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I
professori non hanno intanto perso soltanto la loro importanza, il
loro degno stipendio e la loro autorità, ma la loro stessa
identità. Su cosa si devono formare? Sono molti i docenti, i presidi, i genitori e anche gli alunni che si
lamentano e non condividono le agitazioni studentesche che caratterizzano
questo momento dell'anno scolastico. Ma non me la prendo con gli studenti, che fingono indignazione e sconforto ogni volta che si pongono sul tappeto determinate questioni - ma solo determinate questioni, beninteso - e non esitano a mascherare la loro massima aspirazione, cioè anticipare le vacanze natalizie, manifestando un generico quanto improduttivo "dissenso" verso l'istituzione scolastica, che quasi sempre significa solo ed esclusivamente ostacolare il normale svolgimento delle lezioni (ma quanti, tra l'altro, sono veramente consapevoli dei reali problemi della scuola italiana, e quanti sono veramente d'accordo con queste agitazioni e non preferirebbero, invece, continuare a fare lezione normalmente, ma si adeguano solo per conformismo). Non me la prendo con le famiglie, che, invece di intervenire a bloccare questa situazione e impedire che i loro figli perdano tempo (anche se questi ultimi dicono di impegnarsi per un'azione "civica e democratica"), si limitano, nella migliore delle ipotesi, a una generica lamentela verso la scuola, accantonando del tutto l'idea di accordarsi tra loro, perché dimenticano che anche loro fanno parte, con dei rappresentanti regolarmente eletti, dei Consigli di classe e d'istituto. Non me la prendo con qualcuno dei miei colleghi, che allarga le braccia
(come me, d'altronde.), del tutto neutralizzato da questa forza della
natura, qual è la protesta studentesca; o che plaude in silenzio
a questa protesta, perché è convinto che realmente porti
a qualcosa, o magari perché Non me la prendo nemmeno con i Presidi, che di fatto non provano ad impedire
che questa pantomima si riproponga ogni anno, con lo stesso esordio, lo
stesso andamento e lo stesso esito. Insomma, non me la prendo con gli effetti, ma con le cause. E le cause
sono remote, ma certo sempre attuali. Si deve risalire molto addietro
nel tempo, quando si cominciarono a diffondere quelle nuove idee sull'educazione,
che si iscrivono in un progetto culturale tendente sostanzialmente a rifiutare
la tradizione, per costruire finalmente un "uomo nuovo". Tanto è vero che inesorabilmente poi accade che a scuola sia lecito
parlare di tutto, e di niente: i contenuti diventano indifferenti, possono
essere questi o quelli, a volontà. Concludo con il pensiero dello studioso Estanislao Cantero Nunez: "L'immaginazione
e l'intuizione presuppongono delle idee, delle conoscenze. Senza di esse
la "creatività" è ridotta a fantasia irrealizzabile
e, una volta messa in pratica, a fallimento e distruzione. Ma per avere
le idee che la rendono possibile ci vuole una disciplina, la disciplina
imposta dalla verità, alla quale deve assoggettarsi l'opera creatrice". |
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