Robi Ronda
L'Europa delle regioni
 
Il Giornale, Lunedì 13 maggio 2001 - Commenti

È sconfortante che le norme istitutive e programmatiche della Convenzione, l'Assemblea incaricata di tracciare le linee di una possibile Costituzione europea, ignorino il ruolo delle regioni e in genere delle potestà sub-statuali, così come ignorano il ruolo fondante della Chiesa e del Cristianesimo nella formazione dell'identità dell'Europa e delle sue culture non consentendo alla Convenzione di tenerne adeguato conto.

Mentre lo sviluppo delle istituzioni europee continua ostinatamente a svolgersi secondo un itinerario che prescinde dalle "patrie" regionali in cui si articolano tutti i maggiori Stati dell'Unione, si registra un fenomeno che l'europeismo ufficiale ignora, ma che invece merita di venire attentamente considerato. Un'obiettiva consonanza di interessi lega sempre più tra loro le grandi regioni dei maggiori Stati con i piccoli Stati di dimensioni "regionali" (nell'Unione europea sono già 5 su quindici gli Stati con una popolazione e un prodotto interno lordo inferiori a quelli di regioni europee come per esempio la Lombardia in Italia oppure al Baviera e il Baden-Wurttemberg in Germania). Ciò vale per i piccoli Stati che sono già membri dell'Unione, ma tende a valere ancor di più nel caso dei membri dell'Unione prossimi venturi i quali tutti, salvo la Polonia (che demograficamente equivale alla Spagna), sono Paesi con popolazione uguale o inferiore a quelle delle grandi regioni sopraccitate, e oltre a ciò hanno un prodotto interno lordo di gran lunga inferiore.

Sia che si tratti di grandi regioni dei maggiori Stati (in particolare di quelle a disagio con i rispettivi poteri nazionali per concreti e ineliminabili motivi di ordine geopolitico), sia che si tratti di Stati sovrani di minori dimensioni, questi soggetti hanno in comune il rischio di non contare adeguatamente in un'Unione europea che percepiscono tuttavia come un presente ineludibile ovvero come un futuro obbligato. Di qui la naturale alleanza strategica che va sviluppandosi sulla base dell'obiettiva consonanza di interessi di cui si diceva, e che comprende anche regioni dell'Unione, come la Catalogna in Spagna e il Rodano-Alpi in Francia che, pur avendo dimensioni demografiche spesso inferiori, in quanto a prodotto interno lordo in valore assoluto superano largamente diversi Stati membri nonché la quasi totalità dei Paesi candidati all'ingresso nell'Unione. In prima battuta sembrerebbe che fra Stati sovrani e Regioni vi sia una insuperabile eterogeneità di poteri e di prospettive. La fase di indebolimento dei grandi Stati nazionali, ormai spesso "troppo piccoli per i grandi problemi e troppo grandi per i piccoli problemi", apre invece all'alleanza di cui si diceva delle prospettive sorprendenti anche se per ora difficili da valutare in tutta la loro possibile estensione. È perciò sconfortante che le norme istitutive e programmatiche della Convenzione, l'Assemblea incaricata di tracciare le linee di una possibile Costituzione europea, ignorino il ruolo delle regioni e in genere delle potestà sub-statuali, così come ignorano il ruolo fondante della Chiesa e del Cristianesimo nella formazione dell'identità dell'Europa e delle sue culture non consentendo alla Convenzione di tenerne adeguato conto. Si assiste così a qualcosa che si potrebbe definire un caso di schizofrenia epocale. Ornai storicamente matura, l'Europa si avvicina a grandi passi; non è però quella a cui si pensa dentro il Palazzo, ma un'altra della quale ben poco si parla, non si sa se perché non si deve o perché non si sa come parlarne.

 




Vuoi essere informato sulle novità del sito e le iniziative di Identità Europea?
iscriviti cancellati


© Identità Europea 2004
Sito ottimizzato per una visione 800 x 600 px
Explorer 5.0 - Netscape 6 - Opera 7
e superiori


 

 
articoli censurati dalla stampa