Antonio Sant'Elia, disegni per una città futurista, 1914La città futurista

Una visione della "città futurista", città utopica, città di desiderio, appare già nella prima pagina del manifesto di Marinetti, pubblicato su Le Figaro a Parigi il 20 febbraio 1909: 

Avevamo vegliato tutta la notte (...) discutendo davanti ai confini estremi della logica e annerendo molta carta di frenetiche scritture. (...) Soli coi fuochisti che s'agitano davanti ai forni infernali delle grandi navi, soli coi neri fantasmi che frugano nella pance arroventate delle locomotive lanciate a pazza corsa, soli cogli ubriachi annaspanti, con un incerto batter d'ali, lungo i muri della città. Sussultammo a un tratto, all'udire il rumore formidabile degli enormi tramvai a due piani, che passano sobbalzando, risplendenti di luci multicolori, come i villaggi in festa che il Po straripato squassa e sradica d'improvviso, per trascinarli fino al mare, sulle cascate e attraverso gorghi di un diluvio. Poi il silenzio divenne più cupo. Ma mentre ascoltavamo l'estenuato borbottio di preghiere del vecchio canale e lo scricchiolar dell'ossa dei palazzi moribondi sulle loro barbe di umida verdura, noi udimmo subitamente ruggire sotto le finestre gli automobili famelici.

Il tema della città viene sviluppato molto presto dai futuristi: essa è infatti il luogo privilegiato della modernità che, con la sua forza travolgente, sembra ormai a portata di mano;  è il luogo in cui si incarna il futuro, la velocità il movimento. Il paesaggio urbano appare sconquassato dalle luci, dai tramvai, dai rumori, che ne moltiplicano i punti di visione. La Città Nuova deve nascere e crescere contemporaneamente alla nuova ideologia del movimento e della macchina, non avendo più nulla della staticità del paesaggio urbano tradizionale.

La visione della città appare violenta in due opere di Umberto Boccioni (autore anche di un Manifesto dell'Architettura Futurista) del 1911,  La città che sale e La strada entra nella casa: angoli che si intersecano, forme concentriche, piani tagliati, sono l'immagine del vortice della metropoli moderna. Il senso del movimento e della velocità, contro quello del monumentale e del pesante, viene ripreso nel manifesto di Sant'Elia (firmato 11 luglio 1914, pubblicato in Lacerba, 1 agosto 1914):

Noi dobbiamo inventare e rifabbricare la città futurista simile a un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, e la casa futurista simile a una macchina gigantesca. 

Antonio Sant'Elia, disegni per una città futurista, 1913
Antonio Sant'Elia, disegni per una città futurista, 1914
Mario Chiattone, Costruzioni per una metropoli moderna,1914
Virgilio Marchi, Edificio visto da una aeroplano virante, 1919-20

La nuova metropoli sorge solo sulle carte lasciate da Sant'Elia: città dalle gigantesche interconnessioni tra un edificio e l'altro, spinti verso l'alto da un ascensionale verticalismo. A partire dal 1914 fioriscono le proposte progettuali che si sostituiscono alla visione percettiva e sensitiva dell'inizio. Il carattere visionario delle proposte futuriste, non deve far passare in secondo piano il loro forte radicamento al presente; lo stimolo alla produzione architettonica arriva indubbiamente dai modelli d'oltreoceano: New York che viene illustrata dai giornali come un trionfo del futuribile.

Allo stesso tempo la città futurista si presenta come il primo modello in assoluto di città delle macchine. I futuristi comprendono il ruolo e l'importanza che il movimento, i trasporti, la velocità stanno per assumere nel contesto cittadino. Lo prevedono e ne ipotizzano gli sviluppi.

Oggi non ci sorprendiamo a vedere i progetti futuristi, che potrebbero facilmente essere considerati come a noi contemporanei; proposti negli anni Dieci del Novecento essi furono tanto rivoluzionari da essere considerati dal pubblico solo per il loro aspetto utopico e visionario. Eppure hanno dimostrato di essere, di lì a qualche anno, incredibilmente realistici.

Tony Garnier, che pubblicò il progetto della sua cité industrielle nel 1917, quando ormai lo slancio rivoluzionario del movimento futurista era stato duramente messo alla prova dalla tragedia della Grande Guerra, aveva pensato di accorciare le distanza all'interno della città con l'uso del tram; l'avvento e la diffusione dell'automobile, immaginati dai futuristi, non erano ancora stati concepiti.

Oltre che nella pittura uno splendido scorcio di città reale ci viene dato da Aldo Palazzeschi. Il nuovo paesaggio così poco naturale e tanto modificato dall'intervento umano e dalla presenza ingombrante delle sue orme viene descritto nella poesia La passeggiata. Dovunque il poeta guardi solo insegne, cartelloni pubblicitari, numeri civici, cioè solo palazzi, edifici, mura e che impediscono un contatto con l'ambiente naturale. La poesia ci dà una città di giornali, negozi, pubblicità.

Compaiono qui i principali caratteri della poesia di Palazzeschi: contro un mondo poetico divenuto ormai convenzionale egli afferma il suo rifiuto ponendosi come tema il nulla, il divertimento, l'ironia: la sua poesia appare quasi un gioco senza senso, ed è basata sull'invenzione e su atmosfere fiabesche. Palazzeschi rifiuta di assumere il ruolo di poeta-vate, e si oppone ai falsi miti della poesia impegnata nella difesa dei miti tradizionali e del perbenismo borghese (Lasciatemi divertire). La poesia viene svuotata e ridotta a cantilena, ridicolizzando tutti i canoni tradizionali della produzione poetica del tempo fissi. L'adesione alla poetica futurista si ha con le "parole in libertà", cioè associate senza una costruzione sintattica definita, e con l'utilizzo dell'analogia.

 

Robert Owen
Claude-Henri de Saint-Simon
Charles Fourier
Il familisterio di J.B. Godin
Icaria di E. Cabet
Victoria di J. Buckingham
E. Howard e la garden city
La ciudad lineal di A. Soria
La cité industrielle di T. Garnier SECOLO XX
Bibliografia
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