Franco Cardini
Previsioni di una guerra annunciata
 
Novembre 2002

Ci sarà la guerra contro l'Iraq...
1) Perché il farla è un affare interno degli USA...
2) La guerra avvantaggierà l'economia statunitense...
3) il collegamento tra estabishment politico statunitense nel suo complesso e lobbies petrolifere (e non solo) è strettissimo...
4) il terrorismo non è una reazione naturale allo sfruttamento economico...
5) nel fondamentalismo islamista e nel terrorismo non c'è nulla di "arcaico"...
6) Ormai esiste negli Usa un vero e proprio "pensiero politologico imperiale"

Ci sarà la guerra contro l'Iraq.

1) Perché il farla è un affare interno degli USA. L'hanno decisa la Casa Bianca, il Congresso, le lobbies dei petrolieri e dei produttori d'armi. È necessaria per l'egemonia nelle risorse petrolifere e per il rilancio della produzione industriale. È necessaria per ribadire l'egemonia statunitense sul mondo e i principio secondo il quale gli USA non sono soggetti ad alcuna disciplina istituzionale.
Tutto bene. Sia chiaro però che la lotta al terrorismo internazionale, la battaglia contro il fondamentalismo islamico e la difesa della pace e della democrazia non c'entrano nulla.
Il terrorismo è un male. Non è il Male, ma semmai ne costituisce un atroce sintomo. Il male in sé, quello dal quale sorgono i movimenti terroristici e nel quale trovano alimento, è la spaventosa sperequazione esistente nel mondo e la crescente coscienza che i popoli sfavoriti (oltre 4 miliardi, quasi 5: più dell'80% della popolazione mondiale) ne stanno ormai acquisendo. Su ciò bisogna agire per battere il terrorismo: la via è quella di Jonannesburg (appunto che Bush ha con la consueta arroganza mancato), non quella delle bombe sull'Afghanistan (e tanto meno di quelle su Baghdad):

2) La guerra avvantaggierà l'economia statunitense (si pensi solo al giro d'affari degli arsenali che si svuoteranno e che sarà necessario riempire); quel che Bush ritiene avvantaggerà gli USA è comunque, semmai, il controllo del petrolio irakeno una volte eliminato Saddam e insediato al suo posto un governo collaborazionista, espressione dell'Iraq National Congress, che negli Usa è già pronto ad essere insediato e ad accettare le direttive americane sulla gestione delle risorse petrolifere del paese; la posta in gioco non è soltanto economia, e la dirigenza Usa sa bene che suo piano strategico potrebbe anche costituire una perdita ulteriore, tuttavia ripianta su quello strategico ed economico-strategico di lunga portata, a parte la ripercussione interna in termini di popolarità per la "gloriosa vittoria", Bush ha di nuovo bisogno di un po' di sostengo di proletari sottopagati e di sottoproletari magari disoccupati americani che si gratifichino di stars and stripes e dimentichino così i loro guai interni;

3) il collegamento tra estabishment politico statunitense nel suo complesso e lobbies petrolifere (e non solo) è strettissimo, come le carriere dei due Bush, del Cheney e della Rice dimostrano;

4) il terrorismo non è una reazione naturale allo sfruttamento economico: è il risultato della manipolazione politica gestita da alcuni leaders dotati di una strategia ideologica (i capi delle organizzazioni terroristiche di stampo islamico, che mirano attraverso il terrorismo a costruirsi una base di consenso di massa; è quello che intendeva fare Bin Laden in Arabia Saudita, se davvero Bin Laden è quel che ci hanno detto che sia, (della qual cosa sono sempre meno convinto) e recepita da alcune èlites ideologizzate uscite da milioni di oppressi e di sfruttati;

