Maurizio
Giattanasio

Muti: "No alla globalizzazione della musica: livella le orchestre".
Da IL Giornale di martedì 4 settembre 2001
 
 

É stata fatta una equalizzazione del suono, c'è stato un livellamento a discapito dell'individualità e della personalità dell'orchestra".

"Sono contrario alla globalizzazione della musica, al supermarket del suono". Il maestro Riccardo Muti è a San Paolo, accompagnato dalla filarmonica della Scala. Una mini-tournée di tre concerti nel nuovo auditorio dell'orchestra di Stato di San Paolo che seguono le trionfali serate argentine. Un suggello in più ? se ce ne fosse bisogno ?per l'orchestra in gran parte costituita da professori scaligeri a cui Muti ha datò un'identità e un'individualità assolutamente sui generis.

Un'identità che rischia però di essere messa in crisi dal sistema discografico, dalla ricerca esasperata di una qualità puramente "digitale" del suono che livella tutto. Trasformando hegelianamente le orchestre del mondo nella notte in cui tutte le vacche sono nere. Muti salva solo tre compagini: quella della Scala, la filarmonica di Vienna e di Philadelphia: "Se accendo la radio e sento un brano di Dvorjac non riesco più a riconoscere l'esecuzione: le orchestre di Londra, Monaco, Parigi o Bratislava. si assomigliano tutte. É stata fatta un'equalizzazione del suono, c'è stato un livellamento a discapito dell'individualità e della personalità dell'orchestra". Con la conseguenza paradossale che "le grandi orchestre ci perdono e le piccole ci guadagnano".

Ma in realtà, seguendo il filo del ragionamento di Muti a perderci è proprio la musica e il suo mistero inesauribile. Proprio per questo motivo il maestro non si dà per vinto: "Combatto la globalizzazione della musica e il supermarket del suono. Quando ero giovane andavo al mercato e sceglievo il pomodoro più bello, quello che mi piaceva di più. Oggi si va al supermercato e si compra una scatola che va bene per tutti. É invece importante che nel nostro mondo si mantengano le diversità nell'interesse della cultura e dei popolo pensando sempre però al bene comune". Un concetto che Muti ribadisce più volte e articola secondo le varie totalità: "Si deve vivere nella musica come si vive nella società: uniti nella diversità".

Quindi nessuna inflessione localistica. La musica per sua natura varca tutti i confini: "Non credo nel nazionalismo in musica - sottolinea il maestro ? tanto è vero che il più grande interprete della musica impressionistica francese è un pianista tedesco". Il pericolo è un altro: che ragioni, strettamente tecniche o semplicemente quantitative, livellino peculiarità e tradizioni, che il colore del mondo si trasformi in un grigio plumbeo. Un pericolo reale: "Da parte della case discografiche ? è il grido d'allarme di Muti ? c'è la ricerca di un'ideale di suono che è~ un'ideale tecnico. Tanto è vero che ci sono degli amanti dei dischi che si interessano più della qualità del suono che dell'interpretazione". Un fenomeno che travalica la stessa sala d'incisione: "Tutto ciò ha fatto si che anche le sale per i concerti venissero modificate per rispondere a questo canone tecnico. Molto spesso le sale sono costruite con un ideale di acustica da ingegnere dei suono piuttosto che da musicista. Con il risultato che i grandi ci hanno perso e i piccoli guadagnato". Una responsabilità che però non è tutta da mettere sul conto delle tecnologie o degli ingegneri del suono. "Tocca ai direttori preservare la personalità del suono e dell'orchestra. Una volta i francesi avevano un suono facilmente individuabile. Esattamente come i tedeschi. Vuoi per la tradizione, vuoi per il valore della scuola, tutto portava a individuare l'orchestra".

Oggi non è più così. Sono poche le compagini ad aver mantenuto la propria individualità artistica. Tra queste Muti ci mette senz'altro l'orchestra della Scala: "Per il suo suono luminoso che nasce dalla grande esperienza dell'opera". Non potevano mancare i Wiener: "La filarmonica di Vienna è una delle pochissime orchestre in grado di. mantenere la sua identità culturale e di suono. Con dei musicisti sempre molto attenti all'interpretazione. Il loro suono è più melanconico rispetto a quello della Scala, ma esattamente come gli scaligeri hanno, una grande cantabilità perché anche loro nascono come orchestra d'opera". Che la lirica sia la vera risposta alla globalizzazione?

 

 




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