Gruppi Archeologici d'Italia

 
Ultimo Aggiornamento: 17 settembre 2001

Home | Help   

 L'Associazione

Scrivici | Profilo | Storia | Sede

 BENI DA SALVARE

MADDALONI - CASTELLO e Torri


Un progetto ambizioso: la realizzazione di un sogno


Obiettivo principale del progetto è il recupero del parco del castello con la partecipazione di tutti i gruppi di volontariato che dimostreranno la loro disponibilità a prendere parte ad un campo di lavoro internazionale per il recupero dell'intera area.
L'idea di un campo di lavoro internazionale risale a circa 20 anni fa, e fu proprio di Ludovico Magrini
il fondatore dei Gruppi Archeologici d'Italia.

Una lunga storia
Dalla seconda metà degli anni 70 il Gruppo Archeologico Calatino non ha mai smesso di lottare contro l'indifferenza ed il disinteresse che stanno portando alla rovina questo meraviglioso complesso architettonico.

IGNORANZA O INSENSIBILITA'?
Alle nostre richieste e provocazioni sono seguite solo e sempre risposte evasive che lasciavano trasparire tutto il disinteresse per "un rudere" così poco interessante agli occhi degli speculatori.

MA NOI NON CI ARRENDIAMO, NON SI PUÒ GETTARE LA SPUGNA DI FRONTE A TANTO DISAMORE PER IL PROPRIO TERRITORIO E LE PROPRIE ORIGINI.
IL TEMPO STRINGE, IL CASTELLO, IL NOSTRO CASTELLO, CHIEDE AIUTO! LE LESIONI AI LATI DELLE TORRI SI ACCENTUANO GIORNO DOPO GIORNO: LE STRUTTURE TENDONO AL COLLASSO.

A livello locale non abbiamo la forza di affrontare il problema nei tempi e modi dovuti. Ed è per questo che abbiamo bisogno di una mobilitazione a livello nazionale, di un intervento diretto del Ministero per i Beni Culturali , in modo da dare la spinta iniziale al processo di recupero.

"MADDALONI: UN PO' DI STORIA"
Il nome della città di Maddaloni viene citato per la prima volta in un documento di Arechi II del 774. La storia di questa cittadina è strettamente legata al complesso architettonico medievale, situato sulla sua altura: il castello. Esso, in epoca medievale, era chiamato "CASTRUM CALATO MAGDALA" e sorse in un luogo strategico che, a guardia della via Appia, domina ancora oggi gran parte della pianura tra Nola e Capua. Dalla cronaca di Alessandro da Telese, l'edificazione del castello risale al periodo normanno. Fu poi fortificato nel 1135 ad opera del cancelliere Guarino e da Giovanni Admiratus e durante tutto il XII secolo mantenne il suo ruolo strategico di fortificazione; ma nel corso dei secoli, con l'invenzione della polvere da sparo, il suo ruolo venne meno. Dalla metà del XIII alla metà del XIV secolo, non si hanno notizie sul castello che perse importanza fino alla guerra tra Angioini e Durazzeschi. Durante questa guerra i Sabrano cercarono di impossessarsi con le armi di Maddaloni. Ma ben presto, Francesco Della Ratta, duca di Caserta, un angioino collegato con il Sabrano, se ne impadronì. Però, la sua egemonia fu breve perché Carlo Artus, di parte durazzesca, gliela tolse. Ladislao per evitare che i nemici si impossessassero nuovamente di Maddaloni, nel 1390 la concesse "CUM CASTRO SEU FORTELITIO" a Carlo Artus, conte di S. Agata dei Goti. Costui era figlio di Ludovico Artus, la cui tomba si trova nella chiesa di San Francesco a S. Agata dei Goti.
Su di essa appare la frase:"HIC IACET CORPUS QUONDAM MAGNIFICI VIRI LUDOVICI ARTUS COMITIIS SANCTAE AGATAE ET MONTIS ODORISII. OBIIT SUB ANNO MCCCLXX MENSIS SEPTEMBRIS VIII INDICI."
Dal 1390 al 1420 Carlo Artus fece edificare una torre che da lui prende il nome. Nel 1413 Maddaloni, con il suo castello, fu concessa ad Ottino e Riccardo Caracciolo, confermatagli anche dal papa Martino V nel 1419. Nel 1420 la fortificazione aveva bisogno di riparazioni e la regina Giovanna II ne ordinò i lavori. I lavori riguardarono tutte le strutture del castello, conferendogli una tale imponenza che l'ambasciatore milanese presso il regno di Napoli, lo definì "UN FALCONE IN QUESTA TERRA DI LAVORO". Nel 1460 la fortificazione fu vittima di un incendio da parte di Ferrante di Aragona a causa della ribellione del feudatario Pietro de Mondrago. Da un documento si evince che il castello nel passato è stato sede notarile. L'incendio fu la causa dell'abbandono del nucleo fortificato e nel 1465 fu dato in feudo ai Carafa, che non abitarono il castello, ma costruirono la loro dimora nel piano, lasciando che esso, già danneggiato, andasse in rovina. Di generazione in generazione appartenne ai vari Carafa, quando poi nel 1821 fu venduto dal principe di Colubrano Marzio Gaetano Carafa ad Agnello de Sivo, il quale risistemò tutto rendendolo nuovamente abitabile.
Così si andò infittendo l'urbanizzazione di tutta la fascia pedemontana, che, partendo dalla località Pintime, con percorso tortuoso, attraversa le località Belvedere, Santa Barbara, San Benedetto, Alturi, Maddalena antica, Giudecca, Sambuco. Lungo questa pedemontana si attestano gli edifici religiosi più antichi, quali Sant'Aniello, San Pietro e isolato il convento di San Benedetto, grancia di Sant'Angelo in Formis. In questa realtà urbana, si inserì il grande palazzo Baronale, costruito dai Carafa, denominato Palazzotto, l'attuale Villaggio dei ragazzi.

