Febbraio 2003

La politica indipendente e parallela della Turchia proseguirà soltanto finché gli alti comandi turchi dell'esercito glielo consentiranno e, quindi, finché da Washington non giungerà l'avviso che la ricreazione è finita.

Sabato 8 febbraio su La7 alla trasmissione di Gad Lerner, L'infedele, sono intervenuti, fra gli altri, Franco Cardini, Gianni Baget Bozzo, Vittorio Messori per dibattere, prendendo spunto dalla prossima beatificazione del cappuccino Marco d'Aviano (al secolo Carlo Domenico Cristofori), il vero vincitore, assieme al re di Polonia Giovanni Sobieski e al duca di Lorena, di quella che, nel 1683, fu fino ad oggi l'ultima decisiva battaglia fra l'Europa cristiana e il mondo mussulmano, quanto meno l'ultima che vide l'Europa in posizione difensiva e minacciata in caso di sconfitta di invasione e islamizzazione (non per nulla la meta indicata dal gran vizir Kara Mustafà, personalmente a capo dell'esercito d'invasione, era Roma, da trasformare in stalla per i cavalli del sultano Maometto IV).

Chiariti, nei limiti in cui è possibile farlo in un dibattito televisivo per quanto ben condotto e con l'intervento di personaggi culturalmente di primo piano, gli antefatti storici, nella seconda parte della trasmissione (l'unica di cui intendo qui occuparmi) si è parlato, con l'intervento anche di alcuni autorevoli cittadini turchi residenti in Italia, del possibile ingresso della Turchia nell'Unione Europea.

Anche se non tutti hanno espresso con chiarezza la loro opinione al riguardo il dibattito è sembrato concludersi in senso favorevole alle aspirazioni turche, vivacemente sponsorizzate da Baget-Bozzo con qualche sorpresa del conduttore, che evidentemente non ha tenuto conto dei condizionamenti derivanti dalla militanza in Forza Italia, il cui padre-padrone, Berlusconi, è in prima linea nel tentativo di condurre a buon fine un progetto concepito, forse ancor prima che dal governo turco, dall'amministrazione statunitense, che fortissimamente vuole un Europa che includa fra i suoi membri l'erede dell'ex-impero ottomano (assai acuta al riguardo l'osservazione di Cardini, che ha attribuito la dichiarata ostilità del francese Giscard d'Estaing a questa soluzione assai più che ad amore per le radici cristiane dell'Europa, alla volontà di impedire un rafforzamento in seno all'Unione della corrente occidentalista -Gran Bretagna, Italia, Spagna- ai danni di quella europeista, rappresentata da Francia, Germania e dai paesi del centro e del nord Europa).

A Gad Lerner, che, pur favorevole all'ingresso della Turchia, sollevava qualche obiezione di compatibilità conseguente al recente trionfo nelle elezioni turche di un partito islamico, anche se dichiaratamente moderato, è stato replicato che il fatto che l'esercito, garante in Turchia della laicità dello stato fin dai tempi di Kemal Ataturk, non sia, al contrario di quanto molti si aspettavano, intervenuto come altre volte con la forza e abbia acconsentito che il governo fosse formato dal partito uscito vincitore dalle elezioni dimostra che l'islamismo di questo è del tutto compatibile non solo con la democrazia, ma con la laicità dello stato (per quanto si tenda a dimenticarlo, i due concetti non sono necessariamente coincidenti).

A parte che, a dispetto delle argomentazioni, per il vero tutt'altro che chiare ed evidenti di Baget Bozzo sul punto, è del tutto discutibile (per non dire assolutamente improponibile), se non la laicità, la democraticità di un paese nel quale all'esercito è stato, quanto meno di fatto, attribuito il ruolo di garante istituzionale, nel dibattito televisivo si è trascurato un non modesto particolare pur segnalato a suo tempo dai mass-media: l'improvviso volo a Washington, nel periodo fra l'esito elettorale e il varo del governo, del comandante delle forze armate turche, dai commentatori concordemente attribuito alla necessità di consultazioni sul comportamento da tenere nei confronti di un governo islamico (in termini più brutali: se accettarlo, abbatterlo, strangolandolo in culla). Ugualmente largamente condivisa l'opinione che Bush, in tutt'altre faccende affaccendato e desideroso di evitare nuove grane col mondo islamico, abbia "suggerito" di rispettare il responso delle urne.

Una notiziola in apparenza modesta e che tuttavia in un solo colpo:
a) toglie valore all'argomento portato a sostegno della compatibilità del partito islamico moderato ora al governo in Turchia col sistema politico europeo;
b) dimostra che l'esercito non ha affatto rinunciato al suo potere di controllo e d'intervento nella vita politica turca anche se in questa occasione è stato indotto a non esercitarlo;
c) prova che gli Stati Uniti conservano, attraverso l'esercito, una forte influenza sulla Turchia.

In realtà, per quanto riguarda quest'ultimo punto, la corrispondente dall'Italia di un giornale turco, a dimostrazione dell'infondatezza delle preoccupazioni di alcuni governi europei in ordine alla possibilità che la Turchia, una volta accolta nell' UE, vi assuma il ruolo di cavallo di Troia degli Usa, ha fatto rilevare che attualmente il governo turco sta conducendo nella crisi irachena una politica per nulla in linea con quella dell'amministrazione americana e anzi definibile come parallela a quella di Francia e Germania, perché diretta ad evitare la guerra contro l'Irak di Saddam Hussein, sicché -ha aggiunto- i veri cavalli di Troia degli States in Europa sono caso mai proprio la Gran Bretagna e l'Italia, con la possibile aggiunta della Spagna.

Per i cavalli italici e britannici purtroppo non è possibile ribattere alcunché, ma per quanto riguarda la Turchia, se è vero come è vero che l'esercito non ha affatto rinunciato ai suoi tradizionali poteri di controllo ed intervento (e di fronte all'evidenza della storia anche recentissima tocca ai turchi dimostrare il contrario, con prove ben più indiscutibili e decisive di quelle esibite all'ONU da Colin Powell a carico di Saddam), la sua politica indipendente e parallela proseguirà soltanto finché gli alti comandi turchi glielo consentiranno e, quindi, finché da Washington non giungerà l'avviso che la ricreazione è finita.


 




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Francesco Mario Agnoli
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