Franco Cardini
Ho letto la replica di Luigi Amicone...
 
27 febbraio 2002

Non provo alcun "livore antioccidentale" né antistatunitense: faccio considerazioni storiche e politiche, e se esse risultano critiche nei confronti del mondo occidentale o degli USA ciò dipende unicamente da un giudizio che cerco di mantenere sereno e di documentare e che non parte da pregiudizi di sorta...

Ho letto la replica di Luigi Amicone a un mio articolo comparso sulla "Gazzetta del Mezzogiorno" a proposito della guerra afghana. Il tono del mio articolo era senza dubbio polemico, ma riprendeva una serie di cose che da molto tempo vado scrivendo e dicendo sui rapporti fra mondo occidentale e Islam e che si guardano bene dal costituire una unilaterale apologia di quest'ultimo. Da quel che Amicone (che da ora in poi, per brevità, indicherò con le iniziali LA) dice, parrebbe che egli ignori i miei precedenti interventi, dal momento che sostiene che io non sappia, o che io dimentichi, una quantità di cose che egli sa bene invece fino a che punto io ben conosca. Ma non credo che la risposta di LA sia ispirata né a buonafede, né a una volontà seria di dialogare per giungere a un qualunque punto d'intesa.

La sua è polemica. Che non ho il dovere di raccogliere dal momento che il mio maestro in giornalismo, Indro Montanelli, mi ha insegnato quando collaboravo a "Il Giornale" sotto la sua direzione - tra 1982 e 1994 - che soltanto con i propri eguali si deve incrociare la lama. Ora, LA ed io non siamo uguali: molto diverse sono le nostre rispettive forme di preparazione e le nostre rispettive competenze. Tuttavia, gli ho già dato altre prove di carità cristiana: ad esempio qualche mese fa, rinunziando a una querela per una cosa pubblicata sul mio conto su "Tempi" e che gli avrebbe procurato un bel danno economico. Gliene darò un'altra, rispondendogli.

