E'
essenziale infatti rendere più autorevole e solida possibile
la guida del mondo, così necessaria e ciò non si può
fare solo annuendo alle scelte dell'amministrazione USA...
Prima della caduta del muro di Berlino l'equilibrio internazionale si
reggeva su due blocchi contrapposti. Quando gli USA erano schierati da
una parte, l'altra tendeva a cercare appoggi in URSS e viceversa, ma ambedue
le superpotenze si muovevano con circospezione, per non provocare reazioni
che avvantaggiassero l'avversario. A quell'epoca che l'America parteggiasse
per Israele, che desse la precedenza ai propri interessi nazionali, di
cui tutti i paesi occidentali si sentivano partecipi, era ovvio, l'URSS
faceva altrettanto.
Dopo il 1989 gli USA sono rimasti la sola superpotenza ma la scomparsa
dell'URSS ha lasciato un vuoto di potere che l'America non ha ancora colmato.
Infatti il ruolo guida di uno solo è completamente diverso: mentre
prima bastava la bandiera della libertà, della democrazia rappresentativa,
del benessere, adesso le possibilità e i traguardi sono più
ampi e complessi.
Un solo capo, per esser tale, deve esserlo di tutti, deve interagire col
mondo come una comunità di popoli, comportandosi da buon padre
di famiglia, con un occhio di riguardo ai figli più sfavoriti,
e la comprensione che i popoli hanno diritto di seguire percorsi diversi
dal suo, cioè dall'industrializzazione e dal progresso occidentale.
Quando l'unica superpotenza non riesce a mettere a fuoco la nuova era
di ordine pacifico finalmente possibile, coniugando libertà e benessere
con la giustizia e un uso costruttivo del pianeta, allora il vuoto di
potere aumenta, al vecchio equilibrio bipolare, fondato sulla minaccia
atomica, non se ne sostituisce un altro e nella storia può aprirsi
un'ansa di violenze anarchiche, che rischia di diffondere un disastro
di civiltà a livello planetario.
L'America ha raggiunto dei grandi traguardi in molti campi, ma bisogna
guardare ora a quei limiti che le rendono difficile assolvere al meglio
il compito di "caput mundi": è essenziale infatti rendere
più autorevole e solida possibile la guida del mondo, così
necessaria e ciò non si può fare solo annuendo alle scelte
dell'amministrazione USA.
La storia americana è legata strettamente all'Europa anche se il
paese è stato costruito soprattutto sull'etica protestante e sulle
utopie illuministe, le quali rappresentano la rottura con le radici della
tradizione europea classica ed ebraico-cristiana. Proprio questa rottura,
sia fisica che culturale, dei padri pellegrini con il continente d'origine
ha aperto una delle due bocche perennemente affamate dell'America: quella
per le sue radici tagliate, per le opere dell'arte, dell'architettura,
della filosofia europea, per il rinascimento.
L'altra bocca affamata dell'America è quella per la Frontiera e
la conquista.
E' impossibile ignorare la somiglianza fra la storia della Terra Promessa
del popolo d'Israele e il movimento verso ovest della Frontiera americana.
Nella terra di Canaàn come in America i conquistatori agirono con
la concezione più ampia possibile di idolatria e con l'idea più
ottusa di giustizia, conquistando con la stessa ferocia e volontà
genocida, ma con un'importante differenza. Là dove la cupidigia
e violenza della frontiera americana ha prodotto un'etica dell'avidità
che ha giustificato l'industrializzazione, la ferocia della conquista
di Canaàn fu accompagnata fin dall'inizio dall'elaborazione di
un sistema morale antitetico ad essa, il quale si fonda sull'idea della
terra come dono non meritato, vincolato a rigorose condizioni. Gli uomini
non devono assumere un'autorità divina e usare il mondo come se
lo avessero creato loro, altrimenti li aspettano terribili conseguenze.
In buona parte la modernità si è costruita sul rifiuto di
quelle condizioni, sulla libertà individuale illuminista e sull'assunzione,
come modello, del successo e della felicità individuali.
La guida americana ha posto al vertice dell'occidente la retorica patriottica
dei "conquistadores", con quel misto di cupidigia e utopia che
ha accompagnato il movimento di invasione di terre straniere verso ovest
in cerca dell'oro, fino alla conquista del petrolio, dell'atomo, della
luna, del DNA. La stessa potenza occidentale si basa da almeno 60 anni
su un'economia di consumo esasperato, cioè di distruzione, cioè
di guerra.
