la Valpolicella e la Lessinia

Associazione I Ghiottoni


Condotta del Garda Veronese

direttore Angelo Peretti



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Il Monte Veronese
Conosci le caratteristiche del grande formaggio della Lessinia: clicca qui sotto per andare al tema che t'interessa
Il Monte Veronese
Le tipologie del Monte Veronese
Il Monte Veronese a latte intero
Il Monte Veronese d'allevo
La zona di produzione

La strada del Valpolicella
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I vini della Valpolicella

La zona di produzione: clicca qui

Sostiene Carlin
L'articolo di Carlin Petrini a proposito degli Amarone d'imitazione su La Stampa dell'1 marzo 2003. Con l'invito a saltare l'annata se la vendemmia è stata sotto tono...

Lo Snodar
Una confraternita per la valorizzazione dell'antico Recioto della Valpolicella


Un poema sul Valpolicella
Un libro di poesie di Ernesto Bussola interamente dedicato al Valpolicella e all'Amarone

Le poesie di Ernesto Bussola
Clicca qui per leggere dieci poesie di Ernesto Bussola tratte dal volume recensito da Franco Ziliani
La Val di Mezzane
Alla scoperta di una valle dalla grande tradizione vinicola ed olivicola

L'associazione Val di Mezzane
Aziende vinicole, oleifici, ristoranti ed enti pubblici insieme per valorizzare la splendida valle
La strada del Valpolicella
Quello del Valpolicella è un territorio molto ampio ed è quindi impossibile raccoglierlo in un unico itinerario. Il Consorzio di tutela ha individuato tre tracciati: uno nella Valpolicella classica, il secondo nell'area del Valpolicella Valpantena e il terzo nella zona più a est. Limitandoci al primo itinerario, è possibile incominciare il viaggio da Sant'Ambrogio di Valpolicella, importante centro marmifero, salendo poi sulle colline per raggiungere la frazione di San Giorgio Ingannapoltron, dov'è assolutamente da visitare la splendida pieve romanica impreziosita da un delizioso chiostro. Ridiscesi a Sant'Ambrogio, il viaggio prosegue verso San Pietro in Cariano, un tempo sede del Vicariato della Valpolicella, e da qui si compie una nuova deviazione verso Fumane, nel cuore dell'omonima valle, dove spiccano la cinquecentesca villa della Torre e la chiesa medievale di Santa Maria del Degnano, con affreschi del Ligozzi. Tornati a San Pietro, l'itinerario continua sino a San Floriano, dov'è da visitare la pieve romanica che risale al XII secolo. Si giunge poi a Pedemonte, dove sono ammirevoli la chiesa di Santa Sofia, trecentesca, e l'omonima splendida villa del Palladio. Da qui si raggiunge Negrar, nella quale spiccano l'imponenza della torre campanaria della pieve e il giardino di villa Rizzardi. Ridiscesi all'itinerario principale, si può raggiungere località Novare (dove c'è la splendida villa Bertani) e poi Arbizzano, che ha una chiesa d'origine romanica. Da qui si passa in breve a Parona, entrando nel territorio comunale di Verona.
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La zona di produzione del Valpolicella
La zona di produzione dei vini Valpolicella a denominazione d'origine controllata comprende l'ampia fascia di territorio collinare (45 chilometri) a nord di Verona. L'altitudine media va dai 70 fino ai 480 metri sul livello del mare. La zona, caratterizzata da piccoli appezzamenti ricavati col terrazzamento dei fianchi collinari coi tipici muri a secco detti "marogne", comprende in tutto o in parte i territori comunali di Marano, Fumane, Negrar, Sant'Ambrogio, San Pietro in Cariano, Dolcè, Verona, San Martino Buon Albergo, Lavagno, Mezzane, Tregnago, Illasi, Colognola ai Colli, Cazzano di Tramigna, Grezzana, Pescantina, Cerro Veronese, San Mauro di Saline e Montecchia di Crosara. L'uso della specificazione Valpolicella classico è peraltro riservata ai vini della zona "storica", che comprende Negrar, Marano, Fumane, Sant'Ambrogio e San Pietro in Cariano. La specificazione Valpolicella Valpantena si riferisce invece ai vini ottenuti dai vigneti situati nella Valpantena, nel tratto centrale del territorio del Valpolicella, per la maggior parte nei territori di Grezzana e Verona.
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Mai lo Sforzato cileno o l’Amarone australiano
Basta fare come Alexandre de Lur Saluces che non fece uscire il vino (scarso) nel 1974 amplificando così il mito dello Château d’Yquem )
di Carlin Petrini
da La Stampa dell'1 marzo 2003
L’importanza di elementi come tipicità e tradizione all’interno del nostro comparto agroalimentare è ormai universalmente riconosciuta. Il successo di questi prodotti ha creato ottime possibilità di business, ma di conseguenza ha anche dato la stura a una serie consistente di operazioni deprecabili. Si moltiplicano i tentativi, a volte ridicoli, a volte fuori luogo, di clonazione di tecniche e savoir faire tradizionali; fuori dal loro contesto territoriale, applicando innovazioni tecnologiche che ne snaturano valenza e significato.
