Collenuccio - Istorie del Regno di Napoli

 

III.

LIBRO TERZO.





DEL COMPENDIO DE LE ISTORIE DEL
REGNO DI NAPOLI
A LO ILLUSTRISSIMO PRINCIPE ERCULE
INCLITO DUCA DI FERRARA.

        In questo libro terzo si tratta de la passata de' normanni nel regno di Napoli e de lo acquisto che fece no de la Sicilia e di più fatti di essi normanni in esso reame di Napoli. Trattasi ancora de le incursioni de' saracini e de' fatti di Enrico imperatore e de la rotta che dettero i normanni a papa Leone IX e come lo preseno; e li egregi fatti di Roberto Guiscardo e de' suoi figliuoli Roggero e Boemondo, e de le guerre fatte fra loro; e d'uno passaggio di oltra mare, e de le altre cose fatte da questi de la casa normanna, e come ruppeno e preseno papa Innocenzo II; e de la passata di Lotario imperatore in Italia; e de' fatti di Guglielmo re di Sicilia e di Puglia, e di Federigo Barbarossa, e de la guerra di papa Clemente Ve Celestino III per insignorirsi di Puglia e di Sicilia; e l'ultima rovina de' normanni.

        Avemo nel secondo libro con la possibile diligenza e brevità raccolto le condizioni e stato di mille anni del regno di Napoli, secondo che da molti e vari scrittori avemo letto e ad una concordia ridotto. Seguitano ora 498 anni non meno intricati da li scrittori, ne meno copiosi di mutazioni e varietà di casi, che sieno stati li mille precedenti, anzi più mirabili di quelli; conciosiacosachè chi ben considera le cose in questi accadute, bisognerà che confessi il regno di Napoli altro non essere che una palestra di ambiziosi e di avari e di tiranni, esposta sempre a rapine e calamita de le guerre, essendo per troppa sua fertilità e molte altre sue doti, si come de le cose buone avviene, da molti desiderato. Dico adunque che ne l'anno di Cristo 1008, essendo in Roma pontefice Sergio IV e in Germania Enrico II imperatore e in Constantinopoli Michele Catalaico, il regno di Napoli in questo stato si trovava: che parte di esso tenevano per i romani, anzi usurpavano, alcuni principi e duchi, un'altra parte, cioè la Puglia e la Calabria, tenevano i greci sotto il governo di un capitano de l'imperatore chiamato Malocco; non man cando però che sempre in esso li saracini, che tenevano Sicilia, danni e molestie non déssino, si come quelli che nel regno di Napoli ancora alcuni lochi aveano occupati, e li duchi e principi de' romani con li greci in continue discordie e guerre non fussino, quel regno in vari modi lacerando. E perché circa questi tempi, oltra le predette tre nazioni, cioè romani, greci e saracini, una nuova gente si trovava nel detto regno, la qua]e in processo di tempo or parte or tutto lo ebbe in signoria, per evidenza adunque bisogna sapere che in Romagna, in Toscana e in Campania si trovava in questi tempi una nobile famiglia discesa da li duchi di Normandia, la quale, avida di gloria e di acquistare lochi da poter vi vere meglio che ne la sua patria non poteano fare mediante il mestier de l'arme, molti anni innanzi, e circa li anni di Cristo 900, era passata in Italia. Capi di questi normanni furono due fratelli, uno chiamato Roberto, l'altro Riccardo, discesi da Rollone primo duca di Normandia, del qual sopra nel primo libro parlando de' normanni abbiamo fatto menzione, in questo modo: Rollone, detto a battesimo Roberto, generò di Gillia, figliuola di Carlo il Semplice, re di Francia, un figliuolo chiamato Guglielmo; Guglielmo generò Riccardo I; Riccardo generò due figliuoli, cioè Roberto e Riccardo II, de li quali ora parliamo. Questi due fratelli gloriosamente molti anni militorno; e mancati loro, trovandosi li suoi normanni al soldo del duca di Salerno, fecer lor capo uno chiamato Tristano cognominato Cistello, il quale avendo morto un serpente, infettato dal vene no di quello si mori. Successe a lui un altro normanno chiamato Raino, e fu quello che edificò Aversa. Dopo Raino continuò un Carlo, il quale fu principe di Capua, e dopo lui Iordano suo figliuolo, e dopo Iordano Riccardo figliuol suo. Mancato Riccardo, Guglielmo cognominato Ferrebac, che altro che 'forte braccio' non si interpretava, figliuolo di Tancredo normanno conte di Altavilla, fu fatto loro capo. Ebbe Tancredo padre di Guglielmo di due mogliere dodici figliuoli, li nomi de li quali trovo esser stati questi: Sarno, Gottfredo, Drogone, Tancredo, Guglielmo