La teoria keynesiana che è stata il detonatore del sogno americano
sostiene che quando la gente compra più beni di consumo, aumenta
i profitti e fa espandere le imprese. L'espansione industriale fa crescere
l'occupazione e la circolazione della moneta aumenta il potere d'acquisto
della gente, il che provoca un'ulteriore espansione dei profitti, degli
investimenti, dei posti di lavoro e avanti così. All'uomo della
strada questa teoria dei benefici del consumismo sembra solida, ma per
chi ha un po' di studi di economia essa nasconde tre principali debolezze.
La prima debolezza è che in un mondo limitato l'espansione dei
consumi e della crescita non può durare all'infinito, a un certo
punto i bisogni umani dovranno piegarsi al rispetto dei limiti delle risorse,
alla stabilità economica, alla pace, e prima lo faranno e meglio
sarà per tutti.
La seconda è che in un libero mercato la crescita continua aumenta
la concentrazione dei capitali, cioè la distanza fra ricchi e poveri.
La terza è che le concentrazioni finanziarie diventano così
potenti (la globalizzazione) da superare la capacità di governo
degli stati e perciò tendono a far saltare i benefici dell'economia
keynesiana che si esplicano al meglio in presenza di frontiere nazionali,
con l'intervento dello stato e per fronteggiare le necessità di
una ricostruzione postbellica o del passaggio da un ordine economico ad
un altro.
La Grande Depressione del '29, provocata dalla prima economia di guerra
mondiale, in realtà non è mai finita, è stata sommersa
dalla seconda guerra mondiale che creò nuovi posti di lavoro e
una nuova espansione della produttività industriale, e successivamente
da un'immensa utopia pubblicitaria: il nuovo stile di vita americano fondato
sulle vendite a rate, sul consumismo, sull'espansione continua.
Ciò ha posto le basi di una forma più virulenta della vecchia
depressione che rischia di trascinare l'intero occidente in una spirale
il cui trionfo coincide con la sua catastrofe.
Il Nuovo Mondo è stato fin dalle origini un mercato in continua
espansione, cioè in guerra di conquista, con cui è riuscito
ad invadere ed aggregare a se stesso il sistema industriale europeo e
ad estendere lo sfruttamento tecnologico della natura al di là
di sempre nuove frontiere materiali. Ciò ha determinato in occidente
cambiamenti così veloci da impedire che la cultura li adeguasse
ai suoi valori. E ogni corruzione culturale produce crolli morali, di
integrità comunitaria e di personalità. Lo sviluppo ha prodotto
una società senza etica, dove la crescita del benessere materiale
e dell'innovazione tecnologica, proprio nelle società più
opulente, travolge qualsiasi argine morale o materiale.
Alla fine della seconda guerra mondiale agli occhi delle popolazioni italiane,
cresciute, anche negli strati più ricchi, con l'etica della parsimonia,
lo spettacolo degli americani dediti a manifestazioni di abbondanza materiale
(un esempio fra mille: mandare le fortezze volanti B29 in alta quota per
raffreddare la birra per gli ufficiali) assolutamente inconcepibili in
un'economia di rispetto delle risorse limitate della terra, ha prodotto
un generale inginocchiamento adorante verso simile sovrabbondnza e una
perdita di identità del nostro paese che non ha avuto eguali in
nessuna invasione precedente.
Da prima di Annibale fino a dopo Napoleone, ogni popolo invasore è
stato sempre o più povero di noi o come noi, anche se più
forte militarmente. Gli americani per primi hanno portato una disponibilità
materiale e uno stile di spreco di cui l'unico precedente erano le fiabe
medioevali sul paese di cuccagna. L'invasione è stata più
economico-culturale che militare, e il romanticismo materialista dei film
e delle musiche d'oltreoceano accompagnato dall'instaurarsi della società
dei consumi ha, in pochi decenni, fatto piazza pulita di millenarie virtù
personali e comunitarie e delle loro difese nella chiesa cattolica.
