Obiettivo
principale del progetto è il recupero
del parco del castello con la partecipazione
di tutti i gruppi di volontariato che
dimostreranno la loro disponibilità
a prendere parte ad un campo di lavoro
internazionale per il recupero dell'intera
area.
L'idea di un campo di lavoro internazionale
risale a circa 20 anni fa, e fu proprio
di Ludovico Magrini
il fondatore dei Gruppi Archeologici d'Italia.
Una lunga storia
Dalla seconda metà degli anni 70
il Gruppo Archeologico Calatino non ha
mai smesso di lottare contro l'indifferenza
ed il disinteresse che stanno portando
alla rovina questo meraviglioso complesso
architettonico.
IGNORANZA
O INSENSIBILITA'?
Alle nostre richieste e provocazioni sono
seguite solo e sempre risposte evasive
che lasciavano trasparire tutto il disinteresse
per "un rudere" così
poco interessante agli occhi degli speculatori.
MA NOI NON CI ARRENDIAMO, NON SI PUÒ
GETTARE LA SPUGNA DI FRONTE A TANTO DISAMORE
PER IL PROPRIO TERRITORIO E LE PROPRIE
ORIGINI.
IL TEMPO STRINGE, IL CASTELLO, IL NOSTRO
CASTELLO, CHIEDE AIUTO! LE LESIONI AI
LATI DELLE TORRI SI ACCENTUANO GIORNO
DOPO GIORNO: LE STRUTTURE TENDONO AL COLLASSO.
A livello locale non abbiamo la forza
di affrontare il problema nei tempi e
modi dovuti. Ed è per questo che
abbiamo bisogno di una mobilitazione a
livello nazionale, di un intervento diretto
del Ministero per i Beni Culturali , in
modo da dare la spinta iniziale al processo
di recupero.
"MADDALONI:
UN PO' DI STORIA"
Il nome della città di Maddaloni
viene citato per la prima volta in un
documento di Arechi II del 774. La storia
di questa cittadina è strettamente
legata al complesso architettonico medievale,
situato sulla sua altura: il castello.
Esso, in epoca medievale, era chiamato
"CASTRUM CALATO MAGDALA" e sorse
in un luogo strategico che, a guardia
della via Appia, domina ancora oggi gran
parte della pianura tra Nola e Capua.
Dalla cronaca di Alessandro da Telese,
l'edificazione del castello risale al
periodo normanno. Fu poi fortificato nel
1135 ad opera del cancelliere Guarino
e da Giovanni Admiratus e durante tutto
il XII secolo mantenne il suo ruolo strategico
di fortificazione; ma nel corso dei secoli,
con l'invenzione della polvere da sparo,
il suo ruolo venne meno. Dalla metà
del XIII alla metà del XIV secolo,
non si hanno notizie sul castello che
perse importanza fino alla guerra tra
Angioini e Durazzeschi. Durante questa
guerra i Sabrano cercarono di impossessarsi
con le armi di Maddaloni. Ma ben presto,
Francesco Della Ratta, duca di Caserta,
un angioino collegato con il Sabrano,
se ne impadronì. Però, la
sua egemonia fu breve perché Carlo
Artus, di parte durazzesca, gliela tolse.
Ladislao per evitare che i nemici si impossessassero
nuovamente di Maddaloni, nel 1390 la concesse
"CUM CASTRO SEU FORTELITIO"
a Carlo Artus, conte di S. Agata dei Goti.
Costui era figlio di Ludovico Artus, la
cui tomba si trova nella chiesa di San
Francesco a S. Agata dei Goti.
Su di essa appare la frase:"HIC IACET
CORPUS QUONDAM MAGNIFICI VIRI LUDOVICI
ARTUS COMITIIS SANCTAE AGATAE ET MONTIS
ODORISII. OBIIT SUB ANNO MCCCLXX MENSIS
SEPTEMBRIS VIII INDICI."
Dal 1390 al 1420 Carlo Artus fece edificare
una torre che da lui prende il nome. Nel
1413 Maddaloni, con il suo castello, fu
concessa ad Ottino e Riccardo Caracciolo,
confermatagli anche dal papa Martino V
nel 1419. Nel 1420 la fortificazione aveva
bisogno di riparazioni e la regina Giovanna
II ne ordinò i lavori. I lavori
riguardarono tutte le strutture del castello,
conferendogli una tale imponenza che l'ambasciatore
milanese presso il regno di Napoli, lo
definì "UN FALCONE IN QUESTA
TERRA DI LAVORO". Nel 1460 la fortificazione
fu vittima di un incendio da parte di
Ferrante di Aragona a causa della ribellione
del feudatario Pietro de Mondrago. Da
un documento si evince che il castello
nel passato è stato sede notarile.
L'incendio fu la causa dell'abbandono
del nucleo fortificato e nel 1465 fu dato
in feudo ai Carafa, che non abitarono
il castello, ma costruirono la loro dimora
nel piano, lasciando che esso, già
danneggiato, andasse in rovina. Di generazione
in generazione appartenne ai vari Carafa,
quando poi nel 1821 fu venduto dal principe
di Colubrano Marzio Gaetano Carafa ad
Agnello de Sivo, il quale risistemò
tutto rendendolo nuovamente abitabile.
