Sermonti
Serafini
Sermonti e Serafini in risposta all'articolo pubblicato sul "Messaggero" il 20 maggio 2003
giugno 2003
 
 

Lettera di Giuseppe Sermonti in risposta a quella di Stefano Serafini pubblicate su il Messaggero il 25 maggio
Entrambe in risposta all'articolo pubblicato sempre sul Messaggero pubblicate il 20 maggio 2003

Caro Direttore,

Ho letto il trafiletto dedicato alla presentazione di un mio libro ("Dimenticare Darwin", Il Cerchio) di critica all'evoluzionismo, in un'aula della "Sapienza". Conosco i quattro scienziati che hanno scritto al Rettore per protestare contro l'iniziativa, che sono miei giovani colleghi, e non mi stupisce la loro opposizione alle mie idee. Semmai mi duole che, anziché contraddire le tesi che io propongo (e che hanno autorevoli sostenitori, prima della mia fragile parola), mi attribuiscano quelle dei reazionisti americani, che i nostri liquidano ironicamente, dando per accertato che la presenza della vita e dell'uomo sulla Terra siano puramente casuali (questa sarebbe anche l'opinione del Papa!). Ciò che ritengo inaccettabile e illiberale è la richiesta dei quattro che, addirittura, mi si impedisca di
prendere la parola all'Università di Roma, perché ormai il problema dell'evoluzione è risolto e superato, e il dibattito "relegato nei recessi dell'America bigotta e fondamentalista". Sono stato presidente della Associazione Genetica Italiana e vice-presidente di un Congresso Mondiale di
Genetica (Mosca, 1980) e sarebbe giusto che Roma mi lasciasse fuori la porta perché le mie tesi, che hanno corso in tutto il mondo, sono contro l'opinione ufficiale? Che mi devo aspettare a questo punto? Che il mio libro sia messo al rogo e che, magari, su quel rogo ci sia messo l'autore? Non
sono preoccupato per me, ma per la tendenza, che la lettera al Rettore evidenzia, verso l'adozione del pensiero unico e la scomunica del dissenso.

Giuseppe Sermonti


Caro Direttore,

ci tengo a precisare a Romeo Bassoli, autore del pezzo di ieri "Sapienza: è polemica, nel nome di Darwin" che l'incontro sul libro del prof. Giuseppe Sermonti tenutosi a La Sapienza il 19 maggio, è stato talmente contestato da concludersi con l'invito al prof. Sermonti, da parte degli studenti contestatori, e da parte del Dipartimento di Genetica, di due distinti incontri sulle tematiche da lui esposte. Aggiungerei che il cronista - se era presente - dev'essere un tipo un po' distratto, visto che parla di 50 auditori: ce n'erano almeno 120, e l'aula gremita ha dovuto ospitare gente in piedi e accalcata alle porte.
"Celebri scienziati" protestano e vogliono tappare la bocca a uno scienziato illustre sì, ma controcorrente. Lo fanno con una lettera denigratoria, che evoca addirittura gli spettri del razzismo e associa indebitamente il complesso pensiero di Sermonti al becero creazionismo americano, secondo un copione vecchio di trent'anni: applicare etichette false su idee scomode e forse troppo vivaci per essere discusse direttamente. Se non si può chiedere democrazia (parola grossa, di questi tempi), mi permetto almeno di invocare il rispetto dello spirito scientifico, e il diritto a non vedere deformati grossolanamente i fatti.


Stefano Serafini




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