Vincenzo Sgubbi
Cristiani e legalità
Tratto da : www.giustiziacarita.it - aprile 2003
 
 

Ai credenti è chiesto di farsi all'interno dell'attuale società coscienza critica e testimonianza concreta del vero senso della legalità...

1. La Chiesa ha affrontato il tema della legalità in alcune storiche occasioni negli anni novanta.

1.1. Il 10 novembre 1990, a Napoli, Papa Giovanni Paolo II affermò: "Non c'è chi non veda l'urgenza di un grande recupero di moralità personale e sociale, di legalità. Sì, urge un recupero di legalità!".
1.2. Le parole profetiche del Papa furono subito raccolte dalla Conferenza dei Vescovi, che emanò il 4 ottobre 1991 una nota pastorale intitolata "Educare alla legalità - Per una cultura della legalità nel nostro Paese".
1.3. Il 4 settembre 1993, a Chicago, 250 leaders religiosi di tutto il mondo emanarono un documento intitolato "Verso un'etica globale", nel quale si affermò tra l'altro che "con etica globale intendiamo un consenso fondamentale su norme ineludibili ed atteggiamenti personali. Senza un tale fondamentale consenso su un'etica, prima o poi una comunità sarà minacciata dal caos e dalla dittatura e gli individui cadranno nella disperazione".

2. Nello stesso periodo anche la scuola italiana si pose il problema e il Ministero dell'Istruzione pubblica fece diramare una circolare (la n. 302 del 1993) nella quale si faceva un espresso richiamo alla necessità di insegnare agli studenti il culto della legalità. Era la stagione delle stragi mafiose del 1992-1993.
Così come la Chiesa, anche la scuola italiana non ha più emanato documenti ufficiali sul tema negli anni successivi.

3. Vorrei cercare di capire se il silenzio serbato negli anni successivi al 1993 ed il silenzio che si continua a serbare oggi siano giustificati, se la mancanza di stragi mafiose ci possa far dormire sonni tranquilli nel senso che si possa concludere per una diffusa cultura della legalità nel nostro Paese, cultura che non abbisogna di nuovi innesti o di nuovi richiami.
Per far ciò prendo le mosse dal documento dei Vescovi italiani che ho sopra ricordato, documento dal quale si apprende innanzitutto la stretta connessione esistente tra il tema della legalità e quello della pace: nell'introduzione infatti i Vescovi affermano che la caduta del senso della moralità e della legalità nelle coscienze e nei comportamenti di molti italiani è fattore che mette a rischio la giustizia e la pace nel nostro Paese. Non c'è che dire, quanto ad attualità del messaggio.
I Vescovi dunque accostano moralità e legalità, parlano di formazione delle coscienze al rispetto di questi due valori e di scelte comportamentali conseguenti; paventano la carenza di pace e giustizia quale conseguenza del mancato rispetto di questo imperativo.

3.1. Ma cos'è, secondo i presuli, la legalità?
I Vescovi dicono che, essendo l'uomo destinato a vivere in una società, è indispensabile che la vita sociale sia regolata da leggi (secondo l'antico brocardo: ubi societas ibi ius): se tali regole mancano oppure se non sono rispettate, la forza prevale sulla giustizia. La legalità viene perciò definita come il rispetto e la pratica delle leggi e viene considerata condizione fondamentale perché vi siano libertà, giustizia e pace tra gli uomini.
3.2. Se poi si aggiunge il riferimento della Rivelazione all'origine divina del potere umano (Gesù dice a Pilato che egli non avrebbe alcun potere se non gli fosse stato dato dall'alto, San Paolo scrive che non esiste autorità se non proviene da Dio ed esorta all'obbedienza anche con riguardo alle tasse) si comprende come il rispetto della legalità sia, secondo i Vescovi, non un atto formale ma un gesto personale che trova la sua giustificazione nell'ordine morale.
3.3. Dunque ed infine, se cade il senso di legalità, ciò può essere dovuto a due fattori fondamentali:

  • il modo di gestire il potere e di formulare le leggi;
  • il modificato senso di solidarietà tra gli uomini e la loro moralità.

Quanto al primo aspetto, è chiaro che la responsabilità ricade sugli uomini delle istituzioni; quanto al secondo, è compito di ogni cittadino nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità coltivare e promuovere il senso di legalità. In questa direzione deve andare anche quella fondamentale aggregazione di cittadini che è la Chiesa italiana in tutte le sue articolazioni, a partire dalla Parrocchia.

4. Partiamo dunque dal primo aspetto. Cosa deve fare il potere politico per promuovere un autentico senso di legalità, per educare alla legalità (posto che, pur non essendo per definizione lo Stato democratico uno Stato etico, è inevitabile che la legge abbia un valore educativo giacché rappresenta la "consacrazione" di un sistema di valori fatto proprio dal Legislatore del tempo)? Deve tra l'altro, secondo i Vescovi, assicurare il rispetto di alcune condizioni (pag. 7 della nota citata):

  • l'esistenza di chiare e legittime regole di comportamento che temperando gli istintivi egoismi individuali o di gruppo antepongano il bene comune agli interessi particolari;
  • la correttezza e la trasparenza dei procedimenti che portano alla scelta delle norme e alla loro applicazione, in modo che siano controllabili le ragioni, gli scopi e i meccanismi che le producono;
  • la stabilità delle leggi che regolano la convivenza civile;
  • l'applicazione anche coattiva di queste regole nei confronti di tutti, evitando che siano solo i deboli e gli onesti ad adeguarvisi, mentre i forti e i furbi tranquillamente le disattendono.