cognominato Ferrebac, Umfredo, Roberto cognominato Guiscardo, Roggero, Riccardo, Gottfredo II, Frumentino e Malogero. Tancredo adunque in Italia con questi dodici figliuoli sotto vari stipendi ne l'esercizio de Tarme ne la, compagnia de' normanni si stava: né altro de la loro origine e causa de la lor venuta in Italia appresso li scrittori ritrovo. &nbsdi Capua, e dopo lui Iordano suo figliuolo, e dopo Iordano Riccardo figliuol suo. Mancato Riccardo, Guglielmo cognominato Ferrebac, che altro che 'forte braccio' non si interpretava, figliuolo di Tancredo normanno conte di Altavilla, fu fatto loro capo. Ebbe Tancredo padre di Guglielmo di due mogliere dodici figliuoli, li nomi de li quali trovo esser stati questi: Sarno, Gottfredo, Drogone, Tancredo, Guglielmo cognominato Ferrebac, Umfredo, Roberto cognominato Guiscardo, Roggero, Riccardo, Gottfredo II, Frumentino e Malogero. Tancredo adunque in Italia con questi dodici figliuoli sotto vari stipendi ne l'esercizio de Tarme ne la, compagnia de' normanni si stava: né altro de la loro origine e causa de la lor venuta in Italia appresso li scrittori ritrovo.         Essendo il regno di Napoli adunque nel stato qual di sopra avemo detto e trovandosi alquanto quieto da movimenti notabili, Guglielmo Ferrebac fatto capo de' normanni, come è detto, pensando di fare qualche gloriosa impresa, prima fece confederazione e lega con il principe di Capua e con il principe di Salerno, poi a la medesima lega indusse Malocco locotenente de l'imperatore greco in Apulia e Calabria: convenendo tra loro che tutti quattro insieme con quattro loro eserciti passassino in Sicilia contra saracini, e quella acquistata, così l'isola come anche la preda in quattro parti egualmente tra loro avessino a partire. Passati adunque in Sicilia questi quattro capitani, e infine vinti e cacciati e debellati i saracini, la preda egualmente fu divisa; ma le terre de l'isola Malocco le consegnò a li prefetti e magistrati, i quali dal suo imperatore innanzi la guerra li erano stati mandati. Guglielmo indignato per questa inosservanza de' patti, e dissimulando lo sdegno, partito da li due principi suoi collegati, i quali a Salerno e Capua tornorno, voltò la sua armata intorno a la Magna Grecia e a la Calabria e se ne venne in Puglia occupando molti lochi d'essa. Et entrato in Melfi, il qual gin. per loco forte era stato eletto da' normanni e fortificato per ridotto di lor robe e famiglie pensando di guerra, apparecchiò tutte le cose necessarie a la difesa. Essendo il regno di Napoli adunque nel stato qual di sopra avemo detto e trovandosi alquanto quieto da movimenti notabili, Guglielmo Ferrebac fatto capo de' normanni, come è detto, pensando di fare qualche gloriosa impresa, prima fece confederazione e lega con il principe di Capua e con il principe di Salerno, poi a la medesima lega indusse Malocco locotenente de l'imperatore greco in Apulia e Calabria: convenendo tra loro che tutti quattro insieme con quattro loro eserciti passassino in Sicilia contra saracini, e quella acquistata, così l'isola come anche la preda in quattro parti egualmente tra loro avessino a partire. Passati adunque in Sicilia questi quattro capitani, e infine vinti e cacciati e debellati i saracini, la preda egualmente fu divisa; ma le terre de l'isola Malocco le consegnò a li prefetti e magistrati, i quali dal suo imperatore innanzi la guerra li erano stati mandati. Guglielmo indignato per questa inosservanza de' patti, e dissimulando lo sdegno, partito da li due principi suoi collegati, i quali a Salerno e Capua tornorno, voltò la sua armata intorno a la Magna Grecia e a la Calabria e se ne venne in Puglia occupando molti lochi d'essa. Et entrato in Melfi, il qual gin. per loco forte era stato eletto da' normanni e fortificato per ridotto di lor robe e famiglie pensando di guerra, apparecchiò tutte le cose necessarie a la difesa. Il che sentendo Malocco, partito subito di Sicilia, senza fermarsi punto, pose il campo a le porte di Melfi; ma Guglielmo peritissimo capitano, prima che li greci stanchi dal viaggio si componessino a l'assedio, usci fuora con grande impeto e assaltato e rotto Malocco, e morto tutto il meglio del suo esercito, lo cacciò de la maggior parte di Puglia, e possedettela chiamandosi lui conte di Puglia. Morto poco poi Guglielmo Ferrebac, Drogone