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Romano
Ricciotti

Samizdat di pensieri alternativi numero 16 - Chiose a un progetto di legge a favore dei "frodolenti"

Rimini - 26 febbraio 2003
 
 

Lettera di Romano Ricciotti

Se c'è un delitto ripugnante è quello di bancarotta fraudolenta...

Ora è in corso presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati l'elaborazione del Progetto di legge n. 2342, su iniziativa di un gruppo di Deputati della Casa delle libertà, i quali propongono di attenuare il rigore delle pene previste per i delitti di bancarotta, portando la pena massima a tre anni di reclusione...

Se c'è un delitto ripugnante è quello di bancarotta fraudolenta. Il bancarottiere è quell'imprenditore commerciale che acquista a credito e, falsificando bilanci e scritture contabili, sottrae ai fornitori la garanzia del loro credito e ai dipendenti quella del salario.
Poi chiede o accetta il fallimento. I creditori, primi fra tutti i suoi dipendenti, vengono letteralmente derubati di quanto loro spetta. Imprese fornitrici sul lastrico, famiglie alla fame.

Per la Chiesa, negare la mercede agli operai è uno dei peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio.
Dante getta i "frodolenti" all'inferno perché "la frode, ond'ogni coscienza è morsa, può l'omo usare in colui che 'n lui si fida". Ed è giusto che "la divina vendetta li martelli" (Canto XI).
La Legge fallimentare vigente, che è del 1942, punisce la bancarotta fraudolenta con la reclusione da tre a dieci anni.

Ora è in corso presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati l'elaborazione del Progetto di legge n. 2342, su iniziativa di un gruppo di Deputati della Casa delle libertà, i quali propongono di attenuare il rigore delle pene previste per i delitti di bancarotta, portando la pena massima a tre anni di reclusione.
Un delitto punito con tre anni di reclusione si prescrive in quattro anni e mezzo. Con le procedure tortuose vigenti, rese ancor più impraticabili negli ultimi anni, e con la quantità di fascicoli penali che si accumulano sui banchi dei giudici, in quattro anni e mezzo sarà già tanto se si perverrà alla sentenza di primo grado. Poi, inesorabilmente, cadrà la salvifica mannaia della prescrizione.

Si legge nella Relazione che la severità delle pene oggi previste è caratterizzata dalla " sua incompatibilità con i princìpi penali costituzionali quali, ad esempio il principio di necessaria offensività" e con "lo stesso canone di ragionevolezza delle leggi più volte invocato dalla Corte Costituzionale che ha sovente dichiarato l'illegittimità costituzionale della sanzione prevista per taluni reati, sia per sproporzione diretta tra offesa e sanzione sia per sproporzione tra sanzioni relative alla stessa offesa o ad offesa analoga".

Sotto il velame del "giuridichese" stretto si scoprono argomenti che vanno bene solo per gli ignari. Come si può affermare che è privo di offensività un delitto che colpisce creditori e dipendenti nei loro interessi vitali? E perché la Corte costituzionale non ha dichiarato illegittima anche la norma sulla bancarotta fraudolenta, che, quanto a severità, è una delle più rigorose?

Si aggiunge, nella Relazione, che ..."la sproporzione della pena in sé e per sé del reato (ad esempio di bancarotta) " sarebbe contraria "allo stesso articolo 41 della Costituzione che tutela l'iniziativa economica privata, da taluno ritenuta un "diritto inviolabile dell'uomo".
E qui si apprende che sottrarre i beni ai creditori e ai dipendenti è un sacrosanto diritto "inviolabile" dell'uomo, tutelato dall'articolo 41 della Costituzione.

I Relatori sottolineano, ancora, che "le modifiche proposte non possono essere avulse da altre analoghe aventi ad oggetto le sanzioni relative ad alcuni reati di falso per gli innegabili riverberi su tali fattispecie delittuose della nuova disciplina". Infatti la tutela del "diritto inviolabile" non sarebbe completa se si trascurassero i diritti dei falsari. Va da sé.

La Relazione al Progetto di legge esordisce con queste parole:
"Il sistema sanzionatorio dei reati fallimentari" è una "chiara espressione di un regime totalitario e di conseguente compressione della libertà di impresa".
Il primo firmatario del Progetto (e della Relazione) è il deputato Sergio Cola, di Alleanza Nazionale.




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