Da questo punto di vista, il settore enologico è tra quelli che corrono più rischi: l’ascesa di nuovi terroir, una sempre più frenetica circolazione d’idee e di nuove tecnologie e, non ultima, la fortuna commerciale di antichi metodi produttivi, rischiano di far perdere importanza, valore, a pratiche consolidate in ambienti ben definiti e per ciò non esportabili.
È il caso dei vini Amarone della Valpolicella e Sforzato della Valtellina, al centro di un convegno internazionale svoltosi a Verona il 21 febbraio. Fortemente voluto dai due rispettivi Consorzi di Tutela, l’incontro, con la partecipazione anche del ministro per le Politiche Agricole e Forestali Giovanni Alemanno, è servito per mettere in luce alcuni punti chiave: se da un lato paiono inevitabili le imitazioni riguardanti un metodo produttivo (frutto di un naturale e delicato appassimento delle uve) che si è rivelato utilissimo per ottenere i vini che piacciono al mercato, corposi e strutturati, ma anche per mascherare alcuni difetti delle uve, d’altro canto non si può assolutamente accettare l’appropriazione, da parte d’attori esterni ai due comprensori tradizionali, del nome, che deve rimanere sinonimo della storia e della cultura di queste due specifiche zone del nostro Paese.
I produttori di Amarone e di Sforzato devono andare giustamente fieri dei successi ottenuti dai loro vini e non devono permettere che si producano in Australia vini con metodo Amarone; esattamente come i francesi hanno fatto vietandoci, a ragione, di utilizzare la denominazione metodo champenois per gli spumanti. Non è neanche il caso che gli stessi produttori dei due territori in questione si affannino ad abusare delle stesse innovazioni tecnologiche che hanno poi permesso di esportare le loro tecniche tradizionali: non è la via corretta per poi rivendicare primogeniture.
Anche qui, come per tutte le tecniche di cantina che a volte sembrano risolvere ogni problema, una giusta via di mezzo, un equilibrio consapevole, permette di mantenere vivo nel tempo un patrimonio così prezioso che si difende anche con sacrifici e scelte dolorose, come quella di non produrre un vino importante in annate scarse: il mio amico Alexandre de Lur Saluces di Château d’Yquem, anche lui presente a Verona, non fece uscire il vino nel 1974, riuscendo così ad amplificare ulteriormente il mito d’Yquem.
Con questa serietà verso il proprio lavoro e questa passione per il proprio territorio, non ci sarà mai un Amarone australiano o uno Sforzato cileno in grado di scalfire un mito tutto nostro.
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Un poema sul Valpolicella
Ernesto Bussola, poliedrico artista veronese, ha scritto un libro di poesie sul vino di Valpolicella. pubblicato dalla casa editrice Il Segno dei Gabrielli editori per la cura di Franco Ceradini, instancabile promoter dell'arte poetica. Ne riportiamo qui di seguito la recensione che ne ha fatto Franco Ziliani sulla newsletter di B!Vino del 27 febbraio 2003. Aggiungendo ovviamento il suggerimento ad iscrivervi (gratuitamente) alla newsletter. Ecco l'articolo: «Non sono molti, a mia conoscenza, i libri che riescano a conciliare poesia e vino e a raccontare, tanto piu' in versi, la magia di un territorio vinicolo. Uno di questi, rari e preziosi, e' lo splendido libretto di una trentina di pagine, impreziosite da riproduzioni di oli e acquerelli di cui e' l'autore, che Ernesto Bussola, pittore e restauratore di professione, ma poeta per sensibilita' e soprattutto amante del vino, ha dedicato alla Valpolicella, la terra dell'Amarone e del Recioto. In verde e rosso di velina (30 pp. 10 Euro Il Segno dei Gabrielli editori via Cengia 67 37020 Negarine di San Pietro in Cariano VR scrivimi@gabriellieditori.it ) e' un libro delizioso che vi consiglio di procurarvi e di leggere, se, come me, amate la dolcissima terra dei grandi rossi veronesi, per coglierne, attraverso le parole di Bussola, il suono, il colore, la voce, quelli che Franco Ceradini nella prefazione ben definisce <l'ondulato andamento delle colline, punteggiate di cipressi e di olivi, lo scuro delle forre, il verde snodarsi delle schiene dei monti che salgono con leggerezza, nell'alternarsi delle vigne e del bosco fino a farsi prato, Lessinia>. Sono parole in forma d'immagine e immagini in forma di parola molto belle, come bella e', in dialetto veneto, la descrizione della <ua da recioto>, l'uva da recioto, che <sora l'arela come monega en cela olta' sul taolasso la bela ormai da mesi se purga i bagordi e strapassi, beude e spegassi> e il <profumo di una bella signora> che una volta fatto vino il Recioto assume, e simpatico immaginarlo come una <donna formosa in guanti e veletta sui quaranta, piacente gentile, di profferte allettanti>. E divertente pensare l'Amarone come un signore <con voce baritonale> che <garbato si concede elegante> accompagnando silente <sontuose dame in serate>. Un'opera garbata, deliziosa, ironica, scritta in punta di penna: una piacevolissima introduzione alle molteplici malie di Valpolicella, la valle dalle molte cantine.
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Il Monte Veronese dop

