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La preoccupazione maggiore, per la famiglia di un ragazzo disabile, è la vita adulta autonoma del proprio congiunto l'inizio della quale, in generale, viene fatto coincidere con la scomparsa dei genitori.

E' infatti prassi comune, per i genitori, occuparsi direttamente, in famiglia, del proprio figlio fino a quando ne hanno la possibilità e le forze.
Il problema della vita adulta autonoma, invece, deve essere affrontato non come emergenza, ma piuttosto come diritto legato alla naturale esigenza che ogni persona matura nel tempo.

In questo spirito, la famiglia, quando ha ancora le necessarie energie, può accompagnare e sostenere il proprio figlio nel graduale distacco dall'ambiente familiare.

La persona debole deve poter realizzare il proprio progetto in un contesto che le consenta una vita dignitosa e che presenti fondate garanzie di permanenza della qualità della vita nel tempo, anche quando i genitori verranno a mancare.

L'aspetto critico, in un progetto di residenzialità, è proprio quello di individuare i più efficaci strumenti che possano offrire tali garanzie nel tempo.

Prendendo in esame due casi tipici quali il disabile adulto in carico ai genitori (quindi con età dai 25 anni in su) ed il disabile adulto rimasto in carico ad un fratello (quindi presumibilmente con età dai 45 anni in su), appare chiaro che la soluzione da individuare deve fornire una risposta adeguata e certa per un arco di tempo rispettivamente di 40-50 anni e di 20-30 anni.

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