archivio di erasmo da rotterdam
articoli di identità europea
- Cerca nel sito -
Romano
Ricciotti
Giustizia e dintorni - Riflessioni scritte nell'attesa delle cerimonie di apertura dell'anno giudiziario

Da CRITICA PENALE (Fascicolo 3-4 2002)
 
 

E' venuto il momento non solo di stare all'opposizione rispetto alla maggioranza associativa, ma di farla, l' opposizione. Altrimenti quel gruppo dovrà percorrere fino in fondo il viale del tramonto, sul quale è avviato (come, del resto, la giustizia in questa Italia).

Abolire le inaugurazioni?
Alla ricerca di notizie e argomenti grossolani da offrire a un'opinione pubblica alle prese con la digestione dei pranzi e delle cene di fine d'anno, la stampa italiana enfatizza la proposta dell'onorevole avvocato prsidente della commissione giustizia della Camera dei Deputati, professor Gaetano Pecorella, il quale suggerisce che è ora di abolire i discorsi di inaugurazione dell'anno giudiziario.
La proposta è stantia e odora di rancido. Essa veniva reiterata ogni anno, negli Anni Sessanta, dalla Sinistra politica e da quella giudiziaria, che non sopportavano gli "ermellini" dei procuratori generali (mentre non trovavano da ridire sulle grandi sfilate della Piazza Rossa di Mosca, con marescialloni sovietici loricati nel petto e sull'adipe rigonfio, da chilogrammi di medaglie).
Allora l'onorevole avvocato presidente professore stava a sinistra, con il Soccorso Rosso. Ora è il "consigliere del principe" del presidente Silvio Berlusconi. Ma nessuno lo consideri un "voltagabbana" e neppure un incoerente. La sua linea ideologico-politica è diritta e priva di pentimenti.
Egli pensa e agisce contro i giudici, sempre, sia allora che oggi.

Aboliamole
Le cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario erano l'omaggio che la collettitivà rendeva ai suoi giudici e l'occasione, per i procuratori generali, di riferire al popolo circa l'amministrazione della Giustizia e i suoi problemi.
Dagli anni Sessanta, quando infuriavano le "controinaugurazioni" (specie di "girotondi" della Sinistra, politica e giudiziaria, allora contro i giudici), le inaugurazioni si svolgono nel frastuono della rissa.
Il presidente del consiglio accusa i giudici del delitto di abuso d'ufficio, affermando in Italia e all'estero che essi utilizzano la giustizia penale per impedirgli di governare e per condurre alla vittoria i "comunisti" con un colpo di Stato.
Il Centro-destra attacca i giudici, il Centro-sinistra li difende ipocritamente; entrambi, "sotto il velame" della separazione delle funzioni, vogliono in realtà dividere i magistrati del pubblico ministero dai giudici, facendo dei primi una super-polizia con garanzie costituzionali (per ora).
Non vi è discussione, ma solo invettiva.
Allora è proprio il caso di abolire la pubblica lettura delle relazioni dei procuratori generali. Ma non a causa dell'uso che ne fanno i magistrati, bensì per le aggressioni che provengono dal mondo politico.
Il professore avvocato presidente sa bene che -per l'abolizione- è sufficiente che l'anno prossimo, il Consiglio superiore della magistratura deliberi (alla stregua dell'articolo 88 dell'ordinamento giudiziario, modificato nel 1958) che i procuratori generali non diano pubblica lettura delle loro relazioni.
E, se la maggioranza intenderà autorizzare la pubblicità delle relazioni, basterà ai componenti del Consiglio nominati su indicazione della Casa delle libertà far venire meno il numero legale, non partecipando alla seduta.