Il Monte Veronese, tutelato dalla denominazione di origine protetta dell'Unione europea, è un formaggio a pasta semicotta, prodotto con latte di vacca. Oggi lo si fa prevalentemente in Lessinia, anche se nella zona tipica prevista dal disciplinare rientra anche il Monte Baldo.
Si dice che sui Lessini le origini della tradizione casearia risalgano al Duecento, otto secoli fa. Sarebbe stato in quel periodo che un gruppo di coloni tedeschi provenienti dall'altopiano di Asiago avrebbe ottenuto in usufrutto delle terre sulla montagna veronese, nell'attuale Lessinia. Terre sino ad allora quasi disabitate. Quei pionieri erano i Cimbri ed avrebbero portato con sé le tecniche dell'attività casearia. C'è chi vorrebbe vedere nel popolo cimbro anche il primo colonizzatore del Baldo e d'alcuni trattai di costa gardesana, ma è storia di difficile sostenibilità
La denominazione Monte Veronese è abbastanza recente. È andata affiorando nel Novecento, affermandosi dopo l'ultima guerra. Prima il formaggio delle malghe veronesi lo si è venduto come "monte grasso" o come "monte vernengo" o ancora come "grasso di monte" sui mercati di Bergamo e Brescia, oltre che di Verona. "Di questa tradizione - scriveva Giovanni Capnist nel 1987 -, oggi rimane una produzione pregiata, che vede forme tipiche di formaggio 'grasso di monte' dalle caratteristiche di alimento sostanzioso, adatto anche alla media e lunga conservazione, alimento primario, per secoli, delle popolazioni locali e oggi riscoperto quale temibile concorrente di molti celebrati formaggi di altre zone montane". Una riscoperta che ha portato prima al conferimento della doc, la denominazione d'origine controllata, e poi della dop, la denominazione d'origine protetta.
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Le tipologie del Monte Veronese
Il disciplinare di produzione del Monte Veronese a denominazione d'origine protetta prevede due varietà, che si diversificano per la tipologia di latte utilizzato e per la durata del periodo di stagionatura. Sono il Monte Veronese a latte intero, pronto in trenta giorni, e il Monte Veronese d'allevo, che viene fatto con latte parzialmente scremato e stagiona da un minimo di novanta giorni a un massimo di sei mesi. I buongustai lo distinguono poi in Monte giovane, mezzano e stagionato. Possibilmente servendosene una porzione di ciascun tipo. Abbinando le diverse stagionature a vini in crescendo di struttura. Qualcuno ama in particolare gli affinamenti molto prolungati. "È ai due anni di stagionatura che si completa, diventa autorevole, pronto a sostenere il confronto e gli apprezzamenti anche nell'ambito dei più sofisticati cenacoli" sosteneva Alberto Zucchetta sul finire degli anni Ottanta, ma di così lunga stagionatura è davvero difficile trovarlo.
Il Monte Veronese è davvero gran formaggio, e stagionato è straordinariamente fascinoso: "Basta una scheggia di questo formaggio, piccante e ardente - diceva lo scrittore Giovanni Comisso: è Giorgio Gioco a riferirlo - per sentire il profumo di una piccola valle di prima mattina oltre i mille metri. In esso scopri la genziana, i mirtilli, i cardi, i lamponi". Poesia. Garantita da un marchio apposito, quello del consorzio di tutela: fate attenzione che ci sia il logo dell'aquila in cima alla scala, quando comprate Monte Veronese.
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Il Monte Veronese a latte intero dop
Il Monte Veronese dop tratto dal latte intero ha la pasta di colore bianco o leggermente paglierino. La tipica occhiatura è minuta e uniformemente diffusa. La crosta è sottile ed elastica: ha colore paglierino più o meno intenso. La forma è cilindrica, a facce quasi piatte, con uno scalzo leggermente convesso. Il peso di ciascuna forma è compreso fra i sette e i dieci chili. Il sapore è delicato e gradevole, tendenzialmente dolce.
Viene fatto esclusivamente con latte di vacca intero, proveniente da una o due mungiture consecutive. Il coagulo si ottiene usando caglio di pellette di vitello per una quindicina di minuti. La rottura della cagliata dura pochi secondi, finché i grumi abbiano raggiunto la dimensione d'un chicco di riso. Poi si passa al riscaldamento, fino a raggiungere una temperatura di cottura tra i 43 e i 45 gradi. La cottura si protrae per una decina di minuti. Poi la cagliata sosta in caldaia per una mezz'ora. Quindi c'è la salatura, a secco o in salamoia. La maturazione dura una trentina di giorni.
È indubbiamente un formaggio di pregio, "un prodotto di grande qualità - sono parole di Paolo Scotto - che si giova di un latte di particolare pregio dovuto al fatto che i pascoli, tutti esposti a mezzogiorno, presentano un manto erboso che si preserva per tempi superiori a quelli normali di alpeggio".

