La
coagulazione del sangue
Autore: Vincenzo
Cordiano
Divisione di Medicina Generale, O.C. Valdagno (VI)
Ultimo aggiornamento: 07/08/2001
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Sommario
- Generalità sulla coagulazione del sangue
- Gli inibitori della coagulazione
- Cenni sul meccanismo della coagulazione
- Patologia della coagulazione
- I principali esami per lo studio della coagulazione del sangue
Generalità sulla coagulazione del
sangue
Forse nessun altro sintomo colpisce limmaginazione di noi tutti come una
emorragia. Fin dallantichità la fuoriuscita di sangue dal letto vascolare è stata
considerata come qualcosa di grave, in quanto associata con la perdita del fluido vitale.
Non stupisce quindi come, nel corso dellevoluzione si siano perfezionati dei
meccanismi sofisticati in grado di arrestare prontamente unemorragia.
Lo scopo dellemostasi è quello di formare un tappo a partire dai costituenti stessi
del sangue, inizialmente piastrine e poi fibrina, che si ottiene dal fibrinogeno alla fine
della cosiddetta cascata coagulativa (fig.1).
Affinché sia assicurata unefficiente emostasi è necessario che siano perfettamente
funzionanti tre compartimenti che, agendo in sintonia fra di loro, portano alla rapida
riparazione di una ferita e mettono fine alla fuoriuscita del sangue.
Questi tre compartimenti sono :
- La parete dei vasi arteriosi e venosi
- Le piastrine
- I fattori della coagulazione. Sono proteine circolanti nel sangue e prodotte quasi tutte
dal fegato. Se ne conoscono una dozzina circa, indicati in genere con un numero romano (es
fattore VII, VIII o IX) o con il loro nome proprio (es. fibrinogeno). Essi hanno la
caratteristica peculiare di agire in sequenza, uno dietro laltro, e ad ogni tappa il
fattore, che circola inattivo nel sangue, viene attivato ed agisce sul fattore successivo,
che viene attivato a sua volta. Ad ogni tappa aumenta notevolmente il numero di molecole
formate, cosicché alla fine di questa cascata coagulativa (fig. 1), partendo da poche
molecole dei fattori che intervengono per primi, si ottiene un numero enorme di molecole
di fibrina. Per la produzione epatica di alcuni di questi fattori è essenziale la
vitamina K.
Limportanza di ognuno di questi compartimenti è attestata dallesistenza di
numerose malattie emorragiche in cui uno solo di essi è alterato.
Gli inibitori della coagulazione
In condizioni normali il meccanismo emostatico è attivato solo localmente, cioè solo
dove è necessario e per il tempo strettamente indispensabile ad arrestare lemorragia,
mentre nelle altre zone dellorganismo il sangue continua a mantenere la sua abituale
fluidità.
In altre parole, affinché non si verificano danni allorganismo, la coagulazione
deve essere perfettamente controllata nello spazio e nel tempo, altrimenti si potrebbe
avere uneccessiva coagulazione che potrebbe provocare una trombosi.
Il controllo della coagulazione avviene a vari livelli ad opera di altre sostanze presenti
nel sangue:
- Sostanze anticoagulanti, le principali essendo lantitrombina III (AT III), la
Proteina C, la Proteina S: ognuna di esse inibisce lattività di diversi fattori
della coagulazione
- La plasmina, che si forma dal plasminogeno circolante nel sangue, come risultato finale
dellattivazione del meccanismo della fibrinolisi. La plasmina ha il compito di
sciogliere il coagulo di fibrina che si era formato alla fine della cascata
coagulativa.
Un aspetto fondamentale da ricordare è che tutti questi meccanismi sono attivi
continuamente nellorganismo in condizioni normali, cosicché la normale fluidità
del sangue può essere considerata come lequilibrio che si raggiunge fra la naturale
tendenza del sangue a coagulare da una parte e, dallaltra, dellattività
dei meccanismi anticoagulanti e fibrinolitici che vi si oppongono.
