Andrea Monda
L'Europa e la fede
 
novembre 2003
L’Europa e la fede
Giornalista, saggista, polemista, romanziere, poeta, storico, apologeta cristiano e uomo politico. Hilaire Belloc spiega "L’Europa e la fede" nell'omonimo saggio

Belloc, Hilaire
L’Europa e la fede
Il Cerchio, Rimini, 2003
Pagg.222,
Euro 16

Tra il luglio e l’agosto 2003 Giovanni Paolo II ha dedicato le meditazioni dell’Angelus Domini, al tema delle radici cristiane dell’Europa. Si può anzi aggiungere che l’ultima grande sfida che il Pontefice romano sta affrontando nell’autunno del suo regno, è proprio quello di impedire che la costituenda unità europea, con tanto di Carta Costituzionale in via di compilazione, si realizzi senza alcun riferimento al patrimonio spirituale del cristianesimo che in qualche modo è strettamente collegato alle vicende del Vecchio Continente. Non è una battaglia che l’anziano pontefice polacco sta combattendo da solo: insieme e dietro di lui ci sono secoli di tradizione cristiana che parlano di un legame, quasi di una identificazione (con tutta l’ambiguità che questo concetto porta con sé) tra l’Europa e la cristianità.

Per tutti questi motivi è quanto mai “attuale” (altro concetto insidioso) la pubblicazione del saggio di Hilaire Belloc intitolato semplicemente e significativamente L’Europa e la fede.

Belloc, chi era costui? Ce lo spiega bene Paolo Gulisano nell’introduzione – peraltro Gulisano è un esperto” in quanto a Belloc ha dedicato recentemente un bel saggio critico1 – in cui viene succintamente elencato tutto quello Belloc fu: giornalista, saggista, polemista, romanziere, poeta, storico, apologeta cristiano ma anche uomo politico, venendo eletto due volte al Parlamento di Londra. A dispetto del cognome, infatti, il poliedrico Hilaire, anche se nato in Francia da padre francese, fu cittadino inglese al 100%, e, forse è meglio dire, fu cittadino europeo. Gulisano si sofferma, giustamente, su questo particolare biografico: Belloc amava viaggiare, a piedi. Il suo libro più famoso fu, non a caso, Path to Rome, un resoconto del suo viaggio-pellegrinaggio verso l’Urbe.

Nello stesso periodo un altro geniale suddito di sua maestà britannica volgeva i suoi passi verso Roma di cui cantava e auspicava la “resurrezione”: Gilbert Keith Chesterton. I due divennero amici e compagni di battaglie politiche e sociali. Insieme diedero vita alla Lega Distributista, un primo tentativo di terzo partito in Inghilterra, che ispirava la sua linea riformista alla neonata dottrina sociale della Chiesa. La loro amicizia fu così salda che Bernard Shaw, loro acerrimo nemico-estimatore coniò proprio per loro due il nome di “ChesterBelloc” ad indicare che quella unità si era realizzata in una sorta di terribile mostro bicefalo. Chesterton e Belloc avevano tanti punti in comune, non solo la fede cattolica (che in realtà Gilbert riconquistò solo nel 1922): la stessa passione per il ragionamento, il paradosso, la stessa difesa della religione e dell’uomo comune, lo stesso poliedrico talento artistico, la stessa prolificità. Per Belloc si contano infatti più di 150 pubblicazioni in quasi cinquanta anni di vulcanica attività (scrisse fino al 1953, quando morì a 83 anni)… quasi tutte inedite qui in Italia.

E’ quindi da salutare con gioia questo rinato interesse per un autore della sua portata e per la pubblicazione di questo saggio, centrale nella produzione di Belloc sia dal punto di vista cronologico che da quello contenutistico, a distanza di dieci anni dall’edizione, per Liberlibri del suo saggio politico più importante: Lo Stato servile scritto nel 1913 ma, anch’esso di un’attualità “profetica”. Sette anni dopo, e soprattutto dopo il “mattatoio” della Grande Guerra che fece voltare pagina alla storia segnando la fine del primato del Vecchio Continente, Belloc prova con il saggio L’Europa e la fede a rifondarne le radici, radici che non possono non essere religiose, perché, e anticipiamo subito le conclusioni: “in questo momento cruciale rimane salda la verità storica che questo nostro organismo europeo, eretto sulle nobili fondamenta dell’antichità classica, fu plasmato dalla Chiesa cattolica, grazie ad essa esiste… L’Europa tornerà alla Fede o perirà. Poiché la Fede è l’Europa e l’Europa è la fede”.

Belloc arriva a queste lapidarie affermazioni attraverso un percorso, scorrevole nello stile narrativo quanto stringente nella forza dei ragionamenti logici, che inevitabilmente si concentra sul MedioEvo. Perché l’unità europea, oggi tanto affannosamente ricercata dai nostri attuali governanti, già è avvenuta nella storia in quel periodo in cui vigeva la Res Publica Christiana. Da Carlo Magno a Carlo V, per sette secoli l’Europa fu e si avvertì unita in un’unica fede. Con la fine del 15^ secolo subentra la triplice frattura e si spaccano le tre unità: quella geografica, con il viaggio di Colombo, quella religiosa, con la riforma luterana e, conseguentemente, anche l’unità politica va in frantumi per cui con Carlo V prenderà vigore il principio “cuius regio eius religio” e si affermeranno gli stati nazionali.

Il saggio di Belloc non contiene solo una rilettura, acuta e stimolante, del Medio Evo, ma anche la ricerca della possibilità di una “coscienza europea”; tale coscienza esiste ed esiste solo nel cattolicesimo che non ha, dice Belloc, solo “un punto di vista” sull’Europa ma ne rappresenta la appunto la coscienza perché “vi può essere un punto di vista protestante come ve n’è un ebraico, o musulmano, o giapponese: ché tutti considerano l’Europa dal di fuori. Il cattolico invece guarda l’Europa dall’interno: non può esistere quindi un “punto di vista” cattolico della storia europea allo stesso modo che una persona non può avere un punto di vista su se stessa”.

Si capisce da tutto questo che il libro di Belloc, oggi verrebbe etichettato come “scorretto politicamente”, che è un altro modo di dire che si tratta di un saggio molto interessante.

 




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