Stefano Serafini - Giuseppe Sermonti
Titolo
maggio 2003
 
 

La polemica diventa odiosa quando si impasta di menzogne...
Invece di discutere in prima persona di scienza - ad es. intervenendo all'incontro - hanno mandato avanti a "dissentire" alcuni ragazzini male in arnese; poi, visto il pietoso risultato, usato i giornalisti amici, e infine le letterine piene disdegno e bugie...

Signori, ecco un brillante esempio di lobbying culturale. La regia dev'essere nelle mani di pochi, se in questi giorni girano due lettere: una dei biologi (4 biologi), una dei fisici (2 fisici) con il comun denominatore del prof. Giorgio Parisi a firmare entrambe, in cui ci si dice "turbati" perché il rettore ha concesso presso l'Università la parola a un eretico, accusato senza pudore nell'ordine di:
fini politici di destra,
razzismo(si evoca Nicola Pende),
proselitismo religioso e creazionismo (attaccherebbe Darwin per reintrodurre Dio nella scienza),
millantato credito (titoli e carriera non contano, non la pensa come loro e dunque è un "ciarlatano travestito da scienziato"),
odio a Galileo Galilei,
e persino
mancanza di contraddittorio.

Mi permetto di insistere: la polemica diventa odiosa quando si impasta di menzogne. A mio parere gli attori di questa vicenda debbono sentirsi stretti all'angolo, se cercano a tutti i costi di deologizzare la vicenda, pur di non confrontarsi con gli argomenti. Invece di discutere in prima persona di scienza - ad es. intervenendo all'incontro - hanno mandato avanti a "dissentire" alcuni ragazzini male in arnese; poi, visto il pietoso risultato, usato i giornalisti amici, e infine le letterine piene disdegno e bugie. Le solite, piccole bugie, che già trent'anni fa l'Unità scaricava su un pensiero critico tanto scomodo per l'establishment, da doverlo sistematicamente deformare e farlo diventare ciò che non è per poterlo meglio censurare.

E' un piacere che i genetisti dell'Università di Roma, a differenza dei biologi (quattro) e dei fisici (due), abbiano riguardo per il metodo e lo scambio scientifici, e hanno invitato pubblicamente Sermonti a un dibattito presso il loro dipartimento. Sempre che il fumo dei roghi, o due o quattro missili semi-intelligenti, non facciano far loro marcia indietro...

Segue una nota di Sermonti in risposta alla lettera dei (quattro) biologi.

Stefano Serafini


 

LA SCIENZA CENSORIA
Giuseppe Sermonti

Lunedì scorso, nell'aula A del Dipartimento di Chirurgia, alla "Sapienza", è stato presentato il mio recente "Dimenticare Darwin" (Edizioni "Il Cerchio", di Rimini). Aula piena, clima sereno, qualche educata contestazione. La più fiera protesta è circolata fuori della porta, in una lettera aperta di quattro scienziati romani al Rettore, cui si chiedeva di annullare l'evento, con argomentazioni da Inquisizione. I quattro, che non hanno neppure scorso l'indice del libro, accusano l'autore di reazionismo e di sostenere (ohibò) che la vita e l'uomo non sono nati per caso sulla terra. Invece il recente "sequenziamento" del DNA avrebbe, secondo loro, dimostrato definitivamente che Darwin aveva ragione e che quindi Dio non ha messo le mani nel mondo.

Quindi, fuori Sermonti da "un luogo 'sacro' per la Scienza come l' Università La Sapienza"! Io, cari colleghi, non mi sono mai occupato di questa teologia di quart'ordine, che decide se Dio esiste oppure no, sulla base di reperti paleontologici o di confronti molecolari. Se io invito a dimenticare Darwin è proprio per portare i problemi dello sviluppo e della discendenza nell'ambito della scienza e del pensiero, e fuori dalla baldanzosa teologia atea dell'ottocento. E' proprio per uscire dal "tutto è stato risolto", quando non abbiamo dato alcuna risposta convincente ai problemi cui Darwin credette di avere trovata una soluzione. "Una scienza che non esita a dimenticare i suoi fondatori - ho citato da Whitehead - è perduta."

Io non sono lo scopritore di nessuna delle conoscenze trattate nel mio libro. Mi limito a presentare le scoperte, le idee, i dubbi di alcuni tra i più grandi scienziati moderni, e di mio aggiungo qualche notazione e, spero, un po' di poesia. Nei Riconoscimenti finali, ringrazio i generosi maestri che mi hanno istruito, ispirato, e talvolta concessa la loro amicizia (tra cui alcuni darwinisti). I punti della mia trattazione che mi sembrano più interessanti sono: il disinteresse della modernità per l'organismo, derivato dallo sviluppo delle biologia cellulare e molecolare; la misteriosa sede dell'innato nei canti e nelle migrazioni degli uccelli; l'incapacità dei confronti molecolari di darci conto delle differenze di piano degli organismi ("Perché la mosca non è un cavallo?"); l'antichità dell'uomo rispetto agli scimmioni ("Il bambino che non voleva crescere"); la genesi della forma, prima del DNA; il ruolo della 'mente' nello sviluppo; e poi i frattali, i prioni, i regimi coerenti e, per concludere, "le radici sommerse dei sistemi viventi" (secondo P.P. Grassè).

I quattro "celebri scienziati" romani (così li chiama il Messaggero), vanno a ripescare Nicola Pende (e il manifesto della razza del 1938), mentre in altri fogli circolanti mi si chiama servo del potere e un barbuto professore allude a una legge (immaginaria) proposta da Fini, e naturalmente ispirata da me, per l'insegnamento del creazionismo nelle scuole. Dicano quello che vogliono, ma non pretendano d'essere la voce della scienza ufficiale, una scienza che chiuderebbe le aule ai dissidenti e la bocca agli interlocutori, come in regime sovietico. "Questa situazione, - ha scritto W.H.Thompson nella introduzione alla ristampa centenaria de "L'Origine delle Specie" - dove uomini si riuniscono alla difesa di una dottrina che non sono capaci di definire scientificamente, e ancor meno di dimostrare, tentando di mantenere il suo credito col pubblico attraverso la oppressione della critica e l'eliminazione delle difficoltà, è anormale e indesiderabile nella scienza".

Ci rifletta il Magnifico Rettore.

Giuseppe Sermonti




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