Stefano Riela
La Governance Europea ed i cittadini
 
27 febbraio 2002

Nel Febbraio 2000, dinanzi al Parlamento Europeo, il Presidente della Commissione inserisce tra gli "obiettivi strategici" del suo mandato, la promozione di nuove forme di governo europeo. Come mai prende forma l'esigenza di intervenire sulla cosiddetta governance?...

L'Unione Europea e' oggi un complesso confronto fra poteri diversificati sul piano verticale ed orizzontale, che spesso sfuggono alle gerarchie degli Stati nazionali ed alla facile comprensione dei cittadini. Se le istituzioni comunitarie sono nate per controllare alcuni mercati strategici per l'Europa del secondo dopoguerra, con diversi processi di sviluppo queste hanno mirato a massimizzare una articolata funzione di benessere collettivo. Le Istituzioni hanno quindi elaborato politiche sia industriali (integrazione dei mercati nazionali, sviluppo del commercio internazionale, moneta unica) sia sociali (occupazione, cooperazione, cultura e lotta alle diseguaglianze) utilizzando un approccio dialogico (con più soggetti istituzionali) al processo decisionale per attribuire un peso adeguato alle variabili da valutare. Ed i risultati positivi ottenuti dalla firma del Trattato di Roma (1957) ad oggi, anche se spesso mediaticamente sottovalutati per effetto di rumorose posizioni euroscettiche, si devono al ruolo di coordinamento e di intervento normativo svolto legittimato dal Trattato stesso e quindi dagli stessi Paesi firmatari.

Nel Febbraio 2000, dinanzi al Parlamento Europeo, il Presidente della Commissione inserisce tra gli "obiettivi strategici" del suo mandato, la promozione di nuove forme di governo europeo. Come mai prende forma l'esigenza di intervenire sulla cosiddetta governance? Se la questione è la legittimità di una istituzione, è importante capire se questa rappresenta, o in ottica dinamica continua a rappresentare, lo strumento adatto per perseguire gli obiettivi che i Paesi membri si sono posti. Non è più sufficiente un Parlamento Europeo eletto direttamente dai cittadini a garantire che le variabili prese in considerazione nella funzione di benessere siano pesate in maniera "giusta"? Non è sufficiente il potere assegnato dai Trattati al Consiglio, istituzione costituita da governi democraticamente eletti (in maniera più o meno diretta) dai cittadini di ciascun Stato membro?

Nel corso dell'ultimo triennio, il concetto di governance è emerso, a livello internazionale, sia come esigenza istituzionale, sia come richiesta tanto informale quanto decisa. Un risveglio da quella legittimazione che nel progresso delle democrazie occidentali, prendeva forza da una macchiavellica e sonnolenta "abitudine". Una voce espressa da una parte della cittadinanza, appartenente a quei Paesi cosiddetti "sviluppati", che ha raggiunto una consapevolezza tale da non accettare più forme di controllo democratico troppo mediato sull'operato di istituzioni che intervengono in molti aspetti della vita dei cittadini. Assistiamo quindi alla nascita di soggetti nuovi, difficilmente identificabili sul piano formale, ma estremamente importanti nella formazione della volontà collettiva una crescita delle variabili indipendenti della funzione di benessere collettivo da massimizzare.

La crisi della Commissione Europea del marzo 1999, la scarsa conoscenza delle Istituzioni comunitarie da parte dei cittadini rilevata dal cosiddetto "eurobarometro", il calo dell'affluenza alle urne in occasione delle ultime elezioni per il Parlamento Europeo del Giugno 1999 (dal 56,9% del 1994 si è passati al 50%) sono elementi che iniziano a combinarsi. Una combinazione che, sommata alle manifestazioni di protesta "globale", istituzionalizzate a Seattle per il WTO (Novembre 1999), che hanno colorato Nizza (Dicembre 2000) e Göteborg (Giugno 2001) in occasione dei Consigli Europei, hanno individuato un sistema istituzionale comunitario "ingessato" su prospettive economico-settoriali rispetto alle nuove istanze sociali.

La risposta della Commissione Europea arriva il 25 Luglio 2001 con il Libro Bianco sulla Governance proponendo una modifica radicale del funzionamento dell'Unione con un sistema di governance piu' efficace nel riflettere gli obiettivi e le necessità dei cittadini europei. Il lavoro proposto dalla Commissione riguardera' innanzitutto una analisi dell'attività di government (intesa dalle Istituzioni verso il cittadino). Questa dovrà essere definita in maniera da migliorare l'esercizio delle responsabilità a livello comunitario attraverso un bilanciamento dei ruoli istituzionali a favore di un decentramento dei poteri e delle competenze, in virtù del principio di sussidiarietà.

Il sistema di governo comunitario dovrà, in secondo luogo, fornire gli strumenti per ampliare ed arricchire il dibattito pubblico sulle questioni di interesse europeo. Il superamento delle carenze e delle asimmetrie informative favorira' quel coinvolgimento che può accrescere il ruolo propositivo del singolo. Lo sviluppo della democrazia partecipativa deve essere quindi complementare alla consolidata rappresentanza politica del cittadino. L'esercizio del diritto di voto (a livello locale, nazionale ed europeo) non è l'unico possibile mezzo, sebbene il più idoneo per il giurista Santi Romano, per un efficace governance.

Il cittadino è infatti parte integrante della società civile e questa può essere sede di confronto su temi di interessi specifici (aspetto che spesso non caratterizza il sistema partitico di buona parte democrazie mature) interagendo inoltre, in maniera più diretta con le istituzioni locali piuttosto che con quelle sovranazionali. E tra gli interlocutiori locali, nella nuova ripartizione di competenze proposta nel Libro Bianco, le Regioni possono meglio raccordare gli interessi e le sensibilità dei cittadini con le politiche e gli orientamenti comunitari.

Dalle relazioni dei gruppi di lavoro sulla governance emergono inoltre valutazioni positive su una democrazia diretta non pensata esclusivamente come istituto referendario, ma la tecnologia e la lungimiranza della classe politica potrebbero fornire strumenti innovativi, in un futuro prossimo, con i quali il cittadino potrà interagire, in maniera propositiva, con le Istituzioni in fase di decision making.

I cittadini, sia in quanto singoli sia in quanto parte costitutiva di istituzioni intermedie (partiti politici, associazioni, ong) diventano momento essenziale della governance dove chi, fino ad oggi è stato oggetto di government, diventa soggetto di questo. La partecipazione attiva della cittadinanza europea che adesso si fa promotrice delle proprie istanze (le variabili di quella funzione di benessere di cui sopra) finirà per accrescere il numero dei soggetti (non solo istituzionali oppure esponenti di potenti lobby industriali) coinvolti nei processi decisionali. Ed e' sul ruolo legittimante del cittadino che la Commissione deve ponderare un ampliamento sostanzialmente del dialogo, mantenendo un adeguato livello di efficienza nella formulazione e nella realizzazione delle politiche comunitarie.

La proposta della Commissione sulla governance rappresenta un aspetto del processo di riforma dell'Unione Europea che ha aperto ufficialmente i lavori preparatori in occasione del Consiglio Europeo di Laeken (Dicembre 2001) e che si concludera' con la Conferenza Intergovernativa del 2004. In tale occasione, il gia' Presidente della Francia, Giscard D'Estaing, presentera' le conclusioni della "Convenzione europea" che a partire da Marzo valutera' innanzitutto se e come si dovra' perfezionare il passaggio dai quattro Trattati, simbolo di un funzionalismo efficace nel dopoguerra, ad una Costituziona Europea nella quale il protagonista sara' il cittadino europeo.

 




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