SCHEDA D' IDENTIFICAZIONE DELLA TORRE ARTUS

Denominazione: Torre dell'Artus;
Fondatore: Carlo Artus
Anni di costruzione: dal 1390 al 1420;
Altezza: circa 33 metri;
Materiale di costruzione: tufo;
Forma: cilindrica a base poligonale;
Posizione: sud del castello;
Architettura: militare, di epoca angioina;

Torre Artus

Struttura: si presenta con un fossato limitato da una cinta con lunette di guardia e da una torretta quadrata che copre la porta di ingresso al fossato. Alla torretta è addossata una scala in muratura che conduce al terrazzo da dove, attraverso un ponte levatoio, si raggiunge l'apertura di accesso al primo livello della torre.
Dal basamento a scarpa, di forma poligonale, svetta il cilindro scandito, di piano in piano, da tre cordoni di pietra ciascuno spezzato da tre finestre e coronato da resti di cornice merlata. La torre presenta una forte fenditura verticale sul lato sud e sul nord e sembra quasi che si apra. La suddivisione interna in tre ordini è ottenuta con tre volte, una all'altezza della scarpa dove lo spazio circolare diviso in due ospitava una cisterna e un deposito con accesso dall'alto, mediante botola; il secondo aveva accesso diretto dal ponte levatoio e da esso, attraverso le scale ricavate nelle pareti, si accedeva al terzo livello, e quindi al terrazzo

Torre nord: "Su una collinetta tra Maddaloni e la valle Sannitica, a quota 250 m sul mare, sorge una torretta detta "Castelluccio", di chiara tecnica muraria longobarda: qui, rozzi manufatti di brecce calcaree, cementati di malta, muri a secco e pietraie potrebbero essere un anello della rete difensiva, indicata nel "CHRONICON SALERNITANO" come un elenco di gastaldati… Nola, Forchia, Caserta, Caiazzo…roccaforti di una "civitas nova" sogno egemonico di Arechi II di Benevento contro i Bizantini di Napoli." Dall'analisi della struttura si riscontrano diverse fasi edilizie di notevole interesse:oLongobarda, per l'impiego di manufatti;oNormanna, tipico nucleo fortificato;oAngioina, per le modifiche che presenta nelle varie ricostruzioni.Il complesso della torre superiore, ubicata su un pianoro che domina tutta la valle, è costituito da una torre cilindrica a base scarpata e da due cinte mura concentriche.La torre centrale che ha il diametro interno di 3.60 metri ed uno spessore murario di 2.20 metri, si articola su cinque livelli più la copertura, per un'altezza di oltre 20 metri. Al primo livello si trova la cisterna e al secondo un piano di servizio al quale si accede da una botola nel pavimento del terzo livello adibito ad abitazione. Questo livello era accessibile tramite una porta che dava su un ponte levatoio appoggiato al secondo pavimento murario. Nel terzo livello si trovano anche due finestre e il parapetto del pozzo per attingere acqua alla cisterna. Essa era alimentata da un canale in cotto posizionato nello spessore murario, che raccoglieva l'acqua piovana della copertura. A questo livello è ubicato anche il camino. Il terzo livello è coperto da una volta a crociera bucata da una botola circolare, dove passava una scala a chiocciola per la comunicazione con i livelli superiori. La torre termina con un coronamento in pietre sagomate che costituiscono i beccatelli e le caditoie (apertura fatta negli sporti e nei ballatoi delle rocche per gettare pietre, liquidi bollenti sui nemici) per la difesa piombante. La seconda cinta muraria concentrica alla torre è costruita in pietra di calcare locale,ha uno spessore di 1.80 ed un'altezza di circa 3 metri. La terza cinta muraria è costituita da un muro circolare che segue l'andamento del terreno e presenta un avancorpo rettilineo della lunghezza di 16 metri. Questo muro è conservato per un'altezza di poco superiore al metro e ha uno spessore di circa 90 centimetri.
c

c


CERCA
   Cerca in questo Sito o nel web        powered by FreeFind
 
  Ricerca nel Sito Ricerca nel Web

Sedi Locali
Statuto
Regolamento
Struttura
 Attivitą
Viaggi
Mostre
Convegni
Formazione
Protezione Civile
 Pubblicazioni
Archeologia
A.U.T.
30 anni da Volontari
Manuale del
   Volontario
Pubblicazioni locali
 Campi archeologici
Norme generali
Campi estivi
Altri campi
 Progetti
Archeocarta
Musei Virtuali
Pompei
Beni da Salvare
 Convenzioni
Riviste
Editori
Enti

Musei
Convenzioni locali
 Realizzazioni
Curriculum
Scavi
 Partners
Italiani
Esteri
 

Info | Profilo | Storia | Sede

Copyright © 2000
Gruppi Archeologici d'Italia
Tutti i diritti riservati

Web editing: Mediares S.c.r.l.