Nella società del 1991 i Vescovi denunciarono il difetto di questi requisiti minimi, evidenziando in particolare che:

  • lo Stato è divenuto sempre più debole: affiora l'immagine di un insorgente neo-feudalesimo, in cui corporazioni e lobbies manovrano la vita pubblica, influenzano il contenuto stesso delle leggi, decise a ritagliare per il proprio tornaconto un sempre maggiore spazio di privilegio;
  • le leggi, che dovrebbero nascere come espressione di giustizia, e dunque di difesa e di promozione dei diritti della persona, e da una superiore sintesi degli interessi comuni, sono spesso il frutto di una contrattazione con quelle parti sociali più forti che hanno il potere di sedersi, palesemente o meno, al tavolo delle trattative, dove esercitano anche il potere di veto. Tutto ciò ha portato ad elevare al massimo il potere ricattatorio di chi ha una particolare forza di contrattazione, ad aumentare il numero delle leggi "particolaristiche" (cioè in favore di qualcuno) e di ridurre invece drasticamente le leggi "generali", vanificando così le istanze di chi non ha voce né forza;
  • le violazioni della legge non hanno spesso un'effettiva sanzione o perché sono carenti le strutture di accertamento delle violazioni, o perché le sanzioni arrivano in ritardo, rendendo in tal modo conveniente il comportamento illecito. Anche la classe politica, con il suo frequente ricorso alle amnistie e ai condoni, a scadenze quasi fisse, annulla reati e sanzioni e favorisce nei cittadini l'opinione che si può disobbedire alle leggi dello Stato. Chi si è invece comportato in maniera onesta può sentirsi giudicato poco accorto per non aver fatto il proprio comodo come gli altri, che vedono impunita o persino premiata la loro trasgressione della legge.

C'è da chiedersi, dunque, se nel 2003 sia cambiato qualcosa con riferimento all'esistenza delle condizioni minime appena menzionate.
Con riguardo agli interessi perseguiti da alcune leggi dello Stato, il tema è di scottante attualità ed è stato abbondantemente dibattuto.
Quanto agli altri aspetti, dicevano i Vescovi, come si è visto, che il sistema deve garantire mezzi e risorse perché si accertino e si sanzionino gli illeciti e che non si dovrebbe fare ricorso ai condoni, che producono un abbassamento della cultura di legalità perché premiano i furbi e scanzonano gli onesti.
Sulla prima questione basta ricordare il tema delle risorse riservate all'amministrazione della giustizia, mentre, con riferimento al secondo aspetto, basterà rammentare quanti condoni sono stati promulgati dal 1991 ad oggi.

5. Se dunque oggi, nel 2003, nulla è cambiato rispetto al 1991, è il caso di passare al secondo punto sul quale sin dall'introduzione della loro nota dodici anni fa i Vescovi posero attenzione, cioè alla necessità che siano i cittadini stessi, ed in primis i cristiani, a formarsi una coscienza attenta al rispetto della legge. In altre parole, il rispetto della legge deve oggi più che mai essere assicurato da un'opera di educazione svolta dalle nostre comunità, dalla base.
Di fronte all'eclissi della legalità (l'espressione forte fu utilizzata nella stessa nota che si commenta) è necessario promuovere moralità e legalità, la prima intesa come "libera accoglienza interiore ed esteriore di ogni giusta norma" e la seconda quale "comportamento in linea con la normativa vigente, qualunque essa sia"; è necessario tener presente quanto diceva il Concilio Vaticano II sul punto: "Sacro sia per tutti includere tra i doveri principali dell'uomo moderno, e osservare, gli obblighi sociali" (Gaudium et spes n. 30).
In questo discorso si inserisce, ovviamente, la c.d. obiezione di coscienza.
Se è vero che moralità e legalità sono strettamente connesse ma non sono la stessa cosa, si capisce come il cristiano possa anche trovarsi moralmente in conflitto insanabile con una legge dello Stato.
La prima osservazione che sorge spontanea è le seguente: il cristiano obbedirà alla propria coscienza, come fece Gesù Cristo che morì in croce ed accettò le sanzioni previste da leggi che non condivideva; similmente, il cristiano non cercherà condoni, scappatoie o compromessi, ma pagherà di persona la propria consapevole disobbedienza, accettando di buon grado le sanzioni previste.
Va però aggiunto il riferimento testuale a quanto autorevolmente enunciato dai Vescovi nella nota del 4.10.1991: "L'ordinamento giuridico deve essere vigilante e scoraggiare chi, ricorrendo all'obiezione, tende in realtà non a salvaguardare la coscienza ed i suoi valori, ma solo a tutelare la propria comodità o, peggio ancora, interessi di casta o di corporazione. Solo l'obiezione di coscienza rettamente intesa e sollevata, e talvolta anche riconosciuta dall'ordinamento giuridico, proprio perché è rispettosa dei fondamentali valori morali della persona, non diminuisce ma rafforza il senso della legalità".
Insomma, concludono i Vescovi ("conclusione" della nota 4.10.1991): "ai credenti è chiesto di farsi all'interno dell'attuale società coscienza critica e testimonianza concreta del vero senso della legalità".

 




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