26 aprile 2002

Dopo Austria e Italia c'è in Europa un terzo paese a rischio democrazia e in forme più gravi dei due casi precedenti, sia per la sua importanza e il ruolo svolto in Europa, sia perché il paese contagiato è proprio quello che, avendo dedicato costante e occhiuta attenzione alle tossine antidemocratiche altrui, ha dimenticato di vigilare sulle proprie, che hanno così trovato un ambiente favorevole alla loro incontrollata proliferazione.

AVVERTENZA - Lo scritto che segue non esprime se non in piccola parte (diciamo quella sulla difficoltà delle sinistre a riconoscere la legittimità democratica delle proprie sconfitte elettorali -incapacità che nasce dalla infondatissima convinzione della propria superiorità intellettuale e, soprattutto, morale) la mia opinione sui recenti avvenimenti francesi (oltre tutto sono convinto che monsieur Le Pen possa anche essere una sgradevole reincarnazione contemporanea di monsieur Chauvin, male antico della Francia, ma non quel pericolo pubblico che si pretende). La sua stesura spetterebbe, quindi, di diritto (e di dovere) a chi ha plaudito la vigilanza dell'Europa comunitaria sulla piccola Austria a preteso rischio democrazia e insistito -e ancora si ostina nella richiesta- perché altrettanto si faccia con l'Italia. Tuttavia, nella certezza che nessuno di quanti vi sarebbero tenuti vi provvederà, ho preso l'iniziativa di sostituirmi a loro con quello che, in fondo, è soltanto un "divertissement", non privo però di qualche serietà).

Dopo Austria e Italia c'è in Europa un terzo paese a rischio democrazia e in forme più gravi dei due casi precedenti, sia per la sua importanza e il ruolo svolto in Europa, sia perché il paese contagiato è proprio quello che, avendo dedicato costante e occhiuta attenzione alle tossine antidemocratiche altrui, ha dimenticato di vigilare sulle proprie, che hanno così trovato un ambiente favorevole alla loro incontrollata proliferazione. Appunto questa certezza della propria quasi genetica immunità ha fatto sì che non si sia adeguatamente tenuto conto, pur se con ogni probabilità a quel momento era già tardi, nemmeno del segnale di allarme lanciato al recente "Salone del Libro" di Parigi dalla nota manifestazione dei "rossi di vergogna", antitaliana sì, ma anche, e soprattutto, antidemocratica, perché rivolta contro un governo democraticamente eletto.
Di conseguenza, il morbo, lasciato indisturbato, si è manifestato con una pluralità di sintomi, che ne sottolineano la particolare gravità.

Il primo è il successo elettorale conseguito da un partito ad alto rischio democratico come il F.N. di Jean-Marie Le Pen (e non va dimenticato che nell'area antidemocratica rientrano di pieno diritto, dandole così maggiore consistenza, anche i voti -tutt'altro che pochi- conquistati dai partiti dichiaratamente trotzkisti). Il secondo, ancora più allarmante, è rappresentato dalle manifestazioni cosiddette spontanee (e se lo fossero davvero il sintomo sarebbe ancora più grave) organizzate dalla sinistra contro quella che, per quanto allarme possa suscitare, resta pur sempre una scelta effettuata dall'elettorato attraverso lo strumento fondamentale e caratterizzante della democrazia: il voto popolare.

Non vi è contraddizione nell'effettuare la sommatoria di due fenomeni che, pur in apparenza opposti, non si elidono, ma, appunto, si sommano.
Da un lato, è evidente che un elettorato che dà un successo di misura così rilevante ad un partito ultra-nazionalista e razzista come il F.N. (al confronto i pretesi omologhi italiani appaiono internazionalisti, terzomondisti e perfino fautori della società multietnica) ha dimenticato alcuni dei principi di una moderna democrazia. Dall'altro, ancor più remoti da questi principi sono quanti hanno ritenuto di opporre alla scelta degli elettori (comunque "democratica" nelle forme pur se gravida di rischi nella sostanza) sfilate e manifestazioni di piazza, caratterizzate da un'atmosfera di evidente anche se, per il momento, soprattutto potenziale violenza. Manifestazioni di questo genere, dirette ad ariete contro l'esito di una consultazione elettorale, risultano antidemocratiche tanto nella forma quanto nella sostanza e dimostrano solo come sia incistato nel DNA dei partiti della "gauche" l'incapacità di ammettere che il consenso elettorale possa preferire gli avversari, premiare partiti non di sinistra.
Una incapacità in radicale e insanabile contrasto con la democrazia.
Naturalmente nulla è perduto, ma quanto è avvenuto e sta avvenendo (e non basterà a porvi definitivo riparo la probabilissima vittoria di Chirac nel ballottaggio del prossimo 5 maggio) impone all'Europa comunitaria di tenere alta la guardia e di mettere la Francia sotto osservazione, esattamente come si è fatto per l'Austria e, in forme diverse, più ipocrite e sotterranee, anche per l'Italia.

Francesco Mario Agnoli
(per conto di chì spetta)

 




Vuoi essere informato sulle novità del sito e le iniziative di Identità Europea?
iscriviti cancellati


© Identità Europea 2004
Sito ottimizzato per una visione 800 x 600 px
Explorer 5.0 - Netscape 6 - Opera 7
e superiori


 

 
Francia a rischio di dmocrazia?
Francesco Mario Agnoli
- Cerca nel sito -