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IL LAMBRO

 

L’alveo del fiume Lambro si è formato in epoche geologiche recenti (era quaternaria); deriva dalla graduale evoluzione di una fitta rete di torrenti, che si sono fatti strada fra i depositi post-glaciali, incidendo la pianura  in profondità, secondo ritmi variabili nel tempo. In molti tratti del suo percorso, oggi poco rimane degli aspetti naturali tipici di un corso d’acqua, essendo inglobato in aree urbane ed industriali.

 

PERCORSO DEL FIUME LAMBRO

Il Lambro nasce dal Monte Forcella a 1456 metri di altitudine, presso Pian del Rancio nel comune di Magreglio.  Percorre la Vallassina  e nella depressione briantea, si getta attraverso una canalizzazione,  nel lago di Pusiano, dal quale esce assieme al canale Dotti. Tocca Monza e Milano scende quindi a Melegnano, poi a S. Angelo e a San Colombano, infine sfocia dopo 130 chilometri nel fiume Po, presso Orio Litta.

APPORTI NATURALI E ARTIFICIALI

Gli apporti naturali arrivano al Lambro dall’emissario del lago di Alserio a Nord e del Lambro meridionale presso San Donato a Sud; dalla sponda sinistra arrivano le rogge Bevera, Brovada e Pergolino, i torrenti Molgorana e Sillario.

  I maggiori apporti artificiali,  sono:

Ø      i canali collettori del Consorzio Alto Lambro;

Ø      lo sfioratore del Naviglio della Martesana;

Ø      i collettori dell’Est Milanese;

Ø      i colatori di Milano, tra cui Vettabia e Redefossi;

Ø      il colatore Addetta.

Questi canali artificiali, determinano il forte inquinamento del fiume, poiché raccolgono gli scarichi civili, industriali ed agricoli.

 

CARATTERISTICHE IDRAULICHE

Le caratteristiche idrauliche del Lambro sono di tipo torrentizio.

Nella parte alta si evidenzia una doppia ciclicità nel regime degli afflussi e in quello dei deflussi, con massimi in primavera-estate e tardo autunno, in funzione delle precipitazioni. I tratti compresi fra Peregallo- Sesto San Giovanni e San Donato- Melegnano, sono caratterizzati da grossi apporti idrici con rischio di esondazione, anche in occasione di piene non eccezionali. Fra Melegnano e S.Angelo  gli unici apporti sono quelli dei canali di irrigazione, mentre poi la confluenza del Lambro inferiore aumenta le portate di piena fino al Po.

 

IL LAMBRO A MELEGNANO

 

    Il Lambro nel XIX Secolo                   Il Lambro oggi

La fertilità della Terra Melegnanese e circondariale era un tempo assicurata, soprattutto, dalla quantità d’acqua che vi scorre attraverso il Lambro, la Muzza, l’Addetta e le rogge.

Il fiume era famoso anche per la qualità delle sue acque. Nel 1300, Francesco Petrarca  scrive dal Castello di San Colombano ad un amico: “ ai piedi del colle scorre il Lambro, un fiume non troppo largo, ma limpido e capace di sostenere barche di ordinaria grandezza”. Lo storico Giorgio Merula, vissuto nel XV secolo, descrive il Lambro come un fiume dalle acque chiare e ricco di pesci. Diverse testimonianze  ai tempi dei Visconti attestano la limpidezza delle acque del fiume.

Antiche illustrazioni e pubblicazioni, attestano l’importanza economica e sociale del fiume Lambro, negli anni passati:  come corso d’acqua navigabile,  come fonte di irrigazione per le fertili campagne e ancora come forza meccanica per la produzione industriale e di energia elettrica (ex Broggi Izar e centrali idroelettriche di San Zenone e di Sant’Angelo Lodigiano).

In uno studio del 1896, l’ittiologo Pavesi, descrive venti specie di pesci presenti nel Lambro: nel tratto prealpino era presente la trota, da Melegnano fino alla foce il temolo e lo storione erano i più diffusi. Solo ottant’anni di profonde trasformazioni economiche, hanno distrutto questo patrimonio naturale; un’indagine del 1970 segnala, infatti, una situazione drammatica: la scomparsa quasi totale dei pesci.

INONDAZIONI DEL FIUME LAMBRO

Il corso del Lambro, attraverso i secoli, non è stato mai completamente tranquillo. Ogni tanto si registravano inondazioni nelle zone basse di Melegnano.

Nel secolo XVII ci sono state diverse alluvioni: nel 1644, nel 1647, nel 1655 e nel 1686. Un grosso problema alla fine del XVIII secolo era quello di sistemare il corso alto del Lambro (zona Cerca e Crocetta), infatti, si formavano permanenti allagamenti e piccole paludi, in cui proliferavano insetti nocivi.  Il fondo rustico di S.Materno, vicino al convento dei Cappuccini, era continuamente invaso. Le piene del Lambro erano causate anche dalle piene dei suoi affluenti, fra cui il Redefossi, il canale che attraversa la campagna milanese e a Melegnano confluisce nella Vettabia.