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Il Monte Veronese d'allevo dop
Anche la pasta del Monte Veronese d'allevo è di colore bianco o leggermente paglierino. In genere è più bianca nel formaggio prodotto d'inverno e tende al giallo paglierino nella produzione estiva. L'occhiatura, poi, è sparsa e di norma di dimensioni attorno ai due o tre millimetri. La forma è cilindrica, a facce quasi piatte. Lo scalzo è leggermente convesso. Il peso varia fra i sei e i nove chili. La crosta è sottile ed elastica di colore paglierino più o meno intenso, ma si fa più dura e scura col procedere della stagionatura. La fragranza è quella tipica del formaggio stagionato. E non va dimenticato che il Monte Veronese d'allevo tende a farsi sempre più piccante (gradevolmente stuzzicante, inducendo alla beva di vini di razza e di passiti nobilissimi) con il protrarsi dell'affinamento.
"È usanza consumarlo fresco - diceva a fine anni Ottanta, prima della dop, Alberto Zucchetta - di tre mesi possibilmente, ma a sei è preferibile per quelle sfumature di sapore più sapido che lo rendono più 'aristocratico'". E il formaggio d'allevo a più protratta stagionatura è perfetto per essere gustato a scaglie, oppure lo si grattugia per insaporire la pasta.
Per la produzione del Monte Veronese d'allevo si utilizza latte di vacca parzialmente scremato, proveniente da una o due mungiture consecutive. Il coagulo si ottiene col caglio di pellette di vitello. La rottura della cagliata dura sinché i grumi somigliano a dei chicchi di riso: pochi minuti. Poi si passa al riscaldamento, raggiungendo una temperatura fra i 46 e i 48 gradi. La cottura prosegue per circa un quarto d'ora. Quindi c'è la sosta in caldaia per una trentina di minuti e la successiva salatura a secco o in salamoia. E comincia la stagionatura, che va dai sessanta giorni ai sei mesi.
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La zona di produzione del formaggio Monte Veronese dop