suo fratello ottenne la signoria di Puglia; il perché un altro catipano mandato da l'imperatore (ché cosí era il nome del magistrato imperiale in Italia) al primo assalto ruppe Drogone e cacciollo de la maggior parte di quel che in Puglia possedeva. Era chiamato questo catipano Melo; ma Drogone, uomo di gran virtú, riparato subito l'esercito, ad un'altra battaglia ruppe Melo e cacciollo di Puglia. Trovo questo Drogone esser stato uomo di religione e di prudenza e di forza e perizia militare famosissimo, in modo che in tre fatti d'arme fatti in un giorno superò li greci e ottenne la maggior parte di Puglia. Profligato adunque Melo, l'imperatore mandò un altro catipano in suo loco, il cui nome era Bubagano, il quale in quel loco che anticamente si chiamava Castra Hannibalis in Puglia edificò la città oggi detta Troia, come loco opportuno per ridotto de' greci a resistere a' romani e conservare la subiezione di Puglia e di Calabria. In questo medesimo tempo li saracini con potentissima armata entrorno in Italia e fatto del loro esercito due parti, con una assediorno Bari, con l'altra Capua. Bari da l'armata di Gregorio greco, mandato catipano da l'imperatore, insieme con l'armata di Pietro Urseolo duce de' veneziani, fu soccorsa e li saracini rotti e levati da l'impresa. Capua da Enrico imperatore Germano, duca di Baviera e secondo di questo nome, fu da l'assedio liberata; imperocché trovandosi per la sua coronazione a Roma, andato al soccorso di Capua, superò i saracini e per forza a lasciare Italia li costrinse. E perché mentre Enrico era al soccorso di Capua, Bubagano catipano de' greci aveva prestato favore a' saracini, epperò, avuto che ebbe Enrico la vittoria, subito partito da Capua insieme con Benedetto VIII pontefice romano, che questa impresa avea molto nel cuore, pose il campo a Troia con intenzione di ruinarla, essendo appena le sue mura e fortezze fermate, come fatte di nuovo; nondimeno vi stette a campo quattro mesi et essendo il tempo caldo e pericoloso a la nazione germanica, fu contento averla per accordo, onde tolti solamente li ostaggi, a Roma se ne tornò.
        Essendo dappoi creato imperatore romano Corrado svevo, primo di questo nome, poi la morte di Enrico, e in Constantinopoli imperatore un altro Michele cognominato Eteriaco successore al Catalaico, li normanni che tenevano la Puglia feceno una grandissima battaglia con li greci tra il fiume de l'Ofanto e il castello Olivento e furono vinti li greci, e allora i normanni tutta la Puglia interamente possedetteno.
        Enrico III dappo' la morte di Corrado venne a Roma a coronarsi da Clemente II, e da Roma andò sino a Capua, e avendo composte le cose di Campania se ne tornò in Alemagna, e in quel tempo li saracini vennero di nuovo in Italia e preseno Scanno in Calabria.
        Morto in questo mezzo Drogone conte di Puglia, poi che sette anni l'ebbe posseduta, per prodìzione del conte di Napoli chiamato Vasone, Umfredo suo fratello successe nel contado e tenutolo sette anni passò di questa vita, e dappo' lui Gottfredo suo fratello succedette nel contado, nel principio de la creazione di Leone IX pontefice romano; e nel medesimo tempo Guaimaro principe di Salerno, il quale era ancor lui di nazione normanno, da li suoi fu morto, e nel principato succedette Gisulfo: il quale avendo piú volte tentato di occupare Benevento e apparecchiandosi per andar li, Leone dimandò aiuto ad Enrico III. Enrico promise al pontefice di torre li suoi Germani che erano a Vercelli e in persona andare a cacciare li normanni di Puglia; il perché convocando Leone, oltra li Germani, tutto lo sforzo poteva de le genti italiane, movendo da Roma si inviò verso il reame. Sentendo Gisulfo la venuta del pontefice, fu il primo con li altri normanni adoccupare Benevento; e poi che lo ebbeno fortificato, si feceno innanzi e aspettorno il pontefice ad una terra chiamata Civita, ove fatto un grandissimo fatto d'arme, li normanni furono superiori, e vincendo preseno Leone papa, il quale modestissimamente trattando, con ogni onore, accompagnato dal clero beneventano, lo feceno a Roma condurre. Scrive Andrea Dandolo duce di Venezia ne le sue Croniche, che tanta occisione di uomini fu fatta in questa battaglia da una parte e da l'altra, che ancora al tempo suo un monte di ossa si vedeva in quel luogo.
