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Romano
Ricciotti
Samizdat di pensieri alternativi - Prospettive della Destra dopo le elezioni del 13 maggio 2001
Rimini, 10 luglio 2001
 
 

Veneziani osserva che la "cultura di destra è un perimetro di difficile definizione".

I. Saggiamente Marcello Veneziani (Il Giornale, 20 maggio 2001) si è chiesto se vi sia "un nesso tra la cultura di destra e la vittoria di Berlusconi".
La domanda può apparire sospesa fra la sfera dei pensieri oziosi e quella delle provocazioni. Ma la questione è meno peregrina di quanto a prima vista si possa ritenere.
Naturalmente il discorso presuppone l'individuazione di un concetto di Destra sufficientemente (anche se grossolanamente e arbitrariamente) definito, sia dal punto di vista teorico-politico sia dal punto di vista dell'attualità politica.
Veneziani osserva che la "cultura di destra è un perimetro di difficile definizione". Ma intanto annota che questa cultura è "generalmente critica verso la società di massa, la civiltà liberale, americana, televisiva e coltiva l'oscena passione per i Vinti più che per i Vincenti". "Essa è, quanto all' idem pensare, un'isola, anzi un arcipelago di piccole isole, spesso non comunicanti".

II. Per qualche maggiore specificazione -e limitandomi a proposizioni la cui dimostrazione eccede l'economia di questo scritto- escluderei dal pensiero della Destra le dottrine liberali, nelle loro espressioni radicale, giacobina e massonica. Lo stesso si dica per i liberisti, e precisamente per i devoti del Mercato come supremo selezionatore dei valori e regolatore -legibus solutus- dell'economia e della politica, senza patria, superiorem non reconoscens. Dall'Economia di mercato alla Società del Mercato
Escluderei anche il movimento Cattolico-democratico, conosciuto pragmaticamente come dei Cattolici di sinistra o Catto-comunisti, più vicino alle concezioni politiche "democratiche" e al marxismo che alla dottrina sociale della Chiesa.
Non appartengono alla Destra i movimenti che vedono l'Unificazione europea come negazione delle Patrie nazionali; i localismi, ispirati soprattutto da egoismi economici regionali e da visioni del mondo fondate su tradizioni, orali e scritte, dialettali e protese verso un federalismo economicistico, subalterno all'egemonia della Globalizzazione e contiguo alla secessione.

III. Appartengono alla Destra:
il pI il pensiero ispirato alla Dottrina sociale della Chiesa e quello -storicamente rappresentato dal Corporativismo democratico di ispirazione cattolica e dal Corporativismo autoritario fascista- che respingono sia la dottrina liberal-capitalista (occidentale) sia quella statal-capitalista (sovietica) sia la lotta di classe come sostegno e spinta del progresso economico e politico dei popoli;
il pensiero tradizionalista, tanto cattolico che laico, negatore del progressismo e del liberalismo. A fatica includerei anche quel sentimento tradizionalista che contrappone i patriottismi locali a quelli nazionali, non ancora consapevole che il concetto di Nazione, nato a giacobino a sinistra con la Rivoluzione francese, è divenuto con il tempo un concetto proprio della Destra (Cardini, L'intellettuale disorganico).
la visione dell'Unificazione europea non come negazione della Patria nazionale ma come integrazione di essa nella grande Patria europea, con il rispetto delle identità nazionali e degli Stati nazionali che la compongono;
il pensiero conservatore riconducibile a
Burke e ai critici liberali della Rivoluzione Francese, nonchè certe tendenze minoritarie del pensiero conservatore nordamericano.

IV. Dal punto di vista dell'attualità politica, possono essere annoverati nell'ambito della Destra quei ristretti ambienti di di Alleanza nazionale, che si rifanno a sentimenti liberal-cattolico-solidaristi e quelli che possono definirsi conservatori.
Quanto agli aderenti "di base" , non è il caso di parlare di pensiero perchè costoro si dicono sovente liberali-libertari e guardano con simpatia quel fenomeno eversivo della Patria, della Religione e dell'Ordine che è il Partito radicale. I risultati dei Referendum sul divorzio e sull'aborto sono eloquenti. Altri sono affascinati dal richiamo al mito del "Popolo delle Partite Iva", ossia del c.d. ceto medio produttivo, implicitamente contrapposto al ceto medio parassitario, ossia a quello degli impiegati pubblici e privati, dei militari, della piccola borghesia meridionale, di coloro, insomma, che costituivano l'elettorato tradizionale del Movimento sociale italiano.
Appartengono tutto sommato -pur con vistose contraddizioni- alla Destra i movimenti -interni o esterni ad Alleanza Nazionale- conosciuti come Destra sociale, quello dei Cattolici tradizionalisti, quello della dissidenza di Pino Rauti e un certo numero di persone, estranee a ogni formazione politica.

