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    2001

AMIANTO-KILLER A BARI

... a proposito di AMIANTO, FIBRONIT  ED APPROVAZIONE DEL PRUSST Parte delle informazioni  sono stralciate da studi del geologo  Antonio Fiore, di Massimo Moretti  e Nicola Walsh del Dipart. di Geologia e Geofisica dell’Univ. degli Studi di Bari, di Antonio Paglionico del Dipart. Geomineralogico dell’Univ. degli Studi di Bari e di Salvatore Valletta dello Studio Associato di Geologia di Bari.

AMIANTO

 

L’UTILIZZO

LA NOCIVITA’ ALLA SALUTE

MESSA AL BANDO

LA BONIFICA

LA FIBRONIT E LA LAVORAZIONE DELL’AMIANTO

GLI INTERVENTI DI BONIFICA

LA SCELTA DEL SINDACO DI BARI E DELLA SUA MAGGIORANZA DI CENTRODESTRA

Da LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO di domenica 29 ottobre 2000: “JAPIGIA. Altro mesotelioma tra i residenti.“ e di sabato 25 novembre:" Io rimasto vedovo per quella casa"

Marzo 2001: ANCORA MORTI FRA GLI OPERAI

L'APPROVAZIONE DEL PRUSST BARESE

IL COMITATO CITTADINO FIBRONIT DIFFIDA IL SINDACO

AMIANTO ALLA EX-MANIFATTURA DEI TABACCHI?

IL MINISTRO NESI BLOCCA IL  PRUSST BARESE

UNA FIACCOLATA PER NON DIMENTICARE

AMIANTO

L’amianto ( in base all’art.23 del D.L. n 277 del 1991) è un termine che comprende i seguenti minerali fibrosi: Afctinolite – Amosite – Antofillite – Crisotilo – Tremolite.

Amianto in greco significa 'immacolato', 'incorruttibile' e il suo sinonimo asbesto in greco significa 'perpetuo', 'inestinguibile'.

L’UTILIZZO

L’amianto è stato largamente impiegato in molti settori per i suoi caratteri di resistenza termica, inattaccabilità alle sostanze chimiche, fonoassorbenza e ai suoi bassi costi di estrazione e lavorazione.

Le fibre di amianto - mescolate con il cemento - conferiscono ai manufatti  un'elevata resistenza meccanica  e ne migliorano altri caratteri fisico-meccanici come la durevolezza, la resistenza alle alte temperature (fino a 500° C), la leggerezza, l’impermeabilità e la conducibilità termica. Per queste sue caratteristiche è stato diffusamente utilizzato nei luoghi di lavoro, sui mezzi di trasporto ed anche negli ambienti domestici.

L'amianto o asbesto è stato infatti impiegato in modo massiccio dall'industria navale e largamente usato da quella automobilistica per la costruzione di freni e frizioni. Ulteriori prodotti con amianto di più larga diffusione sono stati: tubi per acquedotti e fogne, lastre e fogli in cemento-amianto, mattonelle per pavimentazioni, vari prodotti per attrito, guarnizioni, filtri per bevande, tute, coperte, guanti antincendio, pannelli fonoassorbenti e /o isolanti, vernici, rivestimenti, stucchi, feltri, tegole, come isolante termico negli impianti frigoriferi e di condizionamento.  

Apparentemente innocuo, in quanto non solubile né volatile, l'amianto - essendo un minerale fibroso -si scompone in fibre invisibili, sottili e lunghe, che restano sospese nell'aria come una polvere e quindi facilmente respirabili.

LA NOCIVITA’ ALLA SALUTE

L’amianto si è rivelato nocivo alla salute: è stata messa in evidenza – infatti - la stretta correlazione fra l’esposizione all’amianto e l’insorgenza di gravi patologie, quali l’asbestosi, il mesotelioma pleurico ed altri tumori polmonari e dell’apparato dirigente.

L'esposizione all'inalazione di polveri di amianto da parte degli operai addetti all'estrazione, alla separazione, alla manipolazione, ai lavori di cardatura, filatura e tessitura del minerale nonché lo stesso abitare nei pressi delle fabbriche in cui l'amianto veniva lavorato, vengono oggi considerati come fattori di alto rischio per le citate malattie cancerogene.