Nel 1704 le acque del Lambro avevano travolto le case intorno alla Basilica di San Giovanni e le fondamenta della chiesa stessa e del campanile erano in pericolo.

L’alveo del fiume, a causa del trasporto solido e della carenza di interventi di pulizia negli ultimi decenni, ha subito modifiche della quota di fondo, con conseguente rischio di esondazione in tratti estesi e deterioramento degli argini.

 

INQUINAMENTO DEL LAMBRO

Fino a quarant’anni fa, l’inquinamento del fiume presentava sintomi lievi, non era tale da snaturarne le caratteristiche biologiche e da compromettere del tutto la capacità autodepurante. Negli ultimi anni, soprattutto verso Milano, si registra una diminuzione del popolamento biologico, fino alla sua totale distruzione. La presenza di metalli pesanti, la carenza di ossigeno disciolto, i rifiuti civili ed industriali hanno trasformato il Lambro: il fiume dalle acque chiare ed abbondante di pesci è diventato una  torbida soluzione di sostanze tossiche, le sue acque irrigue sono ormai dannose per l’agricoltura.

Il fiume è oggi un grande collettore fognario a cielo aperto, privo di flora e fauna, che trasporta acqua inquinata prima nel Po e poi nel Mare Adriatico.  La qualità delle acque è classificabile come fortemente inquinata.

Gli scarichi di acque reflue diretti nel Lambro sono 211, le discariche distribuite lungo l’area fluviale sono 80.  Su 260 km di sponde, 91 km, ossia il 35%, sono artificiali, irrigidite da  interventi di difesa, come muraglioni e terrapieni che hanno contribuito ad aumentare il rischio idrogeologico, spostando il problema più a valle e distruggendo le fasce di vegetazione riparia.

Nel 1976 è stato costituito il “Consorzio per la disciplina degli scarichi e il risanamento delle acque del Comprensorio del Basso Lambro”. Nel 1980 il Consorzio inizia i lavori per la progettazione e la realizzazione degli impianti di depurazione, il primo dei quali è stato quello di San Colombano al Lambro (1986). Seguono quelli di Sant’Angelo Lodigiano (1988), di Chignolo Po (1989), di Landriano (1989), di Salerano al Lambro (1991).

Il Consorzio Provinciale per la bonifica delle acque e del suolo del Sud Milanese è stato costituito nel 1975. Anche questo ente ha contribuito alla costruzione degli impianti di depurazione: Assago (1985), San Donato - San Giuliano (1987), Melegnano (1985)  e poi Lacchiarella, Binasco, Rozzano.

Il comune di Milano continua a rinviare, per motivi incomprensibili, la realizzazione dell’impianto di depurazione delle acque.

 

Evoluzione delle caratteristiche chimiche e biologiche del Lambro Settentrionale

Fino al secolo scorso, le condizioni del Lambro erano buone, ma già nel 1938 Baldi e Moretti, in seguito ad una ricerca sul carico biologico effettuata dalla sorgente fino a Milano, riscontrarono un notevole deterioramento delle acque.

Dalle indagini chimiche di Gaito nel 1958 e da quelle chimiche e batteriologiche dei Bo nel 1959, si rilevava un marcato inquinamento soprattutto sul piano microbiologico.

Nel 1965 Marchetti, dimostrava che l’inquinamento del fiume era in aumento; a valle di Milano il popolamento biologico era costituito unicamente da Tuboficidi e Chironomodi, organismi tipici di acque inquinate.

La ricerca di Vendegna del 1968 sul carico biopotamico, metteva in evidenza un grave peggioramento già ad Asso, per la presenza di scarichi organici ed industriali.  La capacità di autodepurazione non esisteva più.

Determinazioni, fatte nel 1971 da Riganti, confermavano la purezza delle acque solo nel primo tratto del Lambro, ma la presenza di metalli pesanti poco più a valle.

Tra il 1976 ed il 1979 le analisi biologiche e sul contenuto di metalli dimostravano che il fiume dalla sorgente fino a Ponte Lambro era ricco come quantità, ma non come varietà di specie. Già da Lambrugo, l’inquinamento tendeva ad aumentare e all’altezza di Milano, si riscontravano le più elevate concentrazioni di metalli tossici. 

Nel 1978 la Provincia di Milano ha svolto un’indagine nel tratto da Lesmo alla foce, ne è risultato che più del 40% dei campioni di acqua prelevata, presentavano alte concentrazioni di metalli (mercurio, zinco, rame, piombo, cadmio e cromo) e di coliformi fecali.

Nel 1986 Galassi rilevava la presenza di atrazina a valori elevati.