Il
futuro?
E'
la
memoria
del
passato.
Ed
è
pure
lo
straordinario
paradosso
del
grande
poeta
Josè
Luis
Borges:
un'intuizione
davvero
geniale,
tale
da
rendere
alla
storia
tutto
quanto
il
suo
magico
potere
suggestivo.
Il
futuro?
E'
la
memoria
del
passato.
Ed
è
pure
lo
straordinario
paradosso
del
grande
poeta
Josè
Luis
Borges:
un'intuizione
davvero
geniale,
tale
da
rendere
alla
storia
tutto
quanto
il
suo
magico
potere
suggestivo.
Un
distillato
inebriante,
di
secolari
vicende
e
tormentate
passioni;
di
trame
diaboliche
e
misteri
insondabili:
un
cocktail
esplosivo
da
sorbire
con
studiata
lentezza,
ma
insieme,
con
rara
voluttà.
Di
più.
Se
diamo
alle
parole
il
significato
e
il
valore
che
esse
giustamente
reclamano,
il
grande
potere
suggestivo
appena
evocato,
come
potremmo
tradurlo,
se
non
alla
maniera
di
Cicerone?
Historia,
magistra
vitae.
Né,
altrimenti,
sapremmo
intendere
la
storia;
né,
diversamente,
potremmo
interpretarla
dalla
cattedra:
una
ricerca
di
valori,
lezioni
e
motivi
scavati
nel
passato,
una
luce
per
squarciare
le
tenebre
del
futuro.
Sogniamo:
il
mito
di
Prometeo
che
si
rinnova.
Un
concetto
superato?
Una
fantasia
romantica?
Forse,
semplicemente,
la
strada
più
onesta
e
sicura
per
rincorrere
quel
progresso
cui
l'uomo
naturalmente
aspira,
e
che
troppi
incerti
prestigiatori
improvvisano
con
mille
ambiguità.
Il
rischio,
sennò,
è
quello
di
inseguire
le
vicende
umane,
catturarle
e,
poi,
domarle,
quasi
per
un
gioco
stucchevole,
fine
a
se
stesso.
La
storia,
pura
astrazione,
è
una
storia
senza
tempo,
come
Peter
Schlemihl,
l'ineffabile
uomo
senza
ombra
di
Chamisso:
un'idea
troppo
snob,
da
lasciare
alla
poesia.
Chissà,
forse
è
proprio
la
poesia
a
muovere
l'uomo
nelle
sue
vicende
che
diventano
storia,
ma
essa
stessa,
presto,
diventa
scienza,
materia
di
analisi
scientifica.
Ma
se
il
discorso
rischia
di
diventare
troppo
ermetico
cerchiamo
di
chiarirlo
con
una
rapida
ricognizione
etimologica,
a
scoprire
l'origine
della
parola
storia:
un
termine
già
illuminante,
se
si
considera
la
sua
stessa
radice
del
vedere
(vid,
oida).
Lo
storico
(histor,
vistor)
era
per
i
greci
colui
che
racconta,
ma
insieme
colui
che
vede,
che
esperimenta,
che
testimonia
in
se
stesso
il
proprio
evento
e
quello
del
suo
tempo.
Questo
rinvio
al
vedere
e
al
sapere
spiega
anche
perché
la
questione
della
storia
sia
legata
strettamente
a
quella
del
senso
della
storia
e
del
tempo.
E
noi
sappiamo
che
il
senso
greco
del
tempo
sembra
scandirsi
sin
dall'inizio
sul
modello
naturale
delle
stagioni
ritornanti,
fino
ad
esprimersi
nella
visione
ciclica
della
storia.
Sul
piano
della
scienza
storica
tutto
ciò
non
poteva
tradursi
che
nella
capacità
di
leggere
il
senso
presente
e
del
futuro
a
partire
da
ciò
che
è
stato:
il
passato
ritorna
e
passa
ancora
e,
di
conseguenza,
solo
il
sapere
del
passato
dona
la
saggezza
del
tempo.
Tucidide,
del
resto,
all'inizio
della
sua
Storia,
dice
che
suo
unico
intento
è
di
far
chiarezza
negli
eventi
passati,
ma
anche
su
quelli
che
nel
futuro
si
ripeteranno
in
modo
uguale
e
analogo.
La
storia,
dunque,
come
ritorno
dell'identico.
Riaffiora,
così,
alla
fine,
il
grande
veggente,
Borges,
la
voce
più
alta
del
'900:
Il
futuro?
E'
la
memoria
del
passato.
Ed
è
anche
la
nostra
certezza,
la
formula
magica;
forte
di
questo
patrimonio
potremo
guardare
negli
occhi
i
nostri
alunni
e
trascinarli
nell'avventura
della
vita.
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