Fabrizio Vielmini
La crisi mette in pericolo l'ordine mondiale
 
Da L'Eco di Bergamo 13 aprile 2002

Il cataclisma che continua a sconvolgere la Terra Santa sta mettendo in discussione tutti gli elementi su cui si basa l'attuale ordine internazionale

Il cataclisma che continua a sconvolgere la Terra Santa sta mettendo in discussione tutti gli elementi su cui si basa l'attuale ordine internazionale. Ad essere in crisi per prima è la potenza che negli ultimi dieci anni ha invocato per sé il ruolo di garante del sistema. La paralisi dell'America è evidente. Da un lato l'amministrazione Bush è sotto la pressione dell'apparato militare industriale e dei suoi ideologi impegnati a programmare l'estensione della "guerra al terrorismo". Dall'altro Washington si trova davanti ad una reazione compatta del mondo arabo che potrebbe mettere in crisi il suo controllo del Medio Oriente e delle sue ricchezze su cui da mezzo secolo si basa il suo potere mondiale. Questa reazione insieme alle convulsioni europee ed alla chiara presa di posizione della Santa Sede costringono gli USA a mantenere aperto un canale con Arafat e a cercare di rabbonire Israele. Il risultato è il gioco delle parti a cui stiamo assistendo, quello di una potenza che si vuole giudice ma che in realtà non può esserlo poiché è parte in causa.

Ed in forza di ciò tutti gli elementi della crisi stanno peggiorando. Finora il principale risultato ottenuto da Sharon è che il mito del "martirio" infiamma più che mai le gioventù arabe mentre Yasser Arafat è divenuto un eroe epocale anche presso le opinioni pubbliche del mondo mussulmano un tempo sue critiche. In questa serie di assurdità, la questione decisiva è una sola: i 400.000 coloni conficcati con la forza nei territori che secondo tutti i trattati appartengono ai palestinesi. In nome di costoro, le amministrazioni israeliane hanno messo in piedi una strategia sistematica che va ad occupare le già scarse riserve di acqua della regione, e così facendo, ghettizza i palestinesi in un labirinto di corridoi protetti e posti di blocco militari. Le attuali operazioni di "Tsahal" non sono delle semplici "rappresaglie" per gli attentati dei kamikaze palestinesi verificatisi in Israele. E evidente che esse sono state pianificate da mesi con l'obbiettivo di espellere i palestinesi dai territori occupati e far posto ad altri coloni richiamati dall'Argentina e dall'ex-URSS. Bisogna dunque finirla con le approssimazioni ed i vittimismi che sullo stesso piano Stato d'Israele (la cui esistenza è fuori discussione) e la politica irresponsabile voluta dalle lobby fondamentaliste sioniste (sovente site negli USA), la quale è la prima responsabile delle attuali minacce alla vita dei cittadini ebraici, in Europa come in Terra Santa.

E proprio questa questione che dovrebbe decidersi a sollevare l'Europa, l'unico attore che potrebbe spezzare l'attuale circolo vizioso. Il modo in cui stiamo assistendo inerti alle distruzioni in Terra Santa è semplicemente immorale. Un'immoralità più che mai stridente quando sui teleschermi le immagini passano dalla Palestina ad un processo in cui Milosevic viene giudicato per atti di gran lunga meno gravi di quelli decisi da Sharon negli ultimi giorni. Quando le norme del diritto internazionali a protezione della popolazione civile sono sistematicamente violate (come ha ricordato ancora ieri il Segretario dell'ONU, K. Annan), allora sono le basi stesse del sistema di convivenza fra le nazioni, la fiducia nell'esistenza di una giustizia internazionale, ad essere colpite. Di questo passo nei tre quarti della popolazione mondiale non può che farsi strada la convinzione che la retorica umanitaria con cui l'Occidente detta regole di comportamento ai diseredati dalla terra è poco più di una copertura per un'opera di dominio globale.

E da una simile miscela esplosiva di umiliazione, frustrazione ed odio che sorgeranno le minacce più gravi per il futuro del nostro continente.

 




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