Città felice, città ideale
Luoghi fantastici nella letteratura greca
di Anna Crepet

In risposta alla crisi della polis, nel V e IV secolo a.C. di fianco ai progetti razionali dell'aríste politeía, la costituzione perfetta, circolavano fantasie di altro tipo legate al mito dell' età dell'oro. Esse rispondevano a bisogni elementari del largo pubblico cui erano destinate e alla possibilità di immaginazione di condizioni migliori di vita.

La tendenza all'evasione dal quotidiano si esprime nella Commedia Antica in due varianti utopiche: il paese della felicità come paese dell'abbondanza, dell'assenza di lavoro, dell'automatismo al cibo, e la "città ideale" come rovesciamento della città reale.

Ateneo (Deipnosophistaî) raccolse una piccola antologia di poeti comici dell'archaia che parlavano di "Paesi di Cuccagna". La tematica è rivisitata in una prospettiva gastronomica: Cratino (Pluti), Ferecrate (Minatori, Persiani), Teleclide (Anfizioni), Nicofonte (Sirene), Metagene (Turiopersiani) presentavano alle platee ateniesi paradisi gastronomici popolati di cibi che si offrivano spontaneamente alle bocche dei loro abitanti. Fantasiosa ed interessante, più che il virtuosismo dell'invenzione culinaria, era la geografia più o meno immaginaria in cui essi erano collocati: le correnti del Crati e del Sibari riempite di ogni ben di dio, una Persia favolosamente ricca, un Ade benedetto dall'abbondanza.

Aristofane, invece, presenta la "città ideale" come un mondo alla rovescia.  L'utopia è costruita in due momenti dialettici: quello "distruttivo" della critica all'esistente e quello "costruttivo" dell' edificazione del modello alternativo. Esemplari sono quelle commedie il cui rinnovamento della polis è affidato a mezzi dichiaratamente incompatibili con la struttura sociale e politica: il "potere femminile" instaurato attraverso le "congiure" delle donne nella Lisistrata e nelle Ecclesiazuse rivela da parte di Aristofane la coscienza del fallimento della politica "maschile", guidata dalla logica della potenza e dell'interesse privato e propone come salvezza della città un modello di società e di politica disegnato sulla base della solidarietà e dell'amministrazione proprie dell'oikonomía domestica.

La parodia della costruzione della aríste politeía  si traduce nella fondazione della città nell'aria degli Uccelli: l'avventura si conclude nella edificazione di un'Atene imperiale in cielo. La scena della fondazione della città ripercorre i momenti fondamentali del katoikízein reale: scoperta del luogo, ricerca del nome, scelta della  divinità tutelare, sacrificio di fondazione, celebrazione poetica della medesima, invenzione della forma urbis, momento legislativo. La dimensione dell'utopia aristofanesca è il tempo del rovesciamento e del divertimento comico, sotto la tutela di Dioniso in cui era possibile vedere la salvezza della città affidata all'intelligenza femminile o realizzata in una città nell'aria o il regno della giustizia.

Tra la crisi della città nel IV secolo e l'assestamento politico-sociale della prima età ellenistica si assiste ad un profondo mutamento nello stile e nei contenuti dell'immagine utopica: non più la fondazione della città, ma l'invenzione di luoghi e condizioni felici per l'uomo, spogliato del suo carattere peculiare di zôon politikón. Queste creazioni si esprimono nella "scoperta" in una dimensione geografica immaginaria di un mondo sociale giusto e ordinato, che convive accanto all'esperienza quotidiana, ma relegato ai confini della conoscenza. L'areté non ha più il suo riferimento privilegiato nella struttura politica della società, ma nell' "autarchia" del sophós il quale si misura col metro della legge di natura piuttosto che con quella della città e la dimensione particolaristica della polis viene annullata nella cosmopoli come sola patria del saggio.  L'immaginario sociale è costretto, di fronte alla delusione di tutte le soluzioni politiche offerte dalla tradizione e dall'attualità storica, a cercare rifugio nella zona rassicurante del mito, fuori del tempo e dello spazio vissuto. L'utopia ellenistica cambia, in primo luogo, lo strumento letterario: le nuove immagini di città felici sono affidate a un qualsiasi medium letterario in grado di assicurare la libertà dell'invenzione, dalla scrittura storica al racconto di viaggi fino al romanzo e all'idillio pastorale. In seconda istanza quel dialogo polemico che la costituzione perfetta instaurava con la città e la sua classe politica, non costituisce più l'obiettivo del costruttore di situazioni umane che si collocano nello spazio del mito o dello "scopritore" di paradisi ai margini del mondo. Al posto della valutazione di ordine politico c'è l'esaltazione o la critica del carattere meraviglioso di queste storie, lette per l'esotismo del racconto popolato di genti straordinarie, di animali mai visti, di terre dai frutti meravigliosi. Capostipite di questo genere di letteratura è la raccolta callimachea di Curiosità di tutto il mondo raccolte per luoghi, e si consolida in fama col Libro delle meraviglie di Antigono di Caristo.

Questa fuga nel favoloso trova un altro potente sostegno nella straordinaria diffusione della cultura geografica ed etnografica dell'epoca alessandrina. L'impresa militare di Alessandro Magno aprì al mondo ellenico la conoscenza diretta e diffusa a un più vasto pubblico di nuove terre, di strani popoli, di mari temibili e sconfinati, di animali e di piante sconosciute. L'India è il nuovo continente che si apre all'orizzonte culturale greco. Rimasero affascinati dalla natura prodiga di ricchezze, dai costumi naturalmente buoni della popolazione, dalla filosofia in accordo con la natura, dal sistema sociale ben ordinato e spontaneamente accettato. Qui trovarono una cultura antica che aveva da insegnare anche ai Greci.

 

Città felice, città ideale ETA' CLASSICA
La Repubblica di Platone
Utopia di T. Moro SECOLO XVI
La Città del Sole di T. Campanella
Il socialismo utopistico SECOLI XVIII-XIX
Robert Owen
Claude-Henri de Saint-Simon
Charles Fourier
Voyage en Icarie di E. Cabet
Il socialismo scientifico: Karl Marx
Bibliografia
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