Anche la laicissima Fallaci, nella sua rappresentazione dell'identità
italiana, girando e rigirando fra Omero e la minigonna alla ricerca del
punto chiave, non può fare a meno di posarsi lì: il paesaggio
di chiese, il suono delle nostre campane, i santi, le madonne, i monasteri,
i conventi, le nostre cattedrali, il "puzzo dell'incenso", la
minuscola cappella. E' la parte commovente del suo articolo, in cui sembra
di percepire l'eco lontana delle parole dell'ispirato sindaco di Firenze
Giorgio La Pira "La rivelazione cristiana e la teologia cristiana
hanno avuto in Firenze la trascrizione urbanistica, culturale e storica
in certo modo più alta, più omogenea e più ordinata".
"Ma l'Italia di oggi, godereccia, furbetta e volgare" "senz'anima",
"vigliacca" non è anche quello che ne resta dopo l'invasione
consumista, dopo l'invasione laicista, dopo il suo identificarsi con una
provincia dell'America? Non c'era proprio altro modo per eliminare la
fame e la miseria nel nostro paese?
Quattro giorni prima dell'attentato alle Torri Gemelle di New York i
giornali riportavano le dichiarazioni del primate cattolico d'Inghilterra,
cardinale Murphy - O'Connor, secondo cui "Nei paesi occidentali il
cristianesimo, inteso come una sorta di fondale alla vita e alle decisioni
morali della gente, nonché al governo e alla società, è
stato quasi sconfitto".
Questa sconfitta non è dovuta a una sorta di ubriacatura tecnologica
di libertà individuali, a un'orgia collettiva di benessere e di
libero mercato che ha fatto perdere ogni legame con la civiltà
europea e ci ha resi concause della fame nel mondo e della devastazione
ecologica del pianeta?
Un popolo italiano grasso che non fa più figli perché "costano
troppo", che ha abbandonato l'intelligenza, le virtù e abilità
dei mestieri artigiani e contadini da cui sono usciti gran parte dei più
grandi geni di cui andiamo fieri, che sa solo sentirsi indietro rispetto
all'impero americano, come fa a esprimersi con onore davanti all'invasione
dei diseredati, come fa a tessere adeguatamente il disegno di civiltà
che gli compete e a non diventare razzista, avendo perso il senso della
propria identità, avendo sviluppato il complesso d'inferiorità
rispetto ai potenti della terra? Ricorderò sempre il caso, raro
ma emblematico, di quel padre di famiglia albanese che, venuto in Italia
a cercare lavoro, davanti alla degradazione morale incontrata nella nostra
società, preferì tornarsene a casa.
Eppure mai come ora l'occidente, alla ricerca di un nuovo ordine, ha bisogno
di ritrovare le radici della tradizione europea che ha nel rinascimento
il suo apogeo. E a questo proposito non si può solo sciorinare,
come guide turistiche, i nomi di Giotto, Masaccio, Botticelli, Leonardo
o Michelangelo, bisogna arrivare all'essenza della ricerca che li ha animati.
Il "De hominis dignitate" di Pico della Mirandola è
considerato unanimemente il Manifesto del Rinascimento, perché
in esso ha trovato l'espressione più alta l'idea vertice dell'identità
occidentale: che la dignità umana non sta nel dominio del cosmo,
né in una libertà indifferenziata, ma consiste in un compito
che dall'assenza di identità, passa attraverso la contemplazione
di molte immagini per arrivare alla identità con Colui che sta
al di là di ogni cosa creata.
Questo itinerario giustifica l'asserzione su cui convergono sia la tradizione
ellenistica sia quella arabo islamica: "grande miracolo è
l'uomo". La libertà umana non è licenza indifferenziata,
ma cresce se orientata al divino. Tale visione sfociò a Firenze
nella profezia di Savonarola e nella ricerca di un'ordine socio-politico
orientato, attraverso la bellezza e il servizio ai più deboli,
alla contemplazione delle verità ultraterrene.
La morte del "profeta disarmato di Firenze" è la rappresentazione
del rifiuto a riformare la società e la Chiesa secondo l'architettura
etica del Rinascimento, rifiuto che ha poi prodotto la separazione protestante
e la moderna società materialista.
L'attentato di New York interroga l'occidente in profondità su
tutti i piani: religioso, culturale, politico, economico, militare, e
lo sollecita a tornare a meditare sui propri errori e sulle radici represse
della sua storia, in particolare sulla profezia del Rinascimento.
E' ovvio che bisogna rispondere al terrorismo, come alla delinquenza,
ma rispondere al terrorismo politico con la guerra tecnologica, al di
là dell'apparente dimostrazione di potenza, è un atto di
debolezza che mette a repentaglio la cultura e i valori fondanti dell'occidente.