V. Le elezioni politiche del 2001 hanno rappresentato per la Destra un passaggio di grande importanza, e non felice.
Non sono poche le persone (quorum ego) che hanno avversato e avversano il sistema elettorale uninominale maggioritario (sia pure contaminato con una riserva proporzionale).
Questo sistema sospinge con forza i partiti e i movimenti politici verso l'aggregazione, che si concretizza dapprima puramente e semplicemente in uno strumento elettorale, in funzione della conquista della maggioranza nei singoli collegi e nel Parlamento (l'operazione è riuscita, anche se la coalizione ha perduto quasi due milioni di voti rispetto al risultato elettorale del 1996 - Mannheimer, Corr. Sera 16 maggio 2001) .
E' necessario poi, per rendere credibili le operazioni di aggregazione, presentare agli elettori un (vero o fittizio) programma comune, che giustifichi politicamente l'accordo. E questo è stato fatto, da parte del Centro-destra, offrendo agli italiani una piattaforma comune a formazioni diverse e sovente confliggenti fra di loro (con conseguente perdita di identità dei partiti della coalizione.
Sono stati costruiti due cerchi concentrici: il Polo delle libertà (Forza Italia con Alleanza nazionale, CCD e CDU) e due satelliti (Lega Nord e Nuovo PSI) ruotanti, questi, entro un'orbita più larga, a formare la Casa delle libertà. Come ulteriore elemento di aggregazione è stato ideato un nucleo -inserito nel simbolo dello schieramento (presente nella scheda elettorale)- costituito da un elemento carismatico, il nome del Capo riconosciuto, nella persona di Silvio Berlusconi.
Naturalmente l'operazione ha consolidato l' omologazione dei partiti partecipanti al patto, la qual cosa, unita al martellante messaggio propagandistico (e alla furibonda polemica avversaria) sul nome e sulla persona del Capo, si è risolta in un trasferimento di voti dai partiti minori (compresa Alleanza Nazionale) verso Forza Italia.

VI. Gli esponenti di questi partiti si sono dichiarati soddisfatti dal risultato elettorale, contrapponendo al prezzo, pagato con la perdita di identità e di consensi, il numero di parlamentari eletti (pochi nella parte proporzionale, moltissimi nella parte maggioritaria).
Con l'operazione e con il risultato qui descritti si sono poste le basi per un ulteriore passo, quello che, prima o poi porterà all'unificazione di tutti i partiti del patto, i quali confluiranno, come un solo gregge con un solo pastore, in Forza Italia, la nuova Democrazia cristiana, sotto la guida del suo Capo.
Già nelle trattative preelettorali il numero dei collegi da attribuire a ogni partito della coalizione è stato negoziato da Forza Italia con grande cura e determinazione e con il Capo carismatico nella parte del dispensatore di benefici.
E, poichè buona parte dei candidati di Alleanza nazionale e la maggior parte dei candidati degli altri partiti minori sono stati eletti con i voti di Forza Italia, il prossimo passo, nelle future competizioni elettorali, consisterà nella pretesa di quest'ultimo partito di concordare, con diritto di veto, non soltanto il numero dei collegi, ma anche la scelta dei candidati. Dopo di ciò apparirà conveniente ad Alleanza nazionale confluire in un'unica formazione politica, la qual cosa consoliderà il progetto di Gianfranco Fini di uscire finalmente dall'ombra e di assumere la guida del Grande Partito (Verderami, Corr. Sera 11 giugno 2001). Eventi permettendo.
In particolare, questa convenienza sarà particolarmente apprezzata dalla maggioranza liberaleggiante di Alleanza nazionale, per diluire, in un organismo mastodontico, il peso specifico attuale del movimento della Destra sociale, il solo ad opporsi al pensiero unico liberale, e temuto dalle altre correnti per la sua coesione e per il suo attivismo.

