In margine a un libro di Marcello Veneziani
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Destra e sinistra
- La Patria
- L'identità nazionale
- Lo Stato nazionale
- Il Risorgimento
- Gli stranieri
- L'immigrazione
- La globalizzazione
- L'Europa
- Patriottismo e religione
- Territori della destra
- Abitanti abusivi della nostra storia
- Lo Spirito Animale del Mercato
- Un progetto di educazione popolare
- Lo Stato sociale
- La terza via
- Eclissi dello Stato e crescita ipertrofica dello
statalismo.
- La destra al potere
- La via del cesarismo Berlusconiano
- La via radical-pannelliana
- La via comunitaria
- La cultura della destra nell'era della destra
al governo
- La due anime della destra
Destra e sinistra
E' ormai un tormentone. Si sostiene che Destra e Sinistra sono categorie
obliterate dalla storia recente, strumenti non più utilizzabili
sia nell'analisi dei fatti politici sia nella lotta politica. Però
ognun finge di non saperlo e tutti continuano a esprimersi e a lottare
in termini di destra e di sinistra.
Marcello Veneziani aveva già elaborato la sua proposta in Comunitari
o liberal (Laterza 1999), laddove Comunitario è colui che "si
considera figlio di un luogo, di una casa paterna, perchè è
convinto che ogni io abbia una patria originaria". Il Liberal, invece
si considera "figlio di un tempo, compatriota di un'epoca e una generazione,
secolarizzato". "Il Comunitario si sente figlio di una patria,
per il Liberal la propria patria è il tempo". Il Comunitario
coltiva "l'idea di tradizione, segno di continuità e di trasmissione
nel tempo di principi superiori al mutamento". Il Liberal nutre l'aspirazione
al "cosmopolitismo, ovvero la convinzione che gli uomini non abbianno
patria, anzi che la loro patria sia il mondo" (pagg.92 e 93, passim).
Va da sè che, poste queste premesse, l'uomo di destra è
comunitario e l'uomo di sinistra è liberal.
Veneziani completa oggi il suo pensiero con un saggio (La cultura della
destra, Laterza, 2002) che, egli avverte, "poggia su un inganno:
che abbiano ancora un senso la destra e la sinistra". E spiega saggiamente
la pratica sopravvivenza dell'alternativa considerandola "una finzione
utile per intendersi e per designare gli emisferi di cui ha bisogno la
politica per esprimere la sua natura conflittuale". Comunque "destra
e sinistra ... designano in modo impreciso due mentalità pre-politiche,
che riguardano cioè orientamenti e sensibilità di tipo culturale,
esistenziale e sociale" (pag. V). La questione è poi complicata
dal fatto che"...le culture della destra tendono a rifiutare l'etichetta
di destra, preferendo parlare di cultura senza targhe ideologiche"
(112).
La Patria
Il primo tema sopra il quale la cultura di destra interroga se stessa
è la Patria. La Patria è morta l'8 settembre del 1943, come
per primo scrisse il non mai troppo compianto Salvatore Statta nel suo
De Profundis ?
No. "...la patria abita in interiore homine: è nel linguaggio,
è nel comune sentire di popolo che ha vissuto eventi, religioni
e dominazioni, è nel temperamento, pur nelle sue varie sfumature;
è nel paesaggio e nei centri storici, nei luoghi d'arte e di cultura,
è nella memoria, nella moda, nella gastronomia e nel design. E'
nella geografia, ovvero nella configurazione di una penisola circondata
dal mare e dall'arco alpino. La patria italiana esiste; non è morta
nel '43 e tantomeno è nata allora. ... Vero è che l'Italia
è una Repubblica fondata sull'oblio del suo passato. Perché
ai cattolici non stava bene il Risorgimento laico e anti?clericale, i
laici non si riconoscevano nell'Italia cattolica dei secoli andati, gli
anti?fascísti avversavano l'Italia nazional?fascista, ai comunisti
non piaceva neanche l'Italia pre?fascista, borghese e liberale, agli anti?comunisti
non andava bene la Resistenza egemonizzata dai comunisti, ai repubblicani
dispiaceva l'Italia monarchica e sabauda. Così il risultato è
stato il disarmo multilaterale della patria, la rimozione della storia.