MESSA AL BANDO

Per tale estrema pericolosità l’uso dell’amianto è stato già da diversi anni vietato in alcuni Paesi europei ed extraeuropei. In Italia la definitiva messa al bando dell’uso di prodotti contenenti amianto risale al 1994 (L257/92).

LA BONIFICA

Una volta vietata l’estrazione e la commercializzazione dell’amianto, si è posto il problema della bonifica delle opere nelle quali è stato utilizzato in uno con la bonifica dei luoghi dove il minerale veniva lavorato.

Il D. M. del 6/9/1994 ha previsto la possibilità di attuare interventi mirati di bonifica come l’incapsulamento e il  confinamento degli edifici civili e commerciali dove è stato utilizzata il cemento-amianto ed in casi di estrema necessità la loro rimozione, mentre la bonifica degli impianti di produzione e lavorazione dell’amianto è regolata dal D. M.14/5/1996 - all.1.

LA FIBRONIT E LA LAVORAZIONE DELL’AMIANTO

La Fibronit s.r.l. (dapprima Sapic: Società Adriatica Prodotti in Cemento Amianto) ha iniziato a Bari la sua attività di produzione di manufatti in cemento-amianto – il cosiddetto fibrocemento – nel 1935 sospendendola nel 1985, occupando un'area di circa 100.000 metri quadri ed impiegando mediamente 400 lavoratori.

La lavorazione dell’amianto - nelle sue varie fasi - avveniva senza alcuna prevenzione, quindi senza alcuna garanzia nel suo impatto ambientale: le operazioni di trasporto e la lavorazione del minerale determinavano un notevolissima dispersione di polveri con gravi minacce per la salubrità sia del che nel luogo di lavoro oltre che nelle aree adiacenti alla stessa fabbrica.

L’amianto veniva trasportato in sacchi di juta, quindi sottoposto alla sminuzzatura e cardatura ad umido per separarne le fibre, poi essere miscelato con cemento ed impastato con acqua: i manufatti, dopo la stagionatura, venivano rettificati al tornio e segati a secco (si può solo immaginare la dispersione della " polvere" d’amianto!).

Soltanto nel 1967 si apportarono alcune modifiche nel processo produttivo, nel senso che il trasporto avveniva con l’utilizzo di mezzi meccanici proprio per diminuire (ma solo parzialmente!)  la dispersione delle polveri. Nel 1975 infatti veniva segnalata la presenza di polveri nell’aria non solo nella fabbrica ma anche nelle zone limitrofe ad alta densità abitativa.

La Fibronit s.r.l. per decenni ha anche stoccato rifiuti di lavorazione e scarti di produzione, colmando aree depresse e livellando estese zone di territorio sia per recuperare superfici utili alla movimentazione di mezzi meccanici che per la costruzione di nuovi capannoni.

La Fibronit s.r.l. ha adibito pertanto, nel corso della sua attività produttiva, intere aree a discarica di residui e scarti di lavorazione in quanto non erano stati previsti sistemi di raccolta e di smaltimento degli stessi anche a causa di assenza di normativa in tal senso.

Già al 31.12.1979  l' I.N.A.I.L. aveva riconosciuto oltre 200 casi di asbestosi! Negli anni '70 notevole è stata la mobilitazione dei lavoratori della Fibronit che vedevano morire i propri compagni di lavoro a causa dell'amianto.

Gli studi sui lavoratori della Fibronit indennizzati per asbestosi hanno mostrato il significativo aumento della mortalità sia per asbestosi, sia per neoplasie a carico di quattro sedi: polmone, pleura, mediastino e peritoneo. Secondo questi studi appare dimostrato il nesso causale fra l'esposizione ad amianto e le su menzionate patologie. 

GLI INTERVENTI DI BONIFICA

La mancanza di seri interventi dal 1985 ad oggi per la manutenzione della fabbrica e la bonifica del territorio ha fatto della Fibronit srl una vera e propria discarica di rifiuti tossico-nocivi. Non è dato sapere infatti i danni provocati alla sottostante falda idrica e quelli determinati dal trasporto a mare delle fibre di amianto.

Ma, secondo gli studiosi, il problema più grave e di difficile valutazione è rappresentato dall’inquinamento delle rocce sottostanti l’ex stabilimento Fibronit: la natura delle rocce potrebbe infatti, una volta rimosse nella fase degli scavi, liberare nell’aria una certa quantità di fibre d’amianto. 

