febbraio 2002

Amy Ayalon ex capo del servizio di sicurezza interna, che ha dichiarato: "Ogni soldato ha il dovere di rifiutarsi di obbedire a ordini palesemente illegali. Per quanto ne so nei territori vengono impartiti molti ordini illegali, e io vedo che i casi di rifiuto di eseguirli sono troppo pochi. Sia chiaro: quando noi uccidiamo bambini palestinesi disarmati, i soldati hanno ricevuto ordini illegali"....

"Avvenire" di sabato 12 gennaio ha ripreso, apportandovi il contributo di idee del nostro Franco Cardini e di Marco Tarchi, uno scritto di Paolo Milei pubblicato dal "Corriere della Sera" a proposito di allarmanti segnali di un rinascente antisemitismo non solo nei paesi arabi (dove non è mai morto), ma anche nel mondo occidentale, in particolare in Europa..

Sia Marco Tarchi, sia, soprattutto, Cardini hanno espresso dubbi quanto meno sull'eccessività di tale preoccupazione, perché "l'Occidente è rimasto profondamente vaccinato dall'esperienza nazista" (così Cardini, che vede soprattutto "il forte rischio che si diffonda anche in Italia, visto tra l'altro lo spaventoso successo del libro di Oriana Fallaci -un libro che mi ha sconcertato, nonostante il calibro dell'autrice-, un anti-islamismo fanatico e pericoloso").

Personalmente sono convintissimo che l' anti-islamismo , anche se non saprei misurarne l'attuale grado di pericolosità -che mi auguro modesto- sia da tempo in Italia non un rischio, ma una realtà non per effetto del libro della Fallaci (il cui successo ne è soltanto la dimostrazione e la conseguenza), ma dei problemi posti da una immigrazione selvaggia, che per il momento il nuovo governo dimostra, nonostante le buone intenzioni enunciate, di non sapere arginare esattamente come il precedente (indubbiamente più colpevole, perché pretendeva di giustificare la propria incapacità con un buonismo d'accatto).

La realtà dell'anti-islamismo non esclude tuttavia il ritorno di un antisemitismo di fatto, anche se pudicamente celato dietro la distinzione fra ebrei e israeliani, come conseguenza della politica criminale perseguita dal governo del terrorista (fin che si vuole "di stato", ma sempre terrorista e non meno terrorista per il fatto di essere ricevuto con tutti gli onori, proprio in questi giorni, dal presidente Bush, autonominatosi comandante in capo della guerra al terrorismo in tutto il mondo) Ariel Sharon e dall'apparente (anche -come ho appena scoperto- per colpa dei mass-media, che hanno dato poco o nessuno spazio al dissenso) approvazione di un popolo che sembra farsene complice.

Questa la dolorosa constatazione fino alla celebrazione della giornata della memoria, occasione, almeno in Italia, di mettersi a posto la coscienza per una infinità di ipocriti, ai quali nulla importa degli ebrei e tanto meno dei palestinesi, ma anche di una riflessione e di una presa di distanza per tredici ebrei italiani, che hanno voluto rendere pubblico un messaggio che merita di essere integralmente riportato:

"Non crediamo si possa celebrare il 27 gennaio quest'anno solo come giornata della memoria. E' anche giornata dell'onta, onta che il governo Sharon arreca al ricordo della Shoa, aggredendo e tentando di distruggere un altro popolo vittima della storia. E' di fronte a noi la distruzione dei valori etici che l'atrocità dello sterminio addita come necessario e salvifico contraltare. La politica dello Stato israeliano è in questo momento la negazione dei valori che vogliamo celebrare: la convivenza, la tolleranza, l'accettazione dell'altro di sé, il diritto di ogni popolo ad avere una terra in cui vivere senza oppressori. L'annientamento del popolo palestinese perseguito lucidamente dal governo Sharon è un'offesa alla memoria della Shoa.

"Nessuna giustificazione si può addurre per il terrorismo di uno Stato occupante che accusa l'occupato di terrorismo, cieco e sordo di fronte alle proprie responsabilità. Come ebrei italiani che rifiutano totalmente l'attuale politica di Israele come omicida e suicida, vogliamo denunciare questa orrenda contraddizione, ed essere vicini a quegli israeliani e palestinesi che si battono assieme per dimostrare che la convivenza e la pace sono possibili.