1. Che il mio scritto sia "un'articolessa", che sia rozza" e che denoti "sarcasmo professorale" e un qualche "vizietto un po' ruffiano", sono provocazioni e offese un po' ingenue; lasciamo correre.
2. Non provo alcun "livore antioccidentale" né antistatunitense: faccio considerazioni storiche e politiche, e se esse risultano critiche nei confronti del mondo occidentale o degli USA ciò dipende unicamente da un giudizio che cerco di mantenere sereno e di documentare e che non parte da pregiudizi di sorta. Ho poi ben il diritto di scegliere volta per volta, a seconda delle occasioni, se dare alle mie considerazioni un tono più o meno distaccato o più o meno polemico o perfino sarcastico. Ciò non ne pregiudica la sostanza.
3. Non ho nulla a che fare con miliardari esiliati a Parigi e con gauche-caviar in genere; la prossima volta che sarò a Parigi, ci andrò con altri a rappresentare la cultura italiana al Salon du Livre, su invito e su designazione di quel governo Berlusconi del quale secondo LA sarei un critico tanto livido e prevenuto. LA sa benissimo che io ero uno dei non troppi intellettuali e studiosi italiani non-allineati con la sinistra in tempi non sospetti, quando essa era al potere.
4. Conosco molto poco la lingua araba; conosco invece discretamente la storia e la cultura islamica. Sono soltanto i miei meriti di studioso che mi hanno procurato considerazione nel mondo musulmano: non sono e non sono mai stato sul libro-paga di nessuno. Sia chiaro. Lo sfido formalmente a provare il contrario. Ed è questo un merito che so di non poter condividere con troppi altri: inclusi parecchi giornalisti, vero?
5. Il sostegno USA ai Taliban non data, come LA vuol fra credere, solo al tempo della guerra degli afghani contro l'aggressione sovietica, ma anche e soprattutto a più tardi: al 1995-96, col tramite arabo-saudita e pakistano.
6. Il paragone tra Taliban e nazismo, come tra situazione europea degli Anni trenta e situazione mondiale di oggi, è del tutto fuori luogo e ha un puro valore di terrorismo dialettico. Mi faccia il piacere, LA, di non considerarmi tanto sciocco da cadere in un ricatto e in un tranello di tale grossolanità.
7. le argomentazioni di personaggi quali Amir Taheri mi sono ben note, e più volte dal canto mio ne ho fatte di analoghe e di ancor più gravi nei confronti di personaggi e di aspetti del mondo islamico; quel che è importante è non fare il gioco delle tre carte, non derubricare tutto l'Islam a fanatismo, a liberticidio, a violenza, non generalizzarne gli aspetti meno civili e non dimenticare che esistono molti Islam e che il fanatismo islamistico è ancora minoritario.
8. Che io non sappia "niente di ebrei", né di aspetti antisionisti della compagna arabo-islamica contro Israele, è affermazione gratuita di LA che evidentemente non legge, di quel che scrivo, se non quel che gl'interessa a scopi polemici. La sudanese Alfa o la nigeriana Afya rappresentano casi
gravissimi: ma non si può giudicare l'intero Islam sul metro di quegli avvenimenti, ed è la legittimità di tali generalizzazioni che io contesto, come contesto il fatto che troppo spesso gli occidentali hanno appoggiato nei paesi musulmani l'ascesa al potere delle oligarchie peggiori perché più comode per i loro scopi politici o economici (cfr. il libro di Riccardo Cristiano La speranza svanita).
9. Insinuare che chi non approva l'attuale politica statunitense nei confronti di parte del mondo islamico sia perciò stesso"antioccidentale", e in quanto tale in un modo o nell'altro anche "antisraeliano", e quindi criptoantisemita, è un altro dei soliti ricatti che con me non funzionano.
10. Non ho mai avuto simpatie per gli emirati del Golfo; che l'embargo contro l'Irak sia una vergogna non lo sostengo soltanto io; lo hanno sostenuto, tra gli altri, anche i due Alti Commissari dell'ONU che si sono dimessi per protesta; che Saddam sia stato lasciato al suo posto (da Bush senior) perché faceva comodo alla politica statunitense, è un dato di fatto; che l'embargo sarebbe aggirabile solo se le autorità irakene volessero impiegare del danaro per farlo, è un argomento improponibile alla luce del minimo buon senso.
11. LA ricorda i casi della Somalia e del Sudan. Dopo i noti fatti - fra cui la distruzione, "per errore", di un centro di produzione farmaceutica sudanese - eviterei, se fossi in lui, di toccare proprio quei tasti.