Per questo la bonifica di un sito che per decenni ha sminuzzato, polverizzato, impastato l’amianto deve evitare la possibilità che i notevoli residui, localizzati nel sottosuolo e sul suolo, possano essere liberati e diffondersi nell’ambiente circostante.

In base al D.M. 257/1992 le tecniche di intervento previste sono tre:

* l'incapsulamento: prevede il trattamento dell'amianto con prodotti penetranti o ricoprenti che tendono ad inglobare le fibre di amianto, a ripristinare l'aderenza al supporto e a costituire una pellicola di protezione sulla superficie esposta. Non richiede una successiva applicazione e non produce rifiuti. Il principale inconveniente è rappresentato dalla permanenza del materiale di amianto nell'edificio con conseguente mantenimento di un programma di controllo e manutenzione;

* il confinamento: consiste nell'installazione  di barriere a tenuta che separi l'amianto dalle aree occupate dagli edifici. Maggiore efficacia di questa tecnica è l'abbinamento con l'incapsulamento. Il confinamento ha il vantaggio di realizzare una barriera resistente agli urti che deve essere mantenuta in buone condizioni. Come per l'incapsulamento, tale tecnica necessita di un programma di controllo e manutenzione;

* la rimozione: invece elimina ogni fonte di esposizione ed ogni necessità di attuare specifiche cautele di controllo in seguito ma rispetto alle altre due tecniche  rappresenta un gravissimo rischio per i lavoratori addetti, mette in circolazione polvere d'amianto pericolosissima per gli stessi residenti dei quartieri limitrofi, produce  notevoli quantitativi di rifiuti speciali che devono essere correttamente smaltiti con notevoli costi per la comunità.

L'azione di bonifica deve essere generalmente indirizzata sia sugli elementi di costruzione della fabbrica ( muri, coperture, pavimenti ecc.) sia sulle macchine e le vasche di decantazione contenenti amianto e polveri sia sul suolo e sul sottosuolo ( luoghi di stoccaggio e di discarica  del materiale contenete amianto).

La bonifica perciò non può assolutamente prescindere da alcuni dati fondamentali quali la tutela della salute pubblica, il rispetto della normativa ed anche l’economicità dell’intervento stesso.

Alla luce degli studi già effettuati anche da insigni docenti della nostra Università degli Studi e geologi (studi effettuati sullo stato dei luoghi, sulla natura rocciosa del sottosuolo ecc.), si ha la ragionevole convinzione che - a causa dell’ingente quantità del materiale stoccato sul suolo e nel sottosuolointerventi di rimozione risultano estremamente pericolosi per la salute pubblica e per gli stessi operatori impegnati nella bonifica, oltre che essere onerosa ed antieconomica: bisogna infatti, nelle operazioni di bonifica, considerare che l’ex stabilimento Fibronit è ubicato in un’area ad intensa urbanizzazione.

LA SCELTA DEL SINDACO DI BARI E DELLA MAGGIORANZA DI CENTRODESTRA

Ora il Sindaco, con la maggioranza di centro-destra che governa il Comune di Bari, già in possesso degli elementi di pericolosità, ha scelto di rendere il territorio - occupato dalla ex-Fibronit - edificabile, minacciando seriamente la salute pubblica!

Tale scelta, infatti, risulta:

  1. pericolosa per la salute pubblica: sarebbe tecnicamente complicato assicurare la mancanza di dispersione di polveri durante la rimozione, la perforazione del sottosuolo ed il trasporto della notevole quantità di amianto presente;

  1. forzata: la rimozione infatti è prevista solo se non si può ricorrere a tecniche di fissaggio o se la rimozione stessa sia ritenuta necessaria a seguito del processo diagnostico. D’altronde la stessa normativa considera la rimozione come l’opera di bonifica più pericolosa. Non va sottaciuto che nel 1998 furono effettuati dei lavori per la messa in sicurezza del suolo - contaminato da amianto - il cui Direttore dei Lavori era l'ing. Diego Bosco, figlio dell'attuale assessore all'urbanistica ( solo una coincidenza?) e che, quindi, dovrebbe ben conoscere i rischi  di un'eventuale trivellazione del suolo e del sottosuolo che alcuni stimano essere inquinato per almeno sette metri;

  1. non economica: infatti l’enorme quantità di materiali richiede spese molto elevate connesse alla rimozione, trasporto e stoccaggio in discariche autorizzate.

