Giovanni Mariscotti
Riforma Moratti, la partita comincia ora

Da " LA CRONACA DI PIACENZA" 18.03.03

 
 

L'INTERVENTO:
"Sia benvenuta l'approvazione, anche se il provvedimento non è entusiasmante"

Allora è fatta! La riforma Moratti è approvata. E', finalmente, definitiva la "Delega al governo delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia d'istruzione e di formazione professionale". Questo è il vero nome del provvedimento adottato: un contenitore tutt'altro che anonimo e informe, tutt'altro che un generico sacco da riempire con qualsiasi regolamento. Per gli insegnanti (cui si prospetta l'evento importante di ritornare veri professionisti dopo un trentennio di progressiva riduzione ad un rango fra l'impiegatizio e l'assistenza sociale) la vera partita si apre adesso.

Restano fuori le famiglie ancora ignorate. Ora dovrebbero entrare in scena. Il condizionale è d'obbligo perché nel succedersi delle tante leggi che hanno letteralmente trasmutato la scuola italiana negli ultimi anni, è mancato e manca ancora il tassello fondamentale della partecipazione e di come sarà assicurata la libertà di scelta fra pubblico e privato.

Il ministro Moratti ha solo stabilito una cornice, all'interno va disegnato il quadro. Il primo rischio è che resti una cornice. Così è capitato a Berlinguer: la sua riforma dei cicli era pur legge, ma il passato governo di centrosinistra non ne fece niente. Il nuovo governo, prima ne ha sospeso gli effetti e poi l'ha sostituita con la riforma Moratti. Altro rischio è che il quadro sia disegnato in desolante e piatta continuità con la precedente riforma Berlinguer. Da più parti, infatti, si afferma trattarsi di una stessa cosa, della riforma Berlinguer-Moratti. La partita vera comincia adesso e dovrà essere giocata a tutto campo.

Sia benvenuta, dunque, l'approvazione della riforma, anche se il provvedimento - visto da vicino e considerato nel suo formarsi - non è entusiasmante. Così come è stata la sua gestazione, in sostanza blindata ed estranea al mondo della scuola combattente. Esperti o sedicenti tali, consiglieri e consulenti, ad ogni livello, sono rimasti gli stessi, quelli di prima, del ministro Berlinguer.

Restano, ora, molti passi da compiere ed il lavoro del ministero per i prossimi due anni - termine per la pubblicazione dei decreti attuativi della riforma - non dovrà rimanere, come il provvedimento legislativo appena approvato, riserva di caccia per i soliti noti. Occorre un'ampia partecipazione e una netta qualificazione. Non basta, infatti, ricordare - con tono un po' enfatico - la riforma Gentile d'ottanta anni fa o i successivi tentativi di riforma globale morti sul nascere, occorrerebbe, più umilmente e realisticamente, ricordarsi e ricordare alla gente degli oltre 40 ordini del giorno, fra Camera e Senato, che accompagnano la legge di riforma e che rappresentano il segno di disagio di un Parlamento obbediente e disciplinato ma sostanzialmente imbavagliato su quanto approvasse.

Però qualche merito la riforma lo ha guadagnato. E' il caso del canale dell'istruzione e formazione professionale che assume una sua autonomia e soprattutto pari dignità rispetto al percorso scolastico e che supera l'attuale anomalia rappresentata dall'obbligo fino a 15 anni, che costringe gli alunni ad un anno di frequenza in un istituto superiore prima di poter accedere alla formazione professionale. Con la riforma, invece, il momento della scelta è uguale per tutti: dopo la scuola media o si entra nel canale dell'istruzione e formazione professionale o si prosegue nel canale dei licei. Certo che qualche problema potrà esserci nella progettazione di questo nuovo canale in cui confluisce sia la formazione professionale (riservata alle Regioni) sia l'istruzione professionale (finora statale). Si tratta però di una sfida interessante: nei due anni di tempo si potrà superare l'ambiguità, per fare un esempio tutto piacentino, di un istituto professionale di stato (il Leonardo da Vinci) che istruisce e di una società Tutor Spa (già Centro Formazione professionale regionale) che forma. E' poi senz'altro più ricca ed articolata l'attuale offerta regionale di formazione, rispetto la corrispondente statale.

Altra partita tutta da giocare ma con ampie prospettive positive per i giovani. Insomma l'impianto della riforma in sé può essere condivisibile e l'avere mantenuto alla scuola media la sua specificità - restituendole il terzo anno scippato dalla riforma Berlinguer - consente di adempiere ad un preciso compito di controllo sociale su tutti i preadolescenti. Piacenza, in questo, può dirsi "Primogenita": la razionalizzazione della rete scolastica realizzata 4 anni fa nel nostro Comune, dalla passata amministrazione Guidotti, ha mantenuto l'impianto scolastico così com'era, anticipando la riforma Moratti: nessuna scuola media cittadina ha subito il processo di "verticalizzazione" (la stessa piccola scuola Nicolini ha mantenuto la sua identità) in un momento in cui tanti erano incantati dall'abolizione del terzo anno e dall'unificazione dei primi due alla scuola elementare o dalla riduzione di un anno dell'intero ciclo di studi (con Berlinguer sarebbe terminato a 18 anni anziché a 19 com'è sempre stato e come continuerà ad essere.) Resta l'incognita dell'iscrizione anticipata alle scuole materne ed elementari finora non accompagnata da un adeguato supporto didattico-pedagogico.

Per ora si tratta solo di una buona intenzione, anche un po' pericolosa che rischia di svalutare la portata educativa della scuola dell'infanzia e della scuola elementare.

Un'altra partita tutta da giocare. Resta, ed è grave, l'indifferenza verso gli insegnanti che considerano blindato non solo il testo approvato e vanificati i risultati delle audizioni ministeriali finora svolte, ma lo stesso ministero, e più distante il loro allineamento all'Europa.

 

 




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