È
sconfortante che le norme istitutive e programmatiche della Convenzione,
l'Assemblea incaricata di tracciare le linee di una possibile Costituzione
europea, ignorino il ruolo delle regioni e in genere delle potestà
sub-statuali, così come ignorano il ruolo fondante della Chiesa
e del Cristianesimo nella formazione dell'identità dell'Europa
e delle sue culture non consentendo alla Convenzione di tenerne adeguato
conto.
Mentre lo sviluppo delle istituzioni europee continua ostinatamente a
svolgersi secondo un itinerario che prescinde dalle "patrie"
regionali in cui si articolano tutti i maggiori Stati dell'Unione, si
registra un fenomeno che l'europeismo ufficiale ignora, ma che invece
merita di venire attentamente considerato. Un'obiettiva consonanza di
interessi lega sempre più tra loro le grandi regioni dei maggiori
Stati con i piccoli Stati di dimensioni "regionali" (nell'Unione
europea sono già 5 su quindici gli Stati con una popolazione e
un prodotto interno lordo inferiori a quelli di regioni europee come per
esempio la Lombardia in Italia oppure al Baviera e il Baden-Wurttemberg
in Germania). Ciò vale per i piccoli Stati che sono già
membri dell'Unione, ma tende a valere ancor di più nel caso dei
membri dell'Unione prossimi venturi i quali tutti, salvo la Polonia (che
demograficamente equivale alla Spagna), sono Paesi con popolazione uguale
o inferiore a quelle delle grandi regioni sopraccitate, e oltre a ciò
hanno un prodotto interno lordo di gran lunga inferiore.
Sia che si tratti di grandi regioni dei maggiori Stati (in particolare
di quelle a disagio con i rispettivi poteri nazionali per concreti e ineliminabili
motivi di ordine geopolitico), sia che si tratti di Stati sovrani di minori
dimensioni, questi soggetti hanno in comune il rischio di non contare
adeguatamente in un'Unione europea che percepiscono tuttavia come un presente
ineludibile ovvero come un futuro obbligato. Di qui la naturale alleanza
strategica che va sviluppandosi sulla base dell'obiettiva consonanza di
interessi di cui si diceva, e che comprende anche regioni dell'Unione,
come la Catalogna in Spagna e il Rodano-Alpi in Francia che, pur avendo
dimensioni demografiche spesso inferiori, in quanto a prodotto interno
lordo in valore assoluto superano largamente diversi Stati membri nonché
la quasi totalità dei Paesi candidati all'ingresso nell'Unione.
In prima battuta sembrerebbe che fra Stati sovrani e Regioni vi sia una
insuperabile eterogeneità di poteri e di prospettive. La fase di
indebolimento dei grandi Stati nazionali, ormai spesso "troppo piccoli
per i grandi problemi e troppo grandi per i piccoli problemi", apre
invece all'alleanza di cui si diceva delle prospettive sorprendenti anche
se per ora difficili da valutare in tutta la loro possibile estensione.
È perciò sconfortante che le norme istitutive e programmatiche
della Convenzione, l'Assemblea incaricata di tracciare le linee di una
possibile Costituzione europea, ignorino il ruolo delle regioni e in genere
delle potestà sub-statuali, così come ignorano il ruolo
fondante della Chiesa e del Cristianesimo nella formazione dell'identità
dell'Europa e delle sue culture non consentendo alla Convenzione di tenerne
adeguato conto. Si assiste così a qualcosa che si potrebbe definire
un caso di schizofrenia epocale. Ornai storicamente matura, l'Europa si
avvicina a grandi passi; non è però quella a cui si pensa
dentro il Palazzo, ma un'altra della quale ben poco si parla, non si sa
se perché non si deve o perché non si sa come parlarne.
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