L'esilio di Napoleone all'Elba
 
 

Mentre Maria Luisa col Re di Roma si era ritirata a Blois, Tallerayrand a Parigi convinceva lo Zar di russia che l'unica soluzione saggia era il richiamo dei Borboni. Alessandro I avrebbe anche preso in considerazione una pace diretta con Napoleone, ma alla fine si arrese ai suggerimenti dello scaltro Talleyrand. Si informò Napoleone, rimasto a Fontainebleau con i resti dell'esercito, che gli alleati non avrebbero trattato con lui e che chiedevano la sua abdicazione. Indignato Bonaparte minacciò di di mettersi ancora alla testa dei suoi fedeli e di marciare su Parigi. Ma i Marescialli erano di parere contrario. Anzi Ney, a nome dei compagni, disse brutalmente ai a Napoleone che l'abdicazione era inevitabile. Amareggiato per l'abbandono dei suoi luogotenenti, Bonaparte firmò una dichiarazione in cui diceva di ritirarsi in favore del figlio e dell'Imperatrice. Ma ormai lo Zar aveva deciso per il richiamo dei Borboni; rimase sordo alle calorose perorazioni dei rappresentanti di Napoleone. 

L'imperatore, all'annuncio che gli veniva imposta un'abdicazione, parve ancora una volta deciso a ricorrere alle armi. Per ventiquattr'ore tentò di convincere i suoi generali a seguirlo. Alla fine, abbandonato quasi da tutti, il 6 aprile firmò l'abdicazione senza condizioni. Lo stesso giorno il Senato a Parigi acclamò il ritorno di Luigi XVIII. Fra i generali e i grandi dell'Impero si verificò una vera corsa per arrivare per primi a rendere omaggio al nuovo re. 

Napoleone, rimasto solo a Fontainebleau, nella notte tra il 12 e 13 aprile tentò di avvelenarsi, ma il tossico, che portava con sé dai tempi della ritirata di Mosca, aveva perduto ogni potere. Bonaparte sopravvisse e si preparò ad affrontare l'esilio: gli era stata riconosciuta la sovranità dell'Isola d'Elba.

Ormai intorno a lui tutti fuggivano in cerca di altri protettori. La notte antecedente alla partenza (fissata per il 20 aprile) perfino il fedele cameriere privato Constant se ne andò, seguito dal mamelucco Roustan, che era al servizio di Napoleone dagli anni della memorabile impresa d'Egitto.


 
 
Napoleone arrivò all'Elba il 4 maggio 1814. Invece di imbarcarsi a Saint-Tropez, come convenuto, per evitare le minacciose manifestazioni, Napoleone prese imbarco sulla fregata inglese "Undaunted" ancorata nel porto di Saint-Raphael, dove aveva preso terra 15 anni prima di ritorno dall'Egitto. La nave inglese levò l'ancora all'alba del 29. L'unico paese ostile a Napoleone rimase Capoliveri. questa ostilità è simboleggiata dall'episodio, secondo cui Bonaparte, avvicinatosi a un contadino di Lacona (Com. di Capoliveri), lo sostituì alla guida dell'aratro, senza riuscire però a farsi obbedire dai buoi, che al pari dei loro padroni non intendevano sottostare ai comandi di Napoleone. Una lapide su una casa ricorda l'episodio.
Uno dei primi provvedimenti di Napoleone fu di dare all'Elba una bandiera (fondo bianco, striscia rossa con tre api d'oro). L'originale è conservato alla villa dei Mulini. 

Napoleone nei dieci mesi di permanenza all'Elba riorganizzò l'Isola, aprendo nuove strade, costruendo edifici di pubblica necessità e dando nuovo impulso alle miniere e alle saline. La sua attività sbalordiva coloro che gli stavano intorno. Il colonnello inglese Campbell disse di lui: "Sta realizzando il moto perpetuo"

 

LA ROMANTICA WALEWSKA


Dopo avergli donato la gioia di essere padre, non gli diede mai noia. Rimase sempre nell'ombra, accostandosi a lui solo nei momenti d'insuccesso per consolarlo. Così giunse con estrema discrezione all'Elba e per per qualche ora con la sua passione placò in lui l'angoscia dell'esilio. 

Varie sono le versioni della della visita di Walewska a Napoleone. Secondo voci diffuse sbarcò la sera del 1° settembre a Marciana Marina col figlio e accompagnata da alcuni polacchi.

Napoleone si trovava a passare le calde giornate d'estate a Madonna del Monte sopra Marciana; qui accolse la contessa polacca.