Polemiche
e ricorsi nel centro residenziale per il taglio degli
alberi |
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Nuovo
quartiere a Poggio dei Pini che perde un bosco
rigoglioso |
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Capoterra Poggio
dei Pini cresce. Il più importante centro
residenziale dell’hinterland di Cagliari ha dato il
via a una nuova lottizzazione dove, al posto di
quattro alti palazzi, sorgeranno una serie di villette
bifamiliari. Con le nuove volumetrie, sono però
arrivate le polemiche. Un’associazione ambientale
(il Grusap, creata dai giovani residenti del Poggio) e
singoli soci si sono rivolti alla Forestale e alla
Soprintendenza ai Beni Ambientali per bloccare ruspe e
motoseghe che da alcune settimane stanno lavorando
accanto al pianoro dove sorgeranno le nuove case. Non
si contesta la “colata del cemento”, ma alcuni
dettagli del progetto e il modo in cui vengono
effettuati i lavori. Della nuova lottizzazione si sta
discutendo da anni, ci sono state anche roventi
polemiche ma la questione è stata ormai risolta con
un referendum.
Ha sollevato non poche perplessità il fatto che nel
progetto di massima presentato al Comune di Capoterra
sia stato inserito un ponte per collegare le nuove
case al resto del centro residenziale, evitando di
aprire un accesso diretto sulla strada per Cagliari.
Un ponte lungo una cinquantina di metri per consentire
di superare un vero e proprio canyon percorso da un
ruscello.
Ma non c’è solo questo. Gli amministratori della
Cooperativa hanno affidato a una ditta privata (Luigi
Marras di Capoterra) il compito di abbattere ed
estirpare gli alberi che costeggiano la nuova
lottizzazione. Gli operai dell’impresa hanno quasi
completato il lavoro nell’area dove sorgeranno le
case. Ma ora hanno trasferito il cantiere nel canalone
dove si vorrebbe far passare il ponte e hanno iniziato
a disboscare la rigogliosa vegetazione.
Il canyon, a valle di un piccolo laghetto, è una
striscia di pochi ettari quasi nascosta alla vista,
incassata com’è tra due pareti strapiombanti. Il
bosco è cresciuto rigoglioso e ha occupato ogni
spazio sommergendo come in una galleria verde persino
il torrente. Qui sono calati gli operai dell’impresa
e, assieme a rovi e cespugli, sono stati abbattuti
imponenti carrubi, lecci e olivastri. La motosega non
ha fatto differenza tra le specie estranee (numerosi
sono anche le acacie e gli eucalipti) e la foresta
pregiata del bosco mediterraneo.
«Abbiamo tutte le autorizzazioni in regola - precisa
il coordinatore del Consiglio direttivo della
cooperativa Giampiero Atzori - non potevamo tenere un
bosco vergine dove non si poteva neppure passare per
via delle spine e poi molti di quegli alberi erano
malati, cavi all’interno ed erano diventati un
ricettacolo di grossi topi».
Argomenti difficili da contrastare, ora che
l’oggetto del contendere non c’è più, diventato
com’è legna da ardere. Ma lascia ancor più
perplessi il modo con cui vengono condotti i lavori in
quello che fino a pochi giorni fa era un autentico
eden naturalistico. A Poggio dei Pini, dove pure si è
saputa conservare una grande distesa di boschi attorno
alle case, ogni qual volta si interviene nelle aree
verdi lo si fa con le logiche mercantili dei
taglialegna dell’Ottocento, seguendo il principio
ispiratore che vuole il bosco una forza ostile da
piegare alle nostre esigenze. Parlare di
“architettura del paesaggio” (e di tutto ciò che
ne consegue) è puro esercizio accademico e, se c’è
una zona da valorizzare, invariabilmente lo si fa con
la stessa logica con la quale si interviene nelle aree
da disboscare. Con la motosega.
Angelo Pani
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