        Circa questi tempi morendo Gottfredo conte di Puglia lasciò Bagelardo suo figliuolo successor nel contado, ma Roberto, prestantissimo giovine fratello di Gottfredo, ebbe grandissimo sdegno di non esser stato lasciato successore del fratello; per forza d'arme cacciò Bagelardo e occupò il contado di Puglia e di Calabria, e aggiunseli Troia, la quale sin a quel tempo a li Romani era stata subietta. Questo è quel Roberto, il quale per il vigore de l'ingegno e per la sua somma astuzia fu cognominato in sua lingua (ché cosí significa) Guiscardo, benché uno scrittore dica che tal nome significa `errante', perché i normanni andorno errando per molti paesi. Et essendo in quel movimento morta Aberada sua donna, de la quale aveva già, avuto un figliuolo chiamato Boemondo, tolse per seconda moglie Gigliegarda nepote di Gisulfo principe di Salerno e figliuola giá di Guaimaro fratello di detto Gisulfo, che da li suoi fu morto.
        Ridotte le cose in questa forma, volendo Roberto come prudentissimo fortificare il suo stato di ottimi titoli et amicizie, mandò ambasciatori a Nicolò II pontefice romano, pregando che come buon pastore e padre si degnasse andare a lui per componere le cose di Puglia e di Calabria. Il pontefice che per la superbia e perfidia de li baroni romani, i quali allora si chiamavano capitanai, mai né di né notte avea quiete, insieme con li oratori di Roberto partito da Roma ne l'anno io6o, con esso venne a parlamento in un loco tra Amiterno. e Furcone in Abruzzo, chiamato l'Aquisa, ove fu poi da Federico II imperatore edificata l'Aquila, come piú innanzi diremo; e in modo si composeno, che lui si fece uomo ligio e vassallo de la Chiesa romana e restitui tutto quel tenea de la Chiesa, e specialmente Troia e Benevento, e promise ad ogni bisogno d'essa mandarli tutti li sussidi necessari, ancor con tutte le sue genti; e da l'altra parte il pontefice assolvette Roberto da ogni escomunicazione ne la quale fusse incorso e lo fece e creò duca di Calabria e di Puglia, investendolo del ducato col stendardo de la Chiesa. Fatti occultamente (per rispetto dei capitanei) li capitoli, il pontefice tornò a Roma e comandò a Roberto che desse il guasto e domasse li capitanei di Roma; e cosí fu fatto, perché non restorno li normanni di combatterli, che prenestini e tusculani e numentani, e poi, di là dal Tevere, Gallese e le terre del conte Gerardo insino a Sutri a la vera obedienza del pontefice ridusseno. Circa la morte poi di Nicolò II pontefice predetto, che fu al fine de li due anni e mezzo de la sua creazione, Roberto acquistò Matera in Puglia e Taranto per accordo. Creato dappoi Nicolò Alessandro II pontefice et essendo agitato da un gran scisma per la elezione voleano fare li lombardi al pontificato di un altro chiamato Cadolo da Parma, si trovava allora imperatore de' greci in Constantinopoli uno chiamato Romano Diogene, e teneva per catipano in Italia uno detto Ciriaco, il quale stava a Vestie città di Puglia; e avendo proposto Roberto Guiscardo levare in tutto li greci di Italia, andò a l'improvviso con l'esercito a Vestie e prese la terra e Ciriaco. Poi con la medesima celerità andò a Monte Peloso, ove vedendo bisognarli averlo per assedio, li lasciò Gottfredo II suo fratello con parte de l'esercito, e a Brundusio mandò Roggero (che suo fratello era ancora), che per mare e per terra lo avesse ad oppugnare. Lui con la maggior parte de l'esercito andò a campo a Barletta, ove si erano ridotti tutti li valent'uomini et eletti di quanti greci erano in Italia; e vedendo esser libero il porto, ovvero statio per la protezione de la ròcca, e per questo le vittuaglie non essere per mancare a la terra, fece un'opera grande, però che cinse il porto di un buon muro di navi catenate insieme in forma di semicircolo, da le quali ancora (oltra che impedivano le vittuaglie a li inimici) combatteva la terra da la parte del mare. E nondimeno tre anni continui vi stette prima che la conquistasse, e in quel mezzo Gottfredo, che aveva espugnato Monte Peloso, si era unito con Roggero a Brundusio. Il perché seguitando la vittoria Roberto, lasciato a Brundusio Roggero e Riccardo ancor suo fratello al governo di Puglia, comandò a Gottfredo che con l'armata la quale era a Brundusio, andasse a Regio in terra de' Bruzzi, che già tutta si chiamava Calabria, ove lui con l'esercito di terra si trovaria.