Ma questo non vuol dire che sia morta la patria: è morto il suo
sentire politico e istituzionale. La patria è tornata ad essere
un sentimento prepolitico; ma non ha cessato di esistere nella vita quotidiana,
è stata un orizzonte naturale e culturale entro il quale sentirsi
italiani" (p. 25).
L'identità nazionale
E' accaduto "che le culture della destra esprimessero insanabili
fratture con l'identità nazionale, ora nel nome della religione
negata (dal Risorgimento al 20 settembre), ora nel nome del fascismo tradito
(dal 25 luglio in poi), ora nel nome della monarchia defraudata (dal referendum
"truccato" del 2 giugno all'esilio prolungato), ora nel nome
della patria locale soffocata (dallo Stato unitario e centralista). ...
Altrettanto polemico e parziale risultava il senso nazionale inteso dalle
culture della sinistra che celebravano la patria nei punti di maggiore
lacerazione nazionale (la guerra civile, la vittoria sulla monarchia),
dimenticando altre ricorrenze nazionali (il 4 novembre, il 24 maggio,
lo Statuto albertino, la proclamazione dell'Unità d'Italia, la
fondazione di Roma). L'esito era paradossale per una Nazione grondante
di storia, arte e tradizione, così presente e visibile nelle sue
tracce sparse e nei suoi centri storici: la memoria comune veniva per
così dire resettata, lacerata e ridotta in tranci a partire dal
1943. La storia d'Italia coincideva con la storia della Repubblica italiana
nata dall'anti?fascismo. Il resto era solo nebulosa preistoria, genealogia
naturale, ma non culturale" (27).
"Cosa resta oggi di quel senso della patria? Un'identítà
nazionale malandata e vilipesa, di cui si prova vergogna; un'entità
statale inefficiente e discreditata, che suscita istanze di smantellamento
e campagne di destatalizzazione; un senso delle istituzioni tradizionalmente
carente, ma ulteriormente deteriorato negli ultimi anni. Una lingua imbarbarita
e impoverita. Una crescente disaffezione dei cittadini che si manifesta
in un secessionismo ad uso individuale, familiare o tribale, prima che
politico o territoriale. E' la cartella clinica del caso italiano, come
ci viene descritta abitualmente. Tutto questo mentre incede il nuovo indiscutibile
dogma occidentale: la globalizzazione, vista come un ineluttabile inceneritore
degli assetti statali e nazionali" (28).
"Su queste basi è sorto un nuovo determinismo economico-tecnologico
che prende il posto del determinismo storico-ideologico degli anni passati.
Ieri l'escatologia annunciava l'avvento del socialismo internazionale:
oggi annuncia
l'avvento del mercato globale" (28).
Lo Stato nazionale
Un'identità nazionale fittizia condurrebbe "alla prescrizione
di un'Italía da rimuovere perché l'identità nazionale
sarebbe una palla al piede nell'epoca globale" . Di qui la fine dello
Stato nazionale. Ma "la progressiva scomparsa dello Stato nazionale
può essere al più una previsione di lungo periodo applicata
impropriamente al nostro presente; attualmente è solo una congettura
funzionale a interessi transnazionali e a volte transpoliticí di
tipo oligarchico. O, peggio, è un'arma usata da Stati nazionali
egemoni rispetto ad altri più deboli" (31). "...gli Stati
nazionali hanno una duplice legittimazione: da un verso sono fondati su
una Koinè nazionale tramandata e condivisa ... e dall'altro verso
sono fondati sulla sovranità popolare", a differenza dalle
"oligarchie transnazionali" (31)
Il Risorgimento
Alla criminalizzazione del Risorgimento ispirata a una certa vena di tradizionalismo
clericale "...la cultura della destra dovrebbe invece opporre la
lettura che Gioacchino Volpe contrappose a Croce: ovvero l'idea che il
Risorgimento non segna la nascita della nazione italiana ma il nuovo sorgimento
di un'identítà nazionale pre?esistente e pre?politica che
vuol farsi anche identità politica, istituzionale e statuale. Perché
l'identità italiana, spiegava Volpe, precede di secoli lo Stato
unitario, affonda le radici nella romanità e nel medioevo, per
poi assumere forma letteraria e unità linguistica a partire dai
grandi poeti e scrittori in lingua italiana. Víttore Branca ricordava
che noi italiani di fine millennio riusciamo a leggere senza difficoltà
gli scrittori di sette secoli addietro nella medesima lingua in cui essi
allora scrivevano; la stessa cosa non è consentita ai francesi
e agli inglesi che pur vantano Stati unitari di più antica data.