12. LA enumera parecchie colpe dei regimi arabi e musulmani: ha parecchie ragioni nel farlo, per quanto la sua requisitoria ammucchi un po' indiscriminatamente il richiamo a fatti diversi fra loro per origine qualità e siginicato. Ne giri comunque le accuse che da ciò scaturiscono ai governi USA e occidentali, che di gran parte di quei regimi sono stati finora i sostenitori, mentre oggi mutano atteggiamento nei confronti di personaggi come Gheddafi solo perché la libia rientra nel programma di mutamento, nei tempi brevi-medi, di politica di approvvigionamento delle risorse petrolifere (dal Golfo Persico all'Asia centrale, alla Libia stessa ecc.). Del resto, Bush ha sempre sostenuto di non star facendo la guerra all'Islam, per la buona ragione che la stragrande maggioranza dei governi islamici, in un modo o nell'altro, stanno con lui. Che le loro colpe sianoquindi prese in carico da chi apprezza - come LA - la politica del presidente Bush: non da chi - come me - non è d'accordo con essa e la critica. Ma se davvero per LA e soci l'Islam è così infame e retrivo, perché essi non chiedono al presidente USA di uscire dall'ambiguità, e attaccaresul serio l'Islam nel suo complesso? Non rischiano di trovarsi, continuando ad appoggiarne le scelte, obiettivamente alleati di quei musulmani che tanto disprezzano e che tanto lontani sarebbero dalla libertà e dalla civiltà?
13. Chiamare "crimine nazista" l'attentato dell'11 settembre e "nuovi Hitler" i terroristi è un'altra ricaduta nel tormentone ricattatorio delle parole e degli esempi che non calzano. LA alterna lo stile della recriminazione polemica a quello dell'arringa retorica. E' troppo appellarsi alla sua professionalità per chiedergli di scegliere una linea almeno stilistica un po' meno grossolana e di uscire da queste forme di malafede puerile?
14. L'Iran è sempre stato il primo nemico dei Taliban, anche quando gli USA appoggiavano tanto essi quanto l'infiltrazione propagandistica whahabita dall'Arabia in Afghanistan sostenuta dai loro amici sauditi. LA mi accusa di non seguire la cronaca: anche se fosse vero, difficilmente arriverei ai suoi livelli di distrazione e di disinformazione nascosti dal tentativo di mettere insieme a colpi di colla e forbici episodi eterogenei fra loro (abilità analoga a quella di chi estrapola passi del Corano per dimostrare che l'Islam è una religione violenta: v'immaginate i risultati, se applicassimo ad esempio lo stesso metodo alla Bibbia?).
15. Attribuirmi illusioni rousseauiane sull'Islam e sugli stati islamici non è solo una menzogna: è un'ignoranza volontaria del mio lavoro e un insulto gratuito alla mia serietà professionale di storico. Essa non si fonda su alcuna prova: si avvale solo della certezza massmediale che il più arrogante calomniez, calommniez paghi in termini pubblicisti e resti impunito su quelli giudiziari. Ancora una volta, qui si oltrepassano i limiti della calunnia cercando di danneggiare la mia immagine di studioso. Rinunzio ancora una volta alla rivalsa in termini giudiziari: ma denunzio i caratteri di un metodo e la qualità morale di chi lo usa e che esso consente di valutare appieno.
16. L'immagine che LA dà dell'escatologia musulmana, al termine di una requisitoria nella quale egli vorrebbe provare, tra l'altro, la disinformazione e la rozzezza altrui, è semplicemente vergognosa.
17. L'idea che LA ha della solidarietà islamica è totalmente disinformata. Crede LA che non vi sia nessuna iniziativa umanitaria e ispirata alla solidarietà dietro ad esempio le 1200 nuove moschee del Kazakstan? Ignora ad esempio tutto LA a proposito del sistema bancario musulmano e del suocarattere solidaristico?
18. "Niente lacrime su Guantanamo", dice LA. Giusto. Niente lacrime. Ma nemmeno il cinismo di chi sa di aver il coltello dalla parte del manico perché si sente il più forte. Occorre senso vigile della giustizia e applicazione del diritto internazionale. E nessuno sconto su chi viola i diritti umani, nemmeno se è il più forte e blatera di farlo nel nome della libertà.
19. Dopo le molte cose dette, a proposito della politica statunitense e della globalizzazione, non solo da personaggi come Chomsky e Baudrillard, ma perfino da un Luttwak o da un Baldassarre, credo sarebbe giusto lasciar perdere i toni trionfalistici e apologetici sull' "Occidente" e interrogarsi
serenamente sulle contraddizioni che emergono dalle vicende degli ultimi mesi. Negli USA, dalla protesta contro le leggi che limitano il diritto d'informazione a proposito della "guerra" fino alle implicazioni dello scandalo Enron, molto si sta facendo. Credo che la causa della libertà e della civiltà occidentale si serva meglio mantenendo vigile la sorveglianza piuttosto che non difendendo a ogni costo scelte che finora non hanno condotto né alla cattura dei veri o presunti responsabili dell'11 settembre, né al sicuro e comprovato smantellamento delle reti terroristiche, né alla soluzione di quei problemi che - come il conflitto israeliano-palestinese - alimentano le simpatìe per il radicalismo islamico.

 

 




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