Non
provo alcun "livore antioccidentale" né antistatunitense:
faccio considerazioni storiche e politiche, e se esse risultano critiche
nei confronti del mondo occidentale o degli USA ciò dipende
unicamente da un giudizio che cerco di mantenere sereno e di documentare
e che non parte da pregiudizi di sorta...
Ho letto la replica di Luigi Amicone a un mio articolo comparso sulla
"Gazzetta del Mezzogiorno" a proposito della guerra afghana.
Il tono del mio articolo era senza dubbio polemico, ma riprendeva una
serie di cose che da molto tempo vado scrivendo e dicendo sui rapporti
fra mondo occidentale e Islam e che si guardano bene dal costituire una
unilaterale apologia di quest'ultimo. Da quel che Amicone (che da ora
in poi, per brevità, indicherò con le iniziali LA) dice,
parrebbe che egli ignori i miei precedenti interventi, dal momento che
sostiene che io non sappia, o che io dimentichi, una quantità di
cose che egli sa bene invece fino a che punto io ben conosca. Ma non credo
che la risposta di LA sia ispirata né a buonafede, né a
una volontà seria di dialogare per giungere a un qualunque punto
d'intesa.
La sua è polemica. Che non ho il dovere di raccogliere dal momento
che il mio maestro in giornalismo, Indro Montanelli, mi ha insegnato quando
collaboravo a "Il Giornale" sotto la sua direzione - tra 1982
e 1994 - che soltanto con i propri eguali si deve incrociare la lama.
Ora, LA ed io non siamo uguali: molto diverse sono le nostre rispettive
forme di preparazione e le nostre rispettive competenze. Tuttavia, gli
ho già dato altre prove di carità cristiana: ad esempio
qualche mese fa, rinunziando a una querela per una cosa pubblicata sul
mio conto su "Tempi" e che gli avrebbe procurato un bel danno
economico. Gliene darò un'altra, rispondendogli.
1. Che il mio scritto sia "un'articolessa", che sia
rozza" e che denoti "sarcasmo professorale" e un qualche
"vizietto un po' ruffiano", sono provocazioni e offese un po'
ingenue; lasciamo correre.
2. Non provo alcun "livore antioccidentale" né
antistatunitense: faccio considerazioni storiche e politiche, e se esse
risultano critiche nei confronti del mondo occidentale o degli USA ciò
dipende unicamente da un giudizio che cerco di mantenere sereno e di documentare
e che non parte da pregiudizi di sorta. Ho poi ben il diritto di scegliere
volta per volta, a seconda delle occasioni, se dare alle mie considerazioni
un tono più o meno distaccato o più o meno polemico o perfino
sarcastico. Ciò non ne pregiudica la sostanza.
3. Non ho nulla a che fare con miliardari esiliati a Parigi e con
gauche-caviar in genere; la prossima volta che sarò a Parigi, ci
andrò con altri a rappresentare la cultura italiana al Salon du
Livre, su invito e su designazione di quel governo Berlusconi del quale
secondo LA sarei un critico tanto livido e prevenuto. LA sa benissimo
che io ero uno dei non troppi intellettuali e studiosi italiani non-allineati
con la sinistra in tempi non sospetti, quando essa era al potere.
4. Conosco molto poco la lingua araba; conosco invece discretamente
la storia e la cultura islamica. Sono soltanto i miei meriti di studioso
che mi hanno procurato considerazione nel mondo musulmano: non sono e
non sono mai stato sul libro-paga di nessuno. Sia chiaro. Lo sfido formalmente
a provare il contrario. Ed è questo un merito che so di non poter
condividere con troppi altri: inclusi parecchi giornalisti, vero?
5. Il sostegno USA ai Taliban non data, come LA vuol fra credere,
solo al tempo della guerra degli afghani contro l'aggressione sovietica,
ma anche e soprattutto a più tardi: al 1995-96, col tramite arabo-saudita
e pakistano.
