E'
venuto il momento non solo di stare all'opposizione rispetto alla
maggioranza associativa, ma di farla, l' opposizione. Altrimenti quel
gruppo dovrà percorrere fino in fondo il viale del tramonto,
sul quale è avviato (come, del resto, la giustizia in questa
Italia).
Abolire le inaugurazioni?
Alla ricerca di notizie e argomenti grossolani da offrire a un'opinione
pubblica alle prese con la digestione dei pranzi e delle cene di fine
d'anno, la stampa italiana enfatizza la proposta dell'onorevole avvocato
prsidente della commissione giustizia della Camera dei Deputati, professor
Gaetano Pecorella, il quale suggerisce che è ora di abolire i discorsi
di inaugurazione dell'anno giudiziario.
La proposta è stantia e odora di rancido. Essa veniva reiterata
ogni anno, negli Anni Sessanta, dalla Sinistra politica e da quella giudiziaria,
che non sopportavano gli "ermellini" dei procuratori generali
(mentre non trovavano da ridire sulle grandi sfilate della Piazza Rossa
di Mosca, con marescialloni sovietici loricati nel petto e sull'adipe
rigonfio, da chilogrammi di medaglie).
Allora l'onorevole avvocato presidente professore stava a sinistra, con
il Soccorso Rosso. Ora è il "consigliere del principe"
del presidente Silvio Berlusconi. Ma nessuno lo consideri un "voltagabbana"
e neppure un incoerente. La sua linea ideologico-politica è diritta
e priva di pentimenti.
Egli pensa e agisce contro i giudici, sempre, sia allora che oggi.
Aboliamole
Le cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario erano l'omaggio che
la collettitivà rendeva ai suoi giudici e l'occasione, per i procuratori
generali, di riferire al popolo circa l'amministrazione della Giustizia
e i suoi problemi.
Dagli anni Sessanta, quando infuriavano le "controinaugurazioni"
(specie di "girotondi" della Sinistra, politica e giudiziaria,
allora contro i giudici), le inaugurazioni si svolgono nel frastuono della
rissa.
Il presidente del consiglio accusa i giudici del delitto di abuso d'ufficio,
affermando in Italia e all'estero che essi utilizzano la giustizia penale
per impedirgli di governare e per condurre alla vittoria i "comunisti"
con un colpo di Stato.
Il Centro-destra attacca i giudici, il Centro-sinistra li difende ipocritamente;
entrambi, "sotto il velame" della separazione delle funzioni,
vogliono in realtà dividere i magistrati del pubblico ministero
dai giudici, facendo dei primi una super-polizia con garanzie costituzionali
(per ora).
Non vi è discussione, ma solo invettiva.
Allora è proprio il caso di abolire la pubblica lettura delle relazioni
dei procuratori generali. Ma non a causa dell'uso che ne fanno i magistrati,
bensì per le aggressioni che provengono dal mondo politico.
Il professore avvocato presidente sa bene che -per l'abolizione- è
sufficiente che l'anno prossimo, il Consiglio superiore della magistratura
deliberi (alla stregua dell'articolo 88 dell'ordinamento giudiziario,
modificato nel 1958) che i procuratori generali non diano pubblica lettura
delle loro relazioni.
E, se la maggioranza intenderà autorizzare la pubblicità
delle relazioni, basterà ai componenti del Consiglio nominati su
indicazione della Casa delle libertà far venire meno il numero
legale, non partecipando alla seduta.
E i magistrati?
L'Associazione nazionale magistrati inventa una sortita scenografica,
quella di andare alle cerimonie di inaugurazione tenendo bene in vista
una copia della Costituzione. L'idea è poco felice. Si può
immaginare che gli autori della pensata abbiano voluto mettere in scena
un richiamo polemico all'opinione pubblica in chiave di censura verso
il mondo politico. Ci sono riusciti, ma attraverso il filtro di notizie
di stampa che hanno associato il loro gesto ai commenti malevoli dei politici.
Il vice-presidente del Consiglio dei Ministri ha detto che si tratta di
una manifestazione grave (laddove, semmai, la si può considerare
al massimo inopportuna). Un sottosegretario, magistrato di professione,
ha trovato modo di dichiarare, in questa occsione, che un consistente
numero di giudici lavora 12 ore alla settimana (ma perchè non ha
scritto una lettera ufficiale al Ministro della Giustizia affinchè
deferisca costoro al Consiglio superiore della magistratura per una sacrosanta
sanzione disciplinare?). Il "responsabile per la giustizia"
di Forza Italia ha fatto sapere che, se i magistrati vogliono le riforme,
le avranno nel 2003 (alludendo verosimilmente alla separazione dellle
carriere e ad altre iniziative che i magistrati avversano).
Insomma, un vero e proprio atto di autolesionismo, pensato da dirigenti
associativi illusi di poter battere, sul piano della potenza comunicativa,
politici di consumata perizia e muniti di forti legami con le redazioni
dei giornali. Hanno ottenuto, questa sì, la solidarietà
pelosa del Centro-sinistra, ossia della mezza Italia che si oppone al
Governo. Con la conseguenza di aver gettato ancora una volta la giustizia
nel rogo della polemica politica.
I magistrati "moderati"
C'è un gruppo di magistrati, detti "moderati", che si
sono dissociati dalle forme clamorose di polemica non aderendo allo sciopero
proclamato dalla loro Associazione nell'estate scorsa e uscendo dalla
Giunta direttiva dell'Associazione medesima. Si tratta della corrente
di Magistratura indipendente, la quale, a causa di una improvvida legge
elettorale (fatta dal Centro-destra e che ha favorito il successo della
Sinistra giudiziaria) ha subito una forte perdita di consensi e oggi ha
soltanto due rappresentanti al Consiglio superiore della magistratura.
La presa di posizione contro lo sciopero non ha salvato la corrente "moderata"
dagli attacchi del Centro-destra. Un senatore napoletano, anch'egli magistrato
di professione, ha definito (con pannelliana eleganza) "tecnicamente
eversivo" quello sciopero, e ha rimproverato Magistratura Indipendente
perchè, uscendo dalla Giunta, "ha scelto una linea suicida:
occorreva invece rimanere, per tutelare tutti quei magistrati che non
hanno voglia di subire scelte politiche, con lo scopo di riportare l'Anm
su quei binari costituzionali dai quali ormai ha deragliato" (dichiarazione
resa nel maggio 2002 al Velino). Non si capisce quali difese avrebbe dovuto
apprestare Magistratura indipendente, se non quella, forte, di esibire
ai giovani magistrati un esempio di coerenza e di serietà professionale.
Perdita di consensi e perdita di "potere" in seno al Consiglio
hanno trasformato Magistratura indipendente in un gruppo al quale non
rimane che una funzione critica di natura ideale e culturale. Non è
poco, sul piano della dialettica delle idee. E' un patrimonio da spendere
nei rapporti con i colleghi, con le correnti egemoni, con le istituzioni
e con il ceto politico nel suo insieme.
Senonchè qesta funzione di stimolo critico richiede una capacità
di comunicazione che Magistratura indipendente non ha ancor dimostrato
di possedere. E' necessario che il gruppo, cui non mamcano uomini di valore,
si attrezzi per esercitare una costante attività di controinformazione,
come seppe fare Magistratura democratica nell'epoca del suo iniziale Sturm
und Drang.
E' venuto il momento non solo di stare all'opposizione rispetto alla maggioranza
associativa, ma di farla, l' opposizione. Altrimenti quel gruppo dovrà
percorrere fino in fondo il viale del tramonto, sul quale è avviato
(come, del resto, la giustizia in questa Italia).
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