Così si andò infittendo
l'urbanizzazione di tutta la fascia pedemontana,
che, partendo dalla località Pintime,
con percorso tortuoso, attraversa le località
Belvedere, Santa Barbara, San Benedetto,
Alturi, Maddalena antica, Giudecca, Sambuco.
Lungo questa pedemontana si attestano
gli edifici religiosi più antichi,
quali Sant'Aniello, San Pietro e isolato
il convento di San Benedetto, grancia
di Sant'Angelo in Formis. In questa realtà
urbana, si inserì il grande palazzo
Baronale, costruito dai Carafa, denominato
Palazzotto, l'attuale Villaggio dei ragazzi.
SCHEDA
D' IDENTIFICAZIONE DELLA TORRE
ARTUS
Denominazione:
Torre dell'Artus;
Fondatore: Carlo Artus
Anni di costruzione: dal 1390
al 1420;
Altezza: circa 33 metri;
Materiale di costruzione: tufo;
Forma: cilindrica a base poligonale;
Posizione: sud del castello;
Architettura: militare, di epoca
angioina;
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Struttura:
si presenta con un fossato limitato da
una cinta con lunette di guardia e da
una torretta quadrata che copre la porta
di ingresso al fossato. Alla torretta
è addossata una scala in muratura
che conduce al terrazzo da dove, attraverso
un ponte levatoio, si raggiunge l'apertura
di accesso al primo livello della torre.
Dal basamento a scarpa, di forma poligonale,
svetta il cilindro scandito, di piano
in piano, da tre cordoni di pietra ciascuno
spezzato da tre finestre e coronato da
resti di cornice merlata. La torre presenta
una forte fenditura verticale sul lato
sud e sul nord e sembra quasi che si apra.
La suddivisione interna in tre ordini
è ottenuta con tre volte, una all'altezza
della scarpa dove lo spazio circolare
diviso in due ospitava una cisterna e
un deposito con accesso dall'alto, mediante
botola; il secondo aveva accesso diretto
dal ponte levatoio e da esso, attraverso
le scale ricavate nelle pareti, si accedeva
al terzo livello, e quindi al terrazzo
Torre
nord: "Su una collinetta tra
Maddaloni e la valle Sannitica, a quota
250 m sul mare, sorge una torretta detta
"Castelluccio", di chiara tecnica
muraria longobarda: qui, rozzi manufatti
di brecce calcaree, cementati di malta,
muri a secco e pietraie potrebbero essere
un anello della rete difensiva, indicata
nel "CHRONICON SALERNITANO"
come un elenco di gastaldati
Nola,
Forchia, Caserta, Caiazzo
roccaforti
di una "civitas nova" sogno
egemonico di Arechi II di Benevento contro
i Bizantini di Napoli." Dall'analisi
della struttura si riscontrano diverse
fasi edilizie di notevole interesse:oLongobarda,
per l'impiego di manufatti;oNormanna,
tipico nucleo fortificato;oAngioina, per
le modifiche che presenta nelle varie
ricostruzioni.Il complesso della torre
superiore, ubicata su un pianoro che domina
tutta la valle, è costituito da
una torre cilindrica a base scarpata e
da due cinte mura concentriche.La torre
centrale che ha il diametro interno di
3.60 metri ed uno spessore murario di
2.20 metri, si articola su cinque livelli
più la copertura, per un'altezza
di oltre 20 metri. Al primo livello si
trova la cisterna e al secondo un piano
di servizio al quale si accede da una
botola nel pavimento del terzo livello
adibito ad abitazione. Questo livello
era accessibile tramite una porta che
dava su un ponte levatoio appoggiato al
secondo pavimento murario. Nel terzo livello
si trovano anche due finestre e il parapetto
del pozzo per attingere acqua alla cisterna.
Essa era alimentata da un canale in cotto
posizionato nello spessore murario, che
raccoglieva l'acqua piovana della copertura.
A questo livello è ubicato anche
il camino. Il terzo livello è coperto
da una volta a crociera bucata da una
botola circolare, dove passava una scala
a chiocciola per la comunicazione con
i livelli superiori. La torre termina
con un coronamento in pietre sagomate
che costituiscono i beccatelli e le caditoie
(apertura fatta negli sporti e nei ballatoi
delle rocche per gettare pietre, liquidi
bollenti sui nemici) per la difesa piombante.
La seconda cinta muraria concentrica alla
torre è costruita in pietra di
calcare locale,ha uno spessore di 1.80
ed un'altezza di circa 3 metri. La terza
cinta muraria è costituita da un
muro circolare che segue l'andamento del
terreno e presenta un avancorpo rettilineo
della lunghezza di 16 metri. Questo muro
è conservato per un'altezza di
poco superiore al metro e ha uno spessore
di circa 90 centimetri.