        Andando adunque a Regio, Roberto fortificò per la via San Marco terra di Calabria e procedendo inante e fermato il campo al fiume Moccato appresso l'Acque Calde, subiugò Cosenza e Marturano, poi andò a Squillace e di li per la via de la marina si pose a l'assedio di Regio, ove quasi ad un tempo Gottfredo con l'armata era arrivato; e stando a l'assedio di Regio, ebbe per accordo Neocastro, la Mantia e la Scalea. E in questo mezzo Roggero ultimo di età de' fratelli di Roberto, partito da Brundusio e stato alquanto con l'esercito sopra il monte di Bibona, prese la valle delle Saline e molte altre terre circostanti e forni la terra di Nicefora, ponendovi dentro buoni presidi di uomini. E in questo tempo ancora Roberto dette a Riccardo Guilinengo e Civita di Chieti con tutta quella regione, e lasciato Roggero a l'assedio di Regio, lui con l'armata e con Gottfredo passò in Sicilia e assediò Palermo. In quel mezzo Riccardo con Guglielmo suo figliuolo prese Capua e occupato ancora Benevento, andò a Ceperano, ma andandoli contra il duca di Spoleto e la contessa Matilda e Gottfredo suo marito con potente esercito ad instanza di Alessandro Il pontefice, senza aspettarli lasciorono tutto quel teneano de la Chiesa.
        Vedendo Roberto che l'assedio di Palermo avea troppo a durare, lasciato Gottfredo in suo loco, che per mare e per terra lo stringesse, tornò a Regio et espugnollo e prese Santa Severina, e avendo in pochi di conquistata tutta la Calabria e terra de' Bruzzi, pose il campo a Trani del mese di aprile, e il gennaro sequente lui in Puglia ottenne Trani e Gottfredo in Sicilia vinse Palermo; e allora di comune consenso de' fratelli fu chiamato Roberto duca di Puglia e di Calabria ne l'anno di Cristo incarnato 1073.
        Una cosa notabile trovo scritta da fedeli autori in questo tempo accaduta, la quale per esser memorabile non mi è parso in modo alcuno pretermetterla. Trovossì ìn Puglìa al tempo di Roberto Guiscardo una statua marmorea, la quale in testa in guisa di ghirlanda avea un circolo di bronzo, intorno al quale erano scolpite queste parole latine:

KALENDIS MAIIS ORIENTE SOLE
AVREVM CAPVT HABEBO

Cercò lungamente Roberto di intendere la mente di queste parole in effetto; né si potendo trovare chi vera intelligenza ne avesse, finalmente un saracino perito di arte magica, il quale si trovava prigione di Roberto, avendo prima domandata la sua liberazìone in premio de la interpretazione di esse, in cotal modo le dichiarò: imperocché nel di di calende di maggio, nel levar del sole, osservò il loco a punto e segnò ove l'ombra del capo de la statua in terra terminava, e li comandò fusse cavato, ché cavando s'intenderia la sentenza di quelle parole. Fece Roberto cavare nel designato loco una fossa e in poco spazìo li trovò un grandissimo tesoro, il quale a molte sue imprese fu ottimo instrumento. Il saracino mago, oltra altri premi, fu liberato.