L'unità nazionale italiana è culturale, linguistica e spirituale,
prima che militare, politica e istituzionale. Esiste una koínè
nazionale, maturata nel crocevia del cat tolicesimo, dello spirito mediterraneo
e della cultura rinascímentale, sulle solide basi della civiltà
romana. Così come esiste una particolare configurazione geografica
che lascia adito a pochi equivoci: una penisola separata da un arco alpino
e proiettata nel bacino mediterraneo. L'Italia esiste nella storia ma
anche nella geografia, oltre che nella mentalità e nel costume
(compreso il malcostume). Non è artificio o convenzione perché
combaciano cultura e natura" (30).
Gli stranieri
"L'amor patrio non è, come si dice, portatore di intolleranza
e di aggressività verso l'altro, identificato nello straniero e
oggi ancor più nell'immigrato. ... questo pregiudizio si fonda
sull'identíficazione automatica tra amor patrio e nazionalismo,
così come lo abbiamo conosciuto nel secolo scorso; ovvero una passione
nazionale fondata sulla volontà di potenza e sull' esclusivismo.
Ma non c'è nessuna ragione di credere che l'amor patrio debba necessariamente
esprimersi in un primato aggressivo della propria nazione e in una negazione
dell'altrui identità". "...il razzismo ha riguardato
soprattutto le popolazioni del Nord Europa, anglosassoni, tedesche, in
parte scandinave, russe e francesi, insomma le popolazioni 'bionde' ".
Non "il nostro paese, mediterraneo, a prevalenza bruna, frutto di
mescolanze razziali" (42).
L'immigrazione
La destra deve sostenere "l'accoglienza piena dell'immigrazione
regolare, concordata, e il rigetto dell'immígrazione clandestina.
Maggiori garanzie a chi entra regolarmente con un contratto di lavoro
e maggiore resistenza a chi vorrebbe entrare e soggiornare senza visto
e senza lavoro. ... Per la destra l'immigrazione non è un evento
gioioso, una specie di "giochi senza frontiere" su cui edificare
la società multirazziale e sconfinata, ma nasce da drammi e alimenta
drammi, che possono essere superati e convertiti. ... Più che un'emancipazione,
l'immigrazíone appare a una sensibilità di destra una mutilazione;
più che una conquista una perdita. Per una cultura che assegna
importanza alle radici e alla comunità, e che stabilisce un nesso
non casuale ma significativo con il luogo d'origine, l'immigrazione resta
pur sempre un fenomeno da arginare" (55).
La globalizzazione
"...per gli osservatori della destra antagonista la globalizzazione
è la continuazione dell'internazionalismo con altri mezzi, ovvero
è l'utopia cosmopolita che si realizza attraverso il primato dell'economia
e della tecnica sulla comunità e sulla tradizione" (57).
"...vorrà pur dire qualcosa che le resistenze alla globalizzazione
sorgano oggi nel nome della natura modificata, dell'ambiente degradato,
dell'uomo mercificato e nel nome delle tradizioni religiose ... che la
globalizzazione cresca in sintonia con il processo di scristianizzazione
dell' Occidente, con la desertificazione dei valori religiosi e metaeconomici.
Il mondo che si unifica oggi non è il mondo che accoglie il messaggio
universale di Dio, ma è il mondo che cresce sulla morte di Dio..."
(66).
"...male non è l'esistenza del mercato, ma la subordinazione
dell'esistenza al mercato; male non è che siano riconosciuti i
valori di mercato, male è che diventino i valori della società..."
(68)
"L'avversario della nostra comunità non è la comunità
dei vicini, ma chi nega significato alla comunità nel progetto
di una società mondiale. Chi difende la sua comunità difende
anche la mia..." (75).
"La globalizzazione esige risposte dalla politica, non consenso o
conflitto a priori. ... La politica che non sa rispondere alla globalizzazione,
limitandosi ad allinearvisi e ad assecondarla, è clinicamente morta"
(77)
L'Europa
"L'Europa come gradino verso una società globale è
progetto che attiene alle culture della sinistra, l'Europa come risposta
alla società globale è progetto che sgorga dalle culture
della destra" (74).
