Michele Ghisleri
Il libro della settimana: Perché l'Europa non può non dirsi cristiana
 
giugno 2003

Franco Cardini
EUROPA.
LE RADICI CRISTIANE

Il Cerchio
pp. 216, € 16.00

un testo per la verità già pubblicato dallo stesso editore nel 1997, ma completamente rivisto alla luce delle tematiche attuali

 

Il concetto di "Europa" e di "Europei" è presente ormai da più di mille anni. Il primo a introdurlo (Greci a parte) fu forse l'anonimo cronista di Cordova cui dobbiamo una narrazione dettagliata della battaglia di Poitiers - combattuta, com'è noto, da Carlo Martello contro gli arabi nel 732 -, utilizzando la parola "Europeenses" per indicare l'esercito franco e i suoi alleati in contrapposizione ai musulmani guidati dal califfo Abd-ar-Rahmân. Un concetto solo politico-territoriale, oppure anche religioso?

Oggi si fa un gran parlare di unità europea, e il dibattito è quanto mai acceso anche per la controversa proposta di inserire, all'interno della nuova Costituzione in via di stesura, il richiamo alla religione cristiana come fattore "collante" e "caratteristico" proprio dell'essere europei. Ma ha davvero senso, in tempi di ateismo, scetticismo, globalizzazione e massiccia immigrazione sul continente di un gran numero di persone che professano fedi diverse, un tale richiamo, oppure no?

Alla domanda cerca di rispondere il bel saggio di Franco Cardini intitolato "Europa. Le radici cristiane" (Il Cerchio): un testo per la verità già pubblicato dallo stesso editore nel 1997, ma completamente rivisto alla luce delle tematiche attuali. Il libro - spiega lo stesso Cardini, medievista di chiara fama "non è una storia dell'Europa come Cristianità, né dell'Europa cristiana, né dei rapporti tra cristianesimo ed Europa", ma vuole analizzare il rapporto tra l'idea d'Europa e il cristianesimo stesso. E lo fa partendo da quell'epoca - il Medioevo - che vide proprio il trionfo della fede e della spiritualità, e ricordando alcuni protagonisti della sua plurimillenaria storia - Carlo Magno, certo, ma anche gli Asburgo -come i suoi più grandi difensori e importanti rappresentanti.

Quali sono dunque le "radici" dell'Europa? Quale la sua identità? Non è semplice dirlo. I confini geografici sono sempre stati fluttuanti, e lo dimostra anche l'attuale dibattito che riguarda l'inserimento dell'Est e, soprattutto, della Turchia. Le lingue parlate sono diverse, diverse le culture, diversi gli Stati. La stessa unità religiosa, faticosamente conquistata nell'alto Medioevo (anche a suon di lotte contro i musulmani e i pagani e di conversioni forzate) fu poi rotta dalla Riforma protestante.

Comunque sia, è possibile individuare alcuni elementi - l'arte, l'architettura, la cultura, la religiosità - che possono essere considerati le cifre di un concetto comune, che se non "Europa" può essere chiamato, più genericamente, "occidente".

L'espressione "Europa cristiana" si diffuse a livello storico e pubblicistico nel Settecento e conobbe la sua massima teorizzazione nel saggio - scritto nel 1799 ma pubblicato solo nel 1826 - "La Cristianità ovvero l'Europa" di Novalis: un'opera in cui il filosofo e poeta tedesco sosteneva che l'Europa può essere unita solo nel cristianesimo e che tale unità, realizzata nel Medioevo, fu rotta con la Riforma luterana e distrutta definitivamente dall'Illuminismo e dalla Rivoluzione francese. L'idea di una "Europa cristiana" conobbe assai scarso successo anche nell'Ottocento, con l'avanzare dello scientismo e della laicizzazione. Ma oggi è tornata attuale, insieme all'esigenza di individuare le proprie radici. Del resto, scrive Cardini, quando si parla di radici, e cioè di passato, si parla anche di presente. Un presente che per l'Europa non sembra molto confortante: "Si sta costruendo l'Unione Europea, ma nelle scuole ancora non si parla d'Europa, non ci si cura di far conoscere le letterature europee, insomma poco si fa per la crescita d'una coscienza patriottica europea". Certo nessuno, precisa lo storico, vuole rinunciare alla propria appartenenza locale, cittadina, regionale, nazionale: ciò che manca, però, è un'appartenenza europea che vada oltre il solo mercato. Finora l'Europa è una bandiera, una moneta, non ancora una Costituzione, né un sistema giudiziario, né un esercito. E se c'è un Inno comune - l'Inno alla Gioia, dalla Nona di Beethoven - mancano le parole. Manca una squadra europea per cui tifare e manca un seggio nel Consiglio di sicurezza dell'Onu. E la religione? Il pluralismo, anche a causa dell'immigrazione, è ormai un dato innegabile, del quale occorre tener conto. Ragion per cui, secondo lo storico, forse non potrà essere esclusivamente cristiano lo spirito dell'Europa futura. Il problema, allora, è individuare il ruolo che la tradizione cristiana vi potrà esercitare. Un ruolo al quale gli stessi cristiani hanno il diritto-dovere di contribuire, e che comunque non potrà non essere, di fatto, storia alla mano, preponderante. Anche perché senza un'Europa dei popoli e delle culture, rispettosa della storia bimillenaria del nostro continente, ci potrà essere solo un'Europa dei mercati, dei banchieri e dei poteri forti. Ovvero senz'anima.

 

 




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