        In questo mezzo che queste cose sì faceano, stando Roggero in Calabria, settimino ammiraglio di Bescavetto principe de' Mori, il quale per il Soldano governava Sicilia, occultamente ne andò a Roggero e feceli intendere l'isola dì Sicilia essere paratissima a rebellarsi, e rimasto d'accordo con Roggero di quello avevano a fare e del premio dovea avere per il tradimento, li mostrò la via di pigliarla e ritornò in Sicilia. Roberto avviato da Roggero del tutto, seguitò con l'armata il moro e per la prima terra prese Messina; poi con celeritú cacciati in poco tempo li saracini, il dominio di tutta l'isola pienamente acquistò: e allora Roggero mandò a presentare ad Alessandro II pontefice quattro camelli de la preda de' saracini. Cosa mirabile certo a considerare un sí felice corso di vittoria, pensando che Roberto Guiscardo e li suoi fratelli tutte le predette regioni d'Italia e l'isola di Sicilia in non più tempo che di anni diciotto al suo dominio ridusseno.
        Essendo poco poi creato pontefice Gregorio VII, Roberto con tutti li normanni furon escomunicati per aver occupate alcune terre de la Chiesa ne la Marca, oltra li insulti predetti fatti da Riccardo; e fu detta escomunica fatta in Concilio solenne a Roma, nel quale si trovò la contessa Matilda e Gisulfo principe di Salerno, zio di Gigliegarda donna di Roberto. II perché Roberto poi, essendo il pontefice occupato da la persecuzione di Enrico IV imperatore ne l'anno 1080, andò a campo a Salerno e avendolo duramente combattuto sette mesi, costrinse Gisulfo a rendersi e darli la terra e la ròcca; cosi acquistato Salerno, subito andò a campo a Benevento e dopo quattro battaglie che li diede lo avrebbe finalmente preso, se non fusse che confortato e persuaso da Gregorio pontefice lasciò l'impresa, e nondimeno per non tornar vuoto prese per via il castel di Vico, il quale poi per sé ritenne.
        Questo anno medesimo 1080 Michele cognominato Diocrisio, imperatore constantinopolitano, insieme con tre figliuoli Michele, Andronico e Constantino fu cacciato de l'imperio da Niceforo cognominato Bucamero. Onde presa la occasione da le turbazioni che erano ne l'imperio, Roberto cacciò li Greci da Spinacorba e da Otranto e da Taranto e racquistò quelle terre le quali ultime erano rimaste de' greci, et essendo a campo a Taranto, il Diocrisio venne sconosciuto a parlare a Roberto e dimandarli aiuto. Roberto volontieri l'ascoltò e confortollo ad andare al pontefice, sperando ancor per questo mezzo potersi reconciliare con esso; cosí li venne fatto, perché ancora il pontefice detta reconciliazione desiderava: onde per poter parlare con Roberto lo fece venire a Ceperano, ove finalmente Roberto si fece di nuovo vassallo ligio del pontefice e de la Chiesa romana, e restituí tutto quello teneva ne la Marca d'Ancona e fu assoluto da l'escomunicazione. E fu conclusa la restituzione del Diocrisio a l' imperio, la quale impresa acciò che con piú autorità e reputazione si potesse fare, donò il pontefice a Roberto il confalone di San Piero e Niceforo escomunicò.
        Partito da Ceperano dappo' questa conclusione, Roberto subito andò a Otranto, ove fatto locotenente de le cose d'Italia Roggero suo minore figliuolo e Boemondo maggiore di età creato capitano de l'armata, lui montò sopra la nave pretoria insieme con Michele Diocrisio e fu il primo a far vela. E prese porto a la Valona ne li liti di Macedonia; poi partiti di li si accamporno a Durazzo, per mare e per terra stringendolo. Niceforo, che nuovo era ne l' imperio, non avendo altro aiuto, ricorse a' veneziani, i quali sempre la parte de li imperatori greci seguitavano. Loro con potente armata a soccorso li mandorno Domenico Silvio loro duce, il quale venuto à le mani con Roberto per battaglia navale, non senza molta effusione di sangue de li suoi propri, al fin ruppe Roberto. Continuava nondimeno l'assedio da terra, del quale era a capo Boemondo; e Roberto tornato in Italia e riparata l'armata, lasciando il Diocrisio in Puglia, tornò a l'assedio di Durazzo. Niceforo in quel mezzo volendo soccorrere Durazzo, aveva commesso a Alessio Comino suo capitano, del quale molto si fidava, che di greci e traci e saracini e turchi condotti a stipendio facesse in Adrianopoli un esercito e con quello ne andasse al soccorso di Durazzo. Alessio perfido, fatto un grosso esercito e fattoselo amico con prometterli Constantinopoli in preda, lasciando l'impresa di Durazzo, lo menò a Constantinopoli e per prodizione di un capo di squadra di Niceforo di nazione alemanno, chiamato Ammone, avuta una porta chiamata dei Bulgari, entrò ne la terra e quella miseramente saccheggiata, si fece imperatore. Niceforo, che in Santa Sofia si era ridotto, impetrato che ebbe per grazia la vita, fu tosato e fatto monaco. Cessata la direpzione di Constantinopoli, Alessio, per dimostrare che tal cosa era avvenuta per l'avarizia di Niceforo, non per ambizione sua, e per mitigare il popolo, fece suo consorte ne l'imperio Michele giovine figliuolo di Michele Diocrisio, poi con un esercito di settanta mila uomini, mandando innanzi Michele e lui seguitando, vennero a Durazzo. Roberto e Boemondo sentendo che i greci volevano fare fatto d'arme per terra e per acqua, li vennero incontro e feceno le spianate per la battaglia, la quale fu atrocissima e di gran sangue, e finalmente furono vincitori Roberto e Boemondo. Michele fu morto e Alessio con le reliquie de l'esercito lacerato e rotto si fuggi: per la qual cosa Durazzo disperato di soccorso a Roberto si rendette, e a l'esempio di Durazzo molte altre terre.