Con profonda amarezza dobbiamo - purtroppo - constatare come  la classe politica del centro-sinistra, in opposizione al governo di centrodestra della nostra città, non abbia saputo far giungere a livello di governo centrale la propria voce di disapprovazione, nonostante l'occupazione dell'aula consiliare: non vorremmo che…qualcuno stia barando!

Abbiamo infatti assistito al solito copione: da un lato, il centrodestra  continua a considerare il territorio di Bari come ghiotta occasione per affari imprenditoriali, dall’altro, il centro-sinistra evidenzia un forte scollegamento con il centro-sinistra  nazionale! A Bari il centrodestra decide, il centro-sinistra si oppone mentre Roma conferma le decisioni del centrodestra! 

 Non poteva infatti il governo nazionale bocciare la proposta di Simone Di Cagno Abbrescia circa l’utilizzo dell’area ex Fibronit indirizzando lo studio di recupero urbano verso altre  zone periferiche bisognose di vere azioni di bonifica come i quartieri di Enziteto, Carbonara due, Libertà ? Ai posteri l’ardua sentenza ...

E intanto da

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

Domenica 29 ottobre 2000:

"JAPIGIA. Altro mesotelioma tra i residenti."

Come Domenico di Chio, morto di mesotelioma pleurico senza aver mai lavorato a contatto con l’amianto; come la mamma di A., 63 anni, ora a Bologna, convalescente dopo un intervento chirurgico largamente invasivo al polmone. Ovvio sperare che a lei non tocchi in sorte lo stesso destino dell’uomo.

Il filo rosso che lega le due tragedie familiari è fatto d’amianto. Il mesotelioma pleurico è infatti il tumore sentinella dell’inquinamento atmosferico da asbesto (sinonimo dell’amianto).

Una volta si riteneva che il contagio fosse solo di tipo professionale. Né Di Chio né la mamma di A., però, hanno mai avuto esperienze lavorative dirette o indirette con processi produttivi che avessero come materia prima l’amianto.

Giunta a Bologna con il referto della Tac di diagnosi del mesotelioma, alla mamma di A. è stato chiesto: “ Ha mai lavorato in miniera? “ Ovvia la risposta negativa. I medici allora le hanno domandato: “ Ha mai abitato in prossimità di una fonte di inquinamento da amianto? “ “ Si – è stata la risposta - fino a una ventina di anni fa “.

Domenico Di Chio abitava in Magna Grecia. La mamma di A. ha abitato in via Aristosseno.

(... due vie limitrofe all’area dell’ex stabilimento Fibronit!)

 E ancora da

 LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

del 25 novembre 2000

Parla un ingegnere di via Matteotti

Io, rimasto vedovo per quella casa........

Il nome dell'ingegner Massimo Micheli è legato alla progettazione e realizzazione di stabilimenti industriali quali la Birra Peroni e la Bridgestone Firestone.  << Mia moglie -racconta- non ha mai lavorato  con l'amianto, lo ha solo respirato nel pulviscolo. Purtroppo, all'epoca abitavamo in via Matteotti angolo Corso Sonnino, praticamente a trecento metri in linea d'aria dalla Fibronit >>.

Quando ha avuto il primo sospetto che la malattia di sua moglie fosse colpa della Fibronit?

<< Il prof. Sardelli, chirurgo toracico, mi chiamò nel suo studio e ,quando si rese conto dell'indirizzo di casa nostra, gli scappò una frase: " anche lei ha abitato nella zona rossa". Si vede che lì, intorno alla Fibronit, i medici avevano individuato una notevole concentrazione di tumori da amianto nella popolazione >>.

Da allora ha avuto notizia diretta di altre morti nella popolazione civile?

<< Ho ricevuto una telefonata dall'ultimo figlio del direttore dello stabilimento Fibronit, Vanni. Era appena morta di mesotelioma l'ultima delle sue sorelle. Mi diceva di stare combattendo una battaglia contro la Fibronit, di sentirsi ormai la morte addosso, di avere paura per il futuro dei figli>>.

E ora per cosa si batte?

<< Voglio che i nostri figli, i nostri nipoti stiano al riparo dai rischi dell'amianto. Non è una battaglia politica. Fascisti e comunisti la combattano a braccetto >>.

a cura di Carlo Paolini