L' utopia politica platonica: La Repubblica
di Alberto Dainese
Dopo aver assistito al logorarsi delle forme di governo dellAtene degli ultimi anni, la democrazia e loligarchia, verso il 390, nove anni dopo la morte di Socrate, Platone pose mano alla Politeía, forse la massima opera del filosofo delle Idee. Si noti, tra laltro, che la traduzione tradizionale del titolo non è del tutto legittima, giacché sarebbe meglio rendere il termine greco con costituzione, forma di governo.
Loggetto del dialogo, cui prendono parte Socrate, Glaucone, Polemarco, Adimanto, Cefalo e Trasimaco, è la perfetta comunità politica e sociale. Lassunto fondamentale della disamina platonica è la necessità che a governare siano i filosofi, o, che è lo stesso, che i governanti siano filosofi. Governare, precisa Platone, non è, ovviamente, facile: si tratta di comprendere il bene collettivo e tradurlo in leggi e atti politici opportuni. Inoltre, non si spiega, argomenta Platone, come scienze e discipline meno complesse, come la medicina, siano praticate da pochi, mentre la politica è così spesso affidata alla massa amorfa o a pochi incompetenti. È chiaro, dunque, che né la democrazia, né loligarchia (tanto meno la tirannide) possono essere riguardate come modello politico in grado di garantire la giustizia. È proprio la giustizia, opposta da Platone al diritto del più forte sostenuto dai sofisti, la condizione fondamentale della nascita e della vita dello stato.
Su queste basi, Platone descrive il suo modello ideale di stato. La comunità dovrà essere divisa in tre classi: governanti (caratterizzati dalla saggezza), guerrieri (cui peculiarità è il coraggio) e cittadini-lavoratori (dotati di temperanza). Sarà unito e giusto lo stato nel quale ogni individuo attenda al cómpito che gli è deputato e abbia quel che gli spetta, in proporzione. I cómpiti in una comunità sono tanti: limportante è che ognuno scelga il più adatto alla propria costituzione caratteriale e vi si dedichi. Lappartenenza ad una o ad unaltra classe è dettata, nello stato platonico, da fatti antropologico-psicologici, cioè dalla prevalenza nella psyché del singolo della parte razionale (governanti), concupiscibile (lavoratori) o irascibile (guerrieri), ovvero dalle qualità individuali. Ecco perché in Platone non si può parlare di caste, ma si deve parlare di classi: una certa mobilità sociale è ammessa. Nel caso che il figlio di un governante non somigli al padre, sarà retrocesso in unaltra classe. È evidente, però, come questevento sarà piuttosto raro.
Uno degli aspetti più propri dello stato ideale delineato da Platone è leliminazione della proprietà privata, in seno, però, solo alla classe superiore dei governanti-filosofi. I governanti avranno in comune anche le donne, completamente eguagliate agli uomini; unioni matrimoniali saranno temporanee e i bimbi saranno tolti ai loro genitori sin dalla nascita «e così saranno di tutti anche i figli». Lessenza del comunismo platonico risiede in definitiva nella tesi economica delleliminazione della proprietà privata e nella tesi sessuale delleliminazione della famiglia e della parificazione uomo-donna. Tutto ciò finalizzato alla più completa dedizione al bene comune e statale.
Due domande si presentano ora improrogabili: I guardiani sono felici? e Chi custodirà i custodi?. Alla prima Platone risponde che la felicità risiede nella giustizia, ovvero nellassolvere completamente alle proprie mansioni, in vista dellarmonia complessiva dello stato. Alla seconda il filosofo risponde che, in virtù della loro formazione, i custodi saranno già in grado di custodire se stessi.
A partire da Aristotele, i rappresentanti del pensiero liberale e democratico hanno sempre respinto il progetto ideale utopico di Platone, improntato ad una concezione aristocratica e, in pari tempo, statalistica del governo. Karl Popper ha definito Platone, come anche Hegel e Marx, uno dei principali nemici della società liberale e uno dei padri dei totalitarismi del Novecento. Quali i punti di forza della tesi antiplatonica della critica liberale? Platone ha costruito un modello sociale statico e gerarchico, basato su funzioni determinate. In effetti, per Platone, è malato lo stato in cui le classi e gli individui non sanno più stare al loro posto. La politica ha, in Platone, un carattere fortemente elitario, impostata comè sul principio aristocratico del governo dei migliori, per quanto, ad ogni modo, i governanti siano i migliori non per casato, forza o ricchezza, bensì per superiorità culturale e saggezza. Infine, il rigetto per la democrazia si accompagna, in Platone, ad uno statalismo esagerato, che consiste nella regolamentazione minuziosa della vita del singolo, quasi a sottolineare quanto poco essa valga in sé e quanto invece valga come parte della comunità.
Altra critica tradizionalmente rivolta a Platone è dettata dal carattere ideale dellopera. Ed è proprio anche alla Repubblica platonica che si riferisce Machiavelli quando, sprezzante, afferma, contro ogni utopismo politico: «Molti si sono immaginati repubbliche e principati che non si sono mai visti né conosciuti essere in vero». Accanto alle accuse, sono anche emerse le apologie. Hans Georg Gadamer, ad esempio, parla di provocazione puramente intellettuale, senza alcun risvolto progettuale.
I simpatizzanti del pensiero socialista e comunista, come Pohlmann, hanno visto in Platone il precursore del Comunismo, ancorché limitato alla sola classe dirigente, ragione per cui lo stesso Marx, per converso, si schiera dalla parte degli antiplatonici.
Lopera platonica contiene molti altri spunti, che estendono la trattazione allepistéme, alla formazione del filosofo-governante, al significato dellarte, ma si rimanda, per questi argomenti, allopera stessa di Platone, peraltro piana e accessibile anche al lettore moderno.
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