Patriottismo e religione
E' diffusa "...la convinzione che l'unico amor patrio ammissibile
nel nostro tempo e compatibile con i valori umani sia separato da ogni
legame di ordine religioso..." (35) Al contrario, "compito ulteriore
di una cultura della destra è stabilire un ponte tra senso civico
e senso religioso, all'insegna di reciproci riconoscimenti pur nell'autonomia
delle sfere; ma non esiste un amor patrio a prescindere dal senso religioso
che ha permeato e nutrito quella società" (37).
Abbiamo creato "da un verso ideologie politiche vissute come chiese
e confessioni religiose vissute come poteri temporali" (37). "Non
si tratta di abbracciare una scelta culturale di tipo neo-guelfo; anzi
è preponderante nella cultura della destra una visione più
ghibellina o dantesca, ovvero religiosa ma non clericale, cattolica ma
non confessionale, ove permane la distinzione delle sfere temporale e
spirituale" (87).
"...si può dire che la cultura della destra si pone come il
tentativo realistico di annodare religione e cirttadinanza, al di fuori
di ogni visione clericale o confessionale, ritenendo che ogni società,
per vivere e restare coesa, abbia bisogno di riconoscersi in un comune
universo di valori e di pratiche condivise attinto dalla tradizione civile
e religiosa reinterpretata nel proprio tempo" (99)
Territori della destra
"Dove [la cultura della destra] può concretizzarsi e
trasformarsi da mentalità culturale in esperienza reale?"
Nei "territori della scuola e dell'educazione, dei beni artistici,
culturali e storici, della comunicazione e dei suoi orientamenti pubblici"
(102).
Il primato mondiale italiano sta "nei nostri centri storici e nelle
nostre bellezze culturali e naturali e nella peculiarità della
nostra tradizione civile e religiosa". Ma di ciò "non
abbiamo una consapevolezza culturale e identitaria adeguata che consenta,
tra l'altro, di trasformare un'eredità in una risorsa" (103).
Abitanti abusivi della nostra storia
Non essendo riuscita a elaborare "un modello di vita",
"un'educazione adeguata allo sviluppo all'altezza delle sue eredità
... l'Italia sta vivendo ormai da anni una forma di barbarie benestante,
di progresso ineducato, di ricchezza cafona, dove la crescita degli sportelli
bancari o del numero dei cellulari non si accompagna a quello di lettori
o di teatri ... siamo abitanti quasi abusivi della nostra storia e del
nostro paesaggio" (103)
Il tratto specifico della destra di governo deve individuarsi "nella
sua dichiarata sensibilità verso l'identità nazionale, nella
sua preferenza per la comunità di provenienza e nella sua inclinazione
più spiccata a rappresentare e incarnare la tradizione del suo
paese e dunque la memoria storica, i beni culturali, il senso civico e
religioso ereditato dall'esperienza e tramandato dalla storia" (104).
Lo Spirito Animale del Mercato
Non basta la legge, "a cominciare dalla legge della domanda
e dell'offerta, per regolare e sviluppare una società" (106).
"Il liberismo integrale, lo Spirito Animale del Mercato non è
in grado di comprendere al suo interno e di rispondere compiutamente a
queste esigenze, che trascendono la legge dello scambio anche quando vi
transitano" Per questo "conviene ancora dar luogo a una scuola
pubblica, che formi una coscienza pubblica, una cultura comune e un senso
civico" e questa è la sola ragione "per cui può
avere ancora un senso parlare di informazione pubblica ed esigere un canone
per la fruizione dei programmi televisivi". (107).
Un progetto di educazione popolare
"La cultura della destra non deve temere di esprimere un grande
progetto di educazione popolare, soprattutto attraverso la scuola e la
comunicazione pubblica" (105). "...elaborare un progetto di
cultura popolare significa ... passare dal populismo, istintivo e istantaneo,
alla consapevolezza comunitaria" (111).
Lo Stato sociale
La questione sociale non è trattata nel saggio, che è
tutto proteso verso una visione spirituale superiore, la sola capace,
evidentemente, di donare all'Italia un primato comprendente anche il regime
dell'economia e del lavoro. Per conoscere il pensiero di Veneziani su
questo punto soccorre il già ricordato Comunitari o liberal, dal
quale (pagg. 85-87) togliamo qualche passaggio.
