19 giugno 2001

"Talebani, incivili, reazionari, portatori di una cultura regressiva", questi gli epiteti rivolti dai sommi esponenti della politica e della cultura di sinistra al neo-ministro delle Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, e attraverso di lui, al Biancofore e all'intera Casa delle libertà, colpevoli, si afferma, di avere attaccato la santità dell'aborto, divenuto uno dei miti fondanti di quella politica e di quella cultura.

Che la sinistra non scoppi d'intelligenza, anche se nel corso di questi anni, approfittando dell'ancor più grave deficit dei suoi avversari che avrebbero avuto i mezzi per contrastarla ha saputo occupare la maggior parte degli spazi dell'industria culturale, E' noto a chiunque sappia ragionare, ma evidentemente la batosta patita alle elezioni e la conseguente necessità di fare e dire qualcosa "di sinistra" (e cosa più sinistro, in tutti i sensi, dell' aborto?) ne ha ulteriormente ridotto il già modesto quoziente intellettivo.

E' vero però che non basta essere di centro-destra per acquisire la capacità di ragionare e capire e, soprattutto, di parlare solo dopo avere capito, come dimostra, se i giornali ne hanno riportato fedelmente le opinioni, il commento del capogruppo di Forza Italia alla camera dei deputati, Elio Vito, il quale avrebbe definito "prematura" la proposta di Buttiglione, affermando che occorre prima attuare qualla parte della legge sull'aborto (la tristemente celebre 194) "che non è stata ancora applicata, la parte sulla prevenzione".

Se, come si è proclamato per anni da dozzine di pulpiti laici e come del resto afferma il testo normativo, l'interruzione volontaria della gravidanza (l'anodina IVG di tutti gli ipocriti) non è strumento di controllo delle nascite e se la legge non ha lo scopo di incrementarla, ma anzi di diminuirla drasticamente eliminando le cause, con particolare riguardo a quelle economiche, che la determinano, la proposta Buttiglione non solo non va contro la legge, ma almeno per i quattro quinti ne promuove l'effettiva applicazione.

In realtà tre sono le colonne portanti della proposta:

1) corresponsione di un milione al mese per la durata di un anno alla donna che, pur trovandosi nelle condizioni per praticarlo, rinuncia all'aborto;
2) revisione del ruolo dei consultori, previa indagine sul funzionamento fino ad oggi del sistema, per metterli in grado di svolgere compiutamente il compito di consiglio e sostegno morale alle donne in difficoltà loro attribuito dalla legge;
3) responsabilizzazione dei padri dei bambini minacciati dall'IVG.

E' difficile, per non dire impossibile, comprendere, sempre che li si voglia ritenere in buona fede, i motivi per i quali gli eccellenti campioni della sinistra (dell'abortismo radicale e verde non vale nemmeno la pena di parlare), che hanno dato vita ad una levata di scudi senza distinguo, si oppongano ai primi due punti della proposta, nonostante che a suo tempo proprio da loro siano venute le maggiori deprecazioni contro la situazione delle donne costrette a rinunciare alla gioia di un figlio (o di un altro figlio) dalle loro precarie condizioni economiche in una società capitalistica.

Un milione al mese per un anno non sarà tanto, ma comunque sempre qualcosa di meglio e di più dei saggi consigli e delle belle parole, unici rimedi fino ad oggi previsti dalla legge e per di più troppo spesso rimasti sulla carta (in ogni caso un'apposita commissione sarà chiamata a dire se questa valutazione complessivamente negativa sia frutto di prevenzione o corrisponda a realtà, accertando se e quanto i consultori abbiano contribuito nei fatti alla diminuzione del fenomeno abortivo).
Del resto, come si è visto, la proposta Buttiglione non prevede affatto una diminuzione del ruolo e della possibilità d'intervento dei consultori, ma, al contrario, il loro potenziamento.

Resta il terzo punto, effettivamente in contrasto con uno degli immarcescibili tabù "la libera decisione della donna" (nei termini più brutali in uso venti trent'anni fa "il ventre è mio e lo gestisco io"), della cultura radicale e di sinistra (supposto che valga la pena di distinguere dal momento che la sinistra è divenuta ormai da tempo un partito radicale di massa, fortunatamente in via -la massa e anche il partito- di progressiva riduzione).

Sarebbe tuttavia interessante sapere cosa veramente ne pensano le donne dell'esclusione dei loro partner, che, stranamente assai, molto di rado se ne lamentano.
Le donne, non la Emma Bonino o la Livia Turco, ma quelle per le quali veramente il problema dell'aborto si pone in termini drammatici e che, con ogni probabilità vorrebbero vedere sparire insieme l'aborto e il dramma (il "Giornale" del 13 giugno pubblica una interessante vignetta di Krancic, che mostra, sotto le facce indignate e i pugni alzati, di Mussi e Veltroni la scritta "L'aborto è un dramma! e tale deve rimanere!").

In ogni caso chiunque si sia anche minimamente interessato di questo problema sa bene come corrisponda a realtàla constatazione di Buttiglione che dietro a moltissimi aborti si cela il disinteresse di padri, che, volonterosamente approfittando della loro deresponsabilizzazione sancita per legge e referendum popolare, abbandonano la donna alla sua solitudine decisionale.

Si può capire che la sconfitta elettorale e la perdita di un potere ritenuto eterno spingano la sinistra a stringersi attorno ai propri valori.
Ma se tale può essere persino, come si diceva un tempo, un bidone di benzina cui montare la guardia, rappresenta un valore un sacco di plastica nera con dentro un corpicino (o, se si vuole, per farli contenti) un feto o magari uno zigote dilaniato?




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Aborto: la proposta Buttiglione
Francesco Mario
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