Autore: Vincenzo Cordiano
Divisione di Medicina Generale, O.C. Valdagno (VI)
Ultimo aggiornamento: 13/09/2002 17.28.52
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Consente di farsi un'idea abbastanza grossolana delle proteine circolanti nel sangue.
Il referto consiste in un tracciato disegnato su un foglietto di carta in cui sono
presenti solitamente 5 cuspidi, ad ognuna delle quali corrisponde una categoria di
proteine: albumina, alfa1 globuline, alfa2 globuline, beta globuline, gamma
globuline.
L'altezza di ogni cuspide corrisponde grosso modo alla quantità totale di proteine
appartenenti ad una categoria,ma non ci dice niente sulla quantità di ogni singolo tipo
di proteina. Per esempio, valutando la cuspide delle gamma globuline, possiamo vedere se
la loro quantità totale è globalmente normale, ma se vogliamo sapere la quantità di
ognuna delle classi di immunoglobuline, dovremo ricorrere al loro dosaggio
individuale.
L'ETF è un esame richiesto molto frequentemente dai medici, appunto perché permette di
trarre indicazioni sulla funzione di molti organi: fegato, che produce la maggior parte
delle proteine del sangue; reni (in condizioni patologiche le proteine possono essere
perse con le urine; sistema immunitario (le gamma globuline possono essere diminuite nelle
immunodeficienze o aumentate nel mieloma multiplo) ecc.
In questa malattia, e nelle gammopatie monoclonali, è caratteristica la comparsa di un
cuspide stretta e più o meno alta (dipende dalla quantità di proteine anomale presenti),
in genere nella zona delle gamma globuline, ma può essere presente anche in altre zone
del tracciato elettroforetico (ved. figura 1)
Fig.1- L'elettroforesi normale (C) e nel mieloma multiplo (A, B)
Sostanza rilasciata dai muscoli ed eliminata attraverso l'urina. Un suo aumento significa quasi sempre una diminuzione della funzionalità renale. Analogo significato ha l'azotemia. Il loro dosaggio è importante in revisione di chemioterapia o nel mieloma multiplo.
Sostanza che si forma dopo la distruzione, fisiologica o patologica, dei globuli rossi.
Essa è eliminata dal fegato previa coniugazione con varie sostanze, diventando bilirubina
coniugata o diretta. Un aumento della bilirubina non coniugata o indiretta è tipica di
molte anemie emolitiche, cioè da aumentata distruzione dei globuli rossi. Può tuttavia
essere aumentata in molte malattie del fegato, o condizioni banali, come la sindrome di
Gilbert.
La bilirubina, assieme ad altri indici di funzionalità epatica come le transaminasi, la
gammaGT, la fosfatasi alcalina, sono spesso dosate prima dell'inizio della chemioterapia o
di altre terapie potenzialmente dannose per il fegato.
La sigla indica la Velocità di Eritrosedimentazione. Esprime la velocità con la quale i globuli rossi si depositano al fondo di una provetta contenente sangue reso incoagulabile. I globuli rossi sono infatti più pesanti del plasma in cui galleggiano e vanno a fondo. Se ci sono pochi globuli rossi, come accade nelle anemie, essi si depositano più velocemente sul fondo della provetta. La VES è comunque influenzata da molti fattori, soprattutto l'età del soggetto e la composizione delle proteine plasmatiche. Questa può essere alterata in numerose malattie infettive, infiammatorie, neoplastiche. Il riscontro di una VES aumentata non indica sempre anemia, quindi, ma può essere considerata come una "spia" di qualcosa che non va nell'organismo. Con l'aumentare dell'età aumenta anche la VES, in genere.
La sigla indica la latticodeidrogenasi, un enzima presente in molti organi: fegato, muscoli, globuli rossi ecc. Esistono 5 sottotipi (isoenzimi è il termine tecnico) ognuno prodotto in maggiore quantità nel rispettivo organo rispetto ad un altro sottotipo. In Ematologia è importante perché la LDH può essere aumentata in molte anemie emolitiche ed in molti tumori del sangue.
Proteina presente sulla membrana dei linfociti, dalla quale è liberata nel sangue quando essi muoiono o sono distrutti. La sua utilità consiste nella possibilità di farsi un'idea grossolana della massa tumorale nel mieloma, in molti tipi di leucemie e linfomi. Maggiore è la sua quantita nel sangue, maggiore è in genere la massa tumorale. Bisogna però ricordare che i livelli ematici di questa proteina possono esere influenzati da altri fattori, soprattutto la funzionalità renale.