Per la produzione del formaggio Monte Veronese si utilizza il latte prodotto nella parte settentrionale della provincia di Verona. L'area di produzione è piuttosto ampia: comprende l'intera Lessinia e il Monte Baldo, includendo l'area del Garda orientale. Interessa in tutto o in parte il territorio di San Bonifacio, Soave, Colognola ai Colli, Mezzane di Sotto, Monteforte d'Alpone, Illasi, Cazzano di Tramigna, Caldiero, Montecchia di Crosara, Roncà, Lavagno, San Martino Buon Albergo, Verona, Bussolengo, Pescantina, San Pietro in Cariano, Sona, Castelnuovo del Garda, Pastrengo, Peschiera del Garda, Lazise, Bardolino, Garda, Cavaion Veronese, Affi, San Giovanni Ilarione, Tregnano, Badia Calavena, Vestenanuova, Selva di Progno, Velo Veronese, San Mauro di Saline, Grezzana, Cerro Veronese, Roverè Veronese, Bosco Chiesanuova, Erbezzo, Sant'Anna d'Alfaedo, Marano di Valpolicella, Negrar, Fumane, Sant'Ambrogio di Valpolicella, Dolcè, Rivoli Veronese, Costermano, Caprino Veronese, Ferrara di Monte Baldo, Brentino Belluno, Malcesine, Brenzone, San Zeno di Montagna e Torri del Benaco. La zona è delimitata così: partendo dall'inizio della strada statale numero 11 (la Padana Superiore) si entra nel comune di San Bonifacio, che viene attraversato, si passa per Villanova, si raggiunge San Martino Buon Albergo e San Michele, si attraversa Verona lungo la circonvallazione e si prosegue al km 297 della Croce Bianca sino a Caselle, terminando nel comune di Peschiera con i confini delle province di Verona e Brescia.