Cenni sul meccanismo della coagulazione
Anche
se per comodità le caratteristiche dei tre compartimenti saranno trattati separatamente,
in realtà essi agiscono in sintonia e pressocché contemporaneamente. Sempre per
comodità ci rifaremo a ciò che avviene nell'organismo dopo una ferita che comporti la
lesione di un vaso arterioso o venoso.
Qualsiasi lesione della superficie interna di un vaso comporta l'interruzione dello strato
delle cellule endoteliali, le quali formano una specie di rivestimento liscio e
regolare della parete stessa per permettere al sangue di scorrere regolarmente.
Nella zona lesionata si verifica una vasocostrizione che riduce il calibro del vaso, il
quale libera anche nel sangue il fattore tessutale e delle sostanze che facilitano
l'adesione delle piastrine alla zona lesionata. Si forma così il cosiddetto tappo
emostatico primario che ha il compito di arrestare l'emorragia.
Contemporaneamente il fattore tessutale attiva il fattore VII, che a sua volta attiva il
fattore X innescando l'attivazione della cascata coagulativa attraverso la via estrinseca,
alla fine della quale, come abbiamo già detto, si ha la trasformazione del fibrinogeno in
fibrina, ad opera del fattore II a o protrombina.
La fibrina stabilizza e rinforza il tappo emostatico primario, consolidando così in
modo definitivo il coagulo formatasi nella zona lesionata.
Successivamente viene attivata la fibrinolisi che ha il compito di sciogliere il coagulo;
questo viene riassorbito e, contemporaneamente, si avvia il processo di riparazione della
ferita, al termine del quale si ricostituisce lo strato di cellule endoteliali e la parete
vasale riacquista la sua normale struttura.
Come si può vedere dalla figura 1, la coagulazione può essere attivata attraverso due
vie: l'estrinseca e l'intrinseca. L'importanza di quest'ultima in condizioni fisiologiche
è probabilmente minore rispetto alla prima.
Patologia della coagulazione
Numerose sono le malattie che possono risultare da anomalie di uno o più dei tre
compartimenti. Schematicamente possiamo considerare:
- Emorragie che possono essere dovute ad:
- alterazioni congenite o acquisite della parete vascolare
- Piastrinopenie o
piastrinopatie, cioè anomalie delle piastrine il cui numero può essere anche
normale
- Deficit congeniti o acquisiti di uno più fra i fattori della coagulazione (per es. emofilia, malattia di Von Willebrand)
- Eccessiva attività del meccanismo della fibrinolisi
- Trombosi, che possono essere dovute a:
- Alterazioni, in genere acquisite della parete vasale
- Deficit congeniti o acquisiti degli inibitori naturali della coagulazione (per es.
deficit di AT III, di Proteina C o proteina S
- Aumento notevole e persistente delle piastrine
- Deficit del meccanismo fibrinolitico
I principali esami di laboratorio per lo studio della
coagulazione
- Esame emocromocitometrico:
permette di conoscere il numero delle piastrine
- Esame del sangue periferico al microscopio: permette di valutare grossolanamente il
numero delle piastrine e, soprattutto la loro forma e dimensione.
- Tempo di emorragia: permette di valutare, dopo aver punto il polpastrello o il lobo di
un orecchio, il tempo necessario per l'arresto dell'emorragia
- Tempo di Quick: permette di valutare in laboratorio il tempo necessario per la
coagulazione del sangue. Valuta sopratturro le tappe finali della cascata coagulativa.
Questo esame è conosciuto anche come tempo di protrombina o PT o INR.
- Tempo di tromboblastina parziale, noto anche come PTT o aTTP che valuta la via
intrinseca e le tappe finali della coagulazione
- Dosaggio dei singoli fattori della coagulazione. Generalmente è disponibile sono in
laboratori specializzati, e viene effettuato per confermare il sospetto di una carenza di
uno o più fattori, in seguito al riscontro di alterazioni a carico del PT o del
PTT.
Dosaggio di ATIII o degli altri inibitori della coagulazione: è effettuato soprattutto
nel sospetto di trombosi familiare o in giovani soggetti senza cause predisponenti a
trombosi venose e/o arteriose.
Fig. 1 - Schema semplificato della coagulazione
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