l'opera.
Claudia Rosenzweig
|
I NOSTRI
SOSTENITORI
NES Notizie
e Stampa
WWW.AOS.CO.IL costruzione di siti web con
tecnologie avanzate
|