8 aprile 2002

Ci rendiamo conto che la Cina, questa terra promessa per aziende, multinazionali, ecc. non è altro che un gigantesco lager duecento milioni di disoccupati, dove non c'è uno straccio di diritto sindacale, dove la forbice tra ricchezza e povertà supera quella dei peggiori capitalismi della storia dove i bambini orfani abbandonati vengono lasciati morire ... ma la Cina non é membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite?

Qualcuno ricorderà le bandiere tibetane appese dai radicali sulla statua del Papa in piazza Cavour e subito fatte togliere dalla forza pubblica o quelle, più inoffensive, esposte agli ultimi piani del grattacielo.

Quest'anno non abbiamo fatto nulla di plateale come le grandi manifestazioni europee che presero il via nel 1996 a Bruxelles con oltre 10.000 partecipanti. Poi venne Ginevra, Parigi, Londra...

Quest'anno ci siamo semplicemente ritrovati all'Hotel Nazionale in piazza Montecitorio a Roma e assieme ad Amnesty International e ad esponenti della comunità tibetana in Italia abbiamo fatto il punto di 14 anni di lotta della Associazione Italia Tibet per la difesa dei diritti del popolo del Tibet. Sua Santità il Dalai Lama ha fatto il suo discorso, non molto diverso per la verità da quelli degli ultimi anni, dove ribadisce la sua fedeltà alla linea non violenta e alla ricerca del dialogo con la controparte cinese. Dialogo che non esiste, non è mai esistito e, secondo la mia modesta opinione, non esisterà mai con questa classe dirigente di macellai abilitati dal consorzio politico ed economico mondiale. La Cina è entrata nel WTO (l'organizzazione del commercio mondiale), avrà le olimpiadi nel 2008 e ha ucciso in seguito a torture oltre 400 esponenti del movimento spirituale Falung Gong, rei di voler praticare certe tecniche di respirazione e meditazione che, secondo il regime di Pechino, darebbero adito a cospirazioni contro la madre patria. Se poi consideriamo le persecuzioni contro gli Uiguri del Turkestan, i mongoli della Mongolia Interna, i moti nelle campagne soffocati con esecuzioni sommarie e le migliaia di Tibetani che languono in galera per reati d'opinione, ci rendiamo conto che questo "Eldorado del terzo millennio", questa terra promessa per aziende, multinazionali, joint venture ecc. non è altro che un gigantesco lager dove sono valutati attendibilmente circa 200.000.000 (duecento milioni) di disoccupati, dove non c'è uno straccio di diritto sindacale, dove la forbice tra ricchezza e povertà supera quella dei peggiori capitalismi della storia dove i bambini orfani abbandonati vengono lasciati morire (c'è un eloquente documentario che prova tutto questo) in fetidi "orfanotrofi", dove il numero delle condanne a morte anche per reati comuni supera quelli di tutto il resto del pianeta, doe alcuni monaci sono stati arrestati e condannati per avere tradotto in tibetano la dichiarazione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite; ma la Cina non é membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite?

La preghiera di Lhasa.
Alcune settimane fa abbiamo avuto a Rimini due giovani monache tibetane, Choyang Kuntsang e.Passang Lhamo, che hanno testimoniato la loro drammatica esperienza di cinque anni passati nel carcere di Drapchi, a Lhasa, dove sono state sottoposte a torture e sevizie irripetibili. La loro "tournèe" in Italia, così come nel resto d'Europa, è stata un grande, chiamiamolo così, successo e ovunque hanno avuto calorose testimonianze di amicizia, simpatia e solidarietà. Sono apparse nei TG Rai locali e nazionali e se ne sono tornate a Dharamsala, dove adesso vivono, dopo essere fuggite dal Tibet, con la sensazione, forse la certezza, che l'occidente era con loro e con tutti i loro connazionali rimasti a marcire nei laogai e nelle galere cinesi. Hanno raccontato di loro consorelle sottoposte ad angherie e violenze di ogni genere, violentate dai loro aguzzini anche con bastoni elettrici. Cose che si fatica a scrivere, a raccontare, ad ascoltare. Ma c'è una ragazza, poco più di una bambina, che ora è diventata l'emblema di questa sofferenza ma anche di questa eroica resistenza. E' Ngawang Sangdrol, arrestata la prima volta a soli 12 anni per aver partecipato ad una Manifestazione a favore del Tibet libero.

Ngawang Sangdrol ha ora 25 anni e, se non interverranno fattori esterni, uscirà di prigione nel 2014.
Avete capito bene. Una bambina in Tibet è stata condannata a 22 anni di carcere per aver gridato 'Tibet Libero" e per non aver mai voluto "cambiare stato d'animo" come le imponevano i suoi carcerieri dopo ore, giorni, mesi di indicibili torture. Una storia surreale e angosciante ma piena di insegnamenti e occasioni per profonde riflessioni. In questi giorni ho letto un libro (La Prigioniera di Lhasa, Ed Fandango) che parla di questa piccola, eroica, stupenda bambina, della sua infanzia nella Lhasa degli anni '80, della sua famiglia, dei suoi modelli e della sua straziante e caparbia forza di volontà. Non piegarsi, soffrire, morire ma non piegarsi. Essere un esempio, un modello. Un faro guida per tutti quei giovani tibetani condannati a rinnegare la loro cultura, la loro lingua, la loro religione e le loro tradizioni. Condannati a diventare cinesi.

Leggetelo questo libro. E' oltretutto scritto e tradotto benissimo. Leggetelo anche se del Tibet non ve n'è mai importato nulla. Non vi farà piacere. Forse verserete qualche lacrima o inorridirete ma molto spesso vi farà sentire parte di una coscienza che non vuole rassegnarsi a dimenticare il valore dell'eroismo, dell'amore per chi siamo e da dove veniamo. Un libro che "risveglia" nel vero senso, profondo, umano e interiore. Un libro che ti fa venire la voglia di non smettere di lottare.




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