"Il nostro silenzio oggi sarebbe complice".



Seguono tredici firme.

Non molte, potrebbe pensare qualcuno e nemmeno tanto significative dal momento che appartengono ad ebrei che vivono in Italia, che forse non conoscono sulla loro pelle quanto accade in Israele. In realtà anche meno di tredici giusti sarebbero bastati a Dio per salvare un popolo dalla punizione e tuttavia si scopre che i giusti sono molti di più, che addirittura fanno parte dell'esercito israeliano e hanno pubblicamente preso posizione sottoscrivendo, a loro rischio, una lettera aperta nella quale dichiarano di "non essere più disposti a dominare un altro popolo, ad espellere, ad affamare, ad umiliare i palestinesi".

E altri si sono aggiunti ai promotori e ai primi firmatari con ulteriori dichiarazioni e commenti. Così Amy Ayalon ex capo del servizio di sicurezza interna, che ha dichiarato: "Ogni soldato ha il dovere di rifiutarsi di obbedire a ordini palesemente illegali. Per quanto ne so nei territori vengono impartiti molti ordini illegali, e io vedo che i casi di rifiuto di eseguirli sono troppo pochi. Sia chiaro: quando noi uccidiamo bambini palestinesi disarmati, i soldati hanno ricevuto ordini illegali". Sulla stessa lunghezza il sergente del Genio Gil Nemesh, che ha detto: "Ho visto i miei amici umiliare la gente, trattarla come io non tratterei nemmeno gli animali. Li ho visti prendersi gioco di un anziano senza colpe, far del male ai bambini, compiere abusi per puro divertimento e poi vantarsene orgogliosi, ridendo di quelle loro tremende brutalità. Per questo ora non sono più sicuro di poterli trattare come amici".

Evidentemente come la follia criminale di Hitler contagiò un popolo civile come il tedesco, Sharon sta facendo lo stesso con il senso morale di una parte degli israeliani, innescando un processo di trasformazione che impedisce alle persone perbene di continuare a considerarli amici (non per nulla i tredici ebrei italiani parlano di "distruzione dei valori etici").

Da ultimo il "J'accuse!" di Baruch Kimmerling, professore all' Università Ebraica di Gerusalemme, che, se coinvolge anche Arafat per la sua miopia talmente estrema da averne fatto una sorta di collaboratore coi progetti di Sharon, ha come primo bersaglio lo stesso Sharon senza risparmiare nemmeno quei pesci in barile del ministro degli esteri Simon Peres e dei suoi colleghi del partito laburista.,

"IO ACCUSO ARIEL SHARON DI AVERE GENERATO UN PROCESSO CHE NON SOLTANTO INTENSIFICHERA' IL RECIPROCO VERSAMENTO DI SANGUE, MA POTRA' CONDURRE AD UNA GUERRA REGIONALE E ALLA PULIZIA ETNICA, PARZIALE O QUASI COMPLETA, DEGLI ARABI NELLA "TERRA D'ISRAELE".

"IO ACCUSO OGNI MINISTRO DEL PARTITO LABURISTA DI QUESTO GOVERNO DI AVERE COLLABORATO ALLA ATTUAZIONE DELLA "VISIONE" FASCISTA CHE L'ESTREMA DESTRA HA DEL FUTURO D'ISRAELE".

Il "J'accuse" di Baruch Kimmerling meriterebbe di essere riportato per intero (lo si può leggere nella pubblicazione "virtuale" fattane dall'Editrice Arianna - arianed@tin.it ), per non superare lo spazio e il tempo di leggibilità sarà sufficiente trascrivere a chiusura, l'accusa finale:

"E ACCUSO ANCHE ME STESSO DI SAPERE TUTTO CIO' EPPURE DI AVERE ALZATO POCO LA VOCE E DI AVERE TACIUTO TROPPO SPESSO".

Un rimprovero che molti officianti della giornata della memoria farebbero bene a rivolgere a sé stessi.




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