5) nel fondamentalismo islamista e nel terrorismo non c'è nulla di "arcaico": Che le madri benedicano i figli che vanno a morire è il risultato di valori che per noi occidentali possono essere premoderni ma che appartengono semplicemente a una cultura diversa dalla nostra; il che tuttavia non toglie che i leaders terroristi (gente che ha studiato in Occidente, che gestisce i traffici di armi, di droga e di denaro, che ha contatti finanziari imprenditoriali e tecnologici con realtà occidentali) siano assolutamente moderni e occidentali nei loro valori pratici. Tutto ciò è stato spiegato molto bene da Giles Kepel nel suo libro Jihad. Va da sé che il terrorismo non sia soltanto antiamericano. Esso tende a creare nuovi spazi e nuove realtà politiche alternative al mondo della globalizzazione dominato da una superpotenza, da alcune subpotenze e da qualche centinaio di gruppi multinazionali: gli Usa possono essere il gendarme di questo "nuovo ordine" o "nuovo disordine" mondiale, non ne sono il soggetto esclusivo;

6) Ormai esiste negli Usa un vero e proprio "pensiero politologico imperiale" (ne sono campioni personaggi come Krautheimer: rinvio documentazione prodotto dal n. di settembre di "Le Monde dìplomatique ") che affida senza ambagi all'Europa il compito di far da gendarme ausiliario territoriale alle forze armate dell'impero, in altre parole, ascari. Ma l'alleanza tra Usa ed Europa non è tra eguali: Bush esige la nostra solidarietà, la vuole pronta e incondizionata, ma quando poi nascono problemi con l'Europa (come si è visto qualche mese fa, a proposito della questione dell'acciaio) fra l'interesse degli Usa senza badare agli alleati.



Con queste premesse, la situazione in rapporto all'Iraq risulta la seguente:

A - l'offerta irakena di apertura incondizionata agli ispettori dell'Onu, propostali 16 settembre, ha smascherato il bluff di Bush, che spudoratamente ha immediatamente cambiato le carte in tavola, pretendendo che l'offerta irakena non fosse neppur presa in considerazione (se la fosse, su che cosa potrebbe Bush fondare una parvenza di legalità al suo proposito aggressivo?) Ora il problema non è più la detenzione o meno, da parte irakena, di armi chimiche, biologiche o atomiche e la possibilità d'ispezioni Onu al riguardo, ma il suo disarmo assoluto, immediato, incondizionato. Il che fra l'altro creerebbe un gravissimo precedente: tra qualche mese o anno, a chi chiederà analoga resa la superpotenza? All'Iran? O magari all'India? O alla Russia? O alla Cina? O alla Francia? Con quale diritto gli Usa, scavalcando tutte le istituzioni internazionali, formula unilateralmente una pretesa del genere? Siamo disposti ad accettare dopo due secoli di vita democratica occidentale, il puro, duro esplicito diritto della forza? Se è così, siamo di nuovo alla giungla, sia pur giungla postmoderna e ipertecnologica. Frattanto, lo spettacolo che il governo Bush sta offrendo è semplicemente indecoroso: si rinfaccia a Saddam, per dimostrare che egli è un pericolo, la gasazione dei 5000 curdi del 1988. Ma allora Saddam era amico e alleato degli Usa, e commise il suo crimine grazie a mezzi e copertura da essi offerti. Perché gli Usa non scatenarono allora la loro crociata?

B - La posizione di Bush nei confronti dell'Onu è inaccettabile nella forma e nella sostanza. Il presidente Usa avverte che gli Usa faranno comunque la loro "guerra preventiva"all'Irak con, o senza, o contro il parere dell'Onu. L'ultimatum non è quindi all'Irak: è all'Onu, a tutti noi. Fino a quando continueremo a voltarci dall'altra parte e a fingere che non sia accaduto nulla?

C - La teoria dell'azione preventiva è contro ogni legge e ogni diritto. È semplicemente esclusa dalla normativa cristiana dello iustum bellum; è - eufemismo a parte - una guerra d'offensiva, un'aggressione. È un caso previsto e condannato in modo esplicito dalla Carta dell'Onu e dalla Costituzione della repubblica italiana, che la rifiuta solennemente.

