Da "TUTTO BICI" del 4 agosto 1995

 

Fabio Casartelli è morto nella tappa più difficile del Tour, al chilometro trentaquattro, nella discesa del Portet d'Aspet. Con questo servizio vogliamo ripercorrere e ricordare i momenti più significativi della sua carriera

 

di Alessandro Brambilla


Così rannicchiato, su quell'asfalto maledetto, sembrava si fosse addormentato. Invece stava facendo il conto alla rovescia con la morte. Poi un comunicato breve e glaciale dell'organizzazione: "Le cureur italien Fabio Casartelli (Mot) victime d'une chute au km 34 dans la descente du Portet d'Aspet et qui avit étéavacué sur l'hòpital de Tarbes est décédé".

Caro Fabio, sei nato in bicicletta. Nonno Terenzio ha gareggiato tra gli indipendenti, papà Sergio si è aggiudicato gare in Italia e all'estero con la maglia della Comense; il ciclismo ti ha dato tutto. Anche la morte.

Eri come una macchina da corsa col motore delicato. da junior ti era venuta la mononucleosi, tra i dilettanti ti hanno investito, nel professionismo hai subito un intervento chirurgico al ginocchio. Malgrado tutto eri alto, potente, vincente, indistruttibile.

Nel 1989 eravamo al Giro di Sicilia. Mancava solo una tappa al termine e tu, seduto su quel muretto della via Etnea a Catania, ci chiedevi se ti ritenevamo o no adatto a diventare professionista. "Certo che passerai prof", ti avevamo risposto. E tu, contraccambiando la nostra fiducia, 18 ore dopo vincesti la tappa. Di anni ne avevi solo 19, e nella tua scia erano rimasti tutti i terribili ventisettenni dell'est.

Nelle giornate di grazia eri implacabile. Come un campione di scacchi che non sbaglia una mossa. Sei l'unico corridore che ha vinto, per due anni di fila, la Montecarlo-Alassio dei dilettanti. Nel '91 sei piombato come un ciclone sul vialetto dei vip. Dodici mesi dopo hai offerto lo show fotocopia. All'Olimpiade di Barcellona il tuo vigore atletico ha spaventato gli avversari Dekker e Ozols prima ancora di giungere in rettilineo d'arrivo. Esultavano per il piazzamento. Per loro giungere nella tua scia era come vincere.

I grandi personaggi hanno sempre trovato le streghe sul loro cammino. E tu, infortuni a parte, ne hai trovate parecchie al debutto tra i professionisti. Quel Giancarlo Ferretti che ti dirigeva all'Ariostea non era proprio il tuo stereotipo ideale. Tu hai regalato a lui un successo di tappa alla Settimana Bergamasca, e poi l'hai salutato senza sbattere la porta. Non hai lasciato terra bruciata dopo la tua partenza, da autentico galantuomo. Hai fatto così anche abbandonando la ZG Bottecchia alla ricerca di una maglia, quella della Motorola, che per i corridori di scuola italiana è qualcosa di più di una semplice squadra. rappresenta uno stile di vita deliziosamente spericolata, ha il fascino discreto della legione straniera e dell'avventura, la collocazione ideale del cavaliere errante.

«Fabio era un ragazzo sano, legato alle tradizioni - ha detto di te Cesare Baroni, presidente del Comitato provinciale comasco della Federazione - e al ritorno dalla vittoriosa Olimpiade ha voluto donare la maglia al Santuario della Madonna del Ghisallo».

La vittoria alle Olimpiadi non ti aveva cambiato. Eri il Fabio di sempre, quello che ride e scherza con tutti i numerosi aficionados del ciclismo che abitano tra Albese, Orsenigo, Tavernerio e Alzate. Zone in cui il ciclismo è lo sport più amato, paesi in cui i bimbi imparano subito a chiedere a Babbo Natale la bici in dono. Anche tu ne hai uno. È Marco. Tua moglie Annalisa lo farà crescere forte e sano. verrà spesso a portare i fiori alla tua tomba. Ha ragione Ugo Foscolo. È bello avere una tomba. Solo i malvagi non potranno avere una tomba, perchè questa sarebbe testimonianza della loro viltà.

Fabio, il grande popolo del ciclismo non ti scorderà mai.

Alessandro Brambilla---------------------------


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