6. Il paragone tra Taliban e nazismo, come tra situazione europea
degli Anni trenta e situazione mondiale di oggi, è del tutto fuori
luogo e ha un puro valore di terrorismo dialettico. Mi faccia il piacere,
LA, di non considerarmi tanto sciocco da cadere in un ricatto e in un
tranello di tale grossolanità.
7. le argomentazioni di personaggi quali Amir Taheri mi sono ben
note, e più volte dal canto mio ne ho fatte di analoghe e di ancor
più gravi nei confronti di personaggi e di aspetti del mondo islamico;
quel che è importante è non fare il gioco delle tre carte,
non derubricare tutto l'Islam a fanatismo, a liberticidio, a violenza,
non generalizzarne gli aspetti meno civili e non dimenticare che esistono
molti Islam e che il fanatismo islamistico è ancora minoritario.
8. Che io non sappia "niente di ebrei", né di
aspetti antisionisti della compagna arabo-islamica contro Israele, è
affermazione gratuita di LA che evidentemente non legge, di quel che scrivo,
se non quel che gl'interessa a scopi polemici. La sudanese Alfa o la nigeriana
Afya rappresentano casi
gravissimi: ma non si può giudicare l'intero Islam sul metro di
quegli avvenimenti, ed è la legittimità di tali generalizzazioni
che io contesto, come contesto il fatto che troppo spesso gli occidentali
hanno appoggiato nei paesi musulmani l'ascesa al potere delle oligarchie
peggiori perché più comode per i loro scopi politici o economici
(cfr. il libro di Riccardo Cristiano La speranza svanita).
9. Insinuare che chi non approva l'attuale politica statunitense
nei confronti di parte del mondo islamico sia perciò stesso"antioccidentale",
e in quanto tale in un modo o nell'altro anche "antisraeliano",
e quindi criptoantisemita, è un altro dei soliti ricatti che con
me non funzionano.
10. Non ho mai avuto simpatie per gli emirati del Golfo; che l'embargo
contro l'Irak sia una vergogna non lo sostengo soltanto io; lo hanno sostenuto,
tra gli altri, anche i due Alti Commissari dell'ONU che si sono dimessi
per protesta; che Saddam sia stato lasciato al suo posto (da Bush senior)
perché faceva comodo alla politica statunitense, è un dato
di fatto; che l'embargo sarebbe aggirabile solo se le autorità
irakene volessero impiegare del danaro per farlo, è un argomento
improponibile alla luce del minimo buon senso.
11. LA ricorda i casi della Somalia e del Sudan. Dopo i noti fatti
- fra cui la distruzione, "per errore", di un centro di produzione
farmaceutica sudanese - eviterei, se fossi in lui, di toccare proprio
quei tasti.
12. LA enumera parecchie colpe dei regimi arabi e musulmani: ha
parecchie ragioni nel farlo, per quanto la sua requisitoria ammucchi un
po' indiscriminatamente il richiamo a fatti diversi fra loro per origine
qualità e siginicato. Ne giri comunque le accuse che da ciò
scaturiscono ai governi USA e occidentali, che di gran parte di quei regimi
sono stati finora i sostenitori, mentre oggi mutano atteggiamento nei
confronti di personaggi come Gheddafi solo perché la libia rientra
nel programma di mutamento, nei tempi brevi-medi, di politica di approvvigionamento
delle risorse petrolifere (dal Golfo Persico all'Asia centrale, alla Libia
stessa ecc.). Del resto, Bush ha sempre sostenuto di non star facendo
la guerra all'Islam, per la buona ragione che la stragrande maggioranza
dei governi islamici, in un modo o nell'altro, stanno con lui. Che le
loro colpe sianoquindi prese in carico da chi apprezza - come LA - la
politica del presidente Bush: non da chi - come me - non è d'accordo
con essa e la critica. Ma se davvero per LA e soci l'Islam è così
infame e retrivo, perché essi non chiedono al presidente USA di
uscire dall'ambiguità, e attaccaresul serio l'Islam nel suo complesso?
Non rischiano di trovarsi, continuando ad appoggiarne le scelte, obiettivamente
alleati di quei musulmani che tanto disprezzano e che tanto lontani sarebbero
dalla libertà e dalla civiltà?
