La tesi dl Reich è che i problemi economici e finanziari vadano
risolti non sul modello americano né su quello europeo, bensì sulla
loro convergenza. "La vera terza via del lavoro", dice Reich che
vi sta dedicando un libro, "si colloca a metà tra il capitalismo
selvaggio USA e lo statalismo europeo". Reich lamenta che il miracolo
economico "abbia creato nel mio Paese una classe di lavoratori quasi
poveri".
WASHINGTON-Da quando abbandonò l'amministrazione
Clinton alla fine del suo primo mandato, Robert Reich è diventato la voce
della coscienza del capitalismo americano. Dalla cattedra di economia
dell'università Brandeis nel Massachusets, dove oggi insegna, rex ministro
del Lavoro, cervello pensante per antonomasia del Partito democratico,
propose e propone tuttora all'America una serie di riforme economiche
e sociali. Gli anni scorsi, il suo progetto più noto, bocciato dalle aziende
in quello di responsabilizzarle non solo nei confronti dello "shareholder",
l'azionista, ma anche dello "stakeholder", chi ha una posta in gioco e
ne è quindi condizionato: dai dipendenti alla comunità circostante. In
questa intervista Robert Reich ne lancia ora un altro, più vasto: la nascita
di una "nuova socialdemocrazia come egli la chiama, "diversa", precisa,
"dai nuovi democratici di Clinton", a suo parere troppo proni alla legge
del mercato.
Potremmo incominciare dal miracolo? Perché è stato
realizzato dagli Usa e non dell''Ue?
"Per tre motivi. Il nostro mercato dei capitali è molto più flessibile
del vostro, e soprattutto nel settore hitech è un mercato di capitali
di ventura, ad alto rischio e alto profitto. Il nostro mercato del lavoro
ha le identiche caratteristiche, che peraltro sconsiglierei a voi. Ed
entrambi sono favoriti dalla politica macroeconomica detta Federal Reserve
più che dal governo. Una politica di espansione che non si preoccupa troppo
delle saltuarie pressioni Inflazionistiche".
Perché sconsiglia la massima flessibilità del mercato
del lavoro?
"Da noi ha avuto l'effetto perverso che le dicevo, ha creato i "working
poors" i poveri con impiego, una sorta di nuovo sottoproletariato: i salari
fluttuano troppo, la gente viene licenziata troppo facilmente, non c'e
una ridistribuzione del reddito. L'Ue lo deve evitare".
Come potrebbe farlo?
"Adottando il nostro modello di mercato dei capitali e di politica macroeconomia,
liberalizzando cioè gli investimenti e promovendo la crescita. La terza
riforma può essere una liberalizzazione del mercato del lavoro, ma non
sfrenata, accompagnata da una strategia di riqualificazione della manodopera,
dell' ammodernamento dell'istruzione. Non potete fare un salto nel buio,
ci vuole gradualità".
Ma in America la sperequazione non è riequilibrata
dalle partecipazione azionarie dei dipendenti delle aziende?
"E' un fenomeno molto meno diffuso di quanto si creda, riguarda un terzo
dei lavoratori, quelli di punta , tecnici e dirigenti, e semmai ne accentua
i privilegi rispetto alla massa. Non costituisce certamente una nuova
forma di democrazia dell'azionariato, non comporta una partecipazione
al processo decisionale, che invece secondo me è necessaria".
Comunque, la disoccupazione è combattuta anche dal
welfare state.
"In America è rimasto poco dello stato assistenziale. C'è più welfare
per le aziende che per i cittadini. Gli Stati della nostra Unione lottano
tra di loro per attrarre le imprese: offrono sempre più esenzioni fiscali
e sussidi. E' una specie di asta che intacca il gettito fiscale, e infatti
servizi pubblici diminuiscono e peggiorano. E' un altro modello che sconsiglio
all'Europa".
Ma una scelta del genere non contribuirebbe al decollo
dell'Ue?
"Farebbe l'interesse delle società non del pubblico. Che tipo di libera
concorrenza è? Vince chi strappa più concessioni al potere politico? Penso
che l'amministrazione Usa dovrebbe tassare al cento per cento queste esenzioni
fiscali e questi sussidi. Altrimenti le società più potenti mangeranno
le più deboli e nasceranno i monopoli".
Qual è la misura più urgente per l'Europa?
"Per me la Bce deve cambiare politica monetaria: non è giustificata dato
che non c'è molta inflazione; reprime la domanda, allontana gli investimenti,
ostacola la ripresa. Se i mercati europei offrissero maggiori profitti,
i capitali vi affluirebbero da tutto il mondo. La ragione per cui l'euro
è debole è questa".
Parliamo di Wall Street. Che cosa ne pensa?
"E' l'altra faccia degli eccessi del capitalismo. Abbiamo revocato molte
delle misure cautelative adottate dopo il crac del '29 e l'instabilità
dei mercati ne è il prodotto. C'è troppa euforia, le scalate dell'indice
Dow Jones dei titoli industriali in particolare di quello del Nasdaq dei
titoli tecnologici non possono continuare all'infinito. Ci scordiamo che
dal '68 all'82 le Borse rimasero praticamente allo stesso livello".
Lei diffida dei mercati azionari? "Diciamo che
io sono contrario a privatizzare le pensioni, nel senso di consentire
che vengano giocate di sicurezza per chi ha lavorato tutta la vita. La
Borsa non garantisce la ricchezza. Sono i piccoli investitori a rimetterci
di solito".
La sua proposta di una nuova socialdemocrazia influirebbe
sulla globalizzazione? "sicuro, La globalizzazione sta ampliando il
divario NordSud. Io distinguerei tra investimenti diretti e a lungo termine(in
impianti, macchinari, progetti ad esempio per 5 anni) e investimenti indiretti
e a breve.Mentre i primi edificano l'economia, i secondi favoriscono le
speculazioni. Su questi ultimi, imporrei una tassa di trasferimento, per
colpire i movimenti di rapina".
Non fermerebbe la circolazione dei capitali? "No,
perché una circolazione dal volto umano è indispensabile per aiutare il
Terzo mondo, incentivare i commerci, e così di seguito. A proposito, ci
vorrebbe anche una riforma degli organismi finanziari internazionali come
il Fondo monetario. Il Fondo è degenerato in censore della spesa pubblica,
impone troppi sacrifici ai Paesi a cui concede prestiti".
Un'ultima domanda : i prossimi anni saranno più favorevoli
per l'America o per L'Europa?
"Sospetto che la locomotiva Usa rallenterà e quella europea tirerà di
più, semprechè voi prendiate i provvedimenti di cui ho parlato. Noi abbiamo
le incognite di Wall Street, l'enorme deficit dei conti correnti, l'indebitamento
della popolazione. I consumi sono stati il motore dell'economia Usa, ma
prima o poi scenderanno: Speriamo in una discesa indolore".
Ennio Caretto
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