Francesco Mastrantonio
La Storia
novembre 2003
 
 

Il futuro? E' la memoria del passato. Ed è pure lo straordinario paradosso del grande poeta Josè Luis Borges: un'intuizione davvero geniale, tale da rendere alla storia tutto quanto il suo magico potere suggestivo.

Il futuro? E' la memoria del passato. Ed è pure lo straordinario paradosso del grande poeta Josè Luis Borges: un'intuizione davvero geniale, tale da rendere alla storia tutto quanto il suo magico potere suggestivo. Un distillato inebriante, di secolari vicende e tormentate passioni; di trame diaboliche e misteri insondabili: un cocktail esplosivo da sorbire con studiata lentezza, ma insieme, con rara voluttà. Di più. Se diamo alle parole il significato e il valore che esse giustamente reclamano, il grande potere suggestivo appena evocato, come potremmo tradurlo, se non alla maniera di Cicerone? Historia, magistra vitae. Né, altrimenti, sapremmo intendere la storia; né, diversamente, potremmo interpretarla dalla cattedra: una ricerca di valori, lezioni e motivi scavati nel passato, una luce per squarciare le tenebre del futuro. Sogniamo: il mito di Prometeo che si rinnova.
Un concetto superato? Una fantasia romantica? Forse, semplicemente, la strada più onesta e sicura per rincorrere quel progresso cui l'uomo naturalmente aspira, e che troppi incerti prestigiatori improvvisano con mille ambiguità.
Il rischio, sennò, è quello di inseguire le vicende umane, catturarle e, poi, domarle, quasi per un gioco stucchevole, fine a se stesso.
La storia, pura astrazione, è una storia senza tempo, come Peter Schlemihl, l'ineffabile uomo senza ombra di Chamisso: un'idea troppo snob, da lasciare alla poesia.
Chissà, forse è proprio la poesia a muovere l'uomo nelle sue vicende che diventano storia, ma essa stessa, presto, diventa scienza, materia di analisi scientifica.
Ma se il discorso rischia di diventare troppo ermetico cerchiamo di chiarirlo con una rapida ricognizione etimologica, a scoprire l'origine della parola storia: un termine già illuminante, se si considera la sua stessa radice del vedere (vid, oida). Lo storico (histor, vistor) era per i greci colui che racconta, ma insieme colui che vede, che esperimenta, che testimonia in se stesso il proprio evento e quello del suo tempo.
Questo rinvio al vedere e al sapere spiega anche perché la questione della storia sia legata strettamente a quella del senso della storia e del tempo.
E noi sappiamo che il senso greco del tempo sembra scandirsi sin dall'inizio sul modello naturale delle stagioni ritornanti, fino ad esprimersi nella visione ciclica della storia.
Sul piano della scienza storica tutto ciò non poteva tradursi che nella capacità di leggere il senso presente e del futuro a partire da ciò che è stato: il passato ritorna e passa ancora e, di conseguenza, solo il sapere del passato dona la saggezza del tempo.
Tucidide, del resto, all'inizio della sua Storia, dice che suo unico intento è di far chiarezza negli eventi passati, ma anche su quelli che nel futuro si ripeteranno in modo uguale e analogo. La storia, dunque, come ritorno dell'identico.
Riaffiora, così, alla fine, il grande veggente, Borges, la voce più alta del '900: Il futuro? E' la memoria del passato.
Ed è anche la nostra certezza, la formula magica; forte di questo patrimonio potremo guardare negli occhi i nostri alunni e trascinarli nell'avventura della vita.




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