13. Chiamare "crimine nazista" l'attentato dell'11 settembre
e "nuovi Hitler" i terroristi è un'altra ricaduta nel
tormentone ricattatorio delle parole e degli esempi che non calzano. LA
alterna lo stile della recriminazione polemica a quello dell'arringa retorica.
E' troppo appellarsi alla sua professionalità per chiedergli di
scegliere una linea almeno stilistica un po' meno grossolana e di uscire
da queste forme di malafede puerile?
14. L'Iran è sempre stato il primo nemico dei Taliban, anche
quando gli USA appoggiavano tanto essi quanto l'infiltrazione propagandistica
whahabita dall'Arabia in Afghanistan sostenuta dai loro amici sauditi.
LA mi accusa di non seguire la cronaca: anche se fosse vero, difficilmente
arriverei ai suoi livelli di distrazione e di disinformazione nascosti
dal tentativo di mettere insieme a colpi di colla e forbici episodi eterogenei
fra loro (abilità analoga a quella di chi estrapola passi del Corano
per dimostrare che l'Islam è una religione violenta: v'immaginate
i risultati, se applicassimo ad esempio lo stesso metodo alla Bibbia?).
15. Attribuirmi illusioni rousseauiane sull'Islam e sugli stati
islamici non è solo una menzogna: è un'ignoranza volontaria
del mio lavoro e un insulto gratuito alla mia serietà professionale
di storico. Essa non si fonda su alcuna prova: si avvale solo della certezza
massmediale che il più arrogante calomniez, calommniez paghi in
termini pubblicisti e resti impunito su quelli giudiziari. Ancora una
volta, qui si oltrepassano i limiti della calunnia cercando di danneggiare
la mia immagine di studioso. Rinunzio ancora una volta alla rivalsa in
termini giudiziari: ma denunzio i caratteri di un metodo e la qualità
morale di chi lo usa e che esso consente di valutare appieno.
16. L'immagine che LA dà dell'escatologia musulmana, al
termine di una requisitoria nella quale egli vorrebbe provare, tra l'altro,
la disinformazione e la rozzezza altrui, è semplicemente vergognosa.
17. L'idea che LA ha della solidarietà islamica è
totalmente disinformata. Crede LA che non vi sia nessuna iniziativa umanitaria
e ispirata alla solidarietà dietro ad esempio le 1200 nuove moschee
del Kazakstan? Ignora ad esempio tutto LA a proposito del sistema bancario
musulmano e del suocarattere solidaristico?
18. "Niente lacrime su Guantanamo", dice LA. Giusto.
Niente lacrime. Ma nemmeno il cinismo di chi sa di aver il coltello dalla
parte del manico perché si sente il più forte. Occorre senso
vigile della giustizia e applicazione del diritto internazionale. E nessuno
sconto su chi viola i diritti umani, nemmeno se è il più
forte e blatera di farlo nel nome della libertà.
19. Dopo le molte cose dette, a proposito della politica statunitense
e della globalizzazione, non solo da personaggi come Chomsky e Baudrillard,
ma perfino da un Luttwak o da un Baldassarre, credo sarebbe giusto lasciar
perdere i toni trionfalistici e apologetici sull' "Occidente"
e interrogarsi
serenamente sulle contraddizioni che emergono dalle vicende degli ultimi
mesi. Negli USA, dalla protesta contro le leggi che limitano il diritto
d'informazione a proposito della "guerra" fino alle implicazioni
dello scandalo Enron, molto si sta facendo. Credo che la causa della libertà
e della civiltà occidentale si serva meglio mantenendo vigile la
sorveglianza piuttosto che non difendendo a ogni costo scelte che finora
non hanno condotto né alla cattura dei veri o presunti responsabili
dell'11 settembre, né al sicuro e comprovato smantellamento delle
reti terroristiche, né alla soluzione di quei problemi che - come
il conflitto israeliano-palestinese - alimentano le simpatìe per
il radicalismo islamico.
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