Permette di valutare la quantità delle singole classi di immunoglobuline nel sangue.
Permette di valutare la presenza di componenti monoclonali (CM) nel siero e/o nelle urine e di stabilire il tipo di catena leggera e pesante presente nella CM stessa. Ha un'importanza fondamentale nelle gammopatie monoclonali e nel mieloma multiplo. Deve sempre essere associata al dosaggio delle immunoglobuline che consente di sapere la quantità della CM e quindi di porre la diagnosi differenziale fra queste due malattie.
Proteina prodotta dal fegato sotto l'influsso della interleuchina 6, che è il principale fattore di crescita per le plasmacellule. Nel mieloma multiplo l'interleuchina 6 è spesso aumentata ma ilsuo dosaggio è di difficile realizzazione nei comuni laboratori. Quindi si ricorre al dosaggio della Prot. C reattiva come indice indiretto della quantità di IL-6 e della massa plasmacellulare.
Consiste nello studio delle oltre 100 proteine di membrana, identificate con la sigla
CD e da un numero, che sono presenti, non tutte contemporaneamente, sulla superficie delle
cellule emolinfopoietiche. Alcune di queste proteine si ritrovano solo su un determinato
tipo di cellula, e ne consentono quindi la facile identificazione, come nel caso delle
cellule CD34+, le cellule staminali, che vengono raccolte e reinfuse nei pazienti
sottoposti al trapianto di midollo.
Nella maggioranza dei casi bisogna studiare la combinazione di molte di queste proteine
presenti sulla membrana, per poter risalire al tipo di cellule, alla loro funzione ed al
loro numero. Questa metodica, che può essere effettuata sul sangue, sul midollo o sui
tessuti, ha permesso di compiere notevoli passi avanti nella diagnosi e terapia di molte
leucemie e linfomi. Può anche essere utile nella diagnosi della cosiddetta malattia
minima residua, nella valutazione, cioè, di quanta malattia è eventualmente rimasta
nell'organismo dopo il completamento della terapia prevista per una leucemia o un
linfoma.
Con questo termine si intendono le immunoglobuline che hanno la capacità di regire con sostanze proprie dell'organismo. Possono essere espressione, ma non sempre, in quanto alcuni di essi sono presenti in basse quantità anche nel soggetto normale, di una malattia autoimmunitaria innescata da alterazioni, spesso da cause sonosciute, del sistema immunitario, che non riconosce più come propri uno o più costituenti dell'organismo e tenta di eliminarli come se fossero oggetti estranei. Gli autoanticorpi possono essere diretti contro le piastrine (piastrinopenie autoimmuni); contro i globuli rossi (anemie emolitiche autoimmuni); i globuli bianchi (neutropenie o linfocitopenie autoimmuni) e, virtualmente, contro qualsiasi altro costituente dell'organismo. Per ridurre la quantità di autoanticorpi, e controllare i sintomi da essi provocati, bisogna spesso ricorrere all'uso di farmaci immunosoppressori come i cortisonici o la ciclofosfamide.
Permette di valutare il numero e le eventuali alterazioni dei cromosomi. Può esser effettuata sul sangue periferico, sul midollo o su qualsiasi altro tessuto. Ha importanza fondamentale nella leucemia mieloide cronica, in cui è presente, in oltre il 90% dei casi, un cromosoma anomalo, il cromosoma Philadelfia. Molti sottotipi di leucemie acute e linfomi hanno altre anomalie cromosomiche caratteristiche che consentono di effettuare la corretta diagnosi e terapia.
La sigla significa Polimerase Chain Reaction, o reazione polimerasica a catena. Questa è una metodica che rivoluzionato la diagnosi e terapia di molte malattie ematologiche e non. Consente, in poche parole, di riprodurre in laboratorio quello che avviene durante la sintesi del DNA, con la differenza fondamentale, rispetto al processo naturale, che, partendo da piccolissime quantità di DNA o RNA si può amplificare praticamente a piacere il materiale, ottenendo in poche ore dosi enormi di DNA sul quale lavorare per identificare anomalie genetiche, spesso non visibili con il cariotipo. Questa, e altre metodiche di biologia molecolare, hanno permesso di identificare anche molti oncogèni, geni normalmente presenti in tutti gli individui, che, se alterati, possono provocare molti tipi di tumori.
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