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Tredicesima festa del formaggio Monte Veronese dop ad Erbezzo (Verona) domenica 25 maggio 2003
Prima dell'anno mille il formaggio prodotto nella montagna veronese - Monte
Veronese dop - era una preziosa merce di scambio che sostituiva la moneta.
Veniva denominato "caseus macaegus" o "caseus a oculos" a seconda del
periodo di produzione. Il suo nome, "Monte", fa riferimento a una precisa tecnica di produzione dove il latte che veniva cagliato proveniva da più mungiture.
E ancora oggi la sua produzione si ottiene attraverso processi che sono invariati da secoli, con latte che proviene solo da allevamenti della
Lessinia. Il risultato è un formaggio a pasta semicotta di colore bianco o
giallo paglierino che varia a seconda della stagione e dell'alimentazione
delle bovine. Ha forma cilindrica e viene prodotto in due tipologie, a "latte intero", con stagionatura di 25/60 giorni (il peso varia da sette a dieci chili) e "d'allevo", a latte parzialmente scremato, con stagionatura minima di 90 giorni che si protrae oltre i dodici mesi (il peso varia da sei a nove chili).
La favorevole distribuzione altimetrica della zona e l'ottima qualità floristica dei pascoli, unite ad una tecnologia produttiva tradizionale, fanno il resto, e conferiscono dunque al Monte Veronese dop una tipicità unica. La maggior parte dei caseifici produce ancora il Monte Veronese dop con latte crudo (cioè non pastorizzato).
E al Monte Veronese è dedicata l'ormai tradizionale festa, che si realizza grazie alla sinergia tra Pro Loco di Erbezzo, Comune di Erbezzo e il Consorzio per la Tutela del formaggio Monte Veronese dop, con lo scopo sia di promuovere un alimento di grande qualità, qual è il Monte Veronese, sia di valorizzare la storia di questo paese e di tutto il territorio montano.
Sarà occasione per i visitatori di conoscere ed acquistare il pregiato formaggio a denominazione di origine controllata dei Monti Lessini. Saranno presenti nella piazza di Erbezzo, in caratteristiche casette di legno, tutti i caseifici soci del Consorzio di Tutela, che esporranno tutta la loro produzione. Non solo. Sarà anche possibile, nell'area ristorante, assaggiare i tradizionali "gnocchi di malga" e altre specialità della zona. Verranno organizzate escursioni guidate nel Parco Naturale della Lessinia (cell 348 9242902).
Dalla mattina vari avvenimenti intratterranno i visitatori. Ci sarà, tra le vie del paese, la sfilata dei costumi tradizionali cimbri, sfileranno inoltre alcuni esemplari di vacche di razze autoctone. Poi l'investitura di "Mastro Casar", cioè la premiazione di quel caseificio che avrà vinto il concorso di "Miglior Monte Veronese dop", (che si terrà il giorno prima).
Prevista, per la mattina e il pomeriggio, l'attività didattica "Un ora da casaro con latte disolabruna" a cura dell'Associazione Nazionale allevatori di razza Bruna (ANARB) - razza specializzata nella produzione casearia - e di esperti di educazione alimentare dell'Associazione ALDA (Ass. Lombarda per la didattica in agricoltura), i partecipanti potranno sperimentare direttamente le varie fasi di caseificazione. Sarà possibile, inoltre, assistere alla creazione del formaggio in piazza . La festa del Monte Veronese dop, è da sempre l'ultima domenica di maggio, periodo che segna ormai da centinaia d'anni l'inizio delle operazioni dell'alpeggio.
Sabato 24 maggio alle ore 10.00, presso la sala civica, si terrà un convegno dal titolo "Quale montagna nella nuova Europa?", che intende fornire un approfondimento e un confronto sui nuovi scenari con i quali la montagna si dovrà confrontare in futuro.
Per informazioni telefonate allo 045 7075013 oppure inviate una e-mail a info@monteveronese.it
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Il Sovrano e Nobilissimo Ordine dello Antico Recioto
Il 7 aprile 1969, è nato in Valpolicella lo Snodar, il Sovrano e Nobilissimo Ordine dello Antico Recioto, con l'investitura dei primi Maestri Equestri. il primo maggio 1969, a Pedemonte, è stata costituita ufficialmente la Contea del Vino, che, come in antico, abbraccia il territorio dei cinque Comuni della Vallata e cioè quelli di Negrar, Marano, Fumane, San Pietro Incariano e Sant'Ambrogio. La confraternita dello Smnodar è oggi attivissima e partecipa a tutte le principali iniziative della Valpolicella.
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La Val di Mezzane