La terza via
"Il Novecento -scrive Veneziani- si congeda con un'illusione
ottica o forse un fuoco fatuo: l'invocazione della terza via. ... Si possono
distinguere almeno tre filoni principali alla ricerca della terza via:
... il nazionalismo sociale, il cattolicesimo sociale e la socialdemocrazia
(o laburismo). Il primo sorse sull'onda dei movimenti nazionalistici e
populistici e si pose non a cavallo tra le due vie, ma in opposizione
a entrambe, alla ricerca di un modello anti?individualista e e anti?collettivista,
proteso verso un progetto di modernizzazíone comunitaria. Veniva
salvaguardala proprietà privata ma assegnandole una funzione sociale;
analogamente veniva riconosciuta L'iniziativa privata ma inserita nel
contesto di un'economia organica, in parte dirigista, con una crescita
dei ruolo e delle funzioni dello Stato. Il mercato non veniva privato
della sua libertà di movimento ma all'interno della sfera economica;
al di fuori di essa vigeva un primato del sociale (e dei nazionale) sull'economico
e del politico (e dello statuale) sul sociale. Di quel progetto di terza
via il fascismo fu l'espressione più radicale benché incompiuta.
Ma si trattò di una terza via sotto chiave, cioè custodita
all'interno di un sistema ideologicamente totalitario, sostanzialmente
autoritario, politicamente subalterno al partito unico e socialmente chiuso
in una ringhiera militare e statuale. Ciò non impedisce di valutare
i suoi effetti riformatori e la sua efficacia sul piano della modernizzazione,
dello sviluppo, dell'integrazione nazionale e della giustizia sociale.
...
... Il secondo tentativo di una terza via risale alla dottrina sociale
della Chiesa, antecedente ai nazionalismi anche se storicamente ha dato
i suoi frutti successivamente alle rivoluzioni nazionali. Anche in questo
caso, l'origine era nel parallelo rifiuto delle due filosofie immanentistiche
e strumentalistiche, il líberalismo e il socialismo, come fu già
ribadito nella Rerum novarum di Leone XIII. Ma col passare degli anni
e degli eventi, la terza via cattolica apparve piuttosto come il tentativo
di salvare il libero mercato da un verso e la giustizia sociale dall'altro,
separandoli dai loro peccati originali: la visione contrattualistica e
individualistica nel primo caso e la visione conflittuale e classista
nel secondo.
Eclissi dello Stato e crescita ipertrofica dello
statalismo.
Da queste ragioni trassero spunto ì regimi democratico?cristiani
europei che promossero modelli di economia mista, con un mercato corretto
e integrato dalla presenza di un forte statalismo, un vasto sistema di
mediazioni (banche, partiti, cooperative) e di grandi ammortizzatori sociali
e solidaristici. Il modello di sviluppo dell'Itaha democristiana (e poi
anche laico?socialista) riprendeva l'economia mista prefigurata dalla
terza via fascista, senza l'egida autoritaria a anche con minore efficacia
pubblica. L'eclissi dello Stato coincise con la crescita ipertrofica dello
statalismo. ... Infine, l'ultimo tentativo di una terza via risale ai
modelli laburisti e socialdemocratici del Nord Europa (e del Nord America),
... L'esperienza socialdemocratica era un tentativo di correzione riformista
e occidentale del socialismo. Statalismo materno che ridistribuisce e
ammortizza le differenze".
Per l'avvenire, Veneziani scorge la soluzione della questione sociale
in "una serie di opposizioni rilevate nella realtà" (che
l'Autore enumera), le quali si risolvono nell'alternativa liberal o comunitari
(ossia valori organicistici contro valori individualistici -approssimazione
del recensore). E l'adesione dell'Autore è ovviamente all'opzione
comunitaria.
La destra al potere
A proposito della destra che è pervenuta al potere, "resta
irrisolta una considerazione che merita una spiegazione: la destra larga
e profonda che abita l'Italia interiore ha preferito Berlusconi"
(116).
Con il governo Berlusconi "per la prima volta nella Repubblica italiana
si è creata una saldatura tra destra economica e destra politica,
tra destra morale e destra umorale (e pragmatica). ... che passa per così
dire da Agnelli alla Confindustria, da Fini a La Malfa e De Michelis,
dalla destra sociale e nazionale alla destra liberista e globalista"
(116).
Queste destre, così lontane fra di loro nel pensiero, possono convivere
"solo accantonando le loro opzioni di fondo, concentrandosi sulla
gestione di governo, rafforzando i motivi comuni e le comuni avversioni"
(119).