        In questo mezzo che Roberto in Dalmazia guerreggiava, Roggero suo figliuolo locotenente in Italia, intendendo che Ascoli città di Puglia tentava di rebellarsi, li andò a campo e finalmente presa, saccomannata e bruciata, da' fondamenti là spianò.
        Enrico IV imperatore, persecutore di Gregorio VII pontefice, mentre che Roberto era in Dalmazia, era venuto a Roma et entrato ne la città Leonina stando al palazzo di San Piero, tutti li edifici di Roma ruinava e la terra in tal modo assediata teneva, che in grandissima fame e carestia era condotta. II che intendendo per lettere e messi del papa, Roberto, lasciato in Dalmazia Boemondo, se ne venne con celerità in Italia e fatto un grossissimo esercito per la via Latina si inviò verso Roma; giunto a Ceperano mandò a dire ad Enrico che sotto pena de la vita si levasse da Roma e da tutto il suo territorio. Enrico impaurito e raccomandata la terra a' cittadini di Roma che la venuta di Roberto non sapevano, levò dal Capitolio li suoi Germani, lasciandolo abbruciato; e con tanta celerità e furia si parti da Roma, che in un di medesimo arrivorno a Siena lui, e a porta Latina di Roma Roberto. Li romani li serrorno la porta, onde da li amici del papa introdotto per porta Flaminia (ora detta del Popolo) bruciò tutto Campo Marzio; poi dappo' molte battaglie fatte in diversi lochi di Roma, espugnando per forza il Capitolio ove li romani si erano ridotti e fortificati, li costrinse a darsi a discrezione. II che fatto, lui con tutto l'esercito armato e trionfale andò al Castello sant'Angelo e fatto buttare a terra tutti li ripari e bastie li avevano fatto intorno i romani per assediare il pontefice, ne cavò fuora Gregorio e accompagnollo al Laterano e ne la sua pontifical sedia lo ripose; ma dubitando che dopo la sua partita i romani perfidamente non rompessino la pace, seco a Salerno ne menò Gregorio.
        Tornato nel regno Roberto e avendo già conceputo ne l'animo di farsi imperatore di Constantinopoli, continuando la vittoria di Dalmazia e vedendo che Boemondo suo figliuolo era assai potente per terra, fece una grande e gagliarda armata; il che intendendo sin dal principio di essa, Alessio pregò i veneziani lo soccorressino e in quel mezzo ancor lui mise in punto un'altra armata da congiungerla con essi. I veneziani dubitando che la grandezza di Roberto a qualche tempo non fusse dannosa a la lor libertà, feceno una grossissima armata e fattone capitano Domenico Silvio la mandorno a l'isola di Corcira (oggi detta Corfú) a congiungersi con quella de' greci. Appena s'erano messe insieme le due armate, quando inteseno Roberto avere già fatto vela per passare in Macedonia e Dalmazia. Alessio con la celerità possibile se ne andò verso Durazzo per impedire la entrata del porto a' normanni, ma Roberto, niente impaurito per la moltitudine de li inimici, drizzò le prode de l'armata verso loro, con proposito di farsi per forza la via, e furono a le mani. La battaglia fu sanguinosa e crudele da ogni banda, ma infine Roberto, parte per sua virtute e fortezza, parte per il favore de l'esercito di Boemondo, il quale armato sopra il lito assisteva a la battaglia, rimase vincitore, avendo per una de le sue navi sommersone due de li inimici. Per la qual cosa Alessio da la man sinistra verso il Peloponneso fuggendo e Domenico Silvio da man destra verso Venezia navigando, se ne andorno; Roberto con la sua armata assai percossa, a salvamento in Durazzo si ridusse. II Silvio per tal rotta fu da' veneziani del ducato privato, e nel medesimo tempo Gregorio VII in Salerno morí e dappo' lui fu Vittore III creato pontefice, il quale un anno e quattro mesi solamente nel pontificato durò.