E i magistrati?
L'Associazione nazionale magistrati inventa una sortita scenografica, quella di andare alle cerimonie di inaugurazione tenendo bene in vista una copia della Costituzione. L'idea è poco felice. Si può immaginare che gli autori della pensata abbiano voluto mettere in scena un richiamo polemico all'opinione pubblica in chiave di censura verso il mondo politico. Ci sono riusciti, ma attraverso il filtro di notizie di stampa che hanno associato il loro gesto ai commenti malevoli dei politici. Il vice-presidente del Consiglio dei Ministri ha detto che si tratta di una manifestazione grave (laddove, semmai, la si può considerare al massimo inopportuna). Un sottosegretario, magistrato di professione, ha trovato modo di dichiarare, in questa occsione, che un consistente numero di giudici lavora 12 ore alla settimana (ma perchè non ha scritto una lettera ufficiale al Ministro della Giustizia affinchè deferisca costoro al Consiglio superiore della magistratura per una sacrosanta sanzione disciplinare?). Il "responsabile per la giustizia" di Forza Italia ha fatto sapere che, se i magistrati vogliono le riforme, le avranno nel 2003 (alludendo verosimilmente alla separazione dellle carriere e ad altre iniziative che i magistrati avversano).
Insomma, un vero e proprio atto di autolesionismo, pensato da dirigenti associativi illusi di poter battere, sul piano della potenza comunicativa, politici di consumata perizia e muniti di forti legami con le redazioni dei giornali. Hanno ottenuto, questa sì, la solidarietà pelosa del Centro-sinistra, ossia della mezza Italia che si oppone al Governo. Con la conseguenza di aver gettato ancora una volta la giustizia nel rogo della polemica politica.

I magistrati "moderati"
C'è un gruppo di magistrati, detti "moderati", che si sono dissociati dalle forme clamorose di polemica non aderendo allo sciopero proclamato dalla loro Associazione nell'estate scorsa e uscendo dalla Giunta direttiva dell'Associazione medesima. Si tratta della corrente di Magistratura indipendente, la quale, a causa di una improvvida legge elettorale (fatta dal Centro-destra e che ha favorito il successo della Sinistra giudiziaria) ha subito una forte perdita di consensi e oggi ha soltanto due rappresentanti al Consiglio superiore della magistratura.
La presa di posizione contro lo sciopero non ha salvato la corrente "moderata" dagli attacchi del Centro-destra. Un senatore napoletano, anch'egli magistrato di professione, ha definito (con pannelliana eleganza) "tecnicamente eversivo" quello sciopero, e ha rimproverato Magistratura Indipendente perchè, uscendo dalla Giunta, "ha scelto una linea suicida: occorreva invece rimanere, per tutelare tutti quei magistrati che non hanno voglia di subire scelte politiche, con lo scopo di riportare l'Anm su quei binari costituzionali dai quali ormai ha deragliato" (dichiarazione resa nel maggio 2002 al Velino). Non si capisce quali difese avrebbe dovuto apprestare Magistratura indipendente, se non quella, forte, di esibire ai giovani magistrati un esempio di coerenza e di serietà professionale.

Perdita di consensi e perdita di "potere" in seno al Consiglio hanno trasformato Magistratura indipendente in un gruppo al quale non rimane che una funzione critica di natura ideale e culturale. Non è poco, sul piano della dialettica delle idee. E' un patrimonio da spendere nei rapporti con i colleghi, con le correnti egemoni, con le istituzioni e con il ceto politico nel suo insieme.
Senonchè qesta funzione di stimolo critico richiede una capacità di comunicazione che Magistratura indipendente non ha ancor dimostrato di possedere. E' necessario che il gruppo, cui non mamcano uomini di valore, si attrezzi per esercitare una costante attività di controinformazione, come seppe fare Magistratura democratica nell'epoca del suo iniziale Sturm und Drang.
E' venuto il momento non solo di stare all'opposizione rispetto alla maggioranza associativa, ma di farla, l' opposizione. Altrimenti quel gruppo dovrà percorrere fino in fondo il viale del tramonto, sul quale è avviato (come, del resto, la giustizia in questa Italia).




Vuoi essere informato sulle novità del sito e le iniziative di Identità Europea?
iscriviti cancellati


© Identità Europea 2004
Sito ottimizzato per una visione 800 x 600 px
Explorer 5.0 - Netscape 6 - Opera 7
e superiori


 

 
articoli censurati dalla stampa