Ma sembra che la saldatura sia avvenuta fra la destra economica e quella
liberista e globalista. E' opinione diffusa che la destra nazionale e
sociale sia in posizione subalterna e ininfluente, alla stregua di un
consigliere del principe [nota del recensore].
La via del cesarismo Berlusconiano
Le vie di sviluppo del berlusconismo possono essere tre: "...una
scelta a basso tasso ideologico" capace di "attenuare le asprezze
del liberismo e quelle del populismo ... dando luogo a una specie di monarchia
consociativa" (con monarca elettivo Berlusconi), "somigliante
alla plutocrazia liberale dello Scià di Persia" (127).
La via radical-pannelliana
La seconda via è quella auspicata dalla componente radicale
ultra-americana e libertaria del centro-destra" cui possono seguire
"altre forme libertarie e perfino libertine e permissive ... che
riguardano il sesso, la famiglia, la bioetica, il costume e così
via ... un'ala elettoralmente poco cospicua ma culturalmente molto influente
perchè dispone di grandi mezzi di comunicazione, proveniente dal
Sessantotto, dal craxismo, dal pannellismo, se non dal comunismo, che
spinge in questa direzione di portare a compimento la modernizzazione
del paese attraverso la rivoluzione liberale, liberista e libertaria"
(127).
Ci si domanda tuttavia come possa, questa linea di pensiero, essere considerata
una componente della destra. In parole povere non appare possibile collocare
a destra un movimento che è libertino in campo etico, cosmopolita
e globalista in campo internazionale, classista in campo sociale, iperindividualista
in campo filosofico-politico [n.d.r].
La via comunitaria
La terza via consiste nel "portare a rigore il populismo ...per
maturarlo nel comunitarismo. ...Su questa linea dovrebbe trovarsi l'unico
partito che si definisce di destra, vale a dire Alleanza Nazionale ...
ma, come la precedente ha scarse possibilità di prevalere"
(128).
La cultura della destra nell'era della destra al
governo
"...la prima e soprattutto la seconda ipotesi prefigurano scenari
difficili per la cultura della destra ... Da qui il dubbio che possa essere
difficile esprimere una cultura di destra nell'era della destra al governo"
(129).
La due anime della destra
"La destra di oggi, piaccia o no, è frutto di questo
paretiano "istinto delle combinazíoni" tra le due anime,
libertaria e comunitaria. ... nell'area del centro?destra c'è una
componente cattolico?familiare, una nazional?tradízionale e una
liberale, laica e modernizzatrice. Nel nome del realismo, della libertà
e dell'opportunità non ha senso la pretesa di sopprimere, lasciar
estinguere o ignorare le altre destre nel nome della propria. ... il problema
più urgente non è di negare l'esistenza di una destra profonda
ma di portarla a rigore, darle compostezza civile e culturale, capacità
di coabitare con le differenze e di immettersi nel nostro tempo. ...
Accanto alle capacità manageriali e alle aperture liberali servirà
questa sensibilità per governare l'Italia, per intercettare il
sentire comune, per rispettare i centri storici, i beni artistici e naturalí,
la tradizione civile e religiosa del paese, servirà per dare un
compito e un'identità alla scuola, per avviare una politica per
la famiglia e per la sicurezza dei cittadini, per l'ordine, e per far
rinascere un sobrio amor patrio di cui ogni paese ha bisogno. Non dimentichiamolo:
su quel patrimonio campa la destra, senza quel patrimonio si può
fare a meno della destra, basta un efficiente governo tecnocratico, tendenzialmente
centrista, a bassa tensione ideale e culturale. Senza quel patrimonio
culturale il berlusconísmo rischia di ridursi a una miscela rampante
di nichilismo e affarismo, pur temperati da guizzi di efficacia e sprazzi
di buoni sentimenti".
I superstiti uomini di destra augurano sinceramenre a Marcello Veneziani
che la "componente cattolico?familiare" e quella "nazional?tradízionale"
(aggiungerei: e sociale) non siano sopraffatte dal pensiero unico di ispirazione
"liberale, laica e modernizzatrice" e dalla "miscela rampante
di nichilismo e di affarismo".
Ma non ci credono. Non resta che lavorare per la formazione di un sodalizio
culturale (senza compromissioni partitiche) capace di esprimere le valutazioni
critiche provenienti dall' arcipelago della destra.
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