La valle di Mezzane si allunga dalla pianura alla zona montuosa della Lessinia, fiancheggiata, ad ovest, dalle valli di Marcellise e Squaranto, a est dalla val d'Illasi. Inizia distesa sul piano di Vago, sale decisa tra l'ondeggio collinare trapuntato di ciliegi, albicocchi, viti olivi e castagni fino a raggiungere i boschi dei Lessini. Dalle sponde della valle scendono bel suo letto vallette minori, i vai, che ad ovest prendono il nome di Mulinetto, Vasal, Canale, Tretto e a est di Barilla, Campi Piani, Peloso, Fontanelle, Fornase, Croce e Gorla.
Mezzane di Sotto si raggiunge facilmente dalla statale 11 padana Superiore svoltando a Vago e proseguendo per 7 km tra coltivi, cipressi, e ville. Dal fondo valle, a nord del tracciato della romana Postumia, la strada raggiunge dopo 2.5 km San Pietro di Lavagno, mentre salendo a sinistra spicca il borgo di San Briccio, il cui forte ospita un museo della cultura contadina. Ancora a sinistra c'è l'imponente villa Verità Montanari, detta il Boschetto (sec. XVI-XVIII) con pregevole facciata e rigoglioso giardino all'italiana.
Raggiunta Mezzane di Sotto tra vedute armoniose, la strada prosegue per Mezzane di Sopra, dalle caratteristiche corti; in località San Vincenzo confluisce nella secolare via Cara e raggiunge, dopo una ventina di chilometri, San Mauro di Saline all'altezza di 804 metri.
Mezzane è formata da tre nuclei principali: Castagnè, comprende Gugi, valle di Castagnè e case sparse; Mezzane di Sopra, con Capovilla, Dosso postuman, Sul Vago, Torrazzine e case sparse; Mezzane di Sotto con Casale, Casoni, Fratta, Lione, Mallevesina e Case sparse.
Particolarmente significativo è il numero di ville disseminate sul suo territorio, a riprova dell'amenità del luogo e dall'essere considerata, in varie epoche, un'oasi di frescura, di salubrità e di pace, a due passi dalla città.
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L'associazione Val di Mezzane
Solo dalla combinazione ideale tra ambiente, storia e attività umane può nascere un territorio di eccellenze: è questo il caso della Val di Mezzane. Nella velle ville storiche, pievi romaniche ma anche gli insediamenti rurali si inseriscono perfettamente nell'ambiente collinare contrassegnato da viti, olivi, ciliegi e salendo più su, castagni fino ai boschi della Lessinia. È nata in questo contesto l'associazione Val di Mezzane che mette insieme, produttori vitivinicoli, olivicoltori e ristoratori con lo scopo preciso di promuovere e valorizzare la qualità del loro territorio, ma anche di vigilare sullo sviluppo produttivo del territorio in modo che esso sia sempre in sintonia con l'ambiente. L'associazione è nata dalla consapevolezza che produzioni di qualità ecocompatibili oggi rappresentano in un territorio come la Val di Mezzane un volano economico di straordinaria importanza di cui forse oggi non tutti sono consapevoli. Per questo motivo l'associazione si propone come elemento di stimolo ad una sempre maggiore spinta all'autodeterminazione dell'identità territoriale per i diversi soggetti che vivono ed operano sul territorio della Val di Mezzane, rimanendo aperta all'ingresso di altri soggetti disponibili a condividerne gli obiettivi. Ogni azienda associata, si propone il miglioramento qualitativo dei propri prodotti dandosi un codice di comportamento, che vede, accanto alla qualità, la salvaguardia dell'ambiente e la valorizzazione della tipicità. Non più singole aziende che si muovono autonomamente ma un'unica struttura, composta da tutte le diverse peculiarità, capace di proporre non solo produzioni di alta qualità, ma un nuovo modo di concepire l'attività produttiva, integrata nel territorio senza violentare il paesaggio, senza stravolgere le tradizioni, senza tradire la propria cultura rurale.
I soci dell'associazione Val di Mezzane sono i seguenti:
Azienda Agricola CORTE SANT'ALDA - tel. 0458880006 - mail santalda@tin.it
Azienda Agricola PROVOLO - tel. 0458880106 - mail provolomarco@tiscali.it
Azienda Agricola ROCCOLO GRASSI - tel. 0458880089 - mail roccolograssi@libero.it
Azienda Agricola VILLA ERBICE - tel. 0458880086 - mail villaerb@tin.it
Azienda Agricola TENUTA SANT'ANTONIO - tel. 0457650383 - mail info@tenutasantantonio.it
Antico Frantoio Mezzane REDORO - tel. 0458880187 - mail info@redoro.it
Ristorante Enoteca BACCO D'ORO - tel. 0458880269 - mail baccodoro@tiscali.it
Trattoria LA TORRE - tel.0458880145
Il sito ufficiale dell'associazione è http://www.valdimezzane.it
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