D - Le prove "fabbricate" da Usa e Gran Bretagna a carico dell'Irak sono ridicole. Nessun organo strategico serio ha dato importanza alle "rivelazioni"dell'istituto privato di studi strategici cui si è rivolto il signor Blair. Le "prove" sulla pericolosità militare dell'Irak sono smentite una per una, seccamente e dettagliatamente, dall'Ispettore Onu (statunitense) Scott Ritter (per la documentazione prodotta dal quale rinvio al libro di William Rivers Pitt. Guerra all'Iraq, Roma, Fazi 2002). L'accusa di collusioni tra Saddam e al -Quaeda si appoggia, del pari, su indizi deboli, fabili, indiretti (qualche contatto personale di singoli agenti ecc.) e astrae dal fatto che nell'Irak di Saddam (uno dei più "laici" tra i regimi arabo-musulmani) gli islamismi sono stati e restano duramente perseguitati. Per il resto, l'equazione "i nemici dei nemici sono amici" non può servire a surrogare prove concrete inesistenti o insufficienti. Tutti chiedono a Bush prove ed egli risponde invariabilmente con affermazioni di averne ma non le produce; in cambio, pretende di essere creduto sulla parola.

E - Le ragioni di Bush per entrare in guerra poggiano sulla sua difficile situazione interna (che egli spera di aggirare con l'antico espediente del "nemico alle porte") e sul fatto che l'Irak sta facendo affari e potrebbe anche stingere accordi con alcune subpotenze, quali soprattutto Russia (creditrice di Saddam per circa 9 miliardi di dollari) e Cina. Bush ha mercanteggiato con tali subpotenze per ottenere - cosa acquisita ieri con l'approvazione della risoluzione sul disarmo iracheno - che esse non esercitino il loro diritto di veto in sede di Consiglio di sicurezza dell'Onu, del quale sono membri permanenti. Non lo hanno fatto e così gli Usa permetteranno loro di partecipare in modo subordinato alla ridefinizione della gestione delle ricchezze petrolifere irakene all'indomani dell'aggressione e dell'insediamento del governo collaborazionista altrimenti, sarebbero stati esclusi dalla cogestione subordinata. Ciò vale a fortino per quei paesi europei che si ostinassero a comportarsi con dignità e con fedeltà alle istituzioni internazionali (non sarà il caso dell'Italia, a quanto pare).

F - Tutto ciò si consumerà nel più assoluto disprezzo della vita di non si sa quanti innocenti irakeni, già provati e decimati dall'embargo. Il loro sacrificio anonimo andrà a ingrossare le fila dei poveri morti senza colpa di cui nessuno parla, compresi quelli che ancor oggi stanno morendo in Afghanistan. Abbiamo pianto un anno le vittime dell'11 settembre 2001; che cosa rende le altre meritevoli del più sprezzante dei silenzi? Anche i nostri soldati, anche noi, siamo complici di tutto questo. Speriamo almeno che in Italia si trovi il coraggio di vergognarci.

G - Corollario biografico, Bush chiede spesso fiducia sulla parola e incita bellicosamente a prender le armi. Un po' di senso dello humour, non dico di dignità, non guasterebbe, "Armiamoci e partite". Come dicono gli americani, Bush è un chickenhawk, un "falco-gallina".

Alla fine degli anni Sessanta lo studente universitario George W.Bush Jr., trovandosi nelle condizioni di dover partire per il Vietnam, non esitò a sfruttare l'influenza del padre, parlamentare oltre che petroliere, per farsi arruolare negli aspiranti piloti della Guardia Nazionale del Texas, evitando così di partire pr il Vietnam (in quel tempo morivano 350 soldati satunitensi a settimana). In seguito, ha acquistato popolarità come governatore del Texas respingendo sistematicamente le domande di grazia dei condannati a morte e in un coaso si è permesso di dileggiare una condannata mimandone in Tv la disperazione. È a questo chichenhawk che pare siano affidate le sorti della pace nel mondo.
A questo punto, a dir le cose chiare come stanno, ci troviamo dianzi a un affare autenticamente sporco e disonorevole. Qui non è questione di Destra o Sinistra, e nemmeno di opinioni specifiche. La macchina in moto no si può arrestare. Ma smascherare si. Altrimenti, se non ci opponiamo agli orrori e ai delitti che oggi si stanno preparando con la nostra complicità, con quale coraggio potremo continuar a blaterare ai nostri figli del dovere morale di resistere ai Lager e ai Gulag?




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