Militarmente è come contrapporre a David con la fionda, Golia con
la spada. Senza contare che l'occidente e in particolare l'America, avendo
favorito al massimo le libertà individuali contro quelle comunitarie,
sono pieni anche di altre tendenze terroristiche, di altre follie individuali,
e dipendenti da grandi protesi tecnologiche che rendono il sistema tanto
più fragile quanto più centralizzato.
La caduta delle Torri Gemelle di New York potrebbe rappresentare per il
liberismo occidentale quello che la caduta del muro di Berlino ha rappresentato
per il marxismo dell'est.
L'altissima vulnerabilità della società tecnologica, già
sottolineata da Sartori negli anni '70, è stata uno degli argomenti
avanzati, nell'ultimo decennio, dai critici più lucidi della globalizzazione
specie dei prodotti agricoli strategici.
L'attentato sta dimostrando a tutto il mondo l'impraticabilità
delle concezioni liberiste fondate esclusivamente sul dominio tecnologico
e l'importanza del ruolo tradizionale di governo per la tutela dei più
deboli cioè del bene comune. Al terrorismo che mira a diffondere
il terrore, si risponde diffondendo sicurezza in tutto il mondo, anche
se per farlo occorre rivoluzionare il sistema. Perciò credo sarebbe
necessario convocare in ogni campo (dall'energia, all'agricoltura, all'edilizia,
ai trasporti, all'inquinamento ecc.) i responsabili delle esperienze più
avanzate del pianeta per affrettare il più possibile la trasformazione.
Quanto ad assicurare alla giustizia la rete dei colpevoli dell'attentato
specifico e di altri che potranno avvenire, vista l'amplissima solidarietà
dimostratasi fra tanti paesi, non dovrebbe essere impossibile mettere
in piedi una rete mondiale di provvedimenti finanziari e di intelligence
che possa arrivare a dei risultati, prendendosi il tempo necessario, mentre
contribuire consistentemente all'alleanza del nord dell'Afganistan ha
un senso diverso dai bombardamenti di questi giorni che di intelligente
rischiano di avere solo il nome.
La fretta di trovare un colpevole ed eliminarlo potrebbe essere nutrita
dall'illusione che, una volta raggiunto l'obbiettivo, tutto possa tornare
come prima
Caduti i fascismi, il marxismo, il liberismo, dove possiamo ispirarci
per costruire un nuovo ordine politico-sociale che avvii a soluzione il
problema della fame con il rispetto della sovranità alimentare
e culturale delle popolazioni, che sostituisca lo sviluppo e la crescita
con un'economia della stabilità, che ponga fine alla guerra contro
la natura e le sue risorse e orienti la ricerca scientifica alle grandi
trasformazioni che questi nuovi obbiettivi comportano?
Le radici del futuro sono sempre nel passato: l'etica delle arti medioevali
e rinascimentali offre indicazioni importanti per la modernizzazione di
una società fondata sulla rinascita del lavoro indipendente, non
proletarizzato, ma con limiti di mercato che armonizzino i bisogni con
le risorse rinnovabili.
Giorgio La Pira, in un'intervista a La Stampa nel gennaio 1959 diceva
"Come si può pensare di risolvere la questione di Israele
e dei popoli arabi con le piccole tattiche del petrolio? I problemi umani
sono assai più vasti. Venti anni fa' gli arabi non avevano peso:
è bastata la creazione dello stato di Israele per risvegliare il
nazionalismo arabo e spostare l'equilibrio del mondo". Oggi al problema
della Palestina si è aggiunto quello dei soldati americani in terra
araba e della popolazione innocente dell'Irak. Avviare a soluzione questi
problemi può essere più difficile ma anche infinitamente
più efficace contro il continuo rinascere del terrorismo islamico
degli inutili e tragici bombardamenti sull'Afganistan.
Nella stessa intervista La Pira diceva ancora: "I popoli affacciati
sul Mediterraneo possono trovare la via dell'accordo incontrandosi su
un punto di comune credenza religiosa e gli arabi avranno un peso determinante
nell'equilibrio del mondo perché sanno ancora pregare e non si
può ignorare l'efficacia ella preghiera". Il che suona da
monito per l'occidente di oggi a ritrovare la via della sua coscienza
spirituale.
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