        Dappoi questa vittoria, avendo Roberto per molti mesi consultato il seguitar l'impresa di Constantinopoli, intese da le spie che Alessio e veneziani avevano di nuovo un'armata maggior che la prima preparata, e già era levata del Peloponneso per condursi in Dalmazia: per la qual cosa animosamente levatosi con la sua da Durazzo e tiratosi in alto, si scontrò con l'armata inimica a l'isola del Sasono e fatta con loro una viril battaglia, al fin li ruppe facendoli ancora maggior danno che a la prima vittoria fatto non aveva. Per la qual cosa Alessio e Vitale Faliero duce de' veneziani vituperosamente fuggirno. Dappo' tanta vittoria, si come era ordinato dal cielo, Roberto facendosi innanzi verso la Grecia, andò a Cassiopoli, promontorio de l'isola di Corfù, del mese di luglio ne l'anno 1085 e in quel loco soprapreso da un'acutissima febre, infine di questa vita passò, avendo gloriosamente e con molte vittorie la sua vita settanta anni condotta.
        Avemo fatto circa Roberto Guiscardo più lungo discorso che forse ad. epitome o compendio non conviene, pensando esser equissima cosa e molto debita a li scrittori non cosí succintamente li gesti de li uomini illustri trapassare, non avendo altro o maggior premio la virtú di questo de la immortalità e de la gloria; oltra che a voler ben distinguere e notare le cose del regno di Napoli era necessario in questo modo commemorarle, essendo assai intricata istoria questa de la successione de' normanni e de la loro successione, la quale ancor io (non senza molta fatica), da più scrittori più presto lacerata che scritta, ho in un corpo fedelmente ridotta.
        Era nel tempo de la morte di Roberto Guiscardo pontefice romano Urbano II creato dopo Vittore III, e Roggero succedette nel ducato di Puglia a Roberto suo padre, e tutti li popoli che furono subietti al padre, eccetto quelli di Sicilia, obedienza li renderno; ma Boernondo indignato che, essendo primogenito, niuna terra d'Italia in parte li fusse data, mise in punto un grossissimo esercito e con l'armata passò ad Otranto in Italia: e partito lui, tutte le terre di Macedonia e di Dalmazia si voltorno e a l'imperatore greco si renderno.
        In questo mezzo Roggero avea preso Capua per forza, et essendo le cose di Roma tutte in tumulto e per discordie conquassate, tanto occupò de le terre de la Chiesa, che tutti li lochi che erano da Tibure e da Velletri in giuso verso il regno di Napoli a Roggero si detteno in governo, conoscendo apertamente loro non poter essere bene da' romani governati, i quali se medesimi governar non sapevano. Per la qual cagione ancora Urbano II avendo poca fede ne' romani, levatosi da loro, con li cardinali e con la maggior parte del clero a Melfi in Puglia si condusse.
        Boemondo riposato l'esercito e posto in ordine ogni cosa necessaria a la guerra, movendo da Otranto andò a ritrovare Roggero suo fratello, il quale preparato ancor lui lo aspettava a Farneto loco di Benevento. Feciono insieme li due fratelli gran fatto d'arme, ma con poco sangue; imperocché li capitani. loro, i quali erano stati servitori di Roberto lor padre e ì due virtuosi fratelli egualmente amavano, non lasciorono incrudelire la battaglia, anzi tanto operorno, che in mezzo la pugna rimaseno d'accordo che Boemondo avesse una parte de le terre di Puglia e Roggero ritenesse il titolo del ducato col resto de le città che il padre aveva tenuto.
        Fatta la pace, Roggero andò a Melfi e fatta la fedeltà ad Urbano impetrò la confermazione del ducato di Puglia e di tutta la successione del padre; poi partito Urbano, con potente esercito passò in Sicilia, e prese Siracusa, ove tolse per donna Ala figliuola di Roberto Frisone conte di Fiandra, de la quale poi ebbe un figliuolo chiamato Guglielmo.



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