VII. Tutto ciò, e principalmente la perdita di identità di Alleanza nazionale, era stato previsto dai critici del sistema uninominale. Essi debbono, oggi, registrare il risultato elettorale del 2001 come una duplice smentita.
Sul piano delle previsioni, non si è verificato quell'incremento dell'astensionismo sulla destra che molti di loro prevedevano, come effetto della perdita di identità del partito. L'affluenza elettorale è stata invece cospicua (81%).
Sul piano delle prospettive, la Destra deve accettare come irreversibile la tendenza verso il partito unico, sotto la guida di Silvio Berlusconi. In questo senso Gianfranco Fini ha avuto ragione.
E' ragionevole temere l'avvento di un regime nel quale:
la politica estera sarà sempre più subordinata a quella della gestione repubblicana del potere negli Stati uniti d'America;
la politica europea sarà orientata verso un'unificazione in forma di Federazione (con sacrificio delle identità nazionali e della sovranità degli Stati membri) e non in forma di Confederazione (che rispetta le identità e gli Stati);
la politica sociale sarà ispirata agli interessi delle imprese con pregiudizio di quelli dei lavoratori, attraverso la precarizzazione del lavoro dipendente, il contenimento dei salari, il ridimensionamento della sanità pubblica e della previdenza sociale, secondo il modello del turbocapitalismo nordamericano, l'inasprimento del conflitto con i sindacati, generatore della lotta di classe;
la politica istituzionale si avvierà decisamente non verso sane autonomie ma verso il federalismo, con potenziamento di quelle istituzioni regionali che hanno dato pessima prova, alle quali saranno attribuiti elementi di sovranità al servizio di pulsioni disgregratrici, esponendo la collettività nazionale ai rischi di un gretto egoismo localistico e di tentazioni secessioniste; a questa politica viene opposto come correttivo il presidenzialismo dell'onorevole Fini, definito "nebbioso" da Stefano Folli (Corr. Sera 10 luglio 2001)
la politica interna sarà caratterizzata da proclami di "legge e ordine", svuotati dalle oggettive e insuperabili difficoltà di attuazione (si pensi dgli stranieri clandestini) e contraddetti dalla progressiva attenuazione delle sanzioni penali, dalla loro inflazione e da crescenti difficoltà di esecuzione; nonchè dalla liberazione degli operatori economici
da regole, alle quali essi sono sempre più insofferenti, come quelle sulla tutela penale della sincerità dei bilanci;
la politica giudiziaria procederà verso un graduale contenimento dell'indipendenza dei magistrati, mediante la separazione dei ruoli del pubblico ministero e dei giudici, prodromico al controllo politico dell'azione penale; verso una sempre maggiore influenza della forza politica egemone sull'ordine giudiziario mediante progressivi interventi sulla composizione del Consiglio superiore della magistratura (in vista del completo rovesciamento della proporzione fra componenti politici e componenti magistrati); verso la sempre maggiore complicazione della procedura penale, per consentire agli imputati abbienti di pervenire alla prescrizione dei reati.

VIII. A questa prospettiva la Destra italiana non può opporsi efficacemente, a causa dell'esiguità della sua forza elettorale e parlamentare.
Le resta una funzione di vigilanza e di critica, che potrà al massimo condurre alla formazione di un gruppo di pressione politico-culturale, le cui potenzialità dipenderanno dai rapporti di forza che -sul piano nazionale e sul piano locale- di volta in volta si stabiliranno fra Centro-destra e Centro-sinistra. Quanto minore sarà il divario dei consensi dei due schieramenti tanto maggiore sarà il potere di pressione della Destra.

IX. La nuova funzione richiede uno strumento di comunicazione forte ed efficace. Occorre un organo di stampa, un settimanale autorevole, capace di esprimere il pensiero dell' intero "arcipelago" della Destra, più o meno come seppe fare Il Borghese nel tempo della sua maggior fortuna.
L'impresa è ardua, al limite dell'impossibile, se si pensa alla sorte che, nell'ambito della Destra, hanno subito pubblicazioni come L'Italia settimanale di Marcello Veneziani e Pagine libere di Ivo Laghi.
Ma tant'è. Se neppure questo la Destra riuscirà a mettere in campo, la prospettiva è la sua rapida e completa